Farmacovigilanza
Awiqli®, la prima insulina settimanale per il trattamento del diabete negli adulti
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Dal 8 al 12 luglio si è tenuta una riunione della Commissione Scientifica ed Economica del farmaco (CSE) dell’Agenzia Italiana del Farmaco. All’ordine del giorno di tale riunione, vi era la valutazione di diversi farmaci e biosimilari di nuova registrazione [1]. Tra questi vi era la prima e nuova insulina indicata per il trattamento del diabete mellito negli adulti che consente una singola somministrazione settimanale. Nome della specialità medicinale di questo nuovo farmaco, approvato dalla Commissione Europea il 17 maggio 2024, è Awiqli®, il cui principio attivo è un’insulina ad azione prolungata prodotta dalla Novo Nordisk, l’insulina icodec [2]. Tale farmaco è un analogo dell’insulina umana a rilascio prolungato, in grado di coprire il fabbisogno di insulina basale per un'intera settimana con una sola iniezione sottocutanea nei pazienti adulti affetti da diabete mellito [3].
Il diabete è una malattia in cui il livello di glucosio nel sangue è elevato, perché l’organismo non è in grado di produrre insulina (diabete di tipo 1) o perché l’organismo non produce abbastanza insulina o non è in grado di utilizzarla in modo efficace (diabete di tipo 2). Generalmente la terapia insulinica richiede la somministrazione dell’ormone almeno una volta al giorno. Tuttavia, questo implica una serie di sfide che vanno oltre la gestione del trattamento farmacologico stesso, influenzando anche gli aspetti sociali, lavorativi e psicologici dei pazienti diabetici e delle loro famiglie.
Awiqli® è stato progettato per consentire di passare da una somministrazione giornaliera a una settimanale, al fine di migliorare la compliance (ovvero l’aderenza al trattamento) da parte del paziente diabetico. L'insulina icodec ha infatti un'affinità elevata per l'albumina nel sangue. Questo legame temporaneo contribuisce a prolungare la sua durata d'azione, in quanto l'insulina viene rilasciata lentamente dalla proteina di trasporto durante l'arco della settimana. Ciò favorisce un controllo glicemico stabile e continuo attraverso un rilascio prolungato e un'azione duratura, consentendo di ridurre drasticamente il numero di iniezioni insuliniche nel paziente diabetico [3].
La decisione del CHMP e della Commissione Europea si è basata sulla revisione dei risultati di efficacia di Awiqli® provenienti da sei studi clinici randomizzati, cinque su adulti con diabete di tipo 2 e uno su adulti con diabete di tipo 1.
Per quanto concerne il diabete di tipo 2, gli studi di fase IIIa ONWARDS 1-5 hanno coinvolto oltre 3.500 pazienti adulti naïve al trattamento con insulina oppure che avevano ricevuto in precedenza solo insulina a lunga durata d'azione o una combinazione di insulina a lunga e a breve durata d'azione. I risultati hanno mostrato che la somministrazione settimanale di Awiqli® è efficace nel ridurre i livelli di emoglobina glicata (HbA1c), raggiungendo dopo 26 settimane di trattamento livelli comparabili a quelli ottenuti con insulina degludec e insulina glargine somministrate giornaliermente [4-8].
I risultati dello studio di fase IIIa ONWARDS 6, condotto su 582 pazienti adulti con diabete di tipo 1 già in trattamento con iniezioni giornaliere multiple di insulina, ha mostrato la non inferiorità di Awiqli® rispetto all’insulina degludec. Dopo 26 settimane, i pazienti trattati con Awiqli® presentavano una riduzione media di 0,47 punti percentuali nei livelli di HbA1c, rispetto a una riduzione di 0,51 punti percentuali con insulina degludec. Inoltre, dopo 52 settimane, l'effetto di Awiqli® si è ridotto a 0,37 punti percentuali, mentre quello di insulina degludec è stato di 0,54 punti percentuali [9].
Awiqli® è disponibile sotto forma di soluzione iniettabile con una concentrazione di 700 U/ml. La soluzione è contenuta all'interno di penne pre-riempite per la somministrazione sottocutanea del farmaco [10].
Uno dei principali eventi avversi associati a Awiqli®, evidenziato nei trial clinici, è stata l'ipoglicemia, che può insorgere quando il dosaggio di insulina supera il fabbisogno del paziente. Tuttavia, l'ipoglicemia è un evento avverso comune legato all'uso di qualsiasi tipo di insulina [10].
In definitiva, l'EMA ha deciso che i benefici di Awiqli® superano i suoi rischi e ne ha autorizzato l'uso nell'Unione Europea. Questo permetterà ai soggetti con diabete in terapia insulinica di ridurre il numero di somministrazioni annuali da 365 a appena 52 [2].
Bibliografia
[1] Agenzia Italiana del Farmaco. Ufficio Segreteria Organismi Collegiali. OdG Ufficio Procedure Centralizzate CSE 8, 9, 10, 11 e 12 Luglio 2024. – Disponibile al link https://www.aifa.gov.it/documents/20142/2468753/ODG_CSE_del_8-9-10-11-12_luglio_2024_UPC.pdf
[2] Sintesi delle decisioni dell'Unione europea relative alle autorizzazioni all'immissione in commercio di medicinali dal 1 maggio 2024 al 31 maggio 2024 – Disponibile al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=OJ:C_202403877
[3] Awiqli (insulin icodec) - Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/documents/overview/awiqli-epar-medicine-overview_en.pdf
[4] Rosenstock J, Bain SC, Gowda A, et al. Weekly Icodec versus daily glargine U100 in type 2 diabetes without previous insulin. N Engl J Med. 2023; 389(4): 297-308.
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[6] Lingvay I, Asong M, Desouza C, et al. Once-weekly insulin Icodec vs once-daily insulin Degludec in adults with insulin-naive type 2 diabetes: the ONWARDS 3 randomized clinical trial. JAMA. 2023; 330(3): 228-237.
[7] Mathieu C, Ásbjörnsdóttir B, Bajaj HS, et al. Switching to once-weekly insulin icodec versus once-daily insulin glargine U100 in individuals with basal-bolus insulin-treated type 2 diabetes (ONWARDS 4): a phase 3a, randomised, open-label, multicentre, treat-to-target, non-inferiority trial. Lancet. 2023; 401(10392): 1929-1940.
[8] Bajaj HS, Aberle J, Davies M, et al. Once-weekly insulin Icodec with dosing guide app versus once-daily basal insulin analogues in insulin-naive type 2 diabetes (ONWARDS 5) a randomized trial. Ann Intern Med. 2023; 176: 1476-1485.
[9] Russell-Jones, D., Babazono, T., Cailleteau, R., Engberg, S., Irace, C., Kjaersgaard, M. I. S., Mathieu, C., Rosenstock, J., Woo, V., & Klonoff, D. C. (2023). Once-weekly insulin icodec versus once-daily insulin degludec as part of a basal-bolus regimen in individuals with type 1 diabetes (ONWARDS 6): a phase 3a, randomised, open-label, treat-to-target trial. Lancet (London, England), 402(10413), 1636–1647. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(23)02179-7
[10] Awiqli (insulin icodec) - Summary of product characteristics - Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/documents/product-information/awiqli-epar-product-information_en.pdf
Il PRAC raccomanda la sospensione dei medicinali contenenti idrossiprogesterone caproato dal mercato europeo
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In data 16 maggio 2024, a seguito della riunione per la revisione dei dati di sicurezza recentemente conclusa, il Comitato per la Valutazione del Rischio di Farmacovigilanza ((Pharmacovigilance Risk Assessment Committee, PRAC) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicine Agency, EMA) ha raccomandato la sospensione delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali contenenti idrossiprogesterone caproato (17-OHPC) nei Paesi dell’Unione Europea (EU). Questa disposizione si basa sulla disponibilità di nuove evidenze scientifiche che oltre ad evidenziare una mancanza di efficacia del 17-OHPC nella prevenzione del parto prematuro, supportano un possibile aumento del rischio di cancro nelle persone esposte al 17-OHPC nel grembo materno [1].
Il 17-OHPC è un estere dell’idrossiprogesterone, ovvero un derivato sintetico di un ormone normalmente presente all’interno dell’organismo come precursore del progesterone [2]. Il progesterone è un ormone steroideo tipicamente femminile che ricopre molteplici ruoli, tra cui la regolazione del ciclo mestruale e della gravidanza. Nello specifico, la sua azione contribuisce alla preparazione del tessuto di rivestimento della cavità uterina (endometrio), per accogliere la cellula uovo fecondata. Inoltre, ha un ruolo importante nello sviluppo della placenta, nel prevenire l’ovulazione e nell’inibire le contrazioni uterine proteggendo dal parto pretermine. Il 17-OHPC, sebbene mimi l’effetto progestinico nelle donne, con una potenza e una durata d’azione maggiore rispetto al progesterone, esercita un meccanismo d’azione non del tutto noto. Si ritiene che il 17-OHPC si leghi ai recettori presenti sulle cellule che normalmente sono il bersaglio del progesterone, favorendo in tal modo il prolungamento della gravidanza [2,3].
Al quanto controversa è la storia di questo farmaco sul mercato internazionale. Inizialmente, nel 1956 fu approvato per il trattamento di diversi disturbi ginecologici e della fertilità, compreso minaccia d'aborto o aborto abituale, in quanto si prevedeva che riducesse il rischio di interruzione della gravidanza o di travaglio prematuro. Pertanto, il 17-OHPC fu somministrato a milioni di donne incinte negli Stati Uniti e in Europa durante gli anni '50 e '60. Nel 1973 la Food and Drug Administration (FDA) sollevò preoccupazioni su una possibile associazione con difetti cardiaci congeniti nella prole e successivamente fu ritirato dal commercio su richiesta del produttore. Nel febbraio 2011, la FDA ha nuovamente approvato il 17-OHPC per le donne in gravidanza con una storia di parto pretermine spontaneo, sulla base di uno studio randomizzato che ha dimostrato una riduzione dell'incidenza di parto pretermine a 37 settimane [4].
Tuttavia, ulteriori studi hanno riportato risultati contrastanti sia in merito all’efficacia che alla sicurezza del farmaco, rendendo necessario l’avvio di una revisione da parte del PRAC a maggio 2023, su richiesta dell’ agenzia francese dei medicinali (ANSM) [5]. Durante la revisione, tutte le evidenze fino ad oggi disponibili in merito all’utilizzo del 17-OHPC sono state sottoposte al vaglio della Commissione, ed è stato richiesto anche il contributo di esperti in ostetricia, ginecologia e trattamenti della fertilità, nonché dei rappresentanti dei pazienti.
Nello specifico, due ampi studi sul 17-OHPC in gestazioni multiple hanno messo in discussione la sicurezza a breve termine del farmaco, mostrando un eccesso di eventi avversi gravi fetali o neonatali, successivamente confermati sia nelle scimmie che nei roditori [6-9]. Inoltre, l’ampio studio epidemiologico di Murphy e coll. ha esaminato il profilo di sicurezza a lungo termine del 17-OHPC, e in particolare, l'associazione tra l'esposizione in utero al 17-OHPC e il cancro nella prole. Una coorte basata su una popolazione di oltre 18.000 diadi madre-bambino, che negli anni '60 sono state esposte al 17-OHPC, è stata seguita per un periodo di circa 60 anni. I risultati riportano un Hazard Ratio (HR) aggiustato pari a 1,99, [IC 95% 1,31, 3,02], ovvero il rapporto tra i rischi suggerisce che le persone esposte in grembo al farmaco, circa 50 anni dopo la nascita, potrebbero avere un rischio maggiore di sviluppare cancro rispetto a coloro che non sono stati esposti a questo medicinale [4]. Tuttavia, come osservato dal PRAC, lo studio stima una bassa incidenza di casi di neoplasia tra le persone esposte in utero (meno di 25/100.000 persone-anno), e riporta diverse limitazioni, come per esempio informazioni limitate sulla presenza di eventuali altri fattori di rischio per il cancro. Alla luce di quanto riportato, gli esperti del Comitato hanno concluso che il rischio di cancro nelle persone esposte al 17-OHPC nell’utero è possibile, ma non può essere confermato a causa di incertezze.
A queste importanti problematiche di tollerabilità, si aggiungono diverse evidenze di mancata efficacia del 17-OHPC nella prevenzione del parto prematuro. Lo studio PROLONG (multicentrico, randomizzato e controllato in doppio cieco), che ha coinvolto oltre 1.700 donne incinte con una storia di parto pretermine, non ha dimostrato alcuna riduzione dell’incidenza rispetto al placebo di nascite premature a 35 settimane o di morbilità e mortalità neonatale [10]. A sostegno di questi dati si affiancano, inoltre, i risultati di due meta-analisi, ovvero analisi combinate di più studi, che hanno confermato l’inefficacia del 17-OHPC nel prevenire il parto pretermine. Inoltre, anche i dati sull’efficacia del 17-OHPC in altre indicazioni ostetriche, ginecologiche e di fertilità autorizzate nell’UE sono stati ritenuti limitati [11,12].
Considerate le evidenze sull'efficacia del 17-OHPC nei suoi usi autorizzati, insieme ai dubbi relativi ad un possibile rischio di cancro nelle persone che sono state esposte in utero al medicinale, il PRAC ritiene che il rapporto beneficio/rischio complessivo dei medicinali contenenti 17-OHPC non è più considerato positivo e raccomanda che questi siano ritirati dal mercato nell'UE. Pertanto, è stata revocata l’autorizzazione all’immissione in commercio delle specialità medicinali Proluton Depot, Progesterone Retard Pharlon e Lentogest, prima disponibili come soluzioni iniettabili in Austria, Francia e Italia. Sono disponibili altre opzioni di trattamento, per cui se un paziente sta utilizzando un medicinale contenente 17-OHPC, il medico valuterà il passaggio a un'alternativa adeguata. L'esito di questa revisione non influisce sull'uso del progesterone, che funziona in modo diverso dal 17-OHPC.
Referenze:
$ 1. European Medicines Agency (EMA). Meeting highlights from the Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) 13-16 May 2024. Disponibile online al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/meeting-highlights-pharmacovigilance-risk-assessment-committee-prac-13-16-may-2024
$ 2. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto – Proluton. Disponibile online al link: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_000022_005375_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3
$ 3. Meis, P. J., Klebanoff, M., Thom, E., Dombrowski, M. P., Baha Sibai, Moawad, A. H., Spong, C. Y., Hauth, J. C., Menachem Miodovnik, Varner, M. W., Leveno, K. J., Caritis, S. N., Iams, J. D., Wapner, R. J., Conway, D., O’Sullivan, M. J., Carpenter, M., Mercer, B., Ramin, S. M., & Thorp, J. M. (2003). Prevention of Recurrent Preterm Delivery by 17 Alpha-Hydroxyprogesterone Caproate. New England Journal of Medicine/the New England Journal of Medicine, 348(24), 2379–2385. https://doi.org/10.1056/nejmoa035140
$ 4. Murphy, C. C., Cirillo, P. M., Krigbaum, N. Y., & Cohn, B. A. (2022). In utero exposure to 17α-hydroxyprogesterone caproate and risk of cancer in offspring. American journal of obstetrics and gynecology, 226(1), 132.e1–132.e14.
$ 5. Avviata la revisione dei medicinali a base di idrossiprogesterone Disponibile online al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1804926/2023.05.12_com-EMA_avvio_referral_idrossiprogesterone_caproato.pdf
$ 6. Combs CA, Garite T, Maurel K, Das A, Porto M. Failure of 17-hydroxyprogesterone to reduce neonatal morbidity or prolong triplet pregnancy: a double-blind, randomized clinical trial. American journal of obstetrics and gynecology. Sep 2010;203(3):248.e1–9. doi: 10.1016/j.ajog.2010.06.016
$ 7. Hendrickx AG, Korte R, Leuschner F, et al. Embryotoxicity of sex steroidal hormones in nonhuman primates: II. Hydroxyprogesterone caproate, estradiol valerate. Teratology. Feb 1987;35(1):129–36. doi: 10.1002/tera.1420350116
$ 8. Seegmiller RE, Nelson GW, Johnson CK. Evaluation of the teratogenic potential of delalutin (17 alpha-hydroxyprogesterone caproate) in mice. Teratology. Oct 1983;28(2):201–8. doi: 10.1002/tera.1420280208
$ 9. Christian MS, Brent RL, Calda P. Embryo-fetal toxicity signals for 17alpha-hydroxyprogesterone caproate in high-risk pregnancies: a review of the non-clinical literature for embryo-fetal toxicity with progestins. J Matern Fetal Neonatal Med. Feb 2007;20(2):89–112. doi: 10.1080/14767050601178758
$ 10. Blackwell, S. C. et al. 17-OHPC to prevent recurrent preterm birth in singleton gestations (PROLONG Study): A multicenter, international, randomized double-blind trial. Am J Perinatol. 2020 Jan;37(2):127-136. doi:10.1055/s-0039-3400227.
$ 11. EPPPIC Group (2021). Evaluating Progestogens for Preventing Preterm birth International Collaborative (EPPPIC): meta-analysis of individual participant data from randomised controlled trials. Lancet (London, England), 397(10280), 1183–1194.
$ 12. Care, A., Nevitt, S. J., Medley, N., Donegan, S., Good, L., Hampson, L., Tudur Smith, C., & Alfirevic, Z. (2022). Interventions to prevent spontaneous preterm birth in women with singleton pregnancy who are at high risk: systematic review and network meta-analysis. BMJ (Clinical research ed.), 376, e064547.
Enzalutamide e interazioni farmacologiche
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Recentemente è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Drug Safety, uno studio focalizzato sulle possibili interazioni farmacologiche con il principio attivo enzalutamide, un farmaco antiandrogeno approvato per il trattamento del cancro alla prostata avanzato, e sui potenziali rischi che ne derivano per quanto concerne la sicurezza del paziente e l’efficacia della terapia [1].
Enzalutamide, principio attivo della specialità medicinale Xtandi®, è un farmaco che ha dimostrato essere altamente efficace negli uomini affetti da carcinoma prostatico metastatico ormono-sensibile, nonché da carcinoma della prostata ad alto rischio di metastasi. Si tratta di un inibitore dei recettori degli androgeni, che agisce bloccando il segnale che favorisce la progressione del tumore. Pertanto, il trattamento con enzalutamide riduce la crescita delle cellule cancerose e contribuisce alla regressione della malattia [2].
Dopo il cancro ai polmoni, il cancro alla prostata è stato il secondo tumore più diagnosticato negli uomini nel 2020 in tutto il mondo [3]. L’età è indubbiamente un fattore di rischio non solo per l’insorgenza del tumore prostatico, ma anche di molteplici altre condizioni di salute, che possono manifestarsi come comorbità nei pazienti affetti da tale tumore [4,5]. Considerato che circa il 20% dei pazienti con diagnosi di cancro della prostata è di età superiore o uguale a 75 anni, è sempre più frequente che i pazienti siano in trattamento con politerapie, per la gestione delle comorbidità [6]. Non a caso, i farmaci più comunemente prescritti nei pazienti con cancro alla prostata comprendono, oltre a quelli per la terapia di deprivazione androgenica orale, anche farmaci per il trattamento di malattie cardiovascolari, antidiabete, antidepressivi ed analgesici. La presenza di molti farmaci somministrati in concomitanza espone i pazienti a un rischio maggiore di interazioni farmaco-farmaco (Drug-Drug Interaction, DDI), che possono esitare in una riduzione dell’efficacia terapeutica o in reazioni avverse, dovute ad un aumento o ad una riduzione delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci interagenti [3]. È importante, quindi, comprendere i meccanismi delle DDI, al fine di ottimizzare la gestione clinica del paziente con la modifica dei dosaggi, l’utilizzo di alternative farmacologiche o con il monitoraggio terapeutico dei farmaci.
Le DDI che riguardano enzalutamide includono principalmente interazioni di tipo farmacocinetico, che coinvolgono gli enzimi del CYP450, responsabili del metabolismo dei farmaci, e i trasportatori di efflusso, come la glicoproteina-P, coinvolti nella regolazione delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci.
Enzalutamide, in particolare, è :
- un induttore moderato degli enzimi CYP2C9 e CYP2C19,
- un forte induttore del CYP3A4
- un inibitore della glicoproteina-P.
Pertanto, il rischio di DDI con enzalutamide sorge principalmente quando i farmaci co-somministrati interagiscono con queste biomolecole [7,8].
Nello specifico, enzalutamide riduce le concentrazioni plasmatiche dei farmaci che sono substrati del CYP2C9, del CYP2C19 e soprattutto del CYP3A4, come analgesici oppioidi, midazolam, warfarin, anticoagulanti orali diretti, omeprazolo e sulfaniluree. In questi casi la co-somministrazione di enzalutamide deve essere evitata quando una minima diminuzione della concentrazione può portare al fallimento terapeutico del substrato, preferendo farmaci che non siano metabolizzati dalle stesse isoforme del CYP [9]. Al contrario, enzalutamide può aumentare la concentrazione di farmaci che sono substrati della glicoproteina-P, aumentando il rischio di eventi avversi. Questo tipo di DDI è potenzialmente significativa quando i farmaci associati hanno un indice terapeutico ristretto e, pertanto, un piccolo incremento dei livelli ematici può avere effetti tossici. Ne è un esempio la digossina, un farmaco utilizzato per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica accompagnata da fibrillazione atriale. La digossina può provocare una tipica intossicazione, caratterizzata da gravi manifestazioni a livello cardiaco (con extrasistoli, bradiartimie, blocco atrioventricolare), a livello gastrointestinale (con scialorrea, nausea, vomito e diarrea) e a carico del sistema nervoso (con cefalea, astenia, visione gialla o offuscata, sintomi psichiatrici). In tal caso, in assenza di alternative terapeutiche, si rende necessario un attento monitoraggio del paziente [9].
È possibile che enzalutamide abbia DDI che non siano clinicamente rilevanti. Ad esempio, può ridurre la concentrazione plasmatica di un farmaco co-somministrato senza diminuirne l’efficacia o in alternativa, può aumentare l’esposizione di un farmaco co-somministrato senza influenzarne la sicurezza. Quest’ultimo scenario è più probabile quando enzalutamide viene somministrata in concomitanza con farmaci ad alto indice terapeutico [10]. Questo tipo di DDI si verifica con il farmaco relugolix, un antagonista del GnRH, approvato per la terapia di deprivazione androgenica, prescritta in combinazione con enzalutamide. In particolare, relugolix è un substrato della glicoproteina-P e del CYP3A [11,12]. Poiché enzalutamide è un blando inibitore della glicoproteina-P, potrebbe aumentare la concentrazione plasmatica di relugolix. Tuttavia, enzalutamide è un potente induttore del CYP3A4, per cui potrebbe ridurre la concentrazione plasmatica di relugolix. Lo studio HERO ha dimostrato che qualsiasi effetto che enzalutamide può avere sul metabolismo di relugolix non ha un impatto complessivo sull’efficacia o la sicurezza del farmaco e, dunque, non sono necessari aggiustamenti della dose per nessuno dei due farmaci [13].
Le DDI possono anche avere un impatto sulla conversione metabolica dei profarmaci, che sono precursori di farmaci inattivi, nei loro metaboliti attivi. Ad esempio, clopidogrel è un profarmaco che viene convertito nel suo metabolita attivo dal CYP2C19. Enzalutamide, in quanto induttore moderato di questo citocromo, può, pertanto, incrementare la conversione a metabolita attivo di clopidogrel. In questo caso si potrebbero verificare reazioni avverse, come un prolungamento del tempo di sanguinamento e conseguenti complicazioni emorragiche. Tuttavia, l’effetto reale dell’induzione del CYP2C19 da parte di enzalutamide sulla quantità di metabolita attivo formato è minima e non sono previsti aggiustamenti della dose [14]. Ricordiamo, tuttavia, che, come riportato nella Riassunto delle Caratteristiche del Farmaco, durante il trattamento con enzalutamide deve essere evitata la co-somministrazione con warfarin e anticoagulanti cumarinici. Se Xtandi® è somministrato insieme ad un anticoagulante metabolizzato dal CYP2C9 (come warfarin o acenocumarolo), deve essere eseguito un monitoraggio del Rapporto Internazionale Normalizzato (International Normalised Ratio, INR) addizionale [15].
Infine, la somministrazione concomitante di farmaci può anche influenzare la concentrazione di enzalutamide, a sua volta metabolizzato dai citocromi CYP2C8 e CYP3A4.
La somministrazione concomitante con farmaci che inducono questi enzimi può, quindi, ridurre i livelli ematici di enzalutamide, come nel caso della rifampicina (antimicobatterico usato per la tubercolosi), e potenzialmente influenzare l’efficacia della terapia oncologica; viceversa, la somministrazione concomitante con farmaci che inibiscono questi enzimi, come nel caso del gemfibrozil (fibrato usato per ridurre i livelli di trigliceridi nel sangue) o di un metabolita del clopidogrel (antiaggregante piastrinico), può aumentare la concentrazione plasmatica di enzalutamide. In seguito ad aumento della quota biodisponibile del farmaco oncologico, i pazienti potrebbero trovarsi in una situazione di aumentato rischio di reazioni avverse, quali convulsioni, disturbi cognitivi, astenia, cefalea e ipertensione. In questi casi si raccomanda di evitare la somministrazione concomitante o se necessario di apportare modifiche nella posologia di enzalutamide [9]. Se il paziente in trattamento con enzalutamide deve essere trattato in modo concomitante con un inibitore potente del CYP2C8 (per esempio gemfibrozil), la dose di enzalutamide deve essere ridotta. Infine, poiché il CYP3A4 ha un ruolo minore nel metabolismo di enzalutamide, quando Xtandi è somministrato insieme ad inibitori del CYP3A4 non è necessario alcun aggiustamento della dose.
Bibliografia
$ 1. Lennep, B. W., Mack, J., Poondru, S., Hood, E., Looney, B. D., Williams, M., Bianco, J. J., & Morgans, A. K. (2024). Enzalutamide: Understanding and Managing Drug Interactions to Improve Patient Safety and Drug Efficacy. Drug safety, 10.1007/s40264-024-01415-7. Advance online publication
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$ 10. Boujonnier, F., Lemaitre, F., & Scailteux, L. M. (2023). Pharmacokinetic Interactions Between Abiraterone, Apalutamide, Darolutamide or Enzalutamide and Antithrombotic Drugs: Prediction of Clinical Events and Review of Pharmacological Information. Cardiovascular drugs and therapy, 10.1007/s10557-023-07453-0. Advance online publication.
11. Saad, F., & Shore, N. D. (2021). Relugolix: a novel androgen deprivation therapy for management of patients with advanced prostate cancer. Therapeutic advances in medical oncology, 13, 1758835921998586.
12. Myovant Sciences Inc. Punti salienti delle informazioni sulla prescrizione: compresse di Orgovyx (relugolix), per uso orale 2023. Disponibile al link: https://www.orgovyx.com/content/pdfs/orgovyx-prescribing-information.pdf
13. George, D. J., Saad, F., Cookson, M. S., Saltzstein, D. R., Tutrone, R., Bossi, A., Brown, B., Selby, B., Lu, S., Buckley, D., Tombal, B., & Shore, N. D. (2023). Impact of Concomitant Prostate Cancer Medications on Efficacy and Safety of Relugolix Versus Leuprolide in Men With Advanced Prostate Cancer. Clinical genitourinary cancer, 21(3), 383–392.e2.
14. Bates, E. R., Lau, W. C., & Angiolillo, D. J. (2011). Clopidogrel-drug interactions. Journal of the American College of Cardiology, 57(11), 1251–1263.
15. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto Xtandi®. Disponibile al link : https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/bancadatifarmaci/farmaco?farmaco=042868#
Casi di sovradosaggio di risperidone in pediatria. AIFA raccomanda ai medici prescrittori e ai farmacisti di istruire i caregiver sulla corretta somministrazione del dosaggio.
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In data 03/05/2024, in seguito a numerose segnalazioni di sovradosaggio accidentale in bambini e adolescenti trattati con risperidone, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha sottolineato l'importanza di prestare attenzione alla corretta somministrazione dei medicinali contenenti tale farmaco [1].
Il risperidone è un farmaco antipsicotico atipico di seconda generazione, che può essere assunto sotto forma di compresse, soluzione orale o iniezione a rilascio prolungato, e che viene utilizzato per trattare una vasta gamma di disturbi psichiatrici. Tale farmaco svolge la propria azione a livello del sistema nervoso centrale contribuendo al riequilibrio di specifiche sostanze chimiche nel cervello, coinvolte nella sintomatologia di alcune condizioni psichiatriche. In particolare, agisce antagonizzando i recettori D2 della dopamina e 5-HT2 della serotonina, contribuendo così alla regolazione dell’umore e del comportamento e favorendo la riduzione dei sintomi collegati a condizioni come la schizofrenia e il disturbo bipolare [3]. Il risperidone si lega anche ad altri recettori, come quelli alfa1-adrenergici e, con minore affinità, ai recettori H1-istaminergici e alfa2-adrenergici, mentre non mostra alcuna affinità per i recettori colinergici [2].
Il risperidone è ampiamente utilizzato, anche nei bambini e negli adolescenti con disturbi psicotici e comportamentali, grazie ad un buon profilo di tollerabilità, soprattutto per la minore incidenza di sintomi neurologici extrapiramidali [4]. L'uso del farmaco è raccomandato quando la gravità dei comportamenti aggressivi o disruptivi richiede un intervento farmacologico. Il trattamento con risperidone dovrebbe essere integrato in un piano terapeutico completo, che contempla anche interventi psicosociali ed educativi [2].
In particolare, è indicato per :
$1· schizofrenia
$1· episodi maniacali da moderati a gravi associati ai disturbi bipolari
$1· trattamento a breve termine (fino a sei settimane) dell'aggressività persistente sia nei bambini a partire dai 5 anni e negli adolescenti affetti da disturbo del comportamento che nei pazienti con demenza di Alzheimer di grado moderato a grave
$1· irritabilità associata all'autismo (nei bambini dai 5 anni in su)
Tuttavia, nella pratica clinica, il risperidone viene spesso prescritto anche in modo non conforme alle indicazioni terapeutiche autorizzate (uso off-label) [5]. In particolare, è incluso nella Legge 648/96, che ne autorizza l’uso come trattamento:
- a breve termine di problemi comportamentali di grado moderato o grave quali irritabilità e aggressività in soggetti (≥5 anni) con disturbi dello spettro autistico che non abbiano risposto in modo efficace a interventi psicologici specifici comportamentali ed educativi o per i quali tali interventi non sono disponibili;
- della Sindrome di Tourette con compromissione funzionale da moderata a grave (≥7 anni);
- add-on al metilfenidato in soggetti (≥7 anni) ADHD e disturbo oppositivo-provocatorio, o aggressività che non abbiano risposto in modo efficace al solo trattamento con metilfenidato [6].
Recentemente l’AIFA ha ricevuto segnalazioni riguardanti casi di sovradosaggio accidentale di risperidone in bambini e adolescenti, con un'età compresa tra 1 e 17 anni. In alcuni casi è stato necessario l’accesso e il monitoraggio in ospedale di tali pazienti, che, fortunatamente, hanno avuto tutti una risoluzione completa dei sintomi.
In alcuni casi è emerso che il sovradosaggio è stato causato da un'errata interpretazione delle istruzioni per l'uso della siringa dosatrice fornita con la formulazione soluzione orale del farmaco, portando così ad una somministrazione di dosi fino a 10 volte superiori rispetto a quelle prescritte per alcuni pazienti.
Il sovradosaggio di questo medicinale può portare a gravi eventi avversi soprattutto a carico del sistema nervoso centrale (sonnolenza, sedazione, convulsioni, sintomi extrapiramidali), a livello cardiovascolare (tachicardia, ipotensione, prolungamento dell’intervallo QT, torsione di punta) e gastrointestinale (vomito).
Per gestire eventuali situazioni di sovradosaggio, non essendo disponibile un antidoto specifico per il risperidone, è essenziale adottare un approccio basato su misure di supporto, che includono:
$1· stabilire e mantenere la pervietà delle vie respiratorie e assicurare un’adeguata ossigenazione e ventilazione
$1· eseguire un monitoraggio elettrocardiografico continuo, per individuare possibili aritmie
$1· considerare l’esecuzione di una lavanda gastrica e la somministrazione di carbone attivo insieme ad un lassativo solo quando il farmaco è stato assunto da non più di un’ora
$1· trattare con fluidi e.v. e/o agenti simpaticomimetici l’ipotensione e il collasso circolatorio
$1· somministrare un farmaco anticolinergico in caso di sintomi extra-piramidali gravi
$1· proseguire un attento monitoraggio e una supervisione clinica fino al ristabilimento del paziente [2].
Per prevenire errori nella somministrazione e per diminuire il rischio di sovradosaggio, l'AIFA raccomanda ai medici prescrittori e ai farmacisti di guidare attentamente i genitori o i caregiver dei pazienti alla corretta misurazione della dose e di assicurarsi che comprendano correttamente le istruzioni. In caso di incertezza sull'uso del farmaco, è fondamentale che i genitori o i caregiver consultino il medico o il farmacista [1].
Bibliografia
[1]Nota informativa AIFA disponibile al link: (https://www.aifa.gov.it/-/medicinali-contenenti-risperidone-in-soluzione-orale-e-sovradosaggio)
[2]Riassunto delle caratteristiche del prodotto Risperidone Aurobindo Pharma Italia ® disponibile al link:https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_003199_042441_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3
[3] McNeil SE, Gibbons JR, Cogburn M. Risperidone. 2023 Jan 16. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2024 Jan–. PMID: 29083663.)
[4] Leucht S, Corves C, Arbter D, Engel RR, Li C, Davis JM. Second-generation versus first-generation antipsychotic drugs for schizophrenia: a meta-analysis. Lancet. 2009 Jan 3;373(9657):31-41. doi: 10.1016/S0140-6736(08)61764-X. Epub 2008 Dec 6. PMID: 19058842.)
[5] Drugs for kids: Good or bad? Paul R. Albert. J Psychiatry Neurosci September 01, 2012 37 (5) 293-295; DOI: https://doi.org/10.1503/jpn.120140
https://www.aifa.gov.it/legge-648-96
L’OMS segnala un diffuso uso eccessivo di antibiotici nei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19
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L’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO), in data 26/04/2024, ha pubblicato un comunicato stampa nel quale evidenziava l'uso eccessivo di antibiotici emerso da un studio recentemente condotto a livello globale tra i pazienti ospedalizzati per COVID-19 [1].
Nonostante gli antibiotici siano un pilastro fondamentale della medicina moderna e abbiano rivoluzionato il trattamento delle infezioni batteriche, il loro uso eccessivo e inappropriato è diventato un grave problema di salute pubblica. L’antibiotico-resistenza si verifica quando un microrganismo, precedentemente sensibile al trattamento, sviluppa la capacità di sopravvivere o proliferare in presenza di agenti antibatterici. In realtà, in senso più ampio, ad oggi si parla di resistenza antimicrobica che si verifica quando batteri, virus, funghi e parassiti non rispondono più ai farmaci antimicrobici (antibiotici, antivirali, antifungini e antiparassitari). Tale fenomeno è dovuto a prescrizioni o assunzioni di farmaci antimicrobici non necessarie o scorrette, che hanno reso sempre più difficili da trattare le infezioni batteriche comuni, aumentando il rischio di gravi complicazioni e morte [2,3].
Con l’avvento della pandemia da COVID-19, l'utilizzo inappropriato degli antibiotici potrebbe aver contribuito ad una diffusione della resistenza antimicrobica.
In molti casi di COVID-19, soprattutto nei pazienti gravemente malati o con comorbidità, si possono verificare coinfezioni batteriche, portando ad un aumento dell'uso di antibiotici per trattare queste infezioni secondarie.
Tuttavia, dall’analisi dei datiprovenienti dalla piattaforma clinica globale dell’WHO in cui sono stati archiviati i dati clinici anonimizzati provenienti da pazienti ricoverati con COVID-19 tra gennaio 2020 e marzo 2023, è emerso che solo un esiguo 8% dei pazienti ricoverati con COVID-19 manifestava co-infezioni batteriche necessitanti di terapia antibiotica. Ciononostante, un considerevole 75% dei pazienti ha ricevuto trattamenti antibiotici preventivi, anche in assenza di evidenza diretta di infezione, per precauzione. Relativamente alla distribuzione geografica, l'impiego di antibiotici a livello globale variava dal 33% dei pazienti nella regione del Pacifico occidentale all'83% nelle regioni del Mediterraneo orientale e dell'Africa. Inoltre, nel periodo compreso tra il 2020 e il 2022, si è osservata una riduzione delle prescrizioni antibiotiche in Europa e nelle Americhe, mentre si è registrato un aumento in Africa. Il tasso più alto di impiego di antibiotici è stato riscontrato tra i pazienti affetti da forme gravi o critiche di COVID-19, con una media globale dell'81%. Per i casi lievi o moderati, si è osservata una considerevole differenza tra le regioni: la regione africana è risultata quella con l'utilizzo più elevato (79%) [1].
Per promuovere un uso appropriato degli antibiotici al fine di preservarne l'efficacia nel tempo e ridurre la diffusione della resistenza antimicrobica è stata sviluppata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità la classificazione AWaRe.
Il termine "AWaRe" deriva dall'acronimo "Access, Watch, Reserve", e classifica gli antibiotici in base al loro impiego. Gli antibiotici Access sono facilmente reperibili, con uno spettro di azione ristretto e un buon profilo di sicurezza, vengono utilizzati come terapia di prima linea per le infezioni comuni. Gli antibiotici Watch hanno uno spettro d’azione più ampio, sono solitamente raccomandati come prima linea di trattamento solo in pazienti con segni clinici più gravi, o per infezioni in cui potrebbe esserci una resistenza agli antibiotici Access. Infine, gli antibiotici Reserve vengono impiegati nel trattamento delle infezioni causate da batteri resistenti a più farmaci [4].
Sulla base di tale classificazione, dall’analisi di tale recente analisi della piattaforma del WHO è emerso che gli antibiotici classificati come "Watch", sono stati quelli più frequentemente prescritti su scala mondiale [1]. In generale, l'impiego di antibiotici non ha condotto a miglioramenti nei risultati clinici per i pazienti affetti da COVID-19; al contrario, potrebbe causare danni alle persone non affette da infezioni batteriche, in confronto a coloro che non vengono trattati con antibiotici.
Pertanto, emerge la chiara esigenza di continuare a mettere in atto strategie ed iniziative informative ed educazionali per contrastare il problema della resistenza antimicrobica, con l'obiettivo di individuare una risposta a questa sfida cruciale che coinvolge non solo la salute umana e animale, ma anche i settori agroalimentari e l'ambiente. Ad oggi le strategie ideate per contrastare la resistenza agli antibiotici prevedono l’uso prudente di antibiotici, l'attuazione di buone pratiche di controllo delle infezioni e infine lo sviluppo di nuovi antibiotici con nuovi meccanismi d'azione [5].
Riferimenti bibliografici e sitografici:
1. L’OMS segnala un diffuso uso eccessivo di antibiotici nei pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19. Disponibile al seguente link: https://www.who.int/news/item/26-04-2024-who-reports-widespread-overuse-of-antibiotics-in-patients--hospitalized-with-covid-19
2. Huemer M, Mairpady Shambat S, Brugger SD, Zinkernagel AS. Antibiotic resistance and persistence-Implications for human health and treatment perspectives. EMBO Rep. 2020 Dec 3;21(12):e51034. doi: 10.15252/embr.202051034. Epub 2020 Dec 8. PMID: 33400359; PMCID: PMC7726816.
3. Rizvi SG, Ahammad SZ. COVID-19 and antimicrobial resistance: A cross-study. Sci Total Environ. 2022 Feb 10;807(Pt 2):150873. doi: 10.1016/j.scitotenv.2021.150873. Epub 2021 Oct 8. PMID: 34634340; PMCID: PMC8500695.
4. Manuale antibiotici AWaRe (Access, Watch, Reserve) Edizione italiana del “The WHO AWaRe Antibiotic Book”. Disponibile al seguente link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1811463/Manuale_antibiotici_AWaRe.pdf
$ 5. Ministero della Salute - FAQ Antibiotico resistenza. Disponibile al seguente link: https://www.salute.gov.it/portale/p5_1_2.jsp?lingua=italiano&id=219
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