Farmacovigilanza
EMERGENZA COVID-19: AIFA pubblica un Comunicato circa l’inefficacia degli antibiotici contro l’infezione da COVID-19
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In data 13/01/2022 l’AIFA ha rilasciato un comunicato in cui specifica che non esistono antibiotici efficaci contro il COVID-19. Il comunicato si basa sulle recenti notizie diffuse dai media circa la carenza dell’antibiotico azitromicina a causa del suo utilizzo improprio per il trattamento dell’infezione da COVID-19.
L’azitromicina è un antibiotico appartenente alla famiglia dei macrolidi indicato per il trattamento di alcune infezioni respiratorie da lievi a moderate causate da ceppi batterici sensibili.
L’utilizzo dell’azitromicina per il trattamento dell’infezione da COVID-19 si è diffuso in una fase iniziale della pandemia in quanto secondo alcuni studi l’azitromicina, come anche altri antibiotici macrolidi, sembrerebbe provocare una down-regulation delle molecole di adesione della superficie cellulare, ridurre la produzione di citochine proinfiammatorie, stimolare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e inibire l’attivazione e la mobilizzazione dei neutrofili. Tuttavia, successive evidenze cliniche, pubblicate sulle più importanti riviste internazionali, hanno indicato che non vi è alcuna efficacia dell’azitromicina nell’infezione da COVID-19.
In particolare, in uno studio statunitense (ACTION), 263 adulti (43 anni di età in media) risultati positivi per SARS-CoV-2 hanno ricevuto una singola dose da 1200 mg di azitromicina o placebo. L’esito primario - la risoluzione totale dei sintomi entro 14 giorni dall’arruolamento - si è verificato nella stessa proporzione in entrambi i gruppi (50%) e non sono state notate differenze nell’incidenza di ospedalizzazione o morte [1].
In un altro studio nel Regno Unito (PRINCIPLE), circa 1300 pazienti con COVID-19 fortemente sospettato o documentato hanno ricevuto azitromicina (500 mg al giorno per 3 giorni) o cure standard; i pazienti in questo studio erano più anziani di quelli degli studi discussi sopra (età media, 61 anni) e la maggior parte presentava comorbidità. Tutti gli esiti (compresa la risoluzione dei sintomi, il ricovero e la morte) si sono verificati con frequenza simile nei due gruppi [2]
Pertanto, la CTS di AIFA non si è limitata a non raccomandare l’azitromicina nel trattamento dell’infezione da COVID-19 ma ha sottolineato il rischio potenziale del prolungamento dell’intervallo QT indotto da azitromicina e potenzialmente amplificato dall’associazione con idrossiclorochina, anch’esso potenziale aritmogeno, utilizzato in questi pazienti.
Nonostante tali raccomandazioni, dall’ultimo rapporto Osmed è emerso un notevole aumento del consumo di azitromicina sia a livello ospedaliero che territoriale, particolarmente marcato in Campania (+250%) e nel Lazio (+300%), nonostante l’antibiotico non sia mai stato approvato da AIFA per il trattamento di COVID-19. Sono rimasti stabili sull’intero territorio nazionale, invece, gli acquisti ospedalieri di farmaci oncologici e immunosoppressori, nonostante la grande pressione a carico delle strutture.
Ala luce delle evidenze ad oggi disponibili, AIFA ha sottolineato come l’uso di azitromicina o di qualsiasi altro antibiotico in caso di infezione da COVID-19 non abbia alcun effetto protettivo sull’evoluzione della malattia, né in termini di riduzione della trasmissione, né dei tempi di guarigione, né sulla mortalità. Inoltre, l’uso sconsiderato e off-label di azitromicina ha portato alla carenza di tale medicinale impedendone l’accesso a chi ne ha veramente bisogno e aumentando il rischio di sviluppo di resistenza batterica.
Al fine di contrastare tale carenza l’Agenzia Italiana del farmaco ha richiamato tutti i prescrittori e i cittadini alla responsabilità di usare le terapie antibiotiche solo ove indicate.
Bibliografia
1. Oldenburg CE et al. Effect of oral azithromycin vs placebo on COVID-19 symptoms in outpatients with SARS-CoV-2 infection: A randomized clinical trial. JAMA 2021 Aug 10; 326:490. https://doi.org/10.1001/jama.2021.11517
2. PRINCIPLE Trial Collaborative Group. Azithromycin for community treatment of suspected COVID-19 in people at increased risk of an adverse clinical course in the UK (PRINCIPLE): A randomised, controlled, open-label, adaptive platform trial. Lancet 2021 Mar 20; 397:1063.
EMERGENZA COVID-19: autorizzato in Italia il quinto vaccino, Nuvaxovid, dell'azienda Novavax
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In data 22 dicembre 2021, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha approvato l’utilizzo del vaccino Nuvaxovid®, dell’azienda Novavax, per la popolazione adulta (≥ 18 anni) secondo un ciclo vaccinale primario di due dosi a distanza di tre settimane l’una dall’altra [1]. La decisione della Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA fa seguito alle raccomandazioni formulate dal Comitato per i medicinali per uso umano (Committee for Medicinal Products for Human Use, CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) sulla concessione dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) condizionata per tale vaccino [2]. Nuvaxovid® è il quinto vaccino raccomandato in Unione Europea e approvato in Italia, il primo ad essere prodotto con la tecnica delle proteine ricombinanti. Difatti, il vaccino a base sub proteica contiene nanoparticelle della proteina spike di SARS-CoV-2, ottenute dalla tecnologia del DNA ricombinante, e un “adiuvante” che contribuisce a stimolare e rafforzare la risposta immunitaria.
Dopo un’attenta valutazione, il CHMP dell’EMA ha concluso che i dati sul vaccino soddisfano i criteri dell’Unione Europea relativamente all’efficacia, alla sicurezza e alla qualità. I dati esaminati provengono da due studi clinici che complessivamente hanno coinvolto 45.000 persone e hanno mostrato una efficacia di circa il 90% nel prevenire la malattia COVID-19 sintomatica anche nella popolazione di età superiore ai 64 anni. Il profilo di sicurezza si è dimostrato positivo, con reazioni avverse prevalentemente di tipo locale.
Il primo studio di fase 3, randomizzato e controllato con placebo, condotto in Messico e negli Stati Uniti nella prima metà del 2021, ha avuto come obiettivo primario quello di valutare l’efficacia di Nuvaxovid® nella prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 a 7 giorni dalla seconda dose in soggetti adulti (≥18 anni) [2]. I partecipanti sono stati randomizzati con un rapporto di 2:1 a ricevere due dosi di Nuvaxovid® o placebo a 21 giorni di distanza. I risultati hanno mostrato una riduzione del 90,4% del numero di casi sintomatici di COVID-19 a 7 giorni dopo la seconda dose (14 casi su 17.312 soggetti vaccinati vs 63 casi su 8.140 soggetti del gruppo di controllo). Sono stati osservati 10 casi di COVID-19 moderati e 4 gravi, tutti in soggetti che hanno ricevuto il placebo, dunque un’efficacia di Nuvaxovid contro la malattia moderata e grave del 100%. Inoltre, è stata stimata un’efficacia del vaccino contro qualsiasi variante del 92,6%. Relativamente al profilo di sicurezza di Nuvaxovid®, gli eventi avversi sia locali che sistemici sono stati transitori e prevalentemente lievi o moderati. In particolare, oltre al dolore al sito di iniezione, gli eventi avversi più frequenti sono stati cefalea, mialgia, affaticamento e malessere. La piressia è un evento raro (<1%) distribuito equamente tra i soggetti dei due gruppi in studio. Come prevedibile, gravi reazioni sistemiche sono risultate maggiori nei soggetti vaccinati, tuttavia risultano meno frequenti rispetto agli altri vaccini anti COVID-19 attualmente in commercio. Infine, nel periodo osservato e durante i periodi relativamente brevi di follow-up non si sono osservati episodi di sindrome di Guillain-Barré, di miocarditi e pericarditi, e di complicanze trombocitopeniche.
Il secondo studio su cui si basa la raccomandazione dell’EMA è stato condotto in 33 siti del Regno Unito e ha coinvolto soggetti di età compresa tra i 18 e gli 84 anni, randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere due dosi di Nuvaxovid® o placebo a 21 giorni di distanza [3]. Anche in questo caso, si è osservata una riduzione sostanziale del numero di casi di soggetti sintomatici per COVID-19 tra quelli che hanno ricevuto il vaccino (10 casi su 7020) rispetto ai soggetti che hanno ricevuto il placebo (96 su 7019), mostrando un’efficacia pari all’89,7%. Gli eventi avversi sistemici maggiormente riportati sono cefalea, mialgia e affaticamento, soprattutto dopo la seconda dose e con una durata massima degli eventi di due giorni.
Complessivamente i due studi mostrano un’efficacia di Nuvaxovid® pari a circa il 90%. Nel periodo degli studi, i ceppi virali più comuni in circolazione erano il ceppo originale di SARS-CoV-2 e alcune varianti preoccupanti come Alpha e Beta; dunque, non sono ancora previsti i dati di efficacia contro le nuove varianti, tra cui Omicron.
In linea con il piano di monitoraggio della sicurezza dell’Unione Europea per i vaccini anti COVID-19, Nuvaxovid® sarà attentamente monitorato e soggetto a diverse attività di verifica che si applicano specificamente ai vaccini anti COVID-19. L’azienda titolare dell’AIC è tenuta a fornire report mensili sulla sicurezza del vaccino, oltre che i regolari aggiornamenti richiesti dalla legislazione europea. Inoltre, l’Unione Europea coordinerà studi indipendenti per fornire nuove informazioni sulla sicurezza e sull’efficacia a lungo termine del vaccino nella popolazione generale.
Sitografia e bibliografia
1. Aifa approva il vaccino Nuvaxovid (Novavax). Comunicato n. 679. Disponibile al sito: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1289678/Comunicato_AIFA_679.pdf.
2. EMA – EMA recommends Nuvaxovid for authorization in the EU. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-recommends-nuvaxovid-authorisation-eu.
3. Dunkle, Lisa M et al. “Efficacy and Safety of NVX-CoV2373 in Adults in the United States and Mexico.” The New England journal of medicine, 10.1056/NEJMoa2116185. 15 Dec. 2021, doi: 10.1056/NEJMoa2116185.
4. Heath, Paul T et al. “Safety and Efficacy of NVX-CoV2373 Covid-19 Vaccine.” The New England journal of medicine vol. 385,13 (2021): 1172-1183. doi:10.1056/NEJMoa2107659
EMERGENZA COVID-19: EMA formula un parere sull’uso di Paxlovid (nirmatrelvir e ritonavir) per il trattamento di COVID-19
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In data 16/12/2021, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell'EMA ha formulato un parere sull'uso di Paxlovid (nirmatrelvir/ritonavir), medicinale antivirale orale sviluppato da Pfizer, per il trattamento di COVID-19 [1].
Paxlovid è un antivirale che riduce la capacità di SARS-CoV-2 di replicarsi nell’organismo bloccando l’attività di un enzima (proteasi SARS-CoV-2-3CL) necessario per la replicazione del virus. Il medicinale contiene anche una dose ridotta di ritonavir (un inibitore della proteasi), che rallenta la degradazione di PF-07321332 (nirmatrelvir), permettendogli di rimanere più a lungo nell'organismo. Si prevede che questo medicinale ridurrà la necessità di ricovero ospedaliero nei pazienti con COVID-19.
Paxlovid non è ancora stato autorizzato nell’Unione Europea, ma il parere dell’EMA può supportare le autorità nazionali nella decisione di utilizzarlo precocemente prima della sua autorizzazione all’immissione in commercio, se si dovessero presentare situazioni di uso di emergenza, alla luce dell’aumento dei tassi di infezione e decessi da COVID-19 in tutta l’UE. Le condizioni proposte da EMA e che saranno pubblicate a breve sul sito web dell’Agenzia, indicano che paxlovid:
- può essere utilizzato per il trattamento di adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di progredire verso la forma grave della malattia;
- deve essere somministrato entro 5 giorni dall’inizio dei sintomi ovvero il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19;
- i due principi attivi, PF-07321332 e ritonavir, disponibili in compresse separate, devono essere assunti insieme due volte al giorno per 5 giorni;
- non deve essere usato con alcuni specifici medicinali, riportati nelle condizioni d’uso proposte;
- non deve essere somministrato in pazienti con funzionalità renale o epatica gravemente ridotta;
- non è raccomandato durante la gravidanza e l’allattamento materno, che deve essere interrotto, sulla base di studi di laboratorio sugli animali che suggeriscono che dosi elevate di Paxlovid possono avere un impatto sulla crescita del feto.
Il parere dell’Agenzia si basa sui risultati intermedi dello studio EPIC-HR (Evaluation of Protease Inhibition for COVID-19 in High-Risk Patients), randomizzato, in doppio cieco, che ha confrontato l’effetto di Paxlovid con quello di un trattamento fittizio (placebo) nei pazienti non ricoverati in ospedale e non vaccinati, affetti da COVID-19 da lieve a moderata, che presentavano almeno una condizione di base che li esponeva al rischio di malattia grave.
I dati dello studio hanno mostrato una riduzione del rischio di ospedalizzazione o decesso per qualsiasi causa dell’89% entro tre giorni dall'insorgenza dei sintomi (endpoint primario) e dell’88% entro cinque giorni dall'insorgenza dei sintomi (endpoint secondario) [2]. Durante il periodo di studio, ogni paziente è stato randomizzato (1:1) a ricevere Paxlovid o placebo per via orale ogni 12 ore per cinque giorni. Lo 0,8% dei pazienti che hanno ricevuto Paxlovid è stato ricoverato entro 28 giorni dall’inizio del trattamento (3/389 ospedalizzati senza decessi), rispetto al 7,0% dei pazienti che hanno ricevuto il placebo e sono stati ricoverati o sono deceduti (27/385 ospedalizzati con 7 decessi successivi). Riduzioni simili nell’ospedalizzazione o morte correlata a COVID-19 sono state osservate anche in pazienti trattati entro cinque giorni dall'insorgenza dei sintomi; circa l’1% dei pazienti che hanno ricevuto Paxlovid è stato ricoverato in ospedale entro 28 giorni dall’inizio del trattamento (6/607 ospedalizzati senza decessi), rispetto al 6,7% dei pazienti che hanno ricevuto il placebo (41/612 ospedalizzati con 10 decessi successivi) [3, 4].
La revisione dei dati sul profilo di sicurezza ha evidenziato che gli effetti indesiderati più comunemente riportati durante il trattamento e fino a 34 giorni dopo l'ultima dose di Paxlovid sono stati disgeusia, diarrea e vomito.
Il 13 dicembre 2021 è stata avviata una rolling review (revisione ciclica) più completa prima della presentazione di una eventuale domanda di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC). L’EMA valuterà tutti i dati su Paxlovid non appena saranno disponibili. In aggiunta, valuterà se il medicinale rispetta gli usuali standard di efficacia, sicurezza e qualità. La rolling review proseguirà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per supportare una domanda formale di AIC da parte dell’azienda.
Se autorizzato o approvato, Paxlovid sarà somministrato alla dose di 300 mg (due compresse da 150 mg) di nirmatrelvir con una compressa da 100 mg di ritonavir, somministrata due volte al giorno per cinque giorni. Una confezione contiene cinque blister di Paxlovid che forniscono tutte le dosi necessarie per un ciclo di trattamento completo di cinque giorni [2].
Bibliografia
1. EMA issues advice on use of Paxlovid (PF-07321332 and ritonavir) for the treatment of COVID-19. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-issues-advice-use-paxlovid-pf-07321332-ritonavir-treatment-covid-19
2. Pfizer Announces Additional Phase 2/3 Study Results Confirming Robust Efficacy of Novel COVID-19 Oral Antiviral Treatment Candidate in Reducing Risk of Hospitalization or Death. Disponibile al link: https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizer-announces-additional-phase-23-study-results
3. Pfizer’s Novel COVID-19 Oral Antiviral Treatment Candidate Reduced Risk of Hospitalization or Death by 89% in Interim Analysis of Phase 2/3 EPIC-HR Study. Disponibile al link: https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizers-novel-covid-19-oral-antiviral-treatment-candidate
4. Clinicaltrials.gov (NCT04960202). EPIC-HR: Study of Oral PF-07321332/Ritonavir Compared With Placebo in Nonhospitalized High Risk Adults With COVID-19. Disponibile al link: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT04960202?term=EPIC+HR&draw=2&rank=1
EMERGENZA COVID-19: EMA raccomanda l’autorizzazione dell’anticorpo monoclonale Xevudy (sotrovimab) e l’estensione d’uso di Kineret (anakinra) negli adulti con Covid-19
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Xevudy (sotrovimab) è il terzo anticorpo monoclonale raccomandato nell’UE per il trattamento del COVID-19 e segue l’approvazione di Regkirona e Ronapreve a novembre. Come questi ultimi, è una proteina progettata per legarsi specificamente alla spike di SARS-CoV-2, proteina che il virus utilizza per entrare nelle cellule umane.
Il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato di autorizzare Xevudy per il trattamento del COVID-19 negli adulti e negli adolescenti (a partire dai 12 anni di età e con un peso di almeno 40 chilogrammi) che non richiedono ossigeno supplementare e che sono a maggior rischio di sviluppare la forma grave della malattia [1].
Xevudy deve essere somministrato in strutture sanitarie in cui i pazienti possono essere monitorati durante e per almeno un'ora dopo l’infusione. Deve essere somministrato entro 5 giorni dallo sviluppo dei sintomi di COVID-19, come trattamento singolo mediante infusione endovena da 500 mg, dopo diluizione [2]. Il parere positivo del CHMP deriva dall’analisi di uno studio che ha coinvolto 1.057 pazienti con COVID-19, in cui si osserva una riduzione significativa dei ricoveri e dei decessi in pazienti con almeno una condizione di base che li mette a rischio di grave COVID-19. La maggior parte dei pazienti in studio era infettata dal virus SARS-CoV-2 originale, alcuni invece da varianti tra cui Alpha ed Epsilon. Sulla base di studi di laboratorio, si prevede che Xevudy sia attivo anche contro altre varianti (incluso Omicron). Il profilo di sicurezza è risultato favorevole con un piccolo numero di reazioni di ipersensibilità e reazioni correlate all'infusione e il CHMP ha, dunque, concluso che i benefici sono superiori ai suoi rischi per l’uso approvato.
Kineret (anakinra) è un farmaco attualmente autorizzato nell’UE per il trattamento di artrite reumatoide, malattia di Still, sindromi da febbre periodica autoinfiammatoria, sindromi periodiche associate alla criopirina (CAPS) e febbre mediterranea familiare. Anakinra è un immunosoppressore che agisce prevenendo l’azione dell'interleuchina 1, un messaggero chimico coinvolto nei processi immunitari che portano all'infiammazione. Attaccandosi ai recettori a cui normalmente si legherebbe l’interleuchina 1 (IL-1RI), ne blocca l’attività (compresa l’induzione di ossido nitrico e di prostaglandina E2 e/o la produzione di collagenasi da parte delle cellule sinoviali, dei fibroblasti e dei condrociti), contribuendo ad alleviare i sintomi di queste malattie [3].
Il CHMP ha raccomandato di estendere l’indicazione di Kineret (anakinra) al trattamento di COVID-19 nei pazienti adulti con polmonite che richiedono ossigeno supplementare (ossigeno a flusso basso o alto) e che sono a rischio di sviluppare insufficienza respiratoria grave, come determinato da livelli ematici di una proteina chiamata suPAR (recettore attivatore del plasminogeno dell'urochinasi solubile) di almeno 6 ng per ml [4].
Per giungere alle sue conclusioni, il CHMP ha valutato i dati di uno studio che ha coinvolto 606 adulti ospedalizzati con polmonite COVID-19 moderata o grave e con livelli di suPAR di almeno 6 ng per ml. Questi pazienti hanno ricevuto Kineret o placebo per iniezione sottocutanea in aggiunta allo standard di cura (ossigeno a flusso basso o alto e desametasone, e alcuni casi anche remdesivir). Lo studio ha mostrato un miglioramento dei sintomi clinici maggiore nei pazienti trattati con Kineret più standard di cura rispetto a quelli che hanno ricevuto placebo più standard di cura. Il beneficio del trattamento di Kineret rispetto al placebo è stato supportato da un aumento del numero di pazienti che si sono completamente ripresi e da una riduzione del numero di pazienti le cui condizioni sono peggiorate fino a grave insufficienza respiratoria o morte.
Lo studio ha anche indicato che la sicurezza di Kineret nei pazienti con COVID-19 era simile a quella osservata nei pazienti trattati per le altre indicazioni approvate. Pertanto, il CHMP ha concluso che i benefici del medicinale sono maggiori dei rischi per i pazienti come quelli studiati in questo studio clinico. L’efficacia di Kineret non è stata dimostrata in pazienti che richiedono ventilazione non invasiva o meccanica o ossigenazione extracorporea a membrana.
Il CHMP invierà ora la sua raccomandazione per COVID-19 alla Commissione europea, che emetterà una decisione finale.
Bibliografia
1. COVID-19: EMA recommends authorisation of antibody medicine Xevudy. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/covid-19-ema-recommends-authorisation-antibody-medicine-xevudy
2. Xevudy: EPAR. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/documents/product-information/xevudy-epar-product-information_en.pdf
3. Kineret: Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto. Disponibile al link: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_003298_035607_RCP.pdf&sys=m0b1l3
4. EMA recommends approval for use of Kineret in adults with COVID-19. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-recommends-approval-use-kineret-adults-covid-19
EMERGENZA COVID-19: raccomandazione EMA sulla dose di richiamo per il vaccino prodotto da Janssen
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In data 15/12/2021, il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato la somministrazione della dose di richiamo (booster) con il vaccino COVID-19 Vaccine Janssen (johnson & johnson) nella popolazione adulta (a partire dai 18 anni di età) che ha ricevuto lo stesso vaccino Janssen almeno due mesi prima. Il CHMP ha inoltre dichiarato che una dose booster con COVID-19 Vaccine Janssen può essere somministrata anche nella popolazione adulta cha ha concluso il ciclo primario vaccinale con Comirnaty (Pfizer/BioNTech) o Spikevax (Moderna), i vaccini a mRNA autorizzati nell’UE [1]. Secondo le dichiarazioni congiunte EMA/ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) [2], i dati attualmente disponibili sostengono che la somministrazione della dose booster eterologa sia sicura ed efficace già a 3 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario, qualora sia necessario ridurre tale intervallo tra le somministrazioni in base al precipitare della situazione epidemiologica.
I dati scientifici a supporto della raccomandazione del CHMP sulla dose di richiamo per COVID-19 Vaccine Janssen, che saranno inseriti nelle informazioni sul prodotto aggiornate, dimostrano che una dose di richiamo di COVID-19 Vaccine Janssen, somministrata negli adulti a distanza di almeno due mesi dalla prima dose, produce un aumento degli anticorpi contro SARS-CoV-2. Non ci sono ancora evidenze, invece sul rischio di trombosi associata a trombocitopenia o di altri eventi avversi molto rari dopo una dose booster.
Come per tutti i medicinali, l’EMA continuerà a esaminare tutti i dati sulla sicurezza e sull’efficacia di COVID-19 Vaccine Janssen.
Le autorità sanitarie pubbliche recepiranno tali conclusioni a livello nazionale e potranno emanare raccomandazioni ufficiali sull’uso delle dosi di richiamo, dopo una dose di COVID-19 Vaccine Janssen o due dosi dei vaccini a mRNA, considerando diversi fattori: la situazione epidemiologica locale, ed in particolare la diffusione di specifiche varianti del virus, la disponibilità dei vaccini sul mercato nazionale, la capacità dei sistemi sanitari nazionali, i dati emergenti sull’efficacia e i dati limitati sulla sicurezza delle dosi di richiamo. Difatti, a livello nazionale sono stati istituiti dei gruppi nazionali di consulenza tecnica per l’immunizzazione (NITAG) preposti a valutare tali fattori e ad orientare ed implementare le campagne vaccinali in ciascuno Stato membro dell’UE. L’Agenzia europea continuerà a collaborare strettamente con le autorità nazionali e con l’ECDC per valutare i dati disponibili e formulare e rivalutare raccomandazioni per la protezione individuale e comunitaria.
Bibliografia
1.COVID-19 Vaccine Janssen: raccomandazione EMA sulla dose di richiamo. Disponibile al link:https://www.aifa.gov.it/-/covid-19-vaccine-janssen-raccomandazione-ema-sulla-dose-di-richiamo
2. Raccomandazioni EMA ed ECDC su vaccinazione eterologa contro il COVID-19. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-ecdc-recommendations-heterologous-vaccination-courses-against-covid-19
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