Farmacovigilanza

NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE CONCORDATA CON LE AUTORITÀ REGOLATORIE EUROPEE E L’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA)

L’AIFA nel mese di aprile ha divulgato, in accordo con le autorità regolatorie europee (EMA), una nota informativa riguardo la gestione delle Reazioni Avverse Cutanee Gravi (SCAR) associate a INCIVO® (telaprevir), a seguito di due casi di Necrolisi Epidermica Tossica (TEN), di cui uno fatale, associati all’uso di tale farmaco. Il telaprevir è un inibitore delle proteasi NS3/4A del virus dell’epatite C (HCV) indicato, in associazione a peginterferone alfa e ribavirina, nel trattamento dell’epatite C cronica di genotipo 1, in pazienti adulti con epatopatia compensata (compresa la cirrosi). Già durante lo sviluppo clinico erano state riportate eruzioni cutanee gravi, comprese eruzione cutanea da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS) e sindrome di Stevens-Johnson (SJS). La TEN, invece, è stata segnalata nella fase post-marketing e uno dei casi ha avuto esito fatale. Un articolo pubblicato nel febbraio del 2013 ha esaminato tre studi internazionali di fase dalla I alla III sulla terapia in combinazione con il telaprevir per l’epatite C, ponendo l’attenzione sulla fase III. In tale studio prospettico osservazionale sono stati inclusi tutti i pazienti con eruzioni cutanee arruolati nei trials clinici del telaprevir prima del 2011. Tale analisi prospettica ha valutato 1346 pazienti trattati con telaprevir più peginterferone e ribavirina e 764 pazienti trattati con placebo più peginterferone e ribavirina per valutare l’insorgenza delle eruzioni cutanee. È emerso che le eruzioni cutanee sono più frequenti in pazienti che ricevevano talaprevir più peginterferone e ribavirina rispetto al trattamento con placebo più peginterferone e ribavirina (56% vs 34% in totale, 3,7% vs 0,4% gravi). L’incidenza della dermatite nei pazienti trattati con telaprevir (>50%) è del 20% più alta rispetto all’incidenza della dermatite riscontrata in pazienti trattati solo con peginterferone e ribavirina. Circa il 5% dei pazienti trattati con telaprevir, inoltre, ha sviluppato eruzioni estese, mentre le stesse si sono manifestate raramente nei pazienti trattati solo con peginterferone e ribavirina. Si è riscontrato, quindi, che l’aggiunta di telaprevir aumentava l’incidenza e la severità ma non sembrava modificare la natura delle eruzioni più comunemente osservate con peginterferone e ribavirina. Inoltre, durante tale analisi, nessun fattore clinico o genetico esaminato è stato identificato come fattore di rischio per la dermatite.(1) Vista la rilevanza clinica della TEN, il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) è stato modificato, includendo la TEN e l’eritema multiforme come reazioni avverse rare. Nell’RCP è stata introdotta una guida specifica per il monitoraggio e la gestione delle reazioni cutanee, comprese le gravi, che possono insorgere durante la terapia di associazione INCIVO®/peginterferone alfa/ribavirina. L’insorgenza di una reazione cutanea grave richiede l’immediata e definitiva sospensione del trattamento con INCIVO®. Anche peginterferone e ribavirina devono essere immediatamente interrotti se si sviluppa eruzione cutanea insieme a sintomi sistemici. I pazienti devono essere informati sull’eventualità che si manifesti una eruzione cutanea in modo tale da rivolgersi tempestivamente allo specialista. 
Alla luce di quanto detto, si ricorda agli operatori sanitari l’importanza della segnalazione spontanea delle sospette reazioni avverse da INCIVO® quale strumento indispensabile per confermare un rapporto beneficio rischio favorevole nelle reali condizioni d’impiego. 

Sito di riferimento: 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/IT-DHCP%20INCIVO-Mar%202013-portale.pdf 

Bibliografia: 
1) Telaprevir-related dermatitis. Roujeau JC et coll. 2013 Feb. 149(2):152-8. 
2) Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di INCIVO® 

05/04/2013 NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE CONCORDATA CON L’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) RELPAX (Eletriptan bromidrato): Controindicazioni nella somministrazione di Relpax

L’AIFA, in accordo con Pfizer, ha divulgato in data 05/04/2013, una nota informativa importante al fine di richiamare l’attenzione su alcune informazioni di sicurezza relative all’uso di Relpax. 
L’eletriptan bromidrato, principio attivo di Relpax, è un agonista selettivo dei recettori vascolari 5-HT1B e dei recettori neuronali 5-HT1D della serotonina e appartiene alla classe terapeutica dei triptani di seconda generazione. E’ indicato, in particolare, nel trattamento acuto della fase cefalgica degli attacchi emicranici con o senza aura. 
Gli agonisti selettivi dei recettori 5-HT 1B/1D rappresentano un importante progresso nel trattamento di pazienti affetti da emicrania in virtù della loro capacità di contrastare la vasodilatazione anormale dei vasi cerebrali che si osserva in questa condizione morbosa. 
I triptani sono farmaci generalmente ben tollerati, con un’incidenza simile di eventi avversi nell’ambito della classe. 
Subito dopo l'introduzione di sumatriptan, condotti in pazienti con arterie coronarie normali o minimamente compromesse hanno dimostrato che la somministrazione di triptani provoca una riduzione relativamente modesta del diametro dell'arteria coronaria epicardica, di per sé insufficiente per influire sul flusso coronarico, ed un modesto aumento delle resistenze vascolari sistemiche e polmonari. Nella malattia cardiovascolare, l'endotelio perde la sua normale funzione omeostatica fisiologica e manifesta una vasoreattività di grado elevato. Serotonina e agonisti correlati (come i triptani) agiscono sull'endotelio coronarico attraverso i recettori 5-HT 2 e anche tramite alcuni sottotipi recettoriali 5-HT 1. I noti effetti vasocostrittori coronarici mediati dai recettori 5-HT 1 sembrano essere causati prevalentemente dall’ attività agonista sui recettori 5-HT 1B e con un minor contributo dai recettori 5-HT 1D [1]. 
L'effetto vasocostrittore dei triptani è mediato principalmente dalla loro attività selettiva sui recettori 5-HT1B. Fortunatamente, la regolazione vasomotoria arteriosa del tono coronarico è solo debolmente (meno del 25%) sotto il controllo dei recettori 5-HT1B. Questo implica che in arterie coronariche sane, anche ad elevate concentrazioni di triptani, sono associati solo modesti effetti vasocostrittori. Inoltre, una serie di studi preclinici e clinici hanno confermato l'effetto minimo di 
eletriptan sul tono coronarico, anche a concentrazioni estremamente elevate. 
Questi risultati indicano che eletriptan ha un alto margine di sicurezza cardiovascolare in pazienti senza malattia coronarica e ha un profilo di tollerabilità e sicurezza che è simile ad altri triptani commercializzati. 
Poichè sono stati riportati in seguito all'uso di triptani casi isolati di dolore toracico di origine cardiaca, ischemia e infarto del miocardio, questi sono stati etichettati come classe controindicata in pazienti con nota o sospetta malattia coronarica (CAD) [2]. 
Analizzando casi di eventi avversi di tipo cardiovascolare è emerso che Relpax era stato, in diverse occasioni, somministrato in pazienti con preesistenti eventi cardiovascolari nei quali il farmaco è controindicato. La nota informativa si riferisce, in particolare, alle controindicazioni di Relpax e degli altri triptani presenti in commercio in pazienti con anamnesi di patologie cardiovascolari. 
Alla luce di tali eventi, l’AIFA raccomanda ai medici di prescrivere Relpax solo dopo attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio di ogni singolo paziente e comunque mai nelle situazioni in cui l’uso è controindicato e inoltre, consiglia di monitorare attentamente i pazienti, in particolare all’inizio della terapia, in modo da interrompere immediatamente il trattamento alla comparsa dei primi sintomi di tipo cardiovascolare. 

Bibliografia di riferimento 

1. Newman CM, Starkey I, Buller N. Effects of sumatriptan and eletriptan on diseased epicardial 
coronary arteries. Eur J Clin Pharmacol. 2005 Nov;61(10):733-42. 

2. Mathew NT, Hettiarachchi J, Alderman J. Tolerability and safety of eletriptan in the treatment of 
migraine: a comprehensive review. Headache. 2003 Oct;43(9):962-74.

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) esamina i dati sui rischi a livello del pancreas per le terapie basate sul GPL-1 (incretino-mimetici) nel trattamento del diabete mellito di tipo II.

In data 26/03/2013, l’EMA ha diramato un comunicato stampa sull’inizio della revisione di alcuni dati provenienti da un gruppo di ricercatori indipendenti che suggeriscono un aumento dei rischi a carico del pancreas a seguito della terapia con farmaci incretino-mimetici, quali agonisti del recettore del peptide-1-glucagone-simile (GLP-1) e inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), entrambi utilizzati per la terapia del diabete mellito di tipo II. 
Tali dati suggeriscono un aumento del rischio di pancreatite e modificazioni pre-cancerose (metaplasie) del dotto pancreatico. 
Complessivamente, sono tre i gruppi di sostanze che hanno un effetto incretinomimetico: ormoni naturali simil-GLP-1 (exendin-4), analoghi sintetici del GLP-1 e inibitori dell’enzima DPP-4 
Il GLP-1 è un ormone di 30-31 amminoacidi prodotto dalle cellule L dell’ileo e del colon che stimola la produzione di insulina da parte delle cellule beta-pancreatiche, diminuisce il rilascio di glucagone da parte delle cellule alfa-pancreatiche e rallenta la motilità e lo svuotamento gastrico [1]. Il primo agonista sintetico, derivato dall’agonista naturale exentin-4 (isolato dalla saliva della lucertola Gila Monster), è stato l’exenatide, approvato dalla Food and Drug Administration nel 2005. L’exenatide, un agonista del recettore del GLP-1, promuove la secrezione di insulina in maniera glucosio-dipendente, inibisce la secrezione di glucagone e riduce l'assunzione di cibo in quanto rallenta lo svuotamento gastrico [2]. 
Un approccio differente rispetto agli analoghi del GLP-1 è quello che si basa sull’impiego di farmaci inibitori dell’enzima DPP-4 mirato a potenziare l’azione del GLP-1 endogeno. L’inibizione dell’attività del DPP-4 determina, infatti, un aumento delle concentrazioni circolanti di questo ormone con conseguente stimolazione della secrezione insulinica, inibizione della secrezione del glucagone e rallentamento dello svuotamento gastrico [3]. 
Alcuni studi hanno, già in passato, messo in evidenza la possibilità che le terapie con analoghi del GLP-1 o inibitori della dipeptidil peptidasi-4 aumentare il rischio di pancreatite acuta e tale evento avverso era già stato inserito in scheda tecnica in quanto alcuni casi rari di pancreatite acuta si erano già verificati durante gli studi pre-marketing. 
Attualmente l’EMA sta valutando i risultati di un gruppo di ricercatori indipendenti che si basano sull’esame di un piccolo numero di campioni di tessuto pancreatico ottenuti da donatori con o senza diabete mellito di tipo II, morti per cause diverse dal diabete; in particolare reazioni avverse a livello pancreatico. 
Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA e il comitato per la valutazione dei rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) stanno riesaminando le informazioni fornite dai ricercatori per valutare la necessità di eventuali azioni regolatorie. 
Pertanto per il momento non vi è alcuna modifica della raccomandazione d’uso di questi medicinali e non vi è la necessità di interromperne l’assunzione. I medici devono continuare a prescrivere questi farmaci in accordo con quanto riportato nelle informazioni del prodotto. 
Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it 
http://www.ema.europa.eu 
Bibliografia 
1) Drucker DJ: Enhancing incretin action for the treatment of type 2 diabetes. Diabetes Care 26, 2929-2940, 2003. 
2) Macconell L, Pencek R, Li Y, Maggs D, Porter L. Exenatide once weekly: sustained improvement in glycemic control and cardiometabolic measures through 3 years. Diabetes Metab Syndr Obes. 2013;6:31-41. 
3) Singh S, Chang HY, Richards TM, Weiner JP, Clark JM, Segal JB. Glucagonlike 
4) Peptide 1-Based Therapies and Risk of Hospitalization for Acute Pancreatitis in Type 2 Diabetes Mellitus: A Population-Based Matched Case-Control Study. JAMA Intern Med. 2013 Feb 25:1-6. 

La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il dimetil fumarato (BG-12) capsule per il trattamento di adulti con sclerosi multipla (SM) recidivante remittente.

La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il dimetil fumarato (BG-12) capsule per il trattamento di adulti con sclerosi multipla (SM) recidivante remittente. 

In data 04/04/2013, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha comunicato l’approvazione, da parte della FDA, dell’uso del dimetil fumarato capsule in adulti con SM recidivante remittente. 
La SM, definita anche sclerosi a placche o sclerosi disseminata, è una malattia cronica autoimmune demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC) e in cui giocano un ruolo centrale processi infiammatori e ossidativi. 
Si ritiene che l’attivazione delle cellule immunitarie e la loro infiltrazione nel SNC siano responsabili del danno cellulare diffuso, potenzialmente dovuto alla produzione incontrollata e al rilascio di specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto, quali perossido di idrogeno e perossinitrito. Questa combinazione di fattori tossici causa demielinizzazione e neurodegenerazione, derminando la progressione della disabilità [1]. 
Il dimetil fumarato ha dimostrato di avere effetti benefici in modelli preclinici di neuroinfiammazione, neurodegenerazione e stress ossidativo tossico, condizioni in cui si osserva l’attivazione del fattore nucleare 1 (eritroide-derivato)-2 (Nrf2), fattore coinvolto nella difesa cellulare primaria contro gli effetti citotossici dello stress ossidativo [2,3]. 
In uno studio di fase 3, placebo controllato, in doppio cieco (DEFINE), i pazienti affetti da SM recidivante remittente sono stati randomizzati, dopo stratificazione, per ricevere una dose orale di BG-12 di 240 mg (2 capsule da 120 mg) due volte al giorno, una dose di BG-12 da 240 mg tre volte al giorno o il placebo. 
I criteri di eleggibilità includevano un età compresa tra 18-55 anni, una diagnosi di SM recidivante-remittente definita in accordo con i criteri di Mc Donal [4], un punteggio al baseline della scala EDSS (Expanded Disability Status Scale) conpreso tra 0 e 5,0, una recidiva clinicamente documentata entro i 12 mesi precedenti la randomizzazione o una risonanza magnetica cerebrale (MRI), effettuata entro 6 settimane dalla randomizzazione, che mostrava almeno una lesione attiva dopo potenziamento con gadolinio. 
L’end-point primario era il numero di pazienti che presentavo una recidiva nel corso dei due anni. Su un totale di 1237 pazienti arruolati, 952 hanno completato lo studio. La percentuale di pazienti che ha avuto una recidiva nel corso dei due anni è stata significativamente bassa nei due gruppi trattati con BG-12 (27% con BG-12 due volte al giorno e 26% con BG-12 3 volte al giorno) rispetto al placebo (46% con P<0,001 in entrambi i casi). 
Il tasso annuale di ricadute è stato di 0,17 nel gruppo trattato con BG-12 due volte al giorno e 0,19 nel gruppo trattato con BG-12 tre volte al giorno rispetto a 0,36 nel gruppo placebo. 
La proporzione stimata di pazienti con una progressione confermata della disabilità è stata del 16% nel gruppo trattato con BG-12 due volte al giorno, del 18% nel gruppo trattato con BG-12 tre volte al giorno e del 27% nel gruppo placebo, con una riduzione significativa del rischio relativo del 38% con BG-12 due volte al giorno (P=0,005), e del 34% con BG-12 tre volte al giorno (P=0,001). 
L'incidenza complessiva di eventi avversi è risultata simile tra i tre gruppi (95-96%). Nella maggior parte dei pazienti gli eventi avversi sono stati lievi o moderati e consistevano in vampate di calore, disturbi gastrointestinali (ad es. diarrea, nausea, dolore addominale superiore, dolore addominale e vomito), proteinuria, e prurito. L'incidenza delle vampate e i disturbi gastrointestinali si manifestavano con maggiore incidenza durante il primo mese dello studio. Nel complesso, l'incidenza di eventi avversi che hanno portato all'interruzione del farmaco in studio è risultata simile in tutti e tre i gruppi (13% nel gruppo placebo e 16% in ciascun gruppo trattato con BG-12), anche se interruzioni della terapia a causa di vampate di calore e di eventi gastrointestinali si è verificata più frequentemente in pazienti che hanno ricevuto BG-12 rispetto ai pazienti che hanno ricevuto il placebo. L'incidenza di infezioni è stata simile nei gruppi in studio (65% nel gruppo placebo, 64% nel gruppo trattato con BG-12 due volte al giorno e 68% nel gruppo trattato con BG-12 tre volte al giorno). Le infezioni più comuni sono state rinofaringiti, infezioni del tratto respiratorio superiore, infezione del tratto urinario e influenza. L'incidenza di infezioni gravi è stata del 2% in tutti i gruppi. L'incidenza totale di eventi avversi renali è stata simile in tutti i gruppi in studio (21% nel gruppo placebo, 22% in due volte al giorno BG-12 gruppo e il 25% nel gruppo di tre volte al giorno BG-12). La proteinuria è stato l'evento avverso più comunemente riportato nei pazienti trattati con BG-12, con un'incidenza del 9% nel gruppo trattato con BG-12 due volte al giorno e del 12% nel gruppo trattato con BG-12 tre volte al giorno (rispetto all’ 8% nel gruppo placebo) [1]. 
La FDA, però, ha raccomandato, prima di iniziare il trattamento, e successivamente ogni anno, che il numero di globuli bianchi del paziente sia attentamente valutato dal proprio medico curante. 
Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/ 
http://www.fda.gov/ 
Bibliografia 

1) Gold R, Kappos L, Arnold DL, Bar-Or A, Giovannoni G, Selmaj K, Tornatore C, Sweetser MT, Yang M, Sheikh SI, Dawson KT; DEFINE Study Investigators. Placebo-controlled phase 3 study of oral BG-12 for relapsing multiple sclerosis. N Engl J Med. 2012 Sep 20;367(12):1098-107. 

2) Gilgun-Sherki Y, Melamed E, Offen D. The role of oxidative stress in the pathogenesis of multiple sclerosis: the need for effective antioxidant therapy. J Neurol 2004;251:261-8. 

3) Johnson DA, Amirahmadi S, Ward C, Fabry Z, Johnson JA. The absence of the pro-antioxidant transcription factor Nrf2 exacerbated experimental autoimmune encephalomyelitis. Toxicol Sci 2010;114: 237-46. 

4) Polman CH, Reingold SC, Edan G, et al. Diagnostic criteria for multiple sclerosis: 2005 revisions to the “McDonald Criteria.” Ann Neurol 2005;58:840-6. 

Nota informativa importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sull’incremento del tasso di rigetto acuto osservato con Nijulox® (belatacept) in associazione alla rapida riduzione del dosaggio dei corticosteroidi.

In data 21/03/2013 l’AIFA, in accordo con le autorità regolatorie europee, ha pubblicato una nota informativa importante circa l’incremento del tasso di rigetto acuto osservato con Nijulox® (belatacept) in associazione alla rapida riduzione del dosaggio dei corticosteroidi in pazienti ad alto rischio immunologico. Belatacept (CTLA4-Ig) è una proteina di fusione ingegnerizzata dotata di attività immunosoppressiva in quanto in grado di bloccare il legame delle proteine CD80 e CD86 ai linfociti T, impedendone l’attivazione. Nijulox®, in combinazione con corticosteroidi e micofenolato mofetile (MMF), è indicato per la profilassi del rigetto negli adulti che hanno effettuato un trapianto renale. E’ raccomandata, inoltre, l’aggiunta a tale regime di base, di un’antagonista del recettore dell’interleuchina-2 per la terapia d’induzione. Nell’esperienza post-marketing, belatacept, in combinazione con basiliximab e MMF e con una riduzione repentina del dosaggio dei corticosteroidi a 5 mg/die entro la sesta settimana dopo il trapianto, è stato associato ad un aumento del tasso di rigetto acuto di grado III. 
La sicurezza e l’efficacia di belatacept come agente immunosoppressivo sono state valutate in due studi multicentrici, randomizzati e controllati di fase III, che hanno confrontato due regimi posologici diversi di belatacept (più intensivo (MI) e meno intensivo (LI)) vs. ciclosporina, ognuno in combinazione con basiliximab, MMF e corticosteroidi. 
Il primo studio, Belatcept Evaluation of Nephroprotection and Efficacy as First-line Immunosoppression Trial (BENEFIT), ha arruolato 527 pazienti i quali sono stati randomizzati per ricevere uno dei tre regimi di immunosoppressione quali ciclosporina, belatacept MI o belatacept LI e ognuno dei regimi era associato al trattamento con basiliximab, MMF e corticosteroidi. Le dosi di corticosteroidi somministrate fino al primo, terzo e sesto mese erano rispettivamente di 20 mg, 12 mg e 10 mg. Erano esclusi dallo studio i pazienti riceventi il primo trapianto con reattività al pannello linfocitario (Panel Reactive Antibodies-PRA) ≥50% e quelli trapiantati con un valore di PRA ≥30%. Erano, inoltre, esclusi i pazienti con precedente perdita di trapianto a causa di rigetto acuto e pazienti che presentavano compatibilità crociata positiva (cross-match) di linfotossicità mediata dalle cellule T. Dopo un anno di trattamento, i pazienti trattati con belatacept MI, belatacept LI e ciclosporina presentavano una percentuale di sopravvivenza del 95%, 97% e 93% rispettivamente. L’incidenza di rigetto acuto dopo 12 mesi dal trapianto era più alta nel gruppo trattato con belatacept rispetto al gruppo trattato con ciclosporina (22% MI, 17% LI e 7% ciclosporina). Il secondo studio, Belatacept Evaluation of Nephroprotection and Efficacy as First-line Immunosoppression Trial Extended Criteria (BENEFIT-EXT) ha arruolato 543 pazienti e ha incluso nello studio persone con età ≥60 anni e con età superiore a 50 anni ma che presentavano almeno altri due fattori di rischio (accidenti cardiovascolari, ipertensione e valori della creatina sierica ≥132,6 µmol/L). Anche in questo studio i pazienti venivano randomizzati per ricevere i tre regimi di immunosoppressione quali ciclosporina, belatacept MI o belatacept LI e ad ognuno dei regimi era associato il trattamento con basiliximab, MMF e corticosteroidi. 
Le dosi di corticosteroidi somministrate fino al primo, terzo e sesto mese erano rispettivamente di 21 mg, 13 mg e 10 mg. Lo studio BENEFIT-EXT ha escluso i pazienti con PRA ≥30%, i pazienti ritrapiantati ed i casi di cross-match positivo di linfotossicità mediata dalle cellule T. 
La differenza di incidenza di rigetto acuto non era statisticamente significativa tra i tre gruppi trattati (MI 9%, LI 5% e ciclosporina 3%) dopo 12 mesi di trattamento. Comunque, reazioni di tipo II-b erano più frequenti nei pazienti trattati con belatacept rispetto ai pazienti trattati con ciclosporina (MI 9%, LI 5% e ciclosporina 3%) [1]. 
Nella pratica clinica il dosaggio dei corticosteroidi è ridotto più rapidamente rispetto a quello riportato negli studi clinici registrativi di Nijulox®. Per tale motivo l’AIFA, in accordo con le autorità regolatorie europee, ha stabilito che la riduzione progressiva del dosaggio dei corticosteroidi deve essere implementata con cautela, in particolare nei pazienti che hanno 4-6 incompatibilità nei confronti dell’antigene leucocitario umano (HLA). 
Il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) sarà, pertanto, aggiornato riportando un’avvertenza sulla riduzione rapida del dosaggio dei corticosteroidi nei pazienti ad alto rischio immunologico e riportando informazioni circa i dosaggi di corticosteroidi utilizzati negli studi clinici registrativi BENEFIT e BENEFIT-EXT e le caratteristiche delle popolazioni arruolate. 
Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.giov.it/it 
Bibliografia 
1. Wojciechowscki D, Vincenti F. Belatacept for prevention of acute rejection in adult patients who have had a kidney transplant: an update. Biologics. 2012; 6:385-93. 

   

  

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