Farmacovigilanza
Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in merito alla conferma delle modifiche di dosaggio e durata del trattamento dei medicinali a base di metoclopramide, al fine di ridurre gli effetti indesiderati neurologici.
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In data 25/10/2013, l’EMA ha diramato un comunicato diretto agli operatori sanitari in merito alla conferma delle modifiche relative al dosaggio e alla durata del trattamento di medicinali a base di metoclopramide somministrati nei bambini e negli anziani, al fine di ridurre l’incidenza degli eventi avversi gravi a carico del SNC.
La metoclopramide è un antagonista dei recettori serotoninergici 5-HT3 e 5-HT4 e del recettore dopaminergico D2. L’antagonismo del recettore 5-HT4 a livello del plesso mioenterico determina rilascio di acetilcolina con conseguente incremento della motilità gastro-intestinale, mentre l’azione antagonista sui recettori 5-HT3 e D2 è responsabile dell'effetto antiemetico. La duplice azione del farmaco giustifica il suo utilizzo come antiemetico e procinetico. 1
Tra gli eventi avversi a carico del SNC si osservano disordini del movimento, acatisia e distonia. Inoltre, l’uso cronico sembra essere associato alla comparsa di discinesia tardiva e effetti parkinson simili. Nelle donne si è potuto osservare come particolari condizioni, quali l’età e il diabete, possano aumentare l’incidenza di comparsa degli eventi avversi sopra segnalati. 2
In particolare, il rischio di tali eventi avversi neurologici è stato riscontrato nell’anno 2010 in Francia in bambini trattati con metoclopramide; a seguito di tali eventi nel dicembre 2011, su richiesta dell’Agenzia regolatoria francese per i farmaci (ANSM), è stata avviata una rivalutazione dei medicinali contenenti metoclopramide. Nello specifico, l’ANSM ha chiesto al Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP) di valutare il profilo rischio/beneficio in tutte le popolazioni di pazienti, ponendo particolare attenzione a bambini e anziani. Il riesame condotto dal CHMP ha portato a una raccomandazione, pubblicata il 26/07/2013, che ha confermato una rimodulazione dei dosaggi. In seguito a tale conferma, una ditta produttrice di formulazioni liquide ad alto dosaggio di metoclopramide ha richiesto di rivalutare la posizione presa dal CHMP, tenuto conto dei vantaggi di tali formulazioni. Il CHMP ha concluso che, sebbene vi fossero alcuni vantaggi con tali formulazioni, quali una più facile regolazione del dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale e epatica, queste non risultino essere determinanti a fini di una riduzione del rischio di errore da sovradosaggio nei bambini, mentre negli anziani si potrebbero avere riduzioni di rischio attraverso l’utilizzo di dispositivi graduati che migliorino la precisione della somministrazione. Tenuto conto di questa osservazione, è stato emanato un comunicato che prevede una modifica dell’indicazione d’uso delle formulazioni ad alto dosaggio di metoclopramide e le seguenti raccomandazioni, rivolte agli operatori sanitari, circa l’utilizzo e le indicazioni delle formulazioni ad alto dosaggio:
negli adulti, metoclopramide continua ad essere indicata per la prevenzione di nausea e vomito post-operatori (PONV), nausea e vomito indotti da radioterapia, nausea e vomito ritardati (ma non acuti) indotti da chemioterapia e per il trattamento sintomatico di nausea e vomito inclusi i casi in cui sono associati ad emicrania acuta;
nei bambini, metoclopramide deve essere utilizzata solo come trattamento di seconda linea per la prevenzione di nausea e vomito ritardati indotti da chemioterapia e nel trattamento della PONV accertata. L'uso è controindicato nei bambini al di sotto di 1 anno di età;
per adulti e bambini il dosaggio massimo nelle 24 ore è di 0,5 mg per kg di peso corporeo; negli adulti il dosaggio abituale nelle formulazioni convenzionali è di 10 mg fino a 3 volte al giorno. Nei bambini la dose raccomandata è da 0,1 a 0,15 mg per kg di peso corporeo, fino a tre volte al giorno;
le formulazioni liquide orali sono state associate a sovradosaggio nei bambini; pertanto, le stesse contenenti più di 1 mg/ml saranno ritirate dal mercato e le dosi orali delle rimanenti formulazioni dovranno essere somministrate utilizzando un’appropriata siringa graduata per somministrazioni orali, in modo da garantire la precisione;
anche le formulazioni endovenose con concentrazioni superiori a 5 mg/ml e le supposte da 20 mg saranno ritirate dal mercato;
le dosi per via endovenosa dovranno essere somministrate lentamente in bolo per almeno 3 minuti, per ridurre il rischio di effetti avversi;
viste le segnalazioni molto rare di gravi reazioni cardiovascolari associate a metoclopramide, in particolare per somministrazione endovenosa, si deve prestare particolare attenzione in popolazioni che potrebbero essere a maggior rischio, compresi gli anziani, i pazienti con disturbi della conduzione cardiaca, con squilibrio elettrolitico non compensato o bradicardia e in quelli trattati con altri farmaci noti per prolungare l'intervallo QT;
per i pazienti in terapia con metoclopramide, il trattamento deve essere rivisto dal medico in un appuntamento di routine (non urgente).
Ad oggi il parere del CHMP sulla metoclopramide è stato trasmesso alla Commissione Europea e risulta in attesa di approvazione.
Si ricorda che la problematica sulla modifica del dosaggio di formulazioni liquide di metoclopramide e rischio di disturbi a carico del SNC è già stata trattata in una news precedentemente pubblicata sul portale web www.farmacovigilanza.unina2.it in data 01/08/2013.
Siti di riferimento
www.agenziafarmaco.gov.it/
www.ema.europa.eu/
Bibliografia
1. Gareth J. Sanger, John Broad, Paul L.R. Andrews: The relationiship between gastric motility and nausea: Gastric prokinetic agents as treatments; European Journal of Pharmacology 715: 11; 2013
2. Pasricha PJ, Pehlivanov N, Sugumar A, Jankovic J: Drug Insight: from disturbed motility to disordered movement--a review of the clinical benefits and medicolegal risks of metoclopramide; Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology 3: 138-148; 2006
La metoclopramide è un antagonista dei recettori serotoninergici 5-HT3 e 5-HT4 e del recettore dopaminergico D2. L’antagonismo del recettore 5-HT4 a livello del plesso mioenterico determina rilascio di acetilcolina con conseguente incremento della motilità gastro-intestinale, mentre l’azione antagonista sui recettori 5-HT3 e D2 è responsabile dell'effetto antiemetico. La duplice azione del farmaco giustifica il suo utilizzo come antiemetico e procinetico. 1
Tra gli eventi avversi a carico del SNC si osservano disordini del movimento, acatisia e distonia. Inoltre, l’uso cronico sembra essere associato alla comparsa di discinesia tardiva e effetti parkinson simili. Nelle donne si è potuto osservare come particolari condizioni, quali l’età e il diabete, possano aumentare l’incidenza di comparsa degli eventi avversi sopra segnalati. 2
In particolare, il rischio di tali eventi avversi neurologici è stato riscontrato nell’anno 2010 in Francia in bambini trattati con metoclopramide; a seguito di tali eventi nel dicembre 2011, su richiesta dell’Agenzia regolatoria francese per i farmaci (ANSM), è stata avviata una rivalutazione dei medicinali contenenti metoclopramide. Nello specifico, l’ANSM ha chiesto al Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP) di valutare il profilo rischio/beneficio in tutte le popolazioni di pazienti, ponendo particolare attenzione a bambini e anziani. Il riesame condotto dal CHMP ha portato a una raccomandazione, pubblicata il 26/07/2013, che ha confermato una rimodulazione dei dosaggi. In seguito a tale conferma, una ditta produttrice di formulazioni liquide ad alto dosaggio di metoclopramide ha richiesto di rivalutare la posizione presa dal CHMP, tenuto conto dei vantaggi di tali formulazioni. Il CHMP ha concluso che, sebbene vi fossero alcuni vantaggi con tali formulazioni, quali una più facile regolazione del dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale e epatica, queste non risultino essere determinanti a fini di una riduzione del rischio di errore da sovradosaggio nei bambini, mentre negli anziani si potrebbero avere riduzioni di rischio attraverso l’utilizzo di dispositivi graduati che migliorino la precisione della somministrazione. Tenuto conto di questa osservazione, è stato emanato un comunicato che prevede una modifica dell’indicazione d’uso delle formulazioni ad alto dosaggio di metoclopramide e le seguenti raccomandazioni, rivolte agli operatori sanitari, circa l’utilizzo e le indicazioni delle formulazioni ad alto dosaggio:
negli adulti, metoclopramide continua ad essere indicata per la prevenzione di nausea e vomito post-operatori (PONV), nausea e vomito indotti da radioterapia, nausea e vomito ritardati (ma non acuti) indotti da chemioterapia e per il trattamento sintomatico di nausea e vomito inclusi i casi in cui sono associati ad emicrania acuta;
nei bambini, metoclopramide deve essere utilizzata solo come trattamento di seconda linea per la prevenzione di nausea e vomito ritardati indotti da chemioterapia e nel trattamento della PONV accertata. L'uso è controindicato nei bambini al di sotto di 1 anno di età;
per adulti e bambini il dosaggio massimo nelle 24 ore è di 0,5 mg per kg di peso corporeo; negli adulti il dosaggio abituale nelle formulazioni convenzionali è di 10 mg fino a 3 volte al giorno. Nei bambini la dose raccomandata è da 0,1 a 0,15 mg per kg di peso corporeo, fino a tre volte al giorno;
le formulazioni liquide orali sono state associate a sovradosaggio nei bambini; pertanto, le stesse contenenti più di 1 mg/ml saranno ritirate dal mercato e le dosi orali delle rimanenti formulazioni dovranno essere somministrate utilizzando un’appropriata siringa graduata per somministrazioni orali, in modo da garantire la precisione;
anche le formulazioni endovenose con concentrazioni superiori a 5 mg/ml e le supposte da 20 mg saranno ritirate dal mercato;
le dosi per via endovenosa dovranno essere somministrate lentamente in bolo per almeno 3 minuti, per ridurre il rischio di effetti avversi;
viste le segnalazioni molto rare di gravi reazioni cardiovascolari associate a metoclopramide, in particolare per somministrazione endovenosa, si deve prestare particolare attenzione in popolazioni che potrebbero essere a maggior rischio, compresi gli anziani, i pazienti con disturbi della conduzione cardiaca, con squilibrio elettrolitico non compensato o bradicardia e in quelli trattati con altri farmaci noti per prolungare l'intervallo QT;
per i pazienti in terapia con metoclopramide, il trattamento deve essere rivisto dal medico in un appuntamento di routine (non urgente).
Ad oggi il parere del CHMP sulla metoclopramide è stato trasmesso alla Commissione Europea e risulta in attesa di approvazione.
Si ricorda che la problematica sulla modifica del dosaggio di formulazioni liquide di metoclopramide e rischio di disturbi a carico del SNC è già stata trattata in una news precedentemente pubblicata sul portale web www.farmacovigilanza.unina2.it in data 01/08/2013.
Siti di riferimento
www.agenziafarmaco.gov.it/
www.ema.europa.eu/
Bibliografia
1. Gareth J. Sanger, John Broad, Paul L.R. Andrews: The relationiship between gastric motility and nausea: Gastric prokinetic agents as treatments; European Journal of Pharmacology 715: 11; 2013
2. Pasricha PJ, Pehlivanov N, Sugumar A, Jankovic J: Drug Insight: from disturbed motility to disordered movement--a review of the clinical benefits and medicolegal risks of metoclopramide; Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology 3: 138-148; 2006
Comunicato stampa dell’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al rischio di gravi reazioni da ipersensibilità con medicinali contenenti ferro somministrati per via endovenosa.
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In data 25/10/2013, l’ AIFA in accordo con l’ Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa in cui raccomanda un più attento monitoraggio delle gravi reazioni di ipersensibilità correlate all’ assunzione per via endovenosa di medicinali a base di ferro (Ferinject, Venofer, Ferro saccarato FME, Ferlixit).
I medicinali per via endovenosa contenenti ferro sono indicati per il trattamento della carenza di ferro, quando i preparati per via orale sono inefficaci o non possono essere usati. I diversi preparati a base di ferro contengono ferro complessato ad altre molecole, come molecole di carbossimaltosio, destrano, glucosio, maltosio e saccarosio; tali composti sono stati autorizzati in tutti gli Stati membri tramite procedure nazionali. Per tali formulazioni iniettabili e in particolare per il ferro destrano sono state riportate reazioni di ipersensibilità potenzialmente fatali. Infatti, è stato dimostrato che lo 0,7% dei pazienti che ha assunto per via endovenosa ferro destrano ha manifestato reazioni anafilattiche letali [1-2].
La revisione dei medicinali parenterali contenenti ferro è stata avviata su richiesta dell’ Agenzia nazionale per la salvaguardia della salute e dei medicinali francese (ANSM), ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2001/83/CE s.m.i, che ha chiesto al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) di effettuare una valutazione completa del rapporto beneficio-rischio di tali medicinali, al fine di valutare se l'immissione in commercio di questi medicinali non debba subire modifiche o se debba essere modificata, sospesa o revocata in tutta l'Unione Europea. Dopo un attenta valutazione, il CHMP dell'EMA ha concluso che i benefici di questi medicinali superano ancora i rischi, purché siano adottate misure adeguate per ridurre al minimo il rischio di reazioni allergiche.
Le misure comprendono:
utilizzo di preparati a base di ferro esclusivamente in strutture dotate di reparti di rianimazione e in presenza di personale qualificato;
eliminare la pratica di somministrare preliminarmente al paziente una piccola dose di prova, in quanto non sufficiente a fornire indicazioni quando al paziente viene somministrata la dose completa;
attenzione massima va prestata in gravidanza, per il rischio di reazioni allergiche nella madre e nel feto. Il trattamento, infatti, va limitato al 2° e al 3° trimestre di gravidanza;
i pazienti devono essere attentamente monitorati per almeno 30 minuti dopo ogni somministrazione;
per ridurre al minimo i rischi la somministrazione va evitata in pazienti con allergie note e va eseguita rispettando la posologia e la modalità di somministrazione descritta nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP);
tutti i medici che prescrivono questi medicinali devono informare il paziente sul rischio di ipersensibilità prima di ogni somministrazione. I pazienti devono essere informati dei sintomi correlati e deve essere loro richiesto di contattare con urgenza il medico in caso di reazione indesiderata.
In conclusione, al fine di minimizzare i rischi, si raccomanda di monitorare le condizioni cliniche del paziente dopo ogni dose di farmaco, anche se le somministrazioni precedenti sono state ben tollerate. Inoltre, per ottenere maggiori informazioni sul prodotto, si consiglia di far riferimento alle sezioni del RCP.
Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia:
[1] George R. Bailie, John A. Clark, Christi E. Lane and Peter L. Lane - Hypersensitivity reactions and deaths associated with intravenous iron preparations - Nephrol. Dial. Transplant, 2005 20 : 1443-1449.
[2] SB Silverstein, GM Rodgers: Parenteral iron therapy options - American journal of hematology, 2004 - Wiley Online Library
I medicinali per via endovenosa contenenti ferro sono indicati per il trattamento della carenza di ferro, quando i preparati per via orale sono inefficaci o non possono essere usati. I diversi preparati a base di ferro contengono ferro complessato ad altre molecole, come molecole di carbossimaltosio, destrano, glucosio, maltosio e saccarosio; tali composti sono stati autorizzati in tutti gli Stati membri tramite procedure nazionali. Per tali formulazioni iniettabili e in particolare per il ferro destrano sono state riportate reazioni di ipersensibilità potenzialmente fatali. Infatti, è stato dimostrato che lo 0,7% dei pazienti che ha assunto per via endovenosa ferro destrano ha manifestato reazioni anafilattiche letali [1-2].
La revisione dei medicinali parenterali contenenti ferro è stata avviata su richiesta dell’ Agenzia nazionale per la salvaguardia della salute e dei medicinali francese (ANSM), ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2001/83/CE s.m.i, che ha chiesto al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) di effettuare una valutazione completa del rapporto beneficio-rischio di tali medicinali, al fine di valutare se l'immissione in commercio di questi medicinali non debba subire modifiche o se debba essere modificata, sospesa o revocata in tutta l'Unione Europea. Dopo un attenta valutazione, il CHMP dell'EMA ha concluso che i benefici di questi medicinali superano ancora i rischi, purché siano adottate misure adeguate per ridurre al minimo il rischio di reazioni allergiche.
Le misure comprendono:
utilizzo di preparati a base di ferro esclusivamente in strutture dotate di reparti di rianimazione e in presenza di personale qualificato;
eliminare la pratica di somministrare preliminarmente al paziente una piccola dose di prova, in quanto non sufficiente a fornire indicazioni quando al paziente viene somministrata la dose completa;
attenzione massima va prestata in gravidanza, per il rischio di reazioni allergiche nella madre e nel feto. Il trattamento, infatti, va limitato al 2° e al 3° trimestre di gravidanza;
i pazienti devono essere attentamente monitorati per almeno 30 minuti dopo ogni somministrazione;
per ridurre al minimo i rischi la somministrazione va evitata in pazienti con allergie note e va eseguita rispettando la posologia e la modalità di somministrazione descritta nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP);
tutti i medici che prescrivono questi medicinali devono informare il paziente sul rischio di ipersensibilità prima di ogni somministrazione. I pazienti devono essere informati dei sintomi correlati e deve essere loro richiesto di contattare con urgenza il medico in caso di reazione indesiderata.
In conclusione, al fine di minimizzare i rischi, si raccomanda di monitorare le condizioni cliniche del paziente dopo ogni dose di farmaco, anche se le somministrazioni precedenti sono state ben tollerate. Inoltre, per ottenere maggiori informazioni sul prodotto, si consiglia di far riferimento alle sezioni del RCP.
Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia:
[1] George R. Bailie, John A. Clark, Christi E. Lane and Peter L. Lane - Hypersensitivity reactions and deaths associated with intravenous iron preparations - Nephrol. Dial. Transplant, 2005 20 : 1443-1449.
[2] SB Silverstein, GM Rodgers: Parenteral iron therapy options - American journal of hematology, 2004 - Wiley Online Library
Il Pharmacovigilance Risk Assessment Commettee (PRAC) ha confermato che i benefici di tutti i contraccettivi orali combinati (COC) continuano a superarne i rischi.
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In data 11/10/2013, il PRAC dell’EMA ha rivalutato il rischio di comparsa di tromboembolia venosa (TEV o coaguli di sangue nelle vene) dopo assunzione di COC. Il PRAC ha concluso che i benefici dei COC nel prevenire gravidanze indesiderate continuano a superare i rischi.
La TEV è una delle patologie più comuni del sistema cardiocircolatorio e le manifestazioni cliniche sono: la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. L’incidenza annuale di questa patologia è difficile da stimare in quanto è spesso clinicamente silente e, in molti casi, il primo segno della malattia è un’embolia polmonare che risulta fatale. L’incidenza complessiva di TEV è di circa 1000 casi l’anno, di cui circa due terzi si manifestano come trombosi venosa profonda e un terzo come embolia polmonare. Tra i fattori di rischio vi sono l’obesità, l’ospedalizzazione prolungata (immobilizzazione e infezioni), l’uso di anestetici generali, le neoplasie, la trombofilia, il fumo e l’utilizzo di contraccettivi orali, in particolare, di COC(1).
I COC sono contraccettivi che contengono due tipi di ormoni, un progestinico e un estrogenico. Essi vengono di solito classificati, in base alla loro introduzione in commercio, in generazioni. La prima generazione di contraccettivi è stata sviluppata negli anni ’60 e i farmaci contenevano un’elevata quantità di estrogeno, ma non l’ormone progestinico. La seconda generazione di contraccettivi orali combinava, invece, piccole quantità di estrogeno con diversi ormoni progestinici (principalmente il levonorgestrel) in concentrazioni differenti. Dagli anni ’90 in poi, sono stati sviluppati e commercializzati molti tipi di contraccettivi contenenti ormoni progestinici diversi che furonodenominati contraccettivi di terza e quarta generazione.
Una prima valutazione dei COC era stata avviata nel 1995 ed era basata su tre studi epidemiologici indipendenti, che indicavano un aumento del rischio di TEV associato all’uso di questi farmaci, rispetto al solo utilizzo del progestinico levonorgestrel. Alla fine della valutazione, il PRAC concluse che:
• Il livello di rischio era basso per cui non vi era ragione che le donne in trattamento con COC interrompessero la terapia.
• Nelle donne che facevano uso di un contraccettivo contenente desogestrel o gestodene in combinazione con 30 µg di etinilstrediolo, il rischio di sviluppare TEV era di poco superiore all’uso di contraccettivi contenenti levonorgestrel combinato con la stessa quantità di etilestradiolo.
• Il rischio di TEV era maggiore durante il primo anno di assunzione del farmaco, qualunque era il COC utilizzato.
• Il rischio di sviluppare la TEV era inferiore con l’uso di COC rispetto a quello associato alla gravidanza.
Nel 2012, il CHMP Pharmacovigilance Working (PhVWP), a cui è succeduto il PRAC, ha completato una rivalutazione di due nuovi studi epidemiologici sul rischio di TEV associato all’uso di COC contenenti drospirenone (Yasmine® e Yasminelle®). In particolare, dalla rivalutazione è emerso che il rischio di TEV associato ai contraccettivi contenenti drospirenone è più alto del rischio associato all’uso di COC contenenti levonorgestrel, ma simile a quello associato all’assunzione di COC contenenti desogestrel o gestodene.
Considerati tutti i dati oggi a disposizione, il comitato raccomanda che le donne e i medici prescrittori siano informati sul già noto rischio di tromboembolia prestando attenzione all’eventuale comparsa di segni e sintomi e tale raccomandazione sarà trasmessa al Committee for Medical Products for Human Use (CHMP), che avrà il compito di esprimere un parere definitivo.
In ogni caso, la rivalutazione effettuata dal PRAC ha confermato che il rischio di TEV associato all’uso di tutti i COC è basso e ha dimostrato l’esistenza di differenze a seconda del tipo di progestinico che essi contengono. È comunque importante che tutte le donne che assumono i COC vengano informate sui possibili rischi di TEV e i loro medici curanti devono prendere in considerazione gli eventuali fattori di rischio soggettivi che comprendono: fumo, sovrappeso, età, emicranie e storia familiare di TEV.
In sintesi le conclusioni del PRAC sono:
• il livello di rischio è considerato basso con l’uso dei COC contenenti progestinici levonorgestrel, norgestimate e noretisterone;
• il rischio è stato stimato più alto con l’uso di progestinici etonogestrel e norelgestormina;
• il rischio è anche stimato essere superiore con l’uso dei progestinici gestoden e drospirenone;
• per i COC contenenti clormadinone, dienogest e normegestrolo, i dati disponibili non sono sufficienti a stabilire se i suddetti farmaci abbaino un profilo di tollerabilità migliore dei COC da più tempo in commercio. Tuttavia gli studi sono in corso.
Le raccomandazioni del PRAC saranno condivise dal CHMP che adotterà un parere da sottoporre alla Commissione Europea la quale emanerà una decisione giuridicamente vincolante nel corso di una riunione che si terrà il 18-21 Novembre 2013.
Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia
Wong P, Baglin T. Epidemiology, risk factors and sequelae of venous thromboembolism. Phlebology. 2012;27 Suppl 2:2-11.
La TEV è una delle patologie più comuni del sistema cardiocircolatorio e le manifestazioni cliniche sono: la trombosi venosa profonda e l’embolia polmonare. L’incidenza annuale di questa patologia è difficile da stimare in quanto è spesso clinicamente silente e, in molti casi, il primo segno della malattia è un’embolia polmonare che risulta fatale. L’incidenza complessiva di TEV è di circa 1000 casi l’anno, di cui circa due terzi si manifestano come trombosi venosa profonda e un terzo come embolia polmonare. Tra i fattori di rischio vi sono l’obesità, l’ospedalizzazione prolungata (immobilizzazione e infezioni), l’uso di anestetici generali, le neoplasie, la trombofilia, il fumo e l’utilizzo di contraccettivi orali, in particolare, di COC(1).
I COC sono contraccettivi che contengono due tipi di ormoni, un progestinico e un estrogenico. Essi vengono di solito classificati, in base alla loro introduzione in commercio, in generazioni. La prima generazione di contraccettivi è stata sviluppata negli anni ’60 e i farmaci contenevano un’elevata quantità di estrogeno, ma non l’ormone progestinico. La seconda generazione di contraccettivi orali combinava, invece, piccole quantità di estrogeno con diversi ormoni progestinici (principalmente il levonorgestrel) in concentrazioni differenti. Dagli anni ’90 in poi, sono stati sviluppati e commercializzati molti tipi di contraccettivi contenenti ormoni progestinici diversi che furonodenominati contraccettivi di terza e quarta generazione.
Una prima valutazione dei COC era stata avviata nel 1995 ed era basata su tre studi epidemiologici indipendenti, che indicavano un aumento del rischio di TEV associato all’uso di questi farmaci, rispetto al solo utilizzo del progestinico levonorgestrel. Alla fine della valutazione, il PRAC concluse che:
• Il livello di rischio era basso per cui non vi era ragione che le donne in trattamento con COC interrompessero la terapia.
• Nelle donne che facevano uso di un contraccettivo contenente desogestrel o gestodene in combinazione con 30 µg di etinilstrediolo, il rischio di sviluppare TEV era di poco superiore all’uso di contraccettivi contenenti levonorgestrel combinato con la stessa quantità di etilestradiolo.
• Il rischio di TEV era maggiore durante il primo anno di assunzione del farmaco, qualunque era il COC utilizzato.
• Il rischio di sviluppare la TEV era inferiore con l’uso di COC rispetto a quello associato alla gravidanza.
Nel 2012, il CHMP Pharmacovigilance Working (PhVWP), a cui è succeduto il PRAC, ha completato una rivalutazione di due nuovi studi epidemiologici sul rischio di TEV associato all’uso di COC contenenti drospirenone (Yasmine® e Yasminelle®). In particolare, dalla rivalutazione è emerso che il rischio di TEV associato ai contraccettivi contenenti drospirenone è più alto del rischio associato all’uso di COC contenenti levonorgestrel, ma simile a quello associato all’assunzione di COC contenenti desogestrel o gestodene.
Considerati tutti i dati oggi a disposizione, il comitato raccomanda che le donne e i medici prescrittori siano informati sul già noto rischio di tromboembolia prestando attenzione all’eventuale comparsa di segni e sintomi e tale raccomandazione sarà trasmessa al Committee for Medical Products for Human Use (CHMP), che avrà il compito di esprimere un parere definitivo.
In ogni caso, la rivalutazione effettuata dal PRAC ha confermato che il rischio di TEV associato all’uso di tutti i COC è basso e ha dimostrato l’esistenza di differenze a seconda del tipo di progestinico che essi contengono. È comunque importante che tutte le donne che assumono i COC vengano informate sui possibili rischi di TEV e i loro medici curanti devono prendere in considerazione gli eventuali fattori di rischio soggettivi che comprendono: fumo, sovrappeso, età, emicranie e storia familiare di TEV.
In sintesi le conclusioni del PRAC sono:
• il livello di rischio è considerato basso con l’uso dei COC contenenti progestinici levonorgestrel, norgestimate e noretisterone;
• il rischio è stato stimato più alto con l’uso di progestinici etonogestrel e norelgestormina;
• il rischio è anche stimato essere superiore con l’uso dei progestinici gestoden e drospirenone;
• per i COC contenenti clormadinone, dienogest e normegestrolo, i dati disponibili non sono sufficienti a stabilire se i suddetti farmaci abbaino un profilo di tollerabilità migliore dei COC da più tempo in commercio. Tuttavia gli studi sono in corso.
Le raccomandazioni del PRAC saranno condivise dal CHMP che adotterà un parere da sottoporre alla Commissione Europea la quale emanerà una decisione giuridicamente vincolante nel corso di una riunione che si terrà il 18-21 Novembre 2013.
Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia
Wong P, Baglin T. Epidemiology, risk factors and sequelae of venous thromboembolism. Phlebology. 2012;27 Suppl 2:2-11.
COMUNICATO STAMPA DELL’AGENZIA EUROPEA DEI MEDICINALI (EMA) E DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) IN MERITO ALL’AVVIO DI UNA RIVALUTAZIONE DEL PROFILO RISCHIO/BENEFICIO DEI MEDICINALI CONTENENTI VALPROATO
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In data 11 Ottobre 2013, l’AIFA, in accordo con l’EMA, ha divulgato un Comunicato Stampa contenente importanti aggiornamenti in merito al profilo di sicurezza dei medicinali a base di valproato (in Italia in commercio come Depakin e Depakin Chrono®).
I farmaci contenenti valproato sono indicati nel trattamento dell’epilessia generalizzata, in particolare negli attacchi mioclonici, tonico-clonici, atonici, misti e assenza. Sono indicati, inoltre, nel trattamento di episodi di epilessia parziale semplice o complessa e secondariamente generalizzata di sindromi specifiche (West, Lennox-Gastaut), nonché nel trattamento di episodi di mania correlati al disturbo bipolare quando il litio è controindicato o non tollerato.
L’esatto meccanismo d’azione di tali farmaci non è ben conosciuto, ma si ipotizza che essi svolgano un ruolo chiave nel potenziare l’inibizione mediata dall’acido gamma-amino butirrico (GABA) attraverso un’azione indiretta a livello presinaptico sul metabolismo del GABA e/o attraverso un’azione diretta a livello postsinaptico sui canali ionici Na+-voltaggio dipendenti della membrana neuronale, inibendo l’ingresso degli ioni Na+ nella cellula, con conseguente riduzione dell’eccessiva attività elettrica neuronale.
In monoterapia la dose abituale iniziale è di 5-10 mg di acido valproico/kg di peso corporeo, che deve essere incrementata gradualmente di circa 5 mg di acido valproico/kg di peso corporeo ogni 4-7 giorni. In alcuni casi, l’effetto pieno non si manifesta prima di 4-6 settimane.
La dose media giornaliera abituale nei trattamenti a lungo termine è:
- 20 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo nei pazienti adulti e negli anziani;
- 25 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo negli adolescenti;
- 30 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo nei bambini.
E’ noto da tempo che l'utilizzo di farmaci antiepilettici in gravidanza aumenta il rischio di malformazioni congenite nei bambini nati da donne gravide in trattamento con tali farmaci e che i medicinali a base di valproato possono essere associati a una maggiore incidenza di tali malformazioni congenite rispetto ad altri farmaci antiepilettici.
A seguito della pubblicazione di nuovi studi che riportano casi di sviluppo ritardato, anche di lunga durata, incluso autismo, in bambini nati da donne in trattamento con tali farmaci, oltre ai già noti casi di malformazioni congenite, il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), Comitato competente per la valutazione dei rischi di sicurezza per i medicinali per uso umano, ha avviato, su richiesta dell’Agenzia Regolatoria del Regno Unito (Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency - MHRA), una revisione sul profilo rischio/beneficio di valproato e delle sostanze ad esso correlate, il cui esito consentirà all’EMA di poter esprimere un parere in merito all'utilizzo di questi medicinali nelle donne in gravidanza e a formulare eventuali raccomandazioni in merito.
Essendo i farmaci contenenti valproato e sostanze ad esso correlate autorizzati a livello nazionale, il parere e le eventuali raccomandazioni del PRAC saranno successivamente trasmesse al Gruppo di Coordinamento per il Mutuo Riconoscimento e le procedure decentrate per i medicinali di uso umano (CMDh) che adotterà una posizione definitiva in merito.
Le altre reazioni avverse correlate all’utilizzo di tali farmaci comprendono trombocitopenia, leucopenia, iperammoniemia isolata e moderata, edema periferico, sanguinamento, sindrome da Rush da Farmaci con Eosinofilia e Sintomi Sistemici (sindrome DRESS), cefalea, spasticità, atassia, sonnolenza, tremore o parestesie, tinnito e irregolarità nel ciclo mestruale.
Sono state segnalati, inoltre, iponatriemia e sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico. A tal riguardo, il Lareb, il centro di farmacovigilanza olandese, ha raccolto le segnalazioni di altri 4 casi di donne che, in seguito all’assunzione di acido valproico, hanno riportato comparsa iponatriemia e di sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico.
Secondo gli esperti del Lareb l’associazione tra acido valproico e iponatriemia o sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico potrebbe essere causale.
Il meccanismo col quale il farmaco porta all’iponatriemia non è chiaro, ma diversi potrebbero essere i fattori coinvolti: ridotta sensibilità degli osmocettori ipotalamici, influenza diretta sulla funzione tubulare renale o altri fattori non meglio identificati.
Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/TRADUZIONE_Valproate%20-%20EMA%20announcement.pdf
Bibliografia
Beers E, van Puijenbroek, et al. Syndrome of inappropriate antidiuretic hormone secretion (SIADH) or hyponatraemia associated with valproic acid. Drug Saf 2010;33:47-55.
I farmaci contenenti valproato sono indicati nel trattamento dell’epilessia generalizzata, in particolare negli attacchi mioclonici, tonico-clonici, atonici, misti e assenza. Sono indicati, inoltre, nel trattamento di episodi di epilessia parziale semplice o complessa e secondariamente generalizzata di sindromi specifiche (West, Lennox-Gastaut), nonché nel trattamento di episodi di mania correlati al disturbo bipolare quando il litio è controindicato o non tollerato.
L’esatto meccanismo d’azione di tali farmaci non è ben conosciuto, ma si ipotizza che essi svolgano un ruolo chiave nel potenziare l’inibizione mediata dall’acido gamma-amino butirrico (GABA) attraverso un’azione indiretta a livello presinaptico sul metabolismo del GABA e/o attraverso un’azione diretta a livello postsinaptico sui canali ionici Na+-voltaggio dipendenti della membrana neuronale, inibendo l’ingresso degli ioni Na+ nella cellula, con conseguente riduzione dell’eccessiva attività elettrica neuronale.
In monoterapia la dose abituale iniziale è di 5-10 mg di acido valproico/kg di peso corporeo, che deve essere incrementata gradualmente di circa 5 mg di acido valproico/kg di peso corporeo ogni 4-7 giorni. In alcuni casi, l’effetto pieno non si manifesta prima di 4-6 settimane.
La dose media giornaliera abituale nei trattamenti a lungo termine è:
- 20 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo nei pazienti adulti e negli anziani;
- 25 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo negli adolescenti;
- 30 mg di acido valproico/ kg di peso corporeo nei bambini.
E’ noto da tempo che l'utilizzo di farmaci antiepilettici in gravidanza aumenta il rischio di malformazioni congenite nei bambini nati da donne gravide in trattamento con tali farmaci e che i medicinali a base di valproato possono essere associati a una maggiore incidenza di tali malformazioni congenite rispetto ad altri farmaci antiepilettici.
A seguito della pubblicazione di nuovi studi che riportano casi di sviluppo ritardato, anche di lunga durata, incluso autismo, in bambini nati da donne in trattamento con tali farmaci, oltre ai già noti casi di malformazioni congenite, il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), Comitato competente per la valutazione dei rischi di sicurezza per i medicinali per uso umano, ha avviato, su richiesta dell’Agenzia Regolatoria del Regno Unito (Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency - MHRA), una revisione sul profilo rischio/beneficio di valproato e delle sostanze ad esso correlate, il cui esito consentirà all’EMA di poter esprimere un parere in merito all'utilizzo di questi medicinali nelle donne in gravidanza e a formulare eventuali raccomandazioni in merito.
Essendo i farmaci contenenti valproato e sostanze ad esso correlate autorizzati a livello nazionale, il parere e le eventuali raccomandazioni del PRAC saranno successivamente trasmesse al Gruppo di Coordinamento per il Mutuo Riconoscimento e le procedure decentrate per i medicinali di uso umano (CMDh) che adotterà una posizione definitiva in merito.
Le altre reazioni avverse correlate all’utilizzo di tali farmaci comprendono trombocitopenia, leucopenia, iperammoniemia isolata e moderata, edema periferico, sanguinamento, sindrome da Rush da Farmaci con Eosinofilia e Sintomi Sistemici (sindrome DRESS), cefalea, spasticità, atassia, sonnolenza, tremore o parestesie, tinnito e irregolarità nel ciclo mestruale.
Sono state segnalati, inoltre, iponatriemia e sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico. A tal riguardo, il Lareb, il centro di farmacovigilanza olandese, ha raccolto le segnalazioni di altri 4 casi di donne che, in seguito all’assunzione di acido valproico, hanno riportato comparsa iponatriemia e di sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico.
Secondo gli esperti del Lareb l’associazione tra acido valproico e iponatriemia o sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico potrebbe essere causale.
Il meccanismo col quale il farmaco porta all’iponatriemia non è chiaro, ma diversi potrebbero essere i fattori coinvolti: ridotta sensibilità degli osmocettori ipotalamici, influenza diretta sulla funzione tubulare renale o altri fattori non meglio identificati.
Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/TRADUZIONE_Valproate%20-%20EMA%20announcement.pdf
Bibliografia
Beers E, van Puijenbroek, et al. Syndrome of inappropriate antidiuretic hormone secretion (SIADH) or hyponatraemia associated with valproic acid. Drug Saf 2010;33:47-55.
Il PRAC dell’EMA conferma che le soluzioni per infusione contenenti amido idrossietilico (HES) non devono più essere utilizzate in pazienti con sepsi o ustioni o in pazienti critici.
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In data 11/10/2013, il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha confermato che le soluzioni HES non devono più essere utilizzate per il trattamento dell’ipovolemia nei pazienti con sepsi, ustioni o in pazienti in condizioni critiche, a causa di un aumentato rischio di danno renale e di mortalità. L’amido idrossietilico è un polisaccaride a catena ramificata simile al glicogeno, composto per il 98% da amidopectine. Le soluzioni per infusione contenenti HES appartengono alla classe terapeutica dei colloidi e vengono utilizzate per reintegrare il volume di sangue in quanto, grazie al loro potere oncotico, consentono di trattenere nei vasi il liquido effettivamente somministrato o richiamare liquido dall’interstizio (plasma expander). A tal proposito, si preferisce il loro utilizzo a quello dei cristalloidi (Ringer lattato) che, una volta somministrati, in poche ore trasudano nell’interstizio esponendo il paziente a rischio di edema interstiziale. La prima rivalutazione delle soluzioni per infusione a base di HES è stata avviata il 29 novembre 2012 su richiesta dell’Agenzia dei Medicinali tedesca, ai sensi dell’articolo 31 della Direttiva 2001/83/CE. Tale rivalutazione è stata condotta dal PRAC e si è conclusa il 13 giugno 2013; in seguito alcuni titolari di AIC di tali medicinali hanno richiesto un riesame. Più precisamente, in data 14/06/2013 l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con le autorità regolatorie europee, ha pubblicato un comunicato in cui raccomandava la sospensione dell’autorizzazione all’immissione in commercio delle specialità medicinali contenenti HES. La revisione si basava su studi che avevano valutato l’uso di HES rispetto all’uso di cristalloidi in pazienti critici. Tali studi hanno evidenziato che i pazienti con sepsi grave trattati con HES presentavano un maggiore rischio di danno renale che conduceva alla dialisi e un maggiore rischio di mortalità [1-3]. Inoltre, la terapia con HES era associata a una maggiore incidenza di danno renale acuto e insufficienza renale rispetto all’uso di Ringer lattato. Il PRAC aveva inizialmente concluso che l’uso di soluzioni HES doveva essere sospeso in tutte le popolazioni di pazienti, fino a quando il titolare dell’AIC non fosse in grado di fornire dati convincenti per identificare un gruppo di pazienti in cui i benefici dell’HES superassero i rischi. Oggi il PRAC ha ritenuto che le soluzioni HES possono essere utilizzate nei pazienti con ipovolemia emorragica in cui il trattamento con cristalloidi in monoterapia non è sufficiente. Al fine di minimizzare i rischi, il PRAC ha raccomandato che tali soluzioni non vengano somministrate per più di 24 ore e che per almeno 90 giorni venga monitorata la funzione renale del paziente; inoltre, sono stati richiesti nuovi studi sull’uso di questi medicinali in chirurgia elettiva e in pazienti traumatizzati. Attualmente le soluzioni per infusione contenenti HES sono tutte autorizzate a livello nazionale, quindi, la decisione aggiornata del PRAC sarà trasmessa al Gruppo di Coordinamento per il Mutuo Riconoscimento e le Procedure Decentrate per uso umano (CMDh) che adotterà una posizione definitiva. Nel momento in cui il CMDh definirà la sua posizione, la Commissione europea adotterà una posizione legalmente vincolante in tutti i Paesi dell’Unione Europea.
Siti di riferimento
http://www.aifa.it
http://www.ema.europa.eu
Bibliografia
1) Perner A et al.: Hydroxyethyl starch 130/0.42 versus Ringer's acetate in severe sepsis.
N Engl J Med. 2012; 367:124-34.
2) Brunkhorst FM et al.: Intensive insulin therapy and pentastarch resuscitation in severe sepsis.
N Engl J Med. 2008; 358:125-39.
3) Myburgh JA et al.: Hydroxyethyl starch or saline for fluid resuscitation in intensive care.
N Engl J Med. 2012; 367:1901-11.
Siti di riferimento
http://www.aifa.it
http://www.ema.europa.eu
Bibliografia
1) Perner A et al.: Hydroxyethyl starch 130/0.42 versus Ringer's acetate in severe sepsis.
N Engl J Med. 2012; 367:124-34.
2) Brunkhorst FM et al.: Intensive insulin therapy and pentastarch resuscitation in severe sepsis.
N Engl J Med. 2008; 358:125-39.
3) Myburgh JA et al.: Hydroxyethyl starch or saline for fluid resuscitation in intensive care.
N Engl J Med. 2012; 367:1901-11.
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