Farmacovigilanza

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al rischio di errore nel dosaggio di Pixuvri® (pixantrone; 29 mg polvere) per soluzione iniettabile.

In data 10/01/2014, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa sul possibile rischio di errori nel dosaggio del farmaco Pixuvri® 29 mg polvere, in quanto la dose raccomandata nell’Unione Europea e presente nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP) è differente da quella riportata da alcuni studi.

Pixuvri®, il cui principio attivo è il pixantrone, è indicato per il trattamento di pazienti adulti affetti da linfoma non Hodgkin (LNH) recidivati più volte o refrattari. Il pixantrone è un aza-antracenedione citotossico che, a differenza delle antracicline (doxorubicina) e degli antracenedioni (mitoxantrone) autorizzati, è un debole inibitore della topoisomerasi II. Inoltre, è in grado di alchilare direttamente il DNA, con la conseguente formazione di addotti e rotture nel doppio filamento. Un vantaggio è che a differenza delle due classi di farmaci sopra descritte è meno cardiotossico; infatti, studi preclinici hanno dimostrato una minore probabilità di causare o esacerbare i danni cardiaci (1,2). Questa proprietà è correlata strettamente all’unicità della sua struttura che, incorporando un eteroatomo di azoto nel proprio anello e non possedendo gruppi chetonici, ha meno probabilità di generare specie reattive dell’ossigeno (ROS), di legarsi al ferro e di formare i metaboliti dell’alcol, che si suppone siano i responsabili della tossicità cardiaca delle antracicline. Nello specifico, il pixantrone non essendo in grado di formare un complesso farmaco-metallo col ferro non può dar vita, in presenza di ossigeno, a reazioni di ossido-riduzione con la conseguente mancata formazione di ROS.

L’AIFA, considerando che le informazioni di alcuni studi e pubblicazioni si discostano da quelle contenute nel RCP, soprattutto perchè non fanno riferimento alla dose di pixantrone tal quale ma bensì a quella del suo sale (pixantrone dimaleato), raccomanda agli operatori sanitari particolare attenzione nella prescrizione e nella dispensazione di tale farmaco, al fine di evitare errori nel dosaggio. A tal proposito, uno studio di fase 3 pubblicato su Lancet nel 2012, che valuta l’efficacia del pixantrone dimaleato rispetto alle altre chemioterapie per il linfoma non Hodgkin, fa riferimento ad una dose di pixantrone dimaleato pari a 85 mg/m2, a differenza del RCP che fa riferimento ad una dose di pixantrone tal quale, e non come sale, di 50 mg/m2 (3). Lo schema terapeutico consigliato per entrambe le dosi prevede che siano somministrate nei giorni 1, 8 e 15 di ciascun ciclo di 28 giorni, fino ad un massimo di 6 cicli.

In conclusione, alla luce di tali considerazioni l’AIFA raccomanda la prescrizione e dispensazione di Pixuvri® in conformità con le informazioni europee del RCP, tenendo in considerazione la differenza che sussiste nel dosaggio del pixantrone tal quale e del suo sale. Ricorda, inoltre, che per qualsiasi dubbio è possibile consultare le informazioni contenute nel RCP.

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

1. Beggiolin G, Crippa L, Menta E, et al. Preclinical investigation of pixantrone.          BBR 2778, an anthracenedione endowed with preclinical anticancer activity and lack of delayed cardiotoxicity. Tumori. 2001;87:407-16.    

2. Cavalletti E, Crippa L, Mainardi P, et al. Pixantrone (BBR 2778) has reduced cardiotoxic potential in mice pretreated with doxorubicin: comparative studies against doxorubicin and mitoxantrone. Invest New Drugs. 2007;25:187-95.    

3. Pettengell R, Coiffier B, Narayanan G, at al. Pixantrone dimaleate versus other chemotherapeuticagents as a single-agent salvage treatment in patients with relapsed orrefractory aggressive non-Hodgkin lymphoma: a phase 3, multicentre, open-label,randomised trial. Lancet Oncol. 2012;1:696-706. 

COMUNICATO STAMPA DELL’AGENZIA EUROPEA DEI MEDICINALI (EMA) E DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) IN MERITO ALL’AVVIO DI UNA NUOVA REVISIONE DEL PROFILO RISCHIO/BENEFICIO DI ICLUSIG® (PONATINIB).

In data 06 Dicembre 2013, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha divulgato un Comunicato Stampa contenente importanti aggiornamenti in merito al profilo di sicurezza della specialità medicinale Iclusig® (il cui principio attivo è ponatinib). Tale farmaco è indicato nel trattamento di pazienti adulti affetti da:
• leucemia mieloide cronica in fase cronica con cromosoma Philadelphia positivo (LMC Ph+), accelerata o blastica, che risultano resistenti o intolleranti a dasatinib o nipotini, per i quali il successivo trattamento con imatinib non è clinicamente appropriato, nonchè nei pazienti in cui è stata identificata la mutazione T315I;
• leucemia linfoblastica acuta con cromosoma Philadelphia positivo (LLA Ph+), che risultano resistenti o intolleranti a dasatinib e per i quali il successivo trattamento con imatinib non è clinicamente appropriato, nonché nei pazienti in cui è stata identificata la mutazione T315I.
Ponatinib, approvato nell’Unione Europea (UE) nel Luglio 2013 come farmaco orfano (farmaco usato nelle malattie rare), appartiene alla classe degli inibitori delle tirosin-chinasi. In particolare, tale farmaco agisce inibendo la proteina chimerica Bcr-Abl, presente su alcuni recettori delle cellule leucemiche, in modo da impedirne la crescita e la proliferazione incontrollata.
Iclusig® presenta una notevole capacità inibitoria anche rispetto alla mutazione genetica T315I ed è, inoltre, un potente inibitore anche di altre protein-chinasi (VEGFR, PDGFR, FGFR, KIT, Tie2, FLT3 e RET) (1).
Alla luce di alcune segnalazioni relative a casi di eventi trombotici occlusivi arteriosi e/o venosi, verificatisi nei pazienti in trattamento con tale farmaco con una frequenza superiore rispetto a quanto osservato al momento della prima autorizzazione all'immissione in commercio, il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), Comitato competente per la valutazione dei rischi di sicurezza per i medicinali per uso umano, ha avviato una nuova revisione sul profilo rischio/beneficio di Iclusig®, il cui esito consentirà all’EMA di poter esprimere un parere definitivo e di divulgare eventuali raccomandazioni in merito all'utilizzo di tale farmaco.
In particolare, è stato riscontrato che la maggiore incidenza di tali eventi è attribuibile al prolungamento del follow-up dei pazienti in terapia con tale farmaco, nell'ambito degli studi clinici di fase 1 e fase 2 attualmente in corso e che la frequenza dei suddetti eventi avversi vascolari occlusivi aumentava con l'età nei pazienti con anamnesi di ischemia, ipertensione, diabete o iperlipidemia (2).
Inoltre è stato osservato che l’insorgenza di tali eventi si verificava sia in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare sia in pazienti in assenza di tali fattori (compresi quelli di età pari a 50 anni o più giovani).
Alla luce di tali dati, si raccomanda gli operatori sanitari di:
• monitorare attentamente la funzionalità cardiaca e le evidenze di tromboembolia, occlusione vascolare e ischemia;
• considerare il rapporto rischio/beneficio prima e durante il trattamento con Iclusig®, soprattutto nei pazienti con storia pregressa di ictus o altro evento cardiovascolare (3);
• interrompere immediatamente il trattamento con Iclusig® in presenza di un’ostruzione arteriosa o venosa.
Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Iclusig_EMA%20announcement_rev%20IT_Final.pdf
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Iclusig-Annex%20IIa%20DHPC-Letter_IT_21.11.2013_RevFC_+boxREV.pdf

Bibliografia
1) Shamroe CL, Comeau JM. Ponatinib: a new tyrosine kinase inhibitor for the treatment of chronic myeloid leukemia and Philadelphia chromosome-positive acute lymphoblastic leukemia. Ann Pharmacother. 2013; 47:1540-6.
2) Cortes JE, Kim DW, Pinilla-Ibarz J, le Coutre P, Paquette R, Chuah C, Nicolini FE, Apperley JF et al. A phase 2 trial of ponatinib in Philadelphia chromosome-positive leukemias. N Engl J Med. 2013;369:1783-96.
3) Price KE, Saleem N, Lee G, Steinberg M. Potential of ponatinib to treat chronic myeloid leukemia and acute lymphoblastic leukemia Onco Targets Ther. 2013;6:1111-8.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito all’aumentato rischio di sanguinamento grave in pazienti con angina instabile/infarto miocardico quando Efient® (prasugrel) viene somministrato prima della coronarografia diagnostica

In data 03/12/2013, l’AIFA e l’EMA, in accordo con Daiichi-Sankyo e Eli Lilly Italia, hanno diramato un comunicato diretto agli operatori sanitari nel quale si informa del rischio di sanguinamento associato a Efient® (prasugrel), un farmaco antiaggregante piastrinico indicato per il trattamento della sindrome coronarica acuta (ACS) in pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI).
Prasugrel è un agente antiaggregante appartenente alla famiglia delle tienopiridine di terza generazione che, al pari del clopidogrel, esercita effetti antiaggreganti piastrinici bloccando il recettore P2Y12, situato sulla membrana delle piastrine e coinvolto nei processi di aggregazione. Somministrato in associazione con acido acetilsalicilico, è indicato per la prevenzione di eventi di origine aterotrombotica in pazienti con ACS (angina instabile, infarto miocardico con o senza sopraslivellamento del tratto ST) sottoposti a PCI primario o ritardato [1]. Il trattamento con prasugrel comporta una maggiore e consistente inibizione dell’aggregazione piastrinica rispetto al trattamento con clopidogrel ad alto dosaggio. Infatti, così come dimostrato nel corso dello studio clinico TRITON-TIMI 38, il trattamento con prasugrel ha determinato, rispetto a clopidogrel, una riduzione del 19% dell’incidenza di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e ictus, sebbene lo stesso sia risultato responsabile di un numero maggiore di casi di sanguinamento in pazienti con ACS sottoposti a PCI (2,4% vs 1,8%; P = 0,03). Nel gruppo prasugrel è stato osservato un maggior tasso di emorragie minacciose per la vita (1,4% vs 0,9%; P = 0,01) e di emorragie fatali (0,4% vs 0,1%; P = 0,002), con un dato rilevante di 3 eventi ogni 1000 pazienti trattati [2].
Evidenze simili sono state riscontrate nel corso dello studio clinico randomizzato TAILOR (Thrombocytes And IndividuaLization of ORal antiplatelet therapy in percutaneous coronary intervention) che ha confrontato l’efficacia di clopidogrel e prasugrel in 106 pazienti con ACS ed elevata reattività piastrinica (High on-treatment platelet reactivity – HTPR). Le analisi, effettuate dopo il 1° mese di trattamento, hanno mostrato la superiorità di prasugrel nell’inibizione piastrinica (P = 0,02) e una simile incidenza di eventi avversi, in particolare fenomeni emorragici non gravi [3].
Come riportato in scheda tecnica, tra le reazioni avverse frequentemente riscontrate in corso di trattamento con prasugrel figurano: anemia, trombocitopenia, epistassi, emorragia gastrointestinale, ecchimosi, ematuria, contusione. Tali fenomeni emorragici, noti in scheda tecnica, sono descritti nella letteratura scientifica; nello specifico, le raccomandazioni emanate dalla nostra Agenzia Regolatoria traggono origine dallo studio clinico randomizzato ACCOAST, ovvero uno studio clinico di fase 3, condotto in doppio cieco presso 171 centri situati in 19 stati in Europa, Canada, Israele e Turchia. Lo studio ha confrontato l’efficacia di prasugrel vs placebo in 4.033 pazienti con infarto miocardico in attesa di coronarografia valutando, in particolare, gli effetti del trattamento sull’incidenza di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ischemia e rivascolarizzazione urgente nei 7 giorni successivi all’inizio del trattamento. Nello specifico, lo studio ha messo a confronto gli effetti derivanti dalla somministrazione di una dose di carico di 30 mg di prasugrel prima della coronarografia seguita da un’ulteriore dose di 30 mg al momento della PCI, con l’effetto prodotto dalla somministrazione di placebo prima della coronarografia e una dose di carico intera di 60 mg di prasugrel al momento della PCI. I risultati hanno evidenziato un maggior rischio di sanguinamento peri-procedurale (non correlato all’innesto di by-pass aorto-coronarico) associato alla somministrazione della dose di carico prima della coronarografia e dell’ulteriore somministrazione al momento della PCI; inoltre, non è stato riscontrato nessun beneficio aggiuntivo rispetto ai pazienti che ricevevano placebo e, in seguito, una dose di carico di 60 mg al momento della PCI (n = 1996) [4].
In conclusione, alla luce di quanto emerso nel corso dello studio ACCOAST, al fine di minimizzare il rischio di sanguinamento, l’AIFA e l’EMA raccomandano, quando la coronarografia viene effettuata entro 48 ore dall’ospedalizzazione, di somministrare la dose di carico di Efient® solo al momento della PCI.














Bibliografia

1. A. Sugidachi et al. The greater in vivo antiplatelet effects of prasugrel as compared to clopidogrel reflect more efficient generation of its active metabolite with similar antiplatelet activity to that of clopidogrel’s active metabolite. Journal of Thrombosis and Haemostasis. 2007; 5: 1545-1551.

2. Stephen D. Wiviott et al. Greater Clinical Benefit of More Intensive Oral Antiplatelet Therapy With Prasugrel in Patients With Diabetes Mellitus in the Trial to Assess Improvement in Therapeutic Outcomes by Optimizing Platelet Inhibition With Prasugrel Thrombolysis in Myocardial Infarction 38. Investigator Circulation. 2008;118;1626-1636.

3. Dridi NP et al. Prasugrel or double-dose clopidogrel to overcome clopidogrel low-response - The TAILOR (Thrombocytes And IndividuaLization of ORal antiplatelet therapy in percutaneous coronary intervention) randomized trial. Platelets. 2013 Nov 18.
4. Montalescot G et al. for the ACCOAST Investigators. Pretreatment with prasugrel in non-ST segment elevation acute coronary syndromes. N Engl J Med. 2013, September 1. http://dx. doi.org/10.1056/NEJMoa1308075.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al ridotto effetto contraccettivo di Norlevo® nelle donne con peso superiore o uguale a 80 kg.

In data 04/12/2013, l’AIFA ha emanato una nota informativa in cui raccomanda alle donne con peso superiore a 80 kg di consultare il proprio medico nella scelta della terapia anticoncezionale da utilizzare.
Sebbene la maggior parte delle donne sono protette dall’assunzione di contraccettivi orali, quasi la metà dei 3 milioni di gravidanze che si verificano negli Stati Uniti ogni anno sono indesiderate e il 90% di queste è dovuto al fallimento della terapia contraccettiva (1).
Norlevo® (levonorgestrel), anche conosciuto come “pillola del giorno dopo”, è un contraccettivo ormonale d’emergenza utilizzato o in caso di rapporti sessuali non protetti o nel caso di mancato funzionamento di un sistema anticoncezionale. Levonorgestrel è un farmaco progestinico con attività farmacologiche simili a quelle del progesterone; chimicamente è l’isomero levogiro del norgestrel. Anche se ad oggi l’esatto meccanismo d’azione di Norlevo® non è conosciuto, si ritiene che, al regime di dose utilizzato, il levonorgestrel sopprima l’ovulazione, inibendo mediante meccanismo a feedback negativo il rilascio dell’ormone luteinizzante (LH). Inoltre, il farmaco potrebbe anche impedire l’impianto dell’ovulo mediante l’induzione di modificazioni istologiche dell’endometrio.
In studi clinici è stato dimostrato che Norlevo® è in grado di prevenire l'85% delle gravidanze attese e la sua efficacia si riduce con l’aumentare del tempo trascorso dal rapporto non protetto (95% entro 24 ore, 85% fra 24 e 48 ore, 58% se usato fra 48 e 72 ore); per tali ragioni si consiglia l’assunzione di Norlevo® il prima possibile, preferibilmente entro le 12 ore e non oltre le 72 ore dal rapporto.
In data 10/11/2013, il titolare di Norlevo® (HRA Pharma) ha evidenziato che l’efficacia contraccettiva di tale farmaco è ridotta nelle donne il cui peso era compreso tra i 75 e gli 80 kg e che era quasi assente nelle donne il cui peso superava gli 80 kg.
In letteratura, uno studio di coorte retrospettivo, basato sui dati del 2002 provenienti dalla National Survey of Family Growth, ha dimostrato che le donne obese hanno un maggiore rischio di fallimento terapeutico da contraccettivi orali (1). Dati simili sono stati riscontrati anche per formulazioni di levonorgestrel sottocute a rilascio prolungato come il Norplant®. Infatti, nelle donne che hanno un peso uguale o maggiore a 80 kg viene consigliato di effettuare una sostituzione dell’impianto di Norplant® già dopo 4 anni di utilizzo. Inoltre, uno studio ha evidenziato che le donne di peso maggiore agli 80 kg hanno un rischio di avere una gravidanza più alto del 6% durante il quinto anno di utilizzo di tale farmaco, rispetto alle donne con peso inferiore (2).
Sulla base di tali dati, l’HRA Pharma ha depositato presso le autorità nazionali competenti una domanda di modifica dei paragrafi “posologia”, “precauzioni d’impiego” e “proprietà farmacodinamiche” del riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) e del foglio illustrativo (FI) relative al farmaco Norlevo®. Tali modifiche verranno apportate anche nelle sezioni di RCP e FI degli altri farmaci con lo stesso principio attivo e con la stessa indicazione.

Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia
1. Huber, L. R. B., & Toth, J. L. Obesity and oral contraceptive failure: findings from the 2002 National Survey of Family Growth. American journal of epidemiology, 2007;166: 1306-1311.
2. Sivin I, Mishell DR, Diaz S at al. Prolonged effectiveness of Norplant capsule implants: A 7-year study. Contraception. 2000; 61: 187-194.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in merito alle restrizioni d'uso per i medicinali a base di tiocolchicoside per uso orale e iniettabile per possibile insorgenza di aneuploidia.

In data 22/11/2013, l’EMA ha diramato un comunicato diretto agli operatori sanitari in merito alle restrizioni d'uso per i medicinali a base di tiocolchicoside (TCC) per uso orale e iniettabile in quanto si è osservata, in studi pre-clinici, l'insorgenza di aneuplodia indotta dalla formazione di un metabolita del TCC, l'M2 (SL59.0955).
Il TCC è un derivato semisintetico della colchicoside utilizzato come miorilassante nelle contrazioni acute e nelle condizioni reumatiche croniche; viene somministrato per via orale, intramuscolare e topica (1,2). Somministrato per via orale, il TCC viene rapidamente assorbito dal tratto grastointestinale raggiungendo un picco plasmatico dopo circa 1 ora dall'assunzione con un'emivita di circa 2-6 ore. Nell'intestino, il TCC viene idrolizzato a livello del legame glucosidico portando alla formazione del metabolita M2 (aglicone del TCC) che a livello epatico viene in parte glucoronato, formando il composto M1 (3-O-aglicone glucoronato), e in parte demetilato, formando il composto M3 (di-dimetiltiocolchicina). Il metabolita M2 risulta essere quello maggiormente espresso nel processo di metabolizzazione, in quanto è stato misurato che, dopo somministrazione di una dose di 8 mg di tiocolchicoside, circa il 38,7% dei metaboliti è rappresentato dall'M2, il 16% dall'M3 e il 10% dall'M1 (2). Il 15 febbraio 2013, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in seguito a un'analisi condotta da un titolare di autorizzazione all'immissione in commercio, ha richiesto al Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP) di rivalutare il profilo rischio/beneficio di quei medicinali contenenti tiocolchicoside per via sistemica, in quanto, dopo evidenze sperimentali, si era ipotizzato che il metabolita M2 potesse determinare alterazioni nel numero di cromosomi comportando l'insorgere di casi di aneuplodia. Sulla base di queste osservazioni, il CHMP ha riscontrato che tali alterazioni sono evidenziabili in cellule in fase di divisione a un dosaggio non molto superiore di quello raggiunto nell'organismo alle massime dosi orali raccomandate. Pertanto, pur confermando il rapporto rischio/benefico positivo per tali vie di somministrazioni, si è deciso di imporre delle limitazioni sia ai pazienti che agli operatori sanitari circa l'utilizzo di medicinali contenenti TCC. Le restrizioni riguardanti i pazienti sono:
• il Tiocolchicoside è un medicinale che deve essere utilizzato per patologie legate al dolore muscolare;
• essendo state osservate alterazioni genetiche legate al metabolita M2 del TCC si raccomanda l'utilizzo del medicinale per un periodo di tempo pari a 7 giorni per via orale o per 5 giorni per via intramuscolare. Per periodi maggiori è consigliabile una valutazione da parte del medico;
• non assumere mai in caso di gravidanza o in allattamento; in caso di assunzione, si consiglia l'utilizzo di contraccetivi;
• le formulazioni topiche non rientrano all'interno di queste restrizioni in quanto per tale via il farmaco non raggiunge concentrazioni ematiche paragonabili a quelle raggiunte dopo somministrazione orale; pertanto, i medicinali a base di TCC sono disponibili per l'applicazione cutanea.
Le restrizioni riguardanti gli operatori sanitari sono:
• i medicinali a base di TCC per uso sistemico sono raccomandanti solo per patologie acute a carico del sistema osteo-muscolare, in adulti e adolescenti con un'età maggiore di 16 anni;
• la dose orale massima raccomandata è di 8mg ogni 12 ore e il trattamento non deve superare i 7 giorni consecutivi; nel caso della somministrazione per via intramuscolare, la dose non deve essere superiore ai 4 mg ogni 12 ore e il trattamento non superiore ai 5 giorni;
• i medicinali a base di TCC non devono essere utilizzati durante la gravidanza e l'allattamento, né nelle donne in età fertile senza un previo utilizzo di misure contraccettive;
• i farmacisti in caso di prescrizioni multiple di medicinali contenenti TCC devono indirizzare i pazienti al proprio medico curante;
• ai medici verranno inviate delle note informative in merito alla restrizione delle indicazioni dei medicinali a base di TCC per uso sistemico e verrà inoltre fornito materiale di aggiornamento.
La revisione del CHMP sarà trasmessa alla Commissione Europea che avrà il compito di emanare una decisione definitiva nei tempi dovuti.














Bibliografia
1. M. Artusi, et all. Buccal delivery of thiocolchicoside: in vitro and in vivo permeation studies. International journal of pharmaceutics, 2003; 250; 203-213.
2. M. Trellu, et all. New metabolic and pharmacokinetic characterics of thiocolchicoside and its active metabolite in healthy humans. Foundamental & clinical pharmacology, 2004; 18: 493-501.

   

  

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