FARMACI ANTI-TNF ALFA IN GRAVIDANZA: NESSUN RISCHIO DI INFEZIONI GRAVI PER IL NASCITURO
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Recentemente sono stati pubblicati sulla rivista scientifica American Journal of Gastroenterology i risultati di uno studio secondo cui l’utilizzo di farmaci anti-TNF alfa prima e durante la gravidanza non risulta essere associato ad un aumento del rischiodi infezioni gravi nel nascituro.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali, tra cui si annoverano il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, costituiscono una problematica di notevole impatto per il sistema sanitario, sia in termini di incidenza della patologia che per i costi di gestione ad essa correlati. Le attuali evidenze scientifiche indicano una maggiore incidenza delle malattie infiammatorie croniche nei soggetti di sesso femminile, nei quali spesso l’esordio precoce coincide con l’età fertile. Pertanto, la gestione terapeutica in questa fragile popolazione ricopre un ruolo di peculiare importanza per i rischi associati alla gravidanza inclusi aborto spontaneo, parto prematuro e basso peso alla nascita nonché per la riacutizzazione della malattia materna dopo il parto [1-3].
In questo contesto, l’introduzione degli anticorpi monoclonali anti-TNF alfa nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali ha radicalmente cambiato lo scenario terapeutico. Tali farmaci, infatti, hanno mostrato una notevole efficacia nell’inibizione selettiva dei meccanismi che sottendono l'infiammazione rallentando la naturale progressione della malattia infiammatoria cronica intestinale, inducendo e mantenendo la remissione clinica, la guarigione delle mucose e migliorando la qualità di vita dei pazienti [4]. Tuttavia, a fronte della comprovata efficacia dei farmaci anti-TNF alfa nella gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali, i dati relativi alla sicurezza d’uso in gravidanza sono limitati. Le informazioni disponibili a riguardo, infatti, provengono da studi caratterizzati da un’esigua numerosità campionaria e dalla scelta di gruppi di controllo talora non adeguati [1].
Il passaggio delle immunoglobuline G dalla madre al feto è un processo attivo che avviene durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza ed è mediato dalla presenza del recettore del frammento cristallino neonatale o recettore di Brambell (FcRn) rilevabile a livello della placenta dalla tredicesima settimana di gestazione [1,6]. Gli anti-TNF alfa attraversano in modo differente la placenta; in particolare, il passaggio transplacentare risulta maggiore per infliximab, adalimumab e golimumab, minore per la proteina di fusione etanercept e minimo per certolizumab pegol che non possiede la porzione Fc delle immunoglobuline [1-4]. A conferma di tale passaggio transplacentare Julsgaard e collaboratori, in uno studio prospettico osservazionale, hanno rilevato la presenza di tracce di farmaco a livello plasmatico fino al dodicesimo mese di vita in neonati le cui madri avevano ricevuto agenti anti-TNF alfa (infliximab e adalimumab) durante l’intero periodo di gestazione [7]. Tale studio ha avanzato l’ipotesi che l’esposizione in utero agli anti-TNF alfa oltre la tredicesima settimana di gestazione potrebbe influenzare il sistema immunologico del neonato aumentando il rischio di insorgenza di infezioni gravi. Dati i notevoli rischi, Julsgaard e collaboratori hanno suggerito di evitare l’eventuale somministrazione di vaccini vivi attenuati durante il primo anno di vita di tali pazienti [5-7].
Alla luce di quanto esposto, Chaparro e collaboratori hanno pubblicato i risultati di uno studio osservazionale retrospettivo multicentrico, condotto al fine di valutare la potenziale incidenza di infezioni gravi a lungo termine in bambini esposti ad agenti anti-TNF alfa tre mesi prima del concepimento o durante la gravidanza da madri affette da malattia cronica infiammatoria intestinale. La popolazione arruolata per lo studio constava di 841 pazienti pediatrici suddivisi in due coorti di cui 453 (54%) non esposti e 388 (46%) esposti ad agenti anti-TNF alfa, osservati fino al quarto anno di età. Questo ampio studio ha dimostrato una sovrapponibilità del tasso di incidenza di infezioni gravi tra le coorti (IC 95%: 0,8-1,8), evidenziando che l’esposizione ai farmaci anti-TNF alfa, durante i tre mesi antecedenti il concepimento o durante la gravidanza di madri affette da malattia cronica infiammatoria intestinale, non comporta un incremento del rischio a lungo termine di infezioni gravi nei nascituri.
Bibliografia
1. Chaparro M et al. Long-Term Safety of In Utero Exposure to Anti-TNFα Drugs for the Treatment of Inflammatory Bowel Disease: Results from the Multicenter European TEDDY Study. Am J Gastroenterol. 2018;113(3):396-403.
2. Mariette X, Förger F, Abraham B, et al. Lack of Placental Transfer of Certolizumab Pegol During Pregnancy: Results from CRIB, a Prospective, Postmarketing, Multicenter, Pharmacokinetic Study. Ann Rheum Dis. 2017; 0:1–6. doi:10.1136/annrheumdis-2017-212196.
3. Clowse ME, Förger F, Hawng C, et al. Minimal to no transfer of certolizumab pegol into breast milk: results from CRADLE, a prospective, postmarketing, multicentre, pharmacokinetic study. Ann Rheum Dis. 2017;76:1890–1896.
4. Molodecky NA, et al. Increasing incidence and prevalence of the inflammatory bowel diseases with time, based on systematic review. Gastroenterology. 2012; 142(1)46–54.
5. Clowse ME. The use of anti-TNFα medications for rheumatologic disease in pregnancy. Int J Womens Health. 2010; 2:199-209.
6. Androulakis I, Zavos C, Christopoulos P, Mastorakos G, Gazouli M. Safety of anti-tumor necrosis factor therapy during pregnancy in patients with inflammatory bowel disease. World J Gastroenterol. 2015; 21;21(47):13205-11.
7. Julsgaard M, Christensen LA, Gibson PR, Gearry RB, Fallingborg J, Hvas CL, Bibby BM, Uldbjerg N, Connell WR, Rosella O, Grosen A, Brown SJ, Kjeldsen J, Wildt S, Svenningsen L, Sparrow MP, Walsh A, Connor SJ, Radford-Smith G, Lawrance IC, Andrews JM, Ellard K, Bell SJ. Concentrations of Adalimumab and Infliximab in Mothers and Newborns, and Effects on Infection. Gastroenterology. 2016;151(1):110-9.