Dapaglifozin è in grado di ridurre la mortalità rispetto al trattamento standard in pazienti con diabete mellito di tipo 2

E’ stato recentemente pubblicato sulla rivista “Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism” uno studio di coorte retrospettivo condotto da un team di ricercatori dell’Università di Birmingham relativamente al rischio di mortalità da tutte le cause in pazienti assuntori di dapaglifozin rispetto ai pazienti trattati con la terapia standard. L’obiettivo dello studio nasce dai precedenti risultati dello studio EMPA-REG, che hanno messo in luce un beneficio del trattamento con empaglifozin nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 ad alto rischio cardiovascolare in termini sia di riduzione della mortalità per tutte le cause che di riduzione della mortalità per cause cardiovascolari. Al fine di valutare se tale riduzione fosse riscontrabile anche con un’altra molecola appartenente alla classe degli inibitori di SGLT-2, dapaglifozin, ed in un reale setting clinico, sono stati analizzati i dati provenienti dal database “The Health Improvement Network”, una banca dati di cartelle cliniche di oltre 550 medici di medicina generale, attivi nel Regno Unito. Sono stati analizzati oltre 22.000 pazienti di cui 4.444 esposti a dapaglifozin e 17.680 non esposti al farmaco. L’obiettivo primario era la valutazione della mortalità da tutte le cause. Un composito di eventi cardiovascolari maggiori (infarto miocardico, stroke, TIA e scompenso cardiaco) in pazienti a basso rischio cardiovascolare costituiva l’endpoint secondario. Lo studio, che ha preso in considerazione un periodo di trattamento compreso tra Gennaio 2013 e Settembre 2015, ha evidenziato che la mortalità per tutte le cause risultava inferiore del 51% nei pazienti trattati con dapaglifozin rispetto a quelli non esposti a dapaglifozin (p<0,0001), percentuale che rimaneva tale anche dopo aver aggiustato il dato per possibili fattori di confondimento. Anche per quanto riguarda il sottogruppo di pazienti a basso rischio cardiovascolare, è emerso che l’uso di dapaglifozin si associava ad una riduzione del 57% della mortalità per tutte le cause rispetto al trattamento standard. Tuttavia, in tale sottogruppo, non è emersa alcuna differenza statisticamente significativa per quanto riguarda la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.

I dati dello studio indicano, dunque, che dapaglifozin potrebbe essere associato ad una diminuzione della mortalità, indipendente dallo stato della malattia cardiovascolare al basale, suggerendo un possibile beneficio degli inibitori dell’SGLT2 anche per i pazienti con basso rischio cardiovascolare. Tali risultati si configurano sia come confermatori che innovativi. Confermatori, poiché rassicurano relativamente alla riduzione della mortalità da tutte le cause evidenziata anche nello studio EMPA-REG, innovativi, invece, poiché in questo caso il beneficio di dapaglifozin si può estendere anche a pazienti a basso rischio cardiovascolare, contrariamente a quanto osservato nell’EMPAREG, dove sono stati arruolati solo pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Ulteriori dati dalla real life saranno in ogni caso necessari per fornire maggiori conferme su tali risultati.

Bibliografia

Toulis KA, Willis BH, Marshall T, Kumarendran B, et al. All-cause mortality in patients with diabetes under treatment with dapagliflozin: a population-based, open-cohort study in THIN database. J Clin Endocrinol Metab. 2017

   

  

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