Raccomandazioni del PRAC e dell’FDA sull’uso delle glifozine.

In data 12/02/2016, il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e la Food And Drug Administration (FDA), hanno pubblicato una nota informativa circa il già noto rischio di chetoacidosi in pazienti in trattamento con glifozine (inibitori-SGLT2), dato il crescente aumento di segnalazioni di casi gravi e ad insorgenza atipica.

Le glifozine sono una nuova classe di farmaci ipoglicemizzanti approvata per il trattamento del diabete mellito tipo 2 in pazienti in controllo glicemico inadeguato e in aggiunta a un’opportuna modifica dello stile di vita (dieta ed esercizio fisico). I benefici aggiuntivi di questa classe di farmaci sono la ridotta incidenza di ipoglicemie, la possibilità della monosomministrazione, un modesto effetto sul peso corporeo e sui valori di pressione arteriosa.

Il meccanismo d’azione con cui agiscono è totalmente indipendente dall’insulina; esse infatti, bloccano la proteina SGLT2 deputata al riassorbimento del glucosio al tubulo prossimale del rene incrementandone l’escrezione. Modelli animali hanno mostrato una significativa correlazione tra i livelli di glicemia e l’espressione delle proteine SGLT2 che può essere facilmente down regolata dall’insulina. Gli inibitori-SGLT2, sono attualmente disponibili anche in combinazione con metformina. Numerose revisioni sistematiche dimostrano l’efficacia nel ridurre i livelli di emoglobina glicata, il principale responsabile del danno endoteliale e delle complicanze retiniche e cardiovascolari tipiche del diabete.

Il primo degli studi circa la sicurezza e l’efficacia degli inibitori SGLT2 è stato lo studio EMPA-REG OUTCOME, un trial clinico che ha coinvolto 7000 pazienti con DMT2 e alto rischio cardiovascolare. La sicurezza è stata valutata in termini di tollerabilità e le reazioni avverse più frequenti sono state le infezioni del tratto genitourinario.

Altri studi hanno messo in evidenza il potenziale rischio di chetoaciodosi da glifozine. Uno studio randomizzato in doppio cieco di fase II condotto su 351 pazienti ha valutato l’efficacia e la sicurezza della canaglifozin vs insulina a 18 settimane di trattamento.  L’incidenza di ipoglicemie è risultata simile tra i gruppi. L’incidenza complessiva di eventi avversi è stata del 55,6% e 67,5% con canaglifozin, rispettivamente alle dosi di 100 e 300 mg e del 54,7% nel braccio che ha ricevuto il placebo. L’incidenza di chetonemia è stata rispettivamente del 5,1% e del 9,4%. Non ci sono stati casi di chetoacidosi tra i pazienti che hanno assunto placebo(1)

Le raccomandazioni del PRAC passeranno ora al CHMP in attesa che l’EMA esprima un parere finale. In una nota informativa del 09/07/2015 dell’Aifa si legge che “i medici prescrittori devono informare i pazienti riguardo ai segni e ai sintomi di acidosi metabolica (nausea, vomito, anoressia, dolore addominale, sete eccessiva, difficoltà respiratorie, confusione, astenia inusuale e sonnolenza)” al fine di prevenire un ritardo nella diagnosi e gestione dell’acidosi metabolica(2). Le raccomandazioni del PRAC sono quelle di interrompere immediatamente la terapia farmacologica in pazienti sintomatici, in pazienti ospedalizzati in attesa di procedure chirurgiche o altre patologie, di osservare particolare cautela in pazienti  con fattori di rischio quali la ridotta riserva di insulina, il ridotto introito calorico, la disidratazione, l’abuso di alcolici e l’aumentata richiesta di insulina.

Attenderemo i risultati dello studio PROSPERO, una metanalisi di trials clinici e studi osservazionali sulle 6 glifozine attualmente in commercio (canaglifozina, dapaglifozina, empaglifozina, ipraglifozina, tofoglifozina, luseoglifozina) con l’obiettivo di valutare l’incidenza degli eventi avversi a lungo termine: neoplasie, accidenti cerebrovascolari, infezioni genitourinarie e chetoacidosi. Tale metanalisi includerà gli studi condotti in pazienti da 18 anni in poi con diagnosi di DMT2, con valori di Hb1ac > 7% a tempo zero, con insufficienza renale da moderata a severa (nonostante la cinetica delle glifozine dipenda fortemente dalla funzionalità del rene), suddivisi in tre gruppi in relazione alla durata di malattia: meno di 2 anni, tra 3 e 9 anni e più di 10 anni. L’efficacia sarà confrontata con placebo, metformina, insulina e inibitori della dipeptidil dipeptidasi 4 (DDP-4). La superiorità delle glifozine sarà dimostrata per riduzione dei valori pressori dello 0,3% o di 5 mmHg e del peso corporeo di 2,3 kg.

Bibliografia

1) Robert R. Henry R.R, Thakkar P., Tong C., Polidori D., Alba M. Efficacy and Safety of Canagliflozin, a Sodium–Glucose Cotransporter 2 Inhibitor, as Add-on to Insulin in Patients With Type 1 Diabetes. Diabetes Care 2015;38:2258–2265

3)     Fonte AIFA: Nota informativa Importante su inibitori SGLT2 (09/07/2015) http://.agenzia del farmaco.gov.it/it//content/nota-informativa_importante_su inibitori_sglt2_09072015

4)     Peters A.L., Buschur E.O., Buse J.B., Cohan P., Diner J.C., Hirsch I.B. Euglycemic Diabetic Ketoacidosis: A Potential Complication of Treatment With Sodium-Glucose Cotransporter 2 inhibition. Diabetes Care june 15, 2015

5)      Fang J.Q., Chen M., Xie CG., Gao H., Zheng H., Comparative effectiveness of  sodiumglucose co-transporter 2 inhibitors for controlling hyperglycaemia in patients with type 2 diabetes: protocol for a systematic review and network meta-analysis. BMJ Open 2016;6:   e010252

   

  

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