Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) relativamente alle condizioni di utilizzo di Procoralan/Corlentor® nel trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile al fine di evitare una bradicardia potenzialmente pericolosa.

 

In data 11/06/2014, l’AIFA, in accordo con L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa al fine di ribadire le condizioni d’uso dei medicinali Procoralan/Corlentor® (ivabradina), a seguito dell’aumento del rischio combinato di morte cardiovascolare e infarto del miocardio non fatale, in pazienti con angina sintomatica di classe CCS II o superiore in trattamento con Procoralan/Corlentor®. L’ivabradina è un medicinale che riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso un’inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca If, che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo senoatriale senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare. La principale proprietà farmacodinamica dell’ivabradina nell’uomo è una specifica riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca. L’efficacia antianginosa e anti-ischemica dell’ivabradina è stata valutata in cinque studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (tre versus placebo, e gli altri rispettivamente versus atenololo e amlodipina) [1].
Le reazioni avverse più comunemente osservate in corso di trattamento con ivabradina sono i fenomeni luminosi (fosfeni) e la bradicardia, che sono dose-dipendenti e correlati al meccanismo d’azione farmacologico dell’ivabradina (eventi avversi di tipo A secondo la classificazione di Rawlins e Thompson).
L’insorgenza di fosfeni, in particolare, è dovuta alla sua capacità di interagire e alterare le correnti Ih presenti nella retina che interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di Ih da parte dell’ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti. La bradicardia è stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2-3 mesi dall’inizio del trattamento [1,2].         
I dati relativi alla tossicità cardiovascolare dell’ivabradina emergono da un’analisi preliminare dei dati ottenuti dallo studio SIGNIFY (Study assessInG the morbidity–mortality beNefits of the If inhibitor ivabradine in patients with coronarY artery disease), un trials che ha valutato la riduzione della mortalità nei pazienti con arteriopatia coronarica cronica, senza segni clinici di scompenso cardiaco, trattati con ivabradina 10 mg/b.i.d. rispetto ai pazienti trattati alle dosi di 7,5 mg/b.i.d. I dati derivanti da questo studio indicano che i suddetti eventi cardiovascolari possano essere per lo più associati al raggiungimento di una frequenza cardiaca inferiore a 60 bpm. A riguardo, per evitare una bradicardia potenzialmente pericolosa, l’AIFA ricorda agli Operatori Sanitari quanto segue:

  • interrompere il trattamento se la frequenza cardiaca a riposo diventa troppo bassa o se persistono i sintomi di bradicardia;
  • la dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. la dose di mantenimento non deve superare i 7,5 mg due volte al giorno;
  • ridurre la dose nel caso di diminuzione persistente a riposo della frequenza cardiaca o in caso in cui insorgono sintomi e/o segni riferibili alla bradicardia. a riguardo si ricorda la possibilità di somministrare 2,5 mg due volte al giorno;
  • la dose deve essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno solo dopo tre o quattro settimane di trattamento se la risposta terapeutica con 5 mg due volte al giorno è insufficiente e se la dose da 5 mg è ben tollerata, monitorando attentamente il paziente in seguito alle suddette variazioni;
  • evitare l’uso combinato di ivabradina con calcio antagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamil o il diltiazem;
  •  monitorare attentamente i pazienti in corso di trattamento sulla possibile insorgenza di bradicardia a riposo, rivalutando in tal caso la terapia.

L’AIFA, ricorda, inoltre, che l’ivabradina è indicata in adulti con insufficienza cardiaca cronica di classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica e in pazienti adulti con ritmo sinusale, la cui frequenza cardiaca a riposo sia ≥ 75 bpm, in associazione con la terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un beta-bloccante sia controindicata o non tollerata.        
L’AIFA sottolinea, infine, che lo studio SIGNIFY è stato condotto in pazienti con coronaropatia senza segni clinici di insufficienza cardiaca e che la posologia usata è stata più alta della posologia autorizzata nell’RCP delle specialità medicinali sopraelencate.

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

[1] Riassunto Delle Caratteristiche Del Prodotto - Corlentor 5 mg compresse rivestite con film
[2] Savelieva I, Camm AJ. I f inhibition with ivabradine : electrophysiological effects and safety. Drug Saf. 2008;31:95-107.

   

  

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