Fitovigilanza
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Contrariamente all’opinione comune, l’impiego di prodotti a base di piante medicinali e derivati puo' determinare nell’organismo una serie di reazioni avverse. Con il termine Fitovigilanza si definisce la disciplina che, valutando il rischio connesso all'uso dei medicinali fitoterapici e monitorando l'incidenza delle reazioni avverse potenzialmente associate al trattamento, aiuta a definire la sicurezza di questi prodotti naturali di origine vegetale.
Gli obiettivi principali della Fitosorveglianza sono:
- individuare nuove ADR da medicinali fitoterapici, non escluse quelle rare, ma gravi;
- individuare ADR che possono manifestarsi in occasione di interazioni farmacologiche non abituali tra un medicinale fitoterapico e un farmaco convenzionale;
- individuare ADR che possono manifestarsi per l'influenza di fattori relativi al paziente (eta', stato fisiopatologico, caratteristiche genetiche, etc.);
- migliorare le informazioni sulle ADR sospette gia' note da medicinali fitoterapici;
- valutare i vantaggi di un medicinale fitoterapico rispetto ad una terapia farmacologica convenzionale;
- facilitare la diffusione delle informazioni acquisite per rendere piu' corretta e sicura la pratica terapeutica con medicinali fitoterapici.
La possibilita' che un prodotto fitoterapico causi una ADR dipende da numerosi fattori relativi sia al prodotto che alle caratteristiche del paziente. Le reazioni avverse da erbe medicinali, infatti, possono derivare:
- dalla cattiva qualita' del prodotto utilizzato per la preparazione (contaminazione della pianta con pesticidi, metalli pesanti, batteri, muffe; sostituzione accidentale o volontaria di una pianta con una tossica);
- da un uso improprio: uso prolungato o in particolari condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, eta' pediatrica o geriatrica) o patologiche (in atto o pregresse);
- dalle interazioni farmacologiche: il risultato delle interazioni puo' essere il potenziamento dell’azione del farmaco con conseguenti effetti tossici o una riduzione dell’effetto terapeutico con la risultante inefficacia del farmaco stesso.
Allo stato attuale le conoscenze sul rapporto rischio/beneficio e sull’appropriatezza d’uso dei preparati fitoterapici sono estremamente limitate, sia perche’ la sperimentazione clinica costituisce un’area ancora poco sviluppata nell’ambito delle erbe medicinali, sia per i limiti della segnalazione spontanea di reazioni avverse in questo campo e sia perche’ il ricorso a tali rimedi avviene in massima parte in regime di automedicazione. Il crescente ricorso ai prodotti fitoterapici da parte dei pazienti e' da ascrivere anche all’erronea convinzione che tali prodotti non siano allergizzanti. Numerosi pazienti, infatti, si rivolgono alle terapie naturali perche’ intolleranti o allergici a farmaci (acido acetilsalicilico, antibiotici, ecc.). Tuttavia molte piante o prodotti naturali sono ugualmente allergizzanti, e tra questi la propoli, l’aglio, l’Echinacea, il Tanacetum parthenium e la stessa camomilla. I salicilati sono contenuti in piante medicinali ben note (Salix spp., Betulla alba, Gaultheria, Spirea Ulmaria, ecc.), ma anche meno note quali ad esempio l’uva ursina, utilizzata abitualmente come disinfettante urinario. Alcune piante possono risultare fotosensibilizzanti per la presenza di furanocumarine: ad esempio la psoralea, il bergamotto, la ruta e l’Amni majus. L’iperico invece risulta fotosensibilizzante solo a dosi superiori di 30 volte quelle terapeutiche. Anche la posologia e la durata del trattamento possono essere responsabili di reazioni avverse: la liquirizia assunta ad alte dosi per brevi periodi o a basse dosi per lunghi periodi puo' comportare la comparsa di ipopotassiemia, ipertensione arteriosa e rabdomiolisi; i lassativi antrachinonici (senna, cascara, frangola, ecc.), utilizzati in maniera protratta nel tempo, provocano danni irreparabili alla mucosa del tratto intestinale con l’insorgenza di squilibri idroelettrolitici. Importanti risultano anche le possibili interazioni tra farmaci e prodotti fitoterapici. Ad esempio la liquirizia puo' indurre ipopotassiemia se utilizzata in associazione con diuretici e cortisonici; il ginseng puo' determinare un aumento dell’azione farmacologica del warfarin e degli ipoglicemizzanti orali; l’aglio e il Ginkgo possono potenziare gli effetti farmacologici degli anticoagulanti e degli antiaggreganti piastrinici; il pompelmo aumenta la biodisponibilita' dei calcioantagonisti; l’iperico, per la sua attivita' di induttore enzimatico, riduce i livelli ematici di ciclosporina, digitale, teofillina, farmaci antiretrovirali e anticoagulanti orali. Gli effetti dei prodotti fitoterapici dipendono anche dall’eta' del paziente: gli oli essenziali, espettoranti ed antisettici, a dosi eccessive ed in pazienti troppo giovani o in eta' avanzata, possono diventare irritanti per le mucose del tratto digerente o addirittura convulsivanti nei bambini. Anche le droghe tanniche, e gli astringenti a piccole dosi, se somministrate a dosaggi elevati e/o per lungo tempo in pazienti adolescenti o anziani, possono determinare congestione delle mucose dell’apparato digerente. Alcune condizioni patologiche facilitano la comparsa di reazioni avverse da fitoterapici. Per esempio, pazienti con patologie del sistema nervoso autonomo o con depressione bipolare mostrano una maggiore sensibilita' alle azioni dei prodotti contenenti yohimbina (Pausinystalia yohimbe); gli alcaloidi dell'efedra (Ephedra vulgaris) possono risultare piu' tossici in pazienti con disfunzione renale (rischio di accumulo); alcuni prodotti [piante contenenti alcaloidi pirrolizidinici, preparazioni cinesi (per es. Jin Bu Huan), piante sospettate di essere epatotossiche (Viscum album. Scutellaria spp., Valeriana officinalis, Teucrium poliurn, Menta pulegium, Berberis vulgaris, Hedeoma pulegioides, Azadirachta indica, Sassafras albidum, ecc.)] possono aggravare le funzioni renale ed epatica qualora queste siano gia' compromesse. Si assiste sempre piu' frequentemente al ricorso a “rimedi naturali” anche in corso di gravidanza e allattamento allo scopo di evitare farmaci di sintesi, inseguendo l’idea che erroneamente associa i prodotti erboristici ad una maggiore sicurezza. Infatti, alcuni prodotti fitoterapici possono causare effetti fetotossici ed embriotossici (es. Ruta graveolens, Petroselinum crispus). Mancano, inoltre, studi adeguati relativamente alla sicurezza di tali prodotti in gravidanza ed allattamento. Alla luce di quanto detto, appare quindi necessario un maggiore controllo dei messaggi direttamente o indirettamente connessi all’uso di questi prodotti, siano essi indirizzati ai medici o ai consumatori. Inoltre, considerato l’acquisto autonomo da parte dei pazienti e' importante che i medici indaghino l’uso di tali prodotti nei loro assistiti, invitandoli in ogni caso ad una maggiore fiducia e confidenza con il proprio curante prima di assumere spontaneamente qualunque sostanza.