Cosmetovigilanza

DUE CASI DI DERMATITE ALLERGICA CAUSATA DA PRODOTTI COSMETICI SCHIARENTI PER LA PELLE

DUE CASI DI DERMATITE ALLERGICA CAUSATA DA PRODOTTI COSMETICI SCHIARENTI PER LA PELLE

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II

Riportiamo di seguito un articolo pubblicato sulla rivista  "Japanese Society of Allergology" a cura di un gruppo di ricercatori giapponesi Takafumi Numata, Yuko Kobayashi, Tomonobu Ito,Kazutoshi Harada, Ryoji Tsuboi, Yukari Okubo(Department of Dermatology, Tokyo Medical University, Tokyo, Giappone) che riportano due casi di allergia da contatto causata da prodotti cosmetici schiarenti per la pelle. 

Gli Autori riportano che i prodotti schiarenti per la pelle sono comunemente utilizzati in Asia, dove la loro popolarità è spiegata dal grande valore estetico che si da al colore chiaro della pelle.  Secondo gli Autori il largo uso di tali prodotti è la causa dell’emergenza di numerosi casi di dermatite da contatto, provocati, apparentemente, dalla riposta allergica ai derivati della vitamina C, all’idrochinone, all’acido cogico o all’arubitina, che hanno attività inibitoria tirosinasica.

Gli Autori in questo articolo riportano due casi di dermatite allergica da contatto causata dall’estratto liposolubile di liquirizia e dal 3-o-etil acido ascorbico.

Il primo caso riportato dagli Autori riguarda una donna giapponese di 76 anni che presentava un eritema peri-palpebrale da quattro mesi. Gli Autori riferiscono che la donna aveva iniziato ad utilizzare nel settembre 2013 una crema cosmetica per il trattamento di macchie scure presenti sul viso. La paziente aveva manifestato i sintomi a novembre e aveva continuato ad utilizzare il prodotto in maniera discontinua anche a dicembre e si era recata in ospedale solo il 31 gennaio 2014. Gli Autori avevano sottoposto la paziente ad alcuni esami clinici con i quali avevano dimostrato la presenza di un eritema infiltrativo, accompagnato da un leggero prurito al viso, soprattutto intorno alle palpebre. Gli Autori sospettavano, quindi, che la dermatite da contatto era causata da una riposta allergica alla crema cosmetica utilizzata dalla paziente. Per tale motivo avevano sottoposto la paziente a patch test utilizzando il test Finn Chambers® su Scanpor® e avevano letto le reazioni il giorno 2, 3 e 7 in accordo ai criteri dell'International Contact Dermatitis Research Group (ICDRG). I patch test avevano mostrato una positività alla crema cosmetica utilizzata dalla paziente (+ il giorno 7) e, inoltre, il ROAT test aveva provocato l’insorgenza di eritema. Gli Autori, quindi, avevano sottoposto la paziente ad ulteriori patch test effettuati con gli ingredienti della crema utilizzata che avevano mostrato una reazione positiva all’estratto liposolubile di liquirizia 1% aq (+ sia il giorno 3 che 7).

Il secondo caso riportato dagli Autori riguarda una donna giapponese di 51 anni che presentava un eritema squamoso sul viso e sul collo da 18 mesi. Gli Autori riferiscono che la paziente era stata trattata con una crema al cortisone che aveva dato miglioramenti, ma nonostante ciò la reazione si era manifestata nuovamente. Gli Autori riportano come diagnosi: dermatite allergica da contatto e allergia da fotocontatto causate dal prodotto cosmetico e fotosensibilità. Gli Autori avevano eseguito i patch test che avevano mostrato una reazione positiva alla crema cosmetica (+ il giorno 2, 3 e 7); il foto patch test, invece, aveva mostrato una reazione negativa. Gli Autori, inoltre, avevano sottoposto la paziente ad ulteriori patch test con gli ingredienti del prodotto cosmetico e avevano osservato una reazione positiva al 3-o-etil acido ascorbico 1% aq (+ sia il giorno 3 che 7). Gli Autori sottolineano che, in questa paziente, non era stato osservato un leucoderma dopo l’utilizzo del prodotto cosmetico. 

Gli Autori riportano che l’estratto liposolubile di liquirizia e il 3-o-etil acido ascorbico, gli ingredienti che avevano provocato le reazioni nella loro paziente, inibiscono la produzione della melanina senza inibire la via tirosinasica nei melanociti. Sottolineano, inoltre, che l’estratto di liquirizia esiste sia in forma idrosolubile che liposolubile e che quest'ultima è il principale componente depigmentante il cui suo uso, come cosmetico per il viso, è molto popolare in Asia. Gli Autori riportano che in una valutazione clinica effettuata nel 1995 sull’estratto liposolubile di liquirizia contenuto in una crema solo un paziente su 60 aveva manifestato una reazione positiva a questo ingrediente dopo il patch test [1]. Come riportano gli Autori, infatti, in letteratura sono presenti solo quattro casi di dermatite allergica da contatto causate dall’estratto liposolubile di liquirizia [2,3]. Allo stesso modo, fatta eccezione per il caso riportato dagli Autori, in letteratura è presente solo un unico caso di allergia da contatto dovuta al 3-o-etil acido ascorbico [4].  Gli Autori sottolineano che i derivati classici della vitamina C esplicano il loro effetto schiarente della pelle in seguito alla conversione ad acido ascorbico sulla pelle e che, invece, il 3-o-etil acido ascorbico esplica la sua attività antiossidante finché la sua struttura resta integra. Gli Autori concludono che gli agenti schiarenti per la pelle sono considerati sicuri, tuttavia evidenziano che sono stati riportati alcuni casi di DAC provocati da alcuni ingredienti presenti in questi prodotti.  Secondo il loro parere, quindi, è importante utilizzare i patch test per identificare gli ingredienti responsabili dei sintomi riportati.

Bibliografia

1. Haramoto I, Mizoguchi M. [Clinical evaluation of the cream formulated oilsoluble licorice extracts for the patients of melasma]. [Nishinihon J Dermatol] 1995;57:594e600 (in Japanese).

2. Matsunaga K, Fujisawa Y. 2 cases with allergic contact dermatitis due to whitening agents. Aesthet Dermatol 1995;5:81e6.

3. Nishioka K, Seguchi T. Contact allergy due to oil-soluble licorice extracts in cosmetic products. Contact Dermat 1999;40:56.

  4. Yagami A, Suzuki K, Morita Y, Iwata Y, Sano A, Matsunaga K. Allergic contact dermatitis caused by 3-o-ethyl-L-          ascorbic acid (Vitamin C ethyl). Contact Dermat 2014;70:376e7

Ottobre 2015

 

IL CRESCENTE TREND DELLA DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DAI PRODOTTI PER LE UNGHIE CONTENENTI ACRILATI

IL CRESCENTE TREND DELLA DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DAI PRODOTTI PER LE UNGHIE CONTENENTI ACRILATI

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II

Di seguito riportiamo un articolopubblicato sulla rivista "The Australasian College of Dermatologists" a cura di un gruppo di ricercatori australiani Quynh Le1, Jennifer Cahill2, Amanda Palmer-Le2 e Rosemary Nixon2 (1Victorian Melanoma Service, Alfred Hospital, and 2Skin & Cancer Foundation Victoria, Melbourne, Victoria, Australia) riguardo

l'aumento dell'incidenza della dermatite da contatto causata da prodotti per le unghie contenenti acrilati. 

 

Abstract. Gli Autori riportano quattro casi di dermatite allergica da contatto (DAC) agli acrilati presenti in alcune tipologie di nuovi smalti per le unghie manifestati in tre estetiste e in una consumatrice che ha acquistato il prodotto su internet. Gli Autori sottolineano che i dermatologi dovrebbero essere informati sulle DAC che si possono manifestare in seguito all'utilizzo di questi nuovi prodotti per le unghie contenenti acrilati, considerando il loro crescente uso. Gli Autori riferiscono che il solo test con l'idrossietil metacrilato, che è presente nella serie di base australiana per patch test, basta per diagnosticare l’allergia agli acrilati.

 

Introduzione. Gli Autori riportano che gli acrilati sono utilizzati già dal 1930 [1] e che la prima dermatite allergica da contatto a tali componenti delle unghie artificiali è stata riportata nel 1955 [2]. Riferiscono, inoltre, che la dermatite allergica da contatto ai prodotti per le unghie finte contenenti acrilati è poco comune ma comunque nota [3,4,5]. A tale proposito gli Autori riportano quattro casi di pazienti con diagnosi di DAC ai prodotti per unghie contenenti acrilati che sono stati seguiti nella loro clinica dermatologica per alcuni mesi.

 

Il primo caso riportato dagli Autori riguarda un’estetista di 23 anni che da sei mesi presentava una dermatite su tutte le dita ad entrambe le mani, con raffreddore da fieno e eczema atopico. Il suo lavoro, come riferiscono gli Autori, prevedeva l’applicazione di prodotti per le unghie, inclusi i nuovi prodotti a base di acrilati, di creme dopo-cera e di maschere per il viso. Gli Autori hanno effettuato i patch test (Allerg-EAZE patch test chambre (SmartPractice, Phoenix, AZ, USA) con la serie australiana [6], la serie di acrilati, con i principali ingredienti del prodotto cosmetico e con i campioni dei prodotti utilizzati dalla paziente, opportunamente diluiti. Le letture del patch test sono state effettuate dopo 48 e 96 ore. Gli Autori riportano che la paziente aveva mostrato reazioni positive all'idrossietil metacrilato (2+), al metil metacrilato (2+), all’idrossipropil metacrilato (2+), al campione diluito del suo prodotto per le unghie (2+), alla miscela metilcloroisotiazolinone/metilisotiazolinone (MCI/MI) (1+), al metilisotiazolinone MI (2+), al nichel (1+) e ad una crema idratante (1+) e un siero (2+). Sulla base dei dati ottenuti gli Autori riportano varie diagnosi: DAC agli acrilati presenti nei nuovi prodotti per unghie, DAC al siero e DAC alla crema idratante, Allergia alla miscela MCI/MI e al MI, Allergia al nichel già precedentemente rilevata. 

Il secondo caso riportato dagli Autori riguarda un' altra estetista di 35 anni, che aveva lavorato come specialista della cura delle unghie nei 18 mesi precedenti e si era presentata nella clinica dermatologica degli Autori con una dermatite alle dita e ai palmi di entrambe le mani con dolorose ferite sulle dita da 12 mesi. Gli Autori riferiscono che la paziente aveva riferito di essersi esercitata nell’applicazione del bio sculptur gel e del nuovo smalto per unghie a base di acrilati. Come riportato dagli Autori, la paziente non aveva storia passata di atopia ma aveva manifestato prurito alle mani quando utilizzava i guanti con lattice in polvere. Gli Autori hanno sottoposto la paziente ai patch test con la serie australiana [6], con la serie di acrilati, con gli ingredienti principali del cosmetico e con i campioni dei prodotti da lei utilizzati, opportunamente diluiti. Gli Autori sottolineano che la paziente non aveva mostrato positività al lattice con il test radioallergosorbent (RAST) e che invece era risultata positiva all’idrossimetil metacrilato (++), al nichel (++) e alla formaldeide (++). Anche in questo caso le diagnosi degli Autori erano varie: DAC agli acrilati nei nuovi prodotti per unghie, Allergia al nickel, Allergia alla formaldeide. Gli Autori, infine, evidenziano che stranamente, in questo caso, gli acrilati erano presenti solo nelle polveri per unghie e non nei gel.

 

Il terzo caso riportato dagli Autori riguarda un'altra estetista di 20 anni, con quattro anni di esperienza nei trattamenti per unghie e cere depilatorie, che si era presentata con una dermatite al pollice, medio e indice della mano destra e solo all’indice della mano sinistra da sei settimane. La donna aveva riportato anche un rush sulla coscia, sul piede e sul torace. Gli Autori riferiscono che la donna aveva iniziato a lavorare con i nuovi prodotti per unghie a base di acrilati da tre mesi e non aveva mai utilizzato guanti in lattice durante il lavoro, inoltre, sottolineano che non aveva una storia di atopia. Gli Autori hanno eseguito i patch test utilizzando la serie australiana [6], la serie delle gomme, la serie di acrilati e i campioni dei prodotti da lei utilizzati, opportunamente diluiti, incluso il suo smalto. I patch test avevano mostrato reazioni positive all’idrossimetil metacrilato (+++), all'etilenglicole dimetacrilato (+++), ad uno smalto (3+) mentre il test RAST al lattice era risultato negativo. Sulla base dei risultati ottenuti dai test eseguiti sulla paziente gli Autori avevano diagnosticato una DAC agli acrilati, tra cui quelli contenuti nei nuovi prodotti. 

 

L’ultimo caso riportato dagli Autori riguarda un’infermiera di 24 anni che si è presentata presso la loro clinica dermatologica con una storia di dermatite alle dita e ai piedi da 4 settimane e una parestesia alla punta delle dita insorta tre giorni dopo l’applicazione del gel per unghie a base di acrilati, che faceva parte di un kit che aveva acquistato on-line. Gli Autori sottolineano che la paziente aveva una storia passata di eczema infantile e una leggera dermatite alle mani causata dall'alcol. Gli Autori hanno eseguito i patch test con la serie di base australiana e i campioni dei prodotti usati dalla paziente, opportunamente diluiti, e hanno riscontrato reazioni positive all’idrossimetil metacrilato (2+), all’idrossipropil metacrilato (1+), all'etilenglicole dimetacrilato (1+) e al butandiolo di acrilato (1+). La diagnosi fatta dagli Autori era DAC agli acrilati presenti nei prodotti per unghie da lei utilizzati. 

Discussione. Gli Autori riportano che da più di 50 anni è noto che gli acrilati possono causare DAC, tuttavia precisano che ancora oggi sono allergeni poco comuni. Gli Autori riportano che in 20 anni (1993-2013) 1320 pazienti su 8334 sono stati sottoposti a patch test agli acrilati da parte della ”Skin and Cancer Foundation Victoria” e solo 57 (4,3%) hanno mostrato positività al test; di questi 14 erano estetiste. Gli Autori precisano che i pazienti risultati positivi all’idrossietil metacrilato sono risultati positivi anche all'etilen glicole di metacrilato, al 2 idrossietil acrilato, al 2 idrossipropril metacrilato, al trietilen glicole diacrilato e al trietilen glicole  di metacrilato. Sulla base di questi risultati, quindi, gli Autori credono che il solo patch test per l’idrossimetil metacrilato, presente già nella serie di base australiana, possa bastare per diagnosticare l’allergia agli acrilati. Gli Autori, inoltre, mettono in evidenza che la crescente insorgenza di DAC agli acrilati nei prodotti per le unghie si è verificata soprattutto in Spagna [7] e che le reazioni avverse sono causate dai monomeri di acrilati e non dai polimeri [8]. Gli Autori riportano che nessuno dei loro pazienti esposti agli acrilati era al corrente della possibilità dell'insorgenza di reazioni avverse. Gli Autori suggeriscono, quindi, di promuovere l’uso di mascherine, abbigliamento adatto e guanti, in particolare guanti di tipo 4H che forniscono una maggiore protezione agli acrilati anche se troppo ingombranti per l’utilizzo nei saloni di bellezza [9] o di utilizzare due paia di guanti o almeno un paio di guanti in nitrile [10]. Secondo gli Autori la presenza o l’assenza di acrilati nei gel o negli altri prodotti per le unghie per la polimerizzazione UV dovrebbe essere chiarita soprattutto nelle pubblicità delle industrie che hanno come target gli onicotecnici e i professionisti della bellezza. Gli Autori, inoltre, informano di aver pubblicato sul loro sito web (http://www.occderm.an.au), materiale educativo destinato alle aziende, in seguito all’aumento della consapevolezza di tali problemi tra gli specialisti della bellezza e i dermatologi. 

 

Bibliografia

 

1. Canizares O. Contact dermatitis due to acrylic materials used in artificial nails. Arch. Dermatol. 1956; 74: 141–3.

 

2. Sasseville D. Acrylates in contact dermatitis. Dermatitis 2012; 23: 6–16.

 

3. Roche E, Cuadra J, Algre V. Sensitization to acrylates caused by artificial acrylic nails: review of 15 cases. Actas Dermosifiliogr.2008; 99: 788–94.

 

4. Perale L, Marchi S, Cecchin E et al. Methacrylates allergy in a professional beautician. Contact Dermat. 2005; 53: 181–2.

 

5. Cravo M, Cardoso J, Goncalo M et al. Allergic contact dermatitis from photobonded acrylic gel nails: a review of four cases. Contact Dermat. 2008; 59: 250–1.

 

6. Toholka R, Wang Y, Tate B et al. The first Australian baseline series: recommendations for patch testing in suspected contact dermatitis. Australas. J. Dermatol. 2014; Epub ahead of print.

 

7. Vázquez-Osorio I, Espasandín-Arias M, García-Gavín J et al. Allergic contact dermatitis due to acrylates in acrylic gel nails: a report of 3 cases. Actas Dermosifiliogr. 2014; 105: 430–2.

 

8. Malten K, den Arend J, Wiggers R. Delayed irritation: hexanediol diacrylate and butanediol diacrylate. Contact Dermat. 1979; 5: 178–84.

 

9. Andersson T, Bruze M, Bjorkner B. In vivo testing of the protection of gloves against acrylates in dentin-bonding systems on patients with known contact allergy to acrylates. Contact

 

Dermat. 1999; 41: 254–9.

 

10. Mäkelä E, Jolanki R. Chemical permeation through disposable gloves. In: Boman E, Estlander T, Wahlberg JE et al. (eds). Protective Gloves for Occupational Use, 2nd edn. Boca Raton, FL: CRC Press, 2005; 279–314.

 

Ottobre 2015

 

 

 

 

 

COMITATO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA DEI CONSUMATORI(SCCS): SECONDA REVISIONE SULLA SICUREZZA D’USO DEL POLIESAMETILENE BIGUANIDE (PHMB) NEI PRODOTTI COSMETIC

COMITATO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA DEI CONSUMATORI(SCCS): SECONDA REVISIONE SULLA SICUREZZA D’USO DEL POLIESAMETILENE BIGUANIDE (PHMB) NEI PRODOTTI COSMETICI

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia-Università di Napoli Federico II

Lo Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori) ha pubblicato il 13 luglio 2015 una seconda revisione riguardante la sicurezza d’uso del poliesametilen biguanide cloridrato e del polipropilen biguanide nei prodotti cosmetici (SCCS/1535/14).

Il poliesametilen biguanide cloridrato (PHMB) (CAS N. 32289-58-0 o 27083-27-8, INCI poliaminopropilen biguanide) è autorizzato come conservante nei prodotti cosmetici, in una concentrazione massima dello 0,3% in accordo all’Allegato V del Regolamento (CE) n. 1223/2009 sui prodotti cosmetici.

Il poliaminopropilen biguanide (PHMB) è classificato come sostanza cancerogena, mutagena e tossica per la riproduzione (CMR2) in accordo al Regolamento della Commissione (EU) n. 944/2013 [1] del 2 Ottobre 2013. In particolare al capo 7 del Regolamento della Commissione (EU) n. 944/2013 è riportato per il PHMB il rischio specifico di “tossicità acuta (per inalazione)” e che è in fase di valutazione da parte del Comitato per la valutazione della sicurezza (TheCommitteefor Risk Assessment, RAC).

L’uso di PHMB come ingrediente cosmetico è proibito a partire dal 1° Gennaio 2015 in accordo all’art.15 [2] del Regolamento (CE) n.1223/2009 sui prodotti cosmetici. L’articolo 15 [2] del Regolamento (EC) n.1223/2009, tuttavia, afferma che "L’utilizzo, nei prodotti cosmetici, di sostanze classificate come sostanze CMR di categoria 2, ai sensi dell’allegato VI, parte 3 del Regolamento (CE) n. 1272/2008 è vietato. Tuttavia, una sostanza classificata nella categoria 2 può essere utilizzata nei prodotti cosmetici se è stata sottoposta alla valutazione del SCCS e dichiarata sicura per l’utilizzo nei prodotti cosmetici. A tal fine, la Commissione adotta le misure necessarie secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 32, paragrafo 3 del presente regolamento".

Nel Gennaio 2014 la Commissione ha ricevuto una proposta da parte di Cosmetics Europe (Associazione delle industrie cosmetiche europea) [4] riguardo il PBMB con l'intento di dimostrare la sicurezza dell’ingrediente quando usato come conservante nei prodotti cosmetici ad una concentrazione massima dello 0.3%. Dopo il periodo di consultazione a cui è seguita la pubblicazione dell'Opinion dell'SCCS (SCCS/1535/14 del 18 Giugno 2014) sono stati forniti ulteriori test in vitro sulle mutazioni geniche di cellule di mammifero e una bozza di un nuovo studio sull’assorbimento percutaneo insieme al dossier II della proposta e ulteriori referenze. Questi documenti sono stati usati per rivedere l’opinione.

Il PHMB è utilizzato nei prodotti cosmetici come conservante ad ampio spettro avendo attività sui batteri Gram +, Gram – e sullo Pseudomonas; è utilizzato, inoltre, anche nelle salviettine umidificate per controllarne gli odori e prevenire la contaminazione microbiologica, essendo questi prodotti che contengono acqua.

Le opinioni richieste all'SCCS riguardavano i seguenti punti:

1. in considerazione di quanto riportato sopra, e tenendo conto dei dati scientifici forniti, è richiesto all'SCCS di esprimere un parere sulla sicurezza del poliaminopropilen biguanide (PHMB) quando viene utilizzato come conservante nei prodotti cosmetici fino ad una concentrazione massima dello 0,3%.

2. all'SCCS, inoltre, è stato richiesto di affrontare eventuali ulteriori preoccupazioni scientifiche sul poliaminopropilen biguanide (PHMB) in particolare per quanto riguarda il suo uso in formulazioni spray.

Sulla base dei dati disponibili il Comitato scientifico per la sicurezza dei consumatori (SCCS) ha concluso che:

1. l’uso del PHMB non è sicuro per i consumatori nelle formulazione cosmetiche in spray anche alla concentrazione dello 0.3%. Per queste ragioni, secondo l'SCCS, bisognerebbe utilizzare una concentrazione ancora più bassa nei cosmetici o attuare una restrizione del suo uso. Tuttavia, l'SCCS  riporta che sono necessari ulteriori studi riguardo l’assorbimento attraverso il derma di tale composto e in altre formulazioni cosmetiche;

2. il poliaminopropilen biguanide (PHMB) non è sicuro per il consumatore se utilizzato come conservante in formulazioni cosmetiche spray ad una concentrazione fino allo 0,3% e che dovrebbero essere valutati altri dati riguardo l’esposizione generale in altri prodotti, diversi dai cosmetici, al fine di poter valutare complessivamente l'esposizione al PHMB.

Riferimenti

[1] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:261:0005:0022:EN:PDF

 

[2] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2009:342:0059:0209:en:PDF

 

[3] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:353:0001:1355:en:PDF

 

[4] Cosmetics Europe - European Cosmetics Toiletry and Perfumery Association

 

Ottobre 2015

 

 

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DAL SODIO METABISOLFITO CONTENUTO IN UNA CREMA SCHIARENTE

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DAL SODIO METABISOLFITO CONTENUTO IN UNA CREMA SCHIARENTE

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin  - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II

Riportiamo di seguito una lettera all'Editor pubblicata sulla rivista "Australasian Journal of Dermatology" da un gruppo di ricercatori portoghesi, André Oliveira, Cristina Amaro e Jorge Cardoso (Department of Dermatology, Hospital de Curry Cabral – Centro Hospitalar de Lisboa Central, Lisboa, Portugal) che hanno condotto uno studio sui casi di dermatite da contatto causata da metabisolfito di sodio presente in creme schiarenti per la pelle.

 

Gli Autori riportano che i solfiti, incluso anche il metabisolfito di sodio (SMB), sono composti presenti in molte tipologie di prodotti utilizzati sia negli alimenti e nei prodotti industriali ma anche nei prodotti ad uso medico e cosmetico. La loro presenza negli alimenti è regolamentata e riportata in etichetta con la codifica E-NUMBER (SMB: E223). Gli Autori sottolineano che, sebbene tali composti siano ritenuti generalmente sicuri, sono state riportate reazioni avverse [1].

 

Gli Autori riportano il caso di una donna di 34 anni, insegnante, che si è recata presso il loro Dipartimento di dermatologia, presentando macchie scure sul viso in seguito all'utilizzo di una crema schiarente contenente, come principio attivo, idrochinone al 4%. Gli Autori riferiscono che circa 48h dopo il primo utilizzo la paziente aveva notato la comparsa di un acuto eczema facciale e che i sintomi erano spartiti dopo aver sospeso l’utilizzo del prodotto sospetto e dopo aver effettuato il trattamento con cortisonici topici. Gli Autori riportano di aver eseguito i patch test con il test Finn Chambers (Epitest, Tuusula, Finlandia) in accordo ai criteri dell’International Contact Dermatitis Research Group, ICDRG, con la serie base portoghese, con i photopatch tests e anche con il prodotto utilizzato dalla paziente (così com’è) e con tutti i suoi componenti (idrochinone 1% pet, cetostearyl alcohol 20% pet; glicole propilenico 5% pet, SMB 1% pet; isopropyl myristate 2% pet). Gli Autori riportano che la paziente aveva manifestato, dopo 48h e 96h, una reazione positiva, con la stessa intensità (++), al prodotto, testato così com'è, e al SMB sia nelle aree irradiate che non. Gli Autori sottolineano che la paziente aveva manifestato una reazione positiva al prodotto anche in seguito all'esecuzione di un test effettuato dopo una settimana dall'applicazione della crema. Gli Autori, quindi, considerano la reazione avversa come una dermatite allergica da contatto al SMB e alla crema schiarente.  Gli Autori sottolineano che un’allergia da contatto così importante non è molto frequente. A Tale proposito riportano un articolo pubblicato da Madan et al. [2] in cui erano stati eseguiti su 1728 pazienti i patch test per il SMB. Questo studio aveva mostrato reazioni positive solo in 71 pazienti, di cui 33 pazienti erano stati esposti ad una fonte nota (26 in seguito ad una seconda esposizione ai prodotti Trimovate e Timodine e 7 pazienti per esposizione occupazionale). Gli Autori, invece, riferiscono che il loro paziente aveva sviluppato una dermatite allergica al SMB presente in una crema schiarente, in cui l’SMB era usato in concentrazioni molto basse, con azione antiossidante e per promuovere la stabilità dell’idrochinone. Secondo gli Autori, quindi, se la dermatite da contatto si verifica dopo l’utilizzo di una crema all’idrochinone si dovrebbero eseguire i patch test per tutti gli ingredienti presenti nel prodotto, in quanto la dermatite allergica da contatto causata da creme contenenti l'idrochinone come principio attivo è rara [3]. Gli Autori riportano che nel loro paziente la precedente sensibilizzazione al SMB è stata favorita da un breve periodo intercorso tra il primo uso e la comparsa dell’eczema facciale, e, quindi, anche la reazione positiva a questo allergene. Tuttavia, gli Autori precisano che la fonte dell’esposizione potrebbe essere difficile da trovare sia perché i bisolfiti sono presenti in molti prodotti e sia per la rarità di tale reazione allergica [4]. Ad oggi, infatti, riferiscono che sono stati riportati meno di 5 casi di dermatiti allergiche da contatto causate dal SMB presente in creme schiarenti. Gli Autori concludono consigliando al paziente di evitare future esposizioni al SMB, ingrediente presente sia in farmaci topici che non. 

 

Bibliografia

 

1. Garcia-Gavin J, Parente J, Goossens A. Allergic contact dermatitis caused by sodium metabisulfite: a challenging allergen. A case series and literature review. Contact Dermatis. 2012; 67: 260–9.

 

2. Roberts DW, Basketter D, Kimber L et al. Sodium metabisulfite as a contact allergen – an example of a rare chemical mechanism for protein modification. Contact Dermatitis. 2012; 66: 23–127.

 

3. Huang PY, Chu CY. Allergic contact dermatitis due to sodium metabisulfite in a bleaching cream. Contact Dermatitis. 2007; 56: 123–4.

 

4. Malik MM, Hegarty MA, Bourke JF. Sodium metabisulfite allergy: a marker for cosmetic allergy? Contact Dermatitis.2007; 56: 241–2.

 

Ottobre 2015

 

 

FOOD AND DRUG ADMINISTRATION (FDA): LINEE GUIDA PER LA SEGNALAZIONE DI EVENTUALI REAZIONI AVVERSE PROVOCATE DALL’USO DI PRODOTTI COSMETICI

FOOD AND DRUG ADMINISTRATION (FDA): LINEE GUIDA PER LA SEGNALAZIONE DI EVENTUALI REAZIONI AVVERSE PROVOCATE DALL’USO DI PRODOTTI COSMETICI

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia - Università di Napoli Federico II

La Food and Drug Administration (FDA) è l’Agenzia americana che si occupa di supervisionare e regolare il mercato statunitense dei prodotti alimentari, sanitari e cosmetici. Recentemente l’Agenzia ha pubblicato una brochure in cui sono riportate le Linee guida che il consumatore deve seguire per notificare un’eventuale reazione avversa manifestata in seguito all’utilizzo di un cosmetico. L’FDA in questa brochure sottolinea che non è proprio compito dare indicazioni di tipo medico, bensì lo scopo della raccolta di queste informazioni è quello di assicurare la sicurezza del prodotto anche nel post-marketing. All’interno della brochure, l’FDA riferisce che possono essere segnalate sia le reazioni avverse che si manifestano in seguito all’utilizzo di un cosmetico, come rossore, bruciore, perdita dei capelli, mal di testa, infezioni, indisposizione o qualsiasi altra reazione inaspettata, che può richiedere o meno un trattamento medico, sia problemi di instabilità chimico-fisica del prodotto, evidenziabili con il cambiamento del colore o dell’odore del prodotto stesso.

Nella brochure, inoltre, l’FDA ha stilato una lista di tutti quei prodotti che, secondo la legislazione americana, sono definiti “cosmetici”, ovvero:

 ·         Detergenti per viso e corpo

·         Deodoranti

·         Miscele e altre lozioni o creme per la pelle

·         Lozioni e oli per il corpo

·         Trucco

·         Prodotti per i capelli

·         Creme depilatorie

·         Smalti per unghie

·         Prodotti per la doccia

·         Profumi e colonie

·         Coloranti per il viso e tatuaggi temporanei

·         Trucco permanente

L'FDA precisa che la segnalazione di una reazione avversa ad un cosmetico può essere comunicata dal consumatore, dal farmacista o da un professionista del settore cosmetico contattando telefonicamente il Medwatch oppure compilando un form on-line. All’interno del form il segnalatore dovrà riportare le generalità della persona interessata, le informazioni relative al prodotto come il nome del prodotto, l'azienda produttrice, il codice e il marchio identificativo del prodotto. Il segnalatore, inoltre, dovrà riportare le informazioni inerenti alla reazione manifestata e all'eventuale trattamento farmacologico eseguito. L’FDA ribadisce ai consumatori che i dati riportati nelle segnalazioni ricevute saranno inseriti all’interno del proprio database e resi pubblici, in modo da essere facilmente consultabili e che tali informazioni saranno utilizzate per verificare se il prodotto o un prodotto simile hanno una storia di reazioni avverse e che, quindi, per tale motivo, possono rappresentare un problema per la salute pubblica.

Ottobre 2015

   

  

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