Cosmetovigilanza

COMITATO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA DEI CONSUMATORI: RICHIESTA DI OPINIONI SCIENTIFICHE SU ALCUNE SOSTANZE IMPIEGATE NEI PRODOTTI COSMETICI.

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia (ex Dip.to di Farmacologia Sperimentale), Università di Napoli Federico II.

Recentemente, è stato richiesto allo Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, CSSC) di esprimere la propria opinione in merito all’uso dei:

Parabeni

Premessa
I parabeni, riportati nell’Allegato VI voce 12 (Elenco dei conservanti che possono essere contenuti nei prodotti cosmetici) della Direttiva 76/768/CEE, sono attualmente autorizzati come conservanti ad una concentrazione massima dello 0,4% se usati singolarmente, o dello 0,8% se usati come una miscela di esteri. Diverse sostanze sono incluse in questa voce, ma quelli più comunemente usati sono: metil-, etil-, propil-, butil-, isopropil- ed isobutil-parabene.
Dal 2005, queste sostanze sono state valutate dai successivi comitati scientifici in una serie di occasioni. A marzo 2011, il Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, (SCCS/1348/10) ha ritenuto che:
- Il metilparabene e l’etilparabene erano sicuri, se utilizzati entro le concentrazioni massime autorizzate;
- Il butilparabene e il propilparabene erano sicuri, se la somma delle loro concentrazioni singole non superava lo 0,19%.
- Per quanto riguarda l’isopropilparabene, l’isobutilparabene, il fenilparabene, il benzilparabene e il pentilparabene, non si è potuto valutare il rischio per la salute dell’uomo per mancanza di dati.
Il 21 marzo 2011 la Danimarca ha notificato alla Commissione di aver vietato il propil- e il butil-parabene, le loro isoforme ed i sali, presenti nei prodotti cosmetici per i bambini fino a tre anni di età. Il 10 ottobre 2011 il CSSC ha adottato un chiarimento riguardo al suo precedente parere alla luce della clausola danese. Il Comitato (SCCS/1446/11) ha concluso che:
- Per i prodotti cosmetici contenenti parabeni, escludendo i prodotti specifici per la zona del pannolino, non vi era alcun problema di sicurezza nei bambini.
- Per i prodotti cosmetici senza risciacquo destinati ad essere applicati sulla zona pannolino e, nel caso di bambini di età inferiore a sei mesi, non si poteva escludere un possibile pericolo dovuto sia al metabolismo immaturo che alla possibile presenza di pelle danneggiata in questa area.
Nel marzo 2012, uno Stato Membro ha presentato al Working Group sui prodotti cosmetici, i risultati di uno studio sulla tossicità riproduttiva del propilparabene. Lo studio non ha mostrato effetti sui parametri riproduttivi, quindi non ha confermato le conclusioni degli studi precedenti che puntavano verso effetti negativi sulla riproduzione.
Opinione SCCS/1514/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene che i suoi pareri del 2010 (SCCS/1348) e del 2011 (SCCS/1446) sul propilparabene, quando è usato come conservante nei prodotti cosmetici, destinati ad adulti e bambini, debbano essere aggiornati?
2. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene che i suoi pareri del 2010 (SCCS/1348) e del 2011 (SCCS/1446) sul butilparabene, quando è usato come conservante nei prodotti cosmetici, destinati ad adulti e bambini, debbano essere aggiornati?
3. Diversi Stati Membri hanno messo in evidenza che, nonostante la raccomandazione della Commissione di evitare l’esposizione al sole dei bambini sotto i tre anni, tuttavia i bambini vengono esposti e protetti dagli effetti dannosi della luce solare attraverso l’uso di filtri solari. Si chiede quindi al CSSC di tener conto nella propria valutazione delle informazioni disponibili riguardo all’esposizione ai filtri solari, soprattutto per quanto riguarda i bambini al di sotto dei tre anni.
La risposta complessiva del Comitato alla prima e alla seconda domanda è stata:
I dati recenti confermano che la tossicocinetica dei parabeni nei ratti differisce notevolmente da quella nell’uomo. Le preoccupazioni del SCCP/CSSC espresse in precedenza e ribadite nei pareri recenti rimangono invariate e rinsaldate, dopo la valutazione degli studi recentemente sottoposti al CSSC riguardanti sia la tossicità riproduttiva che la tossicocinetica del propilparabene. Gli stessi dati sono stati estrapolati per la valutazione del rischio di esposizione al butilparabene.
I dati aggiuntivi presentati non eliminano le preoccupazioni espresse nei pareri precedenti sulla rilevanza del modello del ratto per la valutazione del rischio dei parabeni. Sebbene esistano dati tossicologici sui parabeni nei ratti, non è stata fornita alcuna prova adeguata per l’uso sicuro del propil- o del butil-parabene nei cosmetici. Per questi motivi, il CSSC ribadisce le sue precedenti conclusioni e la richiesta di un miglioramento dei dati, in particolare:
a) sull’esposizione delle persone, compresi i bambini, al propil- e al butil-parabene presenti nei prodotti cosmetici;
b) sulla tossicocinetica del propil- e del butil-parabene nell’uomo.
La risposta del Comitato alla terza domanda è stata:
Il CSSC ha esaminato i dati disponibili sull’esposizione dell’uomo alle creme solari per i neonati di 3 mesi, per i bambini fino all’età di 10 anni e per gli adulti. Il CSSC è del parere che l’utilizzo giornaliero di 18 g per persona di creme solari durante i periodi dell’anno in cui vi è esposizione solare, rappresenti una reale quantità che garantisce protezione per neonati, bambini ed adulti. Il CSSC sottolinea la necessità di non esporre alla luce diretta del sole i bambini fino a 6 mesi di età, ma di esporli solo se protetti dalla luce solare mediante l’uso di mezzi appropriati come l’abbigliamento adeguato, l’ombra ecc. Se sono seguite queste misure, i filtri solari verranno applicati solo in zone della pelle che non sono protette dai vestiti.

Zinc pyritione

Premessa
Lo Zinco piritione (ZPT) (CAS 13463-41-7, UE 236-671-3), con il nome chimico Bis[(2- pyridyl-1-oxo)-thio]zinc, è stato introdotto come conservante nella Direttiva dei Cosmetici 82/368/CEE. E’ stato autorizzato come conservante alla concentrazione massima dello 0,5%, con la seguente limitazione “Autorizzato nei prodotti eliminati dopo risciacquo, vietato nei prodotti per l’igiene orale”. Nel 1984 (17/12/1984) il Comitato Scientifico di Cosmetologia (SCC) ha concluso nel suo parere XI/389/84 di regolare l’uso dello zinco piritione nei preparati per la cura dei capelli, che non vengono eliminati dopo l’uso: “Il Comitato nota che l’uso dello zinco piritione è consentito come conservante nei prodotti eliminati con risciacquo ad una concentrazione massima dello 0,5% nel prodotto finito. Il Comitato constata che la sostanza è altamente tossica, e non può essere d’accordo nel raccomandare qualsiasi estensione del suo utilizzo a meno che con si dimostri che l’assorbimento percutaneo nell’uomo non si verifichi attraverso la pelle normale, né in condizioni d’infiammazione o abrasione”.
Nel luglio 2000 è stata presentata la Submission I per lo zinco piritione dal Colipa (European Cosmetics Toiletry and Perfumery Association).
Il 17 dicembre 2002, lo Scientific Committee on Cosmetic Products and Non-food products (SCCNFP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici e Non Alimentari, CSPCNA) ha espresso un parere (SCCNFP/0671/03) con la seguente conclusione: “Il SCCNFP è del parere che lo zinco piritione non pone alcun rischio per la salute quando utilizzato:
• non come conservante nei cosmetici che hanno bisogno del risciacquo, e in prodotti per la cura dei capelli senza risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0% e dello 0,1% rispettivamente;
• come conservante in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0%.
Lo Zinco piritione non deve essere usato nei prodotti per l’igiene orale”.
Lo Zinco piritione è attualmente regolato come conservante nei prodotti con risciacquo (esclusi i prodotti per l’igiene orale) in una concentrazione fino allo 0,5% in generale, e fino all’1,0% nei prodotti per capelli (AllegatoVI/1,8). Inoltre lo zinco piritione è consentito anche in una concentrazione fino allo 0,1% nei prodotti per capelli senza risciacquo (allegato III / 1, 101).
La Submission II, presentata dal Colipa, conteneva un aggiornamento della Submission I, richiedente un’estensione della concentrazione autorizzata dall’1,0% al 2,0% nei prodotti per la cura dei capelli antiforfora e con risciacquo.
Opinione SCCS/1512/13
In questa richiesta d’opinione la domanda posta al Comitato era:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il CSSC ritiene che lo zinco piritione, se usato in una concentrazione fino al 2,0% come agente anti-forfora, in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo, è sicuro per il consumatore?
La risposta del Comitato è stata:
Il CSSC conferma il parere precedente (SCCNFP/0671/03) sull’uso sicuro dello zinco piritione come conservante nei cosmetici, come prodotto per la cura dei capelli con risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0%, mentre non lo ritiene sicuro ad una concentrazione fino al 2,0% come agente antiforfora in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo.
Questa conclusione è basata sul fatto che è stato ottenuto un MOS al di sotto di 100 sulla base delle informazioni disponibili. I dati forniti dal richiedente sono insufficienti per consentire una valutazione del rischio basata sul modello PBPK.
Non è stata considerata l’esposizione complessiva allo zinco piritione da fonti non cosmetiche.

3-Benzylidene camphor

Premessa
Il 3-Benzylidene camphor, sostanza utilizzata come filtro UV dal nome chimico 3-benzylidenebornan-2-one, è stato sottoposto per la prima volta all’attenzione del Colipa (l’attuale Cosmetics Europe) nel 1988 (Submission I).
Il 21 gennaio 1998, durante il plenario, lo Scientific Committee on Cosmetic Products (SCCP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici, CSPC) ha adottato un’opinione (1374/1998) sul 3-Benzylidene camphor.
Il 3-Benzylidene camphor, riportato nell’Allegato VII parte 1 voce 19 (Elenco dei filtri UV autorizzati nei prodotti cosmetici) della Direttiva 76/768/CEE sui prodotti cosmetici, è attualmente autorizzato ad una concentrazione massima del 2%.
Nell’ottobre 2011 le autorità francesi hanno notificato alla Commissione che, il 24 agosto 2011 l’Agence Française de Sécurité Sanitaire des Produits de Santé (AFSSAPS), l’attuale Agence Nationale de Sécurité du Médicament et des Produits de Santé (ANSM, Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti Sanitari)), ha adottato una decisione, pubblicata il 17 settembre 2011 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica francese. La decisione adottata vieta come misura di salvaguardia, in accordo con le disposizioni dell’articolo 12 della Direttiva 76/768/CEE, la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso, l’immissione sul mercato a titolo gratuito o in cambio di denaro, la conservazione a fini di vendita o distribuzione gratuita e l’uso di prodotti cosmetici contenenti 3-Benzylidene camphor (CAS: 15087-24-8). Nel report, l’Agenzia afferma che la descrizione del rischio associato all’uso di questa sostanza è considerata incompleta. In aggiunta, la dose senza effetto avverso osservabile (NOAEL) e la velocità di assorbimento cutaneo utilizzata dall’AFSSAPS nonché la valutazione del rischio si traduce in un insufficiente margine di sicurezza per garantire la sicurezza dei consumatori in accordo con le Linee Guida del CSSC.
Infine, negli studi pubblicati nella letteratura scientifica poiché sono stati osservati effetti sul sistema endocrino, allo stato attuale delle conoscenze le autorità francesi ritengono che non sia possibile concludere che non vi è alcun rischio per l’uomo.
Opinione SCCS/1513/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene sicuro l’uso del 3-Benzylidene camphor nei filtri UV ad una concentrazione massima del 2% nei prodotti cosmetici?
2. Il CSSC ha ulteriori preoccupazioni scientifiche per quanto riguarda l’utilizzo del 3-Benzylidene camphor come filtro UV nei prodotti cosmetici, tenendo conto delle sue potenziali proprietà d’interferente endocrino?
La risposta complessiva del Comitato è stata:
A causa del MOS minore di 100, il CSSC ritiene che l’uso del 3-benzilidene-camphor come filtro UV nei prodotti cosmetici in una concentrazione superiore al 2,0% non risulti essere sicuro.
Per quanto riguarda le potenziali proprietà d’interferente endocrino del 3-BC, sono stati riportati in vitro molteplici attività ormonali: effetti estrogenici, anti-estrogenici e anti-androgenici. In vivo, l’espressione dei geni bersaglio (ERa, ERp, SRC-1 e PR(recettore del progesterone)) ha dimostrato di essere alterata sia nei maschi che nelle femmine dei ratti a dosi più basse rispetto al NOAEL, utilizzato per calcolare il MOS. A causa di alcune lacune negli studi, i risultati devono essere confermati.

Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate

Premessa
L’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate è stato sottoposto per la prima volta all’attenzione del CSSC dal Colipa (l’attuale Cosmetics Europe) nel giugno 2003 (Submission I).
La Submission II è stata presentata dal Colipa nel luglio 2004.
Il 15 marzo 2005, durante il 3° meeting plenario, lo Scientific Committee on Cosmetic Products (SCCP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici, CSPC) ha stabilito con l’opinione (SCCP/0875/03, finale) che:
L’SCCP ritiene che le informazioni fornite siano insufficienti per valutare l’utilizzo sicuro della sostanza. Prima di ogni altra considerazione, sono richieste le seguenti informazioni da luglio 2005:
- natura/descrizione delle impurezze;
- contenuti di Nitrosammine.
Questo colorante per capelli come molti altri è un sensibilizzante per la pelle”.
La Submission III è stata presentata dal Colipa nel luglio 2005. Secondo la precedente Submission, la sostanza è utilizzata in formulazioni dirette per tinture di capelli ad una concentrazione massima dello 0,5%.
La Submission III presenta dati scientifici aggiornati sulla sostanza sopra menzionata in linea con il secondo step della strategia per la valutazione delle tinture per capelli (http://europa.eu.int/comm/enterprise/cosmetics/doc/hairdyestrategyinternet.pdf) nei limiti della Direttiva dei Cosmetici 76/768/CEE.
Opinione SCCS/1505/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei nuovi dati scientifici forniti, il Comitato ritiene sicuro l’uso dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate nelle formulazioni delle tinture di tipo non ossidativo ad una concentrazione massima dello 0,5%?
2. Il Comitato raccomanda ulteriori restrizioni per quanto riguarda l’uso dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate in qualche formulazione di tinture per capelli di tipo non ossidativo?
La risposta complessiva del Comitato è stata:
Il Comitato è del parere che l’utilizzo dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate ad una concentrazione massima dello 0,5% in formulazioni di tinture per capelli di tipo non ossidativo non costituisca alcun rischio per la salute del consumatore, a parte il suo potere sensibilizzante.
L’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate è un’ammina secondaria, e quindi come tale è soggetta a nitrosazione. Esso non deve essere utilizzato in combinazione con agenti nitrosanti. Il contenuto di nitrosammine deve essere minore di 50 ppb.
Questo colorante per capelli è un forte sensibilizzante per la pelle.

COMITATO SCIENTIFICO PER LA SICUREZZA DEI CONSUMATORI: RICHIESTA DI OPINIONI SCIENTIFICHE SU ALCUNE SOSTANZE IMPIEGATE NEI PRODOTTI COSMETICI.

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia (ex Dip.to di Farmacologia Sperimentale), Università di Napoli Federico II.

Recentemente, è stato richiesto allo Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, CSSC) di esprimere la propria opinione in merito all’uso dei:

Parabeni

Premessa
I parabeni, riportati nell’Allegato VI voce 12 (Elenco dei conservanti che possono essere contenuti nei prodotti cosmetici) della Direttiva 76/768/CEE, sono attualmente autorizzati come conservanti ad una concentrazione massima dello 0,4% se usati singolarmente, o dello 0,8% se usati come una miscela di esteri. Diverse sostanze sono incluse in questa voce, ma quelli più comunemente usati sono: metil-, etil-, propil-, butil-, isopropil- ed isobutil-parabene.
Dal 2005, queste sostanze sono state valutate dai successivi comitati scientifici in una serie di occasioni. A marzo 2011, il Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, (SCCS/1348/10) ha ritenuto che:
- Il metilparabene e l’etilparabene erano sicuri, se utilizzati entro le concentrazioni massime autorizzate;
- Il butilparabene e il propilparabene erano sicuri, se la somma delle loro concentrazioni singole non superava lo 0,19%.
- Per quanto riguarda l’isopropilparabene, l’isobutilparabene, il fenilparabene, il benzilparabene e il pentilparabene, non si è potuto valutare il rischio per la salute dell’uomo per mancanza di dati.
Il 21 marzo 2011 la Danimarca ha notificato alla Commissione di aver vietato il propil- e il butil-parabene, le loro isoforme ed i sali, presenti nei prodotti cosmetici per i bambini fino a tre anni di età. Il 10 ottobre 2011 il CSSC ha adottato un chiarimento riguardo al suo precedente parere alla luce della clausola danese. Il Comitato (SCCS/1446/11) ha concluso che:
- Per i prodotti cosmetici contenenti parabeni, escludendo i prodotti specifici per la zona del pannolino, non vi era alcun problema di sicurezza nei bambini.
- Per i prodotti cosmetici senza risciacquo destinati ad essere applicati sulla zona pannolino e, nel caso di bambini di età inferiore a sei mesi, non si poteva escludere un possibile pericolo dovuto sia al metabolismo immaturo che alla possibile presenza di pelle danneggiata in questa area.
Nel marzo 2012, uno Stato Membro ha presentato al Working Group sui prodotti cosmetici, i risultati di uno studio sulla tossicità riproduttiva del propilparabene. Lo studio non ha mostrato effetti sui parametri riproduttivi, quindi non ha confermato le conclusioni degli studi precedenti che puntavano verso effetti negativi sulla riproduzione.
Opinione SCCS/1514/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene che i suoi pareri del 2010 (SCCS/1348) e del 2011 (SCCS/1446) sul propilparabene, quando è usato come conservante nei prodotti cosmetici, destinati ad adulti e bambini, debbano essere aggiornati?
2. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene che i suoi pareri del 2010 (SCCS/1348) e del 2011 (SCCS/1446) sul butilparabene, quando è usato come conservante nei prodotti cosmetici, destinati ad adulti e bambini, debbano essere aggiornati?
3. Diversi Stati Membri hanno messo in evidenza che, nonostante la raccomandazione della Commissione di evitare l’esposizione al sole dei bambini sotto i tre anni, tuttavia i bambini vengono esposti e protetti dagli effetti dannosi della luce solare attraverso l’uso di filtri solari. Si chiede quindi al CSSC di tener conto nella propria valutazione delle informazioni disponibili riguardo all’esposizione ai filtri solari, soprattutto per quanto riguarda i bambini al di sotto dei tre anni.
La risposta complessiva del Comitato alla prima e alla seconda domanda è stata:
I dati recenti confermano che la tossicocinetica dei parabeni nei ratti differisce notevolmente da quella nell’uomo. Le preoccupazioni del SCCP/CSSC espresse in precedenza e ribadite nei pareri recenti rimangono invariate e rinsaldate, dopo la valutazione degli studi recentemente sottoposti al CSSC riguardanti sia la tossicità riproduttiva che la tossicocinetica del propilparabene. Gli stessi dati sono stati estrapolati per la valutazione del rischio di esposizione al butilparabene.
I dati aggiuntivi presentati non eliminano le preoccupazioni espresse nei pareri precedenti sulla rilevanza del modello del ratto per la valutazione del rischio dei parabeni. Sebbene esistano dati tossicologici sui parabeni nei ratti, non è stata fornita alcuna prova adeguata per l’uso sicuro del propil- o del butil-parabene nei cosmetici. Per questi motivi, il CSSC ribadisce le sue precedenti conclusioni e la richiesta di un miglioramento dei dati, in particolare:
a) sull’esposizione delle persone, compresi i bambini, al propil- e al butil-parabene presenti nei prodotti cosmetici;
b) sulla tossicocinetica del propil- e del butil-parabene nell’uomo.
La risposta del Comitato alla terza domanda è stata:
Il CSSC ha esaminato i dati disponibili sull’esposizione dell’uomo alle creme solari per i neonati di 3 mesi, per i bambini fino all’età di 10 anni e per gli adulti. Il CSSC è del parere che l’utilizzo giornaliero di 18 g per persona di creme solari durante i periodi dell’anno in cui vi è esposizione solare, rappresenti una reale quantità che garantisce protezione per neonati, bambini ed adulti. Il CSSC sottolinea la necessità di non esporre alla luce diretta del sole i bambini fino a 6 mesi di età, ma di esporli solo se protetti dalla luce solare mediante l’uso di mezzi appropriati come l’abbigliamento adeguato, l’ombra ecc. Se sono seguite queste misure, i filtri solari verranno applicati solo in zone della pelle che non sono protette dai vestiti.

Zinc pyritione

Premessa
Lo Zinco piritione (ZPT) (CAS 13463-41-7, UE 236-671-3), con il nome chimico Bis[(2- pyridyl-1-oxo)-thio]zinc, è stato introdotto come conservante nella Direttiva dei Cosmetici 82/368/CEE. E’ stato autorizzato come conservante alla concentrazione massima dello 0,5%, con la seguente limitazione “Autorizzato nei prodotti eliminati dopo risciacquo, vietato nei prodotti per l’igiene orale”. Nel 1984 (17/12/1984) il Comitato Scientifico di Cosmetologia (SCC) ha concluso nel suo parere XI/389/84 di regolare l’uso dello zinco piritione nei preparati per la cura dei capelli, che non vengono eliminati dopo l’uso: “Il Comitato nota che l’uso dello zinco piritione è consentito come conservante nei prodotti eliminati con risciacquo ad una concentrazione massima dello 0,5% nel prodotto finito. Il Comitato constata che la sostanza è altamente tossica, e non può essere d’accordo nel raccomandare qualsiasi estensione del suo utilizzo a meno che con si dimostri che l’assorbimento percutaneo nell’uomo non si verifichi attraverso la pelle normale, né in condizioni d’infiammazione o abrasione”.
Nel luglio 2000 è stata presentata la Submission I per lo zinco piritione dal Colipa (European Cosmetics Toiletry and Perfumery Association).
Il 17 dicembre 2002, lo Scientific Committee on Cosmetic Products and Non-food products (SCCNFP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici e Non Alimentari, CSPCNA) ha espresso un parere (SCCNFP/0671/03) con la seguente conclusione: “Il SCCNFP è del parere che lo zinco piritione non pone alcun rischio per la salute quando utilizzato:
• non come conservante nei cosmetici che hanno bisogno del risciacquo, e in prodotti per la cura dei capelli senza risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0% e dello 0,1% rispettivamente;
• come conservante in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0%.
Lo Zinco piritione non deve essere usato nei prodotti per l’igiene orale”.
Lo Zinco piritione è attualmente regolato come conservante nei prodotti con risciacquo (esclusi i prodotti per l’igiene orale) in una concentrazione fino allo 0,5% in generale, e fino all’1,0% nei prodotti per capelli (AllegatoVI/1,8). Inoltre lo zinco piritione è consentito anche in una concentrazione fino allo 0,1% nei prodotti per capelli senza risciacquo (allegato III / 1, 101).
La Submission II, presentata dal Colipa, conteneva un aggiornamento della Submission I, richiedente un’estensione della concentrazione autorizzata dall’1,0% al 2,0% nei prodotti per la cura dei capelli antiforfora e con risciacquo.
Opinione SCCS/1512/13
In questa richiesta d’opinione la domanda posta al Comitato era:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il CSSC ritiene che lo zinco piritione, se usato in una concentrazione fino al 2,0% come agente anti-forfora, in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo, è sicuro per il consumatore?
La risposta del Comitato è stata:
Il CSSC conferma il parere precedente (SCCNFP/0671/03) sull’uso sicuro dello zinco piritione come conservante nei cosmetici, come prodotto per la cura dei capelli con risciacquo ad una concentrazione massima dell’1,0%, mentre non lo ritiene sicuro ad una concentrazione fino al 2,0% come agente antiforfora in prodotti per la cura dei capelli con risciacquo.
Questa conclusione è basata sul fatto che è stato ottenuto un MOS al di sotto di 100 sulla base delle informazioni disponibili. I dati forniti dal richiedente sono insufficienti per consentire una valutazione del rischio basata sul modello PBPK.
Non è stata considerata l’esposizione complessiva allo zinco piritione da fonti non cosmetiche.

3-Benzylidene camphor

Premessa
Il 3-Benzylidene camphor, sostanza utilizzata come filtro UV dal nome chimico 3-benzylidenebornan-2-one, è stato sottoposto per la prima volta all’attenzione del Colipa (l’attuale Cosmetics Europe) nel 1988 (Submission I).
Il 21 gennaio 1998, durante il plenario, lo Scientific Committee on Cosmetic Products (SCCP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici, CSPC) ha adottato un’opinione (1374/1998) sul 3-Benzylidene camphor.
Il 3-Benzylidene camphor, riportato nell’Allegato VII parte 1 voce 19 (Elenco dei filtri UV autorizzati nei prodotti cosmetici) della Direttiva 76/768/CEE sui prodotti cosmetici, è attualmente autorizzato ad una concentrazione massima del 2%.
Nell’ottobre 2011 le autorità francesi hanno notificato alla Commissione che, il 24 agosto 2011 l’Agence Française de Sécurité Sanitaire des Produits de Santé (AFSSAPS), l’attuale Agence Nationale de Sécurité du Médicament et des Produits de Santé (ANSM, Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti Sanitari)), ha adottato una decisione, pubblicata il 17 settembre 2011 sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica francese. La decisione adottata vieta come misura di salvaguardia, in accordo con le disposizioni dell’articolo 12 della Direttiva 76/768/CEE, la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso, l’immissione sul mercato a titolo gratuito o in cambio di denaro, la conservazione a fini di vendita o distribuzione gratuita e l’uso di prodotti cosmetici contenenti 3-Benzylidene camphor (CAS: 15087-24-8). Nel report, l’Agenzia afferma che la descrizione del rischio associato all’uso di questa sostanza è considerata incompleta. In aggiunta, la dose senza effetto avverso osservabile (NOAEL) e la velocità di assorbimento cutaneo utilizzata dall’AFSSAPS nonché la valutazione del rischio si traduce in un insufficiente margine di sicurezza per garantire la sicurezza dei consumatori in accordo con le Linee Guida del CSSC.
Infine, negli studi pubblicati nella letteratura scientifica poiché sono stati osservati effetti sul sistema endocrino, allo stato attuale delle conoscenze le autorità francesi ritengono che non sia possibile concludere che non vi è alcun rischio per l’uomo.
Opinione SCCS/1513/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei dati scientifici forniti, il Comitato ritiene sicuro l’uso del 3-Benzylidene camphor nei filtri UV ad una concentrazione massima del 2% nei prodotti cosmetici?
2. Il CSSC ha ulteriori preoccupazioni scientifiche per quanto riguarda l’utilizzo del 3-Benzylidene camphor come filtro UV nei prodotti cosmetici, tenendo conto delle sue potenziali proprietà d’interferente endocrino?
La risposta complessiva del Comitato è stata:
A causa del MOS minore di 100, il CSSC ritiene che l’uso del 3-benzilidene-camphor come filtro UV nei prodotti cosmetici in una concentrazione superiore al 2,0% non risulti essere sicuro.
Per quanto riguarda le potenziali proprietà d’interferente endocrino del 3-BC, sono stati riportati in vitro molteplici attività ormonali: effetti estrogenici, anti-estrogenici e anti-androgenici. In vivo, l’espressione dei geni bersaglio (ERa, ERp, SRC-1 e PR(recettore del progesterone)) ha dimostrato di essere alterata sia nei maschi che nelle femmine dei ratti a dosi più basse rispetto al NOAEL, utilizzato per calcolare il MOS. A causa di alcune lacune negli studi, i risultati devono essere confermati.

Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate

Premessa
L’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate è stato sottoposto per la prima volta all’attenzione del CSSC dal Colipa (l’attuale Cosmetics Europe) nel giugno 2003 (Submission I).
La Submission II è stata presentata dal Colipa nel luglio 2004.
Il 15 marzo 2005, durante il 3° meeting plenario, lo Scientific Committee on Cosmetic Products (SCCP, Comitato Scientifico per i Prodotti Cosmetici, CSPC) ha stabilito con l’opinione (SCCP/0875/03, finale) che:
L’SCCP ritiene che le informazioni fornite siano insufficienti per valutare l’utilizzo sicuro della sostanza. Prima di ogni altra considerazione, sono richieste le seguenti informazioni da luglio 2005:
- natura/descrizione delle impurezze;
- contenuti di Nitrosammine.
Questo colorante per capelli come molti altri è un sensibilizzante per la pelle”.
La Submission III è stata presentata dal Colipa nel luglio 2005. Secondo la precedente Submission, la sostanza è utilizzata in formulazioni dirette per tinture di capelli ad una concentrazione massima dello 0,5%.
La Submission III presenta dati scientifici aggiornati sulla sostanza sopra menzionata in linea con il secondo step della strategia per la valutazione delle tinture per capelli (http://europa.eu.int/comm/enterprise/cosmetics/doc/hairdyestrategyinternet.pdf) nei limiti della Direttiva dei Cosmetici 76/768/CEE.
Opinione SCCS/1505/13
In questa richiesta d’opinione le domande poste al Comitato erano:
1. Sulla base dei nuovi dati scientifici forniti, il Comitato ritiene sicuro l’uso dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate nelle formulazioni delle tinture di tipo non ossidativo ad una concentrazione massima dello 0,5%?
2. Il Comitato raccomanda ulteriori restrizioni per quanto riguarda l’uso dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate in qualche formulazione di tinture per capelli di tipo non ossidativo?
La risposta complessiva del Comitato è stata:
Il Comitato è del parere che l’utilizzo dell’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate ad una concentrazione massima dello 0,5% in formulazioni di tinture per capelli di tipo non ossidativo non costituisca alcun rischio per la salute del consumatore, a parte il suo potere sensibilizzante.
L’Hydroxyanthraquinone aminopropyl methyl morpholinium methylsulfate è un’ammina secondaria, e quindi come tale è soggetta a nitrosazione. Esso non deve essere utilizzato in combinazione con agenti nitrosanti. Il contenuto di nitrosammine deve essere minore di 50 ppb.
Questo colorante per capelli è un forte sensibilizzante per la pelle.

COSMETIC TOILETRY AND PERFUMERY ASSOCIATION (CTPA): LA SICUREZZA RIGUARDANTE L’UTILIZZO DEL TALCO COSMETICO

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia (ex Dip.to di Farmacologia Sperimentale), Università di Napoli Federico II.

L’Associazione delle Industrie Cosmetiche del Regno Unito (CTPA, The Cosmetic Toiletry and Perfumery Association) ha recentemente pubblicato un articolo che chiarisce alcuni aspetti riguardanti la sicurezza dell’utilizzo del talco cosmetico.

Recentemente alcuni articoli giornalistici hanno trattato di come alcuni ricercatori negli Stati Uniti1 hanno proposto che, potrebbe esserci un moderato aumento del rischio di contrarre cancro dovuto all'utilizzo del talco, quando esso è applicato nella zona genitale. Quest’ipotesi non è basata su nuovi dati sperimentali, ma su una revisione di alcuni documenti pubblicati e non. Un gran numero di studi sul talco sono stati esaminati, precedentemente, anche da parte di The World Health Organisation (WHO, Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS), dalla Food & Drug Administration (FDA, Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali) e dal National Toxicology Program (NTP, Programma Nazionale di Tossicologia statunitense). Questi studi hanno dimostrato che non è stato trovato alcun nesso causale tra l’uso del talco cosmetico e la formazione di cancro ovarico. Sebbene questa nuova analisi abbia considerato anche gli studi più recenti, tuttavia, non esiste ad oggi, secondo CTPA, alcuna nuova prova che possa destare preoccupazioni a riguardo.
L’Associazione ha, inoltre, evidenziato che il talco in polvere è un prodotto cosmetico, e come tale prima di essere immesso sul mercato europeo, deve essere valutato per la sua sicurezza secondo le rigorose norme dell’Unione Europea. Tale valutazione è eseguita da un valutatore della sicurezza, qualificato, che deve essere in grado di analizzare gli ingredienti usati, il modo in cui il prodotto è stato lavorato, da chi e come sarà utilizzato e le istruzioni per l’uso.
L’Associazione ha spiegato che il talco è un minerale presente in natura. Il talco cosmetico, è utilizzato in maniera sicura da oltre 75 anni, e non è la stessa cosa del talco industriale. Il talco cosmetico è preparato mediante macinatura del talco, proveniente dalle miniere appositamente selezionate per l’alta qualità e la purezza dei filoni di talco. Inoltre, il talco estratto viene ripetutamente controllato per la purezza, prima di essere classificato come di grado cosmetico.
CTPA, tuttavia, ha sottolineato che le dicerie sul fatto che il talco possa raggiungere le ovaie, quando applicato sui genitali, non sono corrette.
Inoltre, secondo CTPA, affermare che il talco è simile all’amianto è assolutamente errato, in quanto esistono tra di loro differenze molto importanti (compresa la loro composizione chimica e la loro struttura) per spiegare chiaramente perché il talco non provoca il cancro mentre l’amianto può, e come se paragonassimo il carbone e i diamanti, affermando che siano la stessa cosa solo perché entrambi sono carbonio.
L’Agenzia, infine, sottolinea che si può essere certi che il borotalco utilizzato sull’uomo sia sicuro, aggiungendo che ha una lunghissima storia di sicuro utilizzo.

1Genital powder use and risk of ovarian cancer: un insieme di analisi di 8,525 casi e di 9,859 controlli. Kathryn L. Terry, Stalo Karageorgi, Yurii B. Shvetsov, et al. Cancer Prev Res. Published Online First June 12, 2013.


TRE CASI DI REAZIONI AVVERSE ALL’INCHIOSTRO PER TATUAGGI

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia (ex Dip.to di Farmacologia Sperimentale), Università di Napoli Federico II.

Recentemente è apparso sulla rivista Indian Journal of Dermatology, Venereology & Leprology (2013 Mar-Apr; Vol 79, 2 Ed.; pag. 231-234), un articolo in cui gli autori Swapnil A Sanghavi, Atul M Dongre, Uday S Khopkar, descrivono tre casi di reazioni avverse provocate dall’utilizzo d’inchiostri per tatuaggi.

In India, come riportato dagli Autori, il tatuaggio è pratica comune fin dai tempi più remoti, in quanto ha un profondo significato religioso e spirituale. Recentemente, la pratica del tatuaggio per fini cosmetici è diventata molto popolare. Con questa crescente tendenza, vi è anche un aumento del rischio di contrarre reazioni avverse all’inchiostro per tatuaggi come quelle cutanee, raramente riportate in letteratura. Queste reazioni avverse sono generalmente attribuite alla presenza di sali metallici, utilizzati nella preparazione del pigmento. Queste reazioni allergiche dovute ad un particolare pigmento possono manifestarsi in diversi modi, come ad esempio sottoforma di dermatite allergica da contatto o dermatite fotoallergica. Gli Autori, di seguito, hanno riportato due casi clinici di reazioni lichenoidi causate dall’inchiostro rosso dei tatuaggi bicolori, ed un caso di reazione sarcoide ad un tatuaggio di colore verde.
Il primo caso clinico riguardava un ragazzo di 23 anni, che si era presentato lamentando lesioni rialzate e pruriginose di colore rosso diffuse su tutto il tatuaggio, presente sul braccio sinistro. L’inchiostro era stato iniettato tre settimane prima ed il paziente non aveva fatto altri tatuaggi in passato. All’esame sono stati riscontrati noduli e placche eritematose lucide, squamate superficialmente su aree in cui l’inchiostro rosso era originariamente presente. L’inchiostro rosso era completamente mascherato dalle lesioni, mentre l’inchiostro verde non era coinvolto nella reazione.
Il secondo caso clinico riguardava un uomo di 30 anni, che si era presentato lamentando prurito, seguito dalla comparsa di lesioni rosse, in rilievo sopra tutto il tatuaggio effettuato sull’avambraccio destro. Il tatuaggio era stato iniettato quattro settimane prima in un salone locale. All’esame sono state riscontrate papule e placche eritematose lucide, squamose, dove era presente l’inchiostro rosso, completamente mascherato da queste lesioni, mentre l’inchiostro verde nel tatuaggio non era coinvolto nella reazione.
Gli Autori hanno anche riportato che in entrambi i pazienti sono state praticate biopsie delle placche eritematose squamose, le quali hanno mostrato una paracheratosi ed una moderata acantosi con lieve spongiosi dell’epidermide. La giunzione dermo-epidermica mostrava una degenerazione vacuolare. Il derma mostrava un infiltrato lichenoide costituito da linfociti ed istociti, proponendo una diagnosi di reazione lichenoide al pigmento del tatuaggio.
Ad entrambi i pazienti sono stati prescritti una crema topica di fluticasone 0,05% per applicazione locale oltre ad antistaminici orali. Gli Autori riportano, inoltre, di non avere potuto utilizzare il Q Switched Nd Yag Laser in quanto non disponibile.
Il terzo caso clinico riguardava una donna di 25 anni, che si era presentata lamentando, da circa una settimana, una lesione rialzata sul suo avambraccio sinistro. La lesione era apparsa sul sito, dove due anni prima era stato iniettato l’inchiostro. La donna aveva anche sviluppato lesioni rialzate asintomatiche di colore rosso sopra gli arti superiori ed inferiori destri. La paziente non riportava precedenti episodi di tosse, difficoltà respiratorie o arrossamento degli occhi. Sul tatuaggio verde era, inoltre, presente un nodulo indurito indolore, presente sul suo avambraccio sinistro. Erano, inoltre, presenti sulla parte destra degli arti superiori e inferiori, noduli multipli eritematosi induriti. Secondo gli Autori, è interessante notare che non era coinvolto nella reazione un altro tatuaggio presente sul braccio destro.
La biopsia della lesione sul tatuaggio ha mostrato la presenza di granulomi epitelioidi non caseosi, circondati da una rada infiltrazione linfocitaria nel derma ove era presente il pigmento del tatuaggio. Ulteriori test rilevarono, attraverso la radiografia del torace, una linfoadenopatia perilare e paratracheale. I livelli sierici di ACE erano aumentati, il che suggeriva una diagnosi di sarcoidosi sistemica. Il paziente è stato indirizzato al reparto di medicina toracica per ulteriori accertamenti.
Gli Autori hanno, inoltre, sottolineato che i colori utilizzati nei tatuaggi consistono in pigmenti inorganici, coloranti organici, o una combinazione di entrambi. In passato, i metalli pesanti sono stati per decenni le fondamenta del tatuaggio, ma sembrano essere stati sostituiti dai coloranti organici (1). I tatuatori, inoltre, utilizzano varie miscele di pigmenti per creare colori e sfumature diverse. A seconda dei composti utilizzati e del colore del tatuaggio, si può prevedere una serie di reazioni cutanee. La composizione dell’inchiostro utilizzato per il tatuaggio professionale è significativamente diversa da quello amatoriale. Secondo quanto riportato dagli Autori per i tatuaggi amatoriali, sono utilizzate particelle di carbonio, mentre per i tatuaggi professionali, si usa una miscela di metalli insolubili con coloranti organici.
Gli Autori hanno indicato che le reazioni cutanee ai tatuaggi non sono rare. Sono state, infatti, descritte diverse reazioni all’inchiostro per tatuaggi, includendo, reazioni pseudolinfomatose, lichenoidi, granulomatose, sclerodermia di tipo morphea, sarcoidali, iperplasia pseudoepiteliomatosa, dermatite allergica da contatto e fotoallergia. Reazioni lichenoidi e sarcoidali sono entrambe meno comuni delle reazioni eczematose. Recentemente, è stata descritta una reazione granulomatosa di tipo perforante ad un pigmento di un tatuaggio. (3)
I meccanismi patogenetici implicati nelle reazioni ai pigmenti dei tatuaggi, includono reazioni localizzate d’ipersensibilità ritardata mediate da cellule T (reazioni lichenoidi e sarcoidali). Inoltre, sono state osservate reazioni allergiche di tipo I e III, secondo la classificazione di Gell e Coombs. (4)
Sebbene le reazioni d’ipersensibilità cutanea siano provocate comunemente dai tatuaggi di colore rosso (solfuro di mercurio), sono state riportate anche con altri colori come il giallo (solfuro di cadmio), marrone (ossido di ferro), blu (cobalto), viola (manganese), verde (cromo), e nero (carbonio). (1)
Gli Autori hanno riportato inoltre che, sono più frequentemente osservate reazioni allergiche ai tatuaggi di colore rosso rispetto a quelli con altri colori come si evince da una revisione di 17 casi clinici effettuata da Aberer et al. (4), che hanno dimostrato che l’inchiostro rosso era stato responsabile per 11 delle 26 reazioni riportate e che le reazioni ai tatuaggi possono avvenire dopo pochi giorni dall’applicazione del tatuaggio o perfino dopo 17 anni.
Le reazioni lichenoidi, come riportato dagli Autori, sono più frequentemente riportate con tatuaggi dal pigmento rosso, che contiene mercurio e si presentano, clinicamente, sottoforma di papule verrucose o placche ipercheratosiche caratteristiche del lichen planus. (5). Entrambi i pazienti, oggetto dello studio, si erano presentati con placche eritematose ed indurite con una lieve desquamazione che all’esame bioptico mostravano, tuttavia, il caratteristico pattern lichenoide.
Gli Autori hanno indicato che, la sarcoidosi è stata ipotizzata essere uno stato d’ipersensibilità granulomatoso, con reazioni a differenti antigeni in diversi organi. Nel 1955, Obermayer e Hassen (6) hanno riportato il primo caso di una reazione di tipo sarcoide nella zona tatuata diagnosticata come manifestazione di sarcoidosi sistemica. Da allora, sono stati descritti molti casi, la maggior parte verificatisi in associazione con adenopatia ilare e sarcoidosi polmonare. In 14 dei 19 casi clinici descritti, le reazioni al tatuaggio hanno portato successivamente alla diagnosi di sarcoidosi sistemica (7), come nel caso del paziente oggetto dello studio. Comunemente la reazione di tipo sarcoide, dovuta al pigmento del tatuaggio è una reazione d’ipersensibilità (tipo 4), localizzata nella zona tatuata, senza le manifestazioni sistemiche della sarcoidosi.
La diagnosi di reazione lichenoide o di tipo sarcoide, come riportato dagli Autori, è basata sulla correlazione clinica ed istopatologica. Patch test eseguiti per rilevare tali reazioni sono spesso negativi, in confronto a quelli eseguiti nei riguardi delle reazioni eczematose, che solitamente risultano positivi. (1) Siccome sono utilizzati vari composti per formare diversi colori e tonalità, ad esempio, il solfuro di cadmio, titanio, alluminio, silicio, e calcio, può essere complicato identificare il singolo elemento responsabile della reazione al tatuaggio. In pazienti con reazione cutanea al pigmento rosso, microanalisi a raggi X hanno dimostrato che altri diversi metalli come alluminio, ferro, calcio, titanio, silicio, e cadmio, anche se raramente, possono causare queste reazioni. (8)
Attualmente i dati riguardo la sicurezza degli ingredienti dei pigmenti del tatuaggio sono carenti. Inoltre, nessuno degli inchiostri o degli additivi sono approvati dall’FDA. Ad esempio, il mercurio, presente nei tatuaggi di colore rosso, è risaputo essere una causa comune di reazioni cutanee, così come i coloranti che lo rilasciano tipo il rosso del cadmio (seleniuro di cadmio), senna, rosso ocra (idrato ferrico), e coloranti vegetali organici come il legno di sandalo o quello brasiliano.
Come riportato dagli Autori, i trattamenti fondamentali delle reazioni allergiche ai tatuaggi sono gli steroidi, la terapia laser, e l’escissione.
Gli Autori sottolineano inoltre che nella pratica clinica dermatologica le reazioni avverse ai tatuaggi sono in aumento. E’ importante per i dermatologi essere a conoscenza di queste reazioni, in quanto i tatuaggi come arte del corpo sono destinati ad aumentare in futuro, grazie alla loro crescente popolarità.

Bibliografia:
1. Kaur RR, Kirby W, Maibach H. Cutaneous allergic reactions to tattoo ink. J Cosmet Dermatol 2009;8:295-300.
2. Ortiz AE, Alster TS. Rising concern over cosmetic tattoos. Dermatol Surg 2012;38:424-9.
3. Sweeney SA, Hicks LD, Ranallo N, Iv NS, Soldano AC. Perforating granulomatous dermatitis reaction to exogenous tattoo pigment: A case report and review of the literature. Am J Dermatopathol 2011.
4. Aberer W, Snauwaert JE, Render UM. Allergic reaction to pigments and metals. In: Christa De Cuyper, editor. Dermatologic complications with body art: Tattoos, piercings and permanent makeup, 1 st ed. Belgium: Springer link; 2010. p. 66-73.
5. Winkelmann RK, Harris RB. Lichenoid delayed hypersensitivity reactions in tattoos. J Cutan Pathol 1979;6:59-65.
6. Obermeyer ME, Hassen M. Sarcoidosis with sarcoidal reaction in tattoo. Arch Dermatol 1955;71:766.
7. Antonovich DD, Callen JP. Development of sarcoidosis in cosmetic tattoos. Arch Dermatol 2005;141:869-72.
8. Sowden JM, Cartwright PH, Smith AG, Hiley C, Slater DN. Sarcoidosis presenting with a granulomatous reaction confined to red tattoo. Clin Exp Dermatol 1992;17:446-8.

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO INDOTTA DAL METILGLUCOSIO DIOLEATO.

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia (ex Dip.to di Farmacologia Sperimentale), Università di Napoli Federico II.

Riportiamo di seguito un articolo apparso su Contact Dermatitis (Contact Dermatitis 2013: 68, 315–316), di Anne-Catherine Deswysen, Valérie Dekeuleneer, An Goossens e Marie Baeck, relativo ad un caso particolare di dermatite allergica da contatto indotta dal metilglucosio dioleato.

Il Metilglucosio dioleato (MGD; CAS 86893-19-8), diestere del metilglucoside e dell’acido oleico, usato in cosmetica come emulsionante acqua-in-olio, emolliente, umettante ed agente condizionante della pelle, può essere presente anche in prodotti farmaceutici ad uso topico. Sono stati osservati solo pochi casi di dermatite da contatto causati da questa sostanza. Gli Autori hanno riportato un caso di dermatite allergica da contatto causata dal MGD, presente nella composizione di un balsamo, utilizzato durante l’allattamento.
L’articolo tratta il caso di una donna sana di 26 anni, senza precedenti di dermatite atopica o da contatto, che aveva presentato un’eruzione pruriginosa di tipo eritematoso, papulare, vescicolare a livello del seno, delle braccia e della parte superiore dell’addome. La donna aveva partorito due settimane prima, e da allora allattava al seno. Indossava biancheria intima nera, appena acquistata, e aveva anche applicato un balsamo sul seno. Fu sospettata una dermatite allergica da contatto, venne intrapresa una terapia con corticosteroidi ad uso topico, che guarirono le lesioni prima di due settimane, portando alla formazione di lesioni transitorie pigmentate.
La paziente, al fine di verificare le cause degli episodi riportati, fu sottoposta a patch test eseguiti con varie serie di base europee, (Trolab, Almirall Hermal, Reinbek, Germany; Chemotechnique, Vellinge, Svezia) e serie tessili (Trolab, Almirall Hermal; Chemotechnique) ed i prodotti personali utilizzati, il balsamo ed un pezzo della biancheria intima nera utilizzata. I materiali dei patch test utilizzati erano stati IQ Ultra ® Chambers (Chemotechnique) e Mefix ® (Mölnlycke Sanità, Gothenburg, Svezia).
Gli Autori hanno riportato che, dopo meno di 24 ore, è stato subito rimosso un patch test a causa di un rilevante prurito. La lettura dei patch test fornì i seguenti risultati:
- Balsamo gg 1 + gg 2 ++ gg 3 ++
- MGD (5% pet.) gg 2 ++ gg 4 ++
Gli Autori hanno evidenziato che sono stati eseguiti ulteriori test con i singoli componenti del balsamo, forniti dal produttore, mostrando una reazione positiva solo al MGD 5% pet. Il MGD ha dato risultati negativi in 5 soggetti di controllo, escludendo fenomeni d’irritazione. Il patch test eseguito con la biancheria intima nera era invece risultato negativo.
Gli Autori hanno sottolineato che, secondo la loro conoscenza, questo è il primo caso di dermatite allergica da contatto causata da un balsamo utilizzato per l’allattamento al seno, in cui il paziente ha reagito alla MGD. Sebbene la scheda di sicurezza si riferisca solo alla possibilità di contrarre un’irritazione lieve, ma senza alcuna proprietà di sensibilizzazione, sono stati riportati casi di dermatite allergica da contatto causata da MGD (1-7). L’allergene era contenuto in medicamenti ad uso topico, utilizzati per ulcere alle gambe (5, 6), in una pasta antimicotica (4), in repellenti per insetti (1, 2), o in creme ad uso cosmetico (3, 7). Nell’ultimo caso, il paziente era stato principalmente sensibilizzato al metilglucosio sesquistearato.

Bibliografia:
1. Corazza M, Borghi A, Zampino M R et al. Allergic contact dermatitis due to an insect repellent: double sensitization to picaridin and methyl glucose dioleate. Acta Derm Venereol 2005: 85: 264–265.
2. Rossi G, Steffens W. Allergic contact dermatitis from Autan® spray: methyl glucose dioleate as sensitizing ingredient. Contact Dermatitis 2004: 50: 324.
3. Corazza M, Elide C, Levratti A et al. Methyl glucose dioleate: an often overlooked allergen? Ann Ital Allergol Dermatol 2002: 56: 63–64.
4. Corazza M, Levratti A, Virgili A. Allergic contact dermatitis due to methyl glucose dioleate. Contact Dermatitis 2001: 45: 308.
5. Schianchi S, Calista D, Landi G. Widespread contact dermatitis due to methyl glucose dioleate. Contact Dermatitis 1996: 35: 257–258.
6. Foti C, Vena G A, Mazzarella F et al. Contact allergy due to methyl glucose dioleate. Contact Dermatitis 1995: 32: 303–304.
7. Dooms-Goossens A, Vandekerckhove M, Verschave H et al. Cosmetic dermatitis due to methyl glucose sesquistearate. Contact Dermatitis 1984: 10: 312–313.

   

  

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