Cosmetovigilanza

COSMETICS EUROPE: PONDERATA RELAZIONE DELL’SCCS RIGUARDO ALL’ALLUMINIO NEI PRODOTTI COSMETICI

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II.

 

Cosmetics Europe con il comunicato stampa del 15 aprile 2014, ha accolto l’opinione dello Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, CSSC) riguardante la sicurezza d’uso dell’Alluminio nei prodotti cosmetici.

Nel suddetto comunicato stampa, è stato sottolineato che l’SCCS, nell’opinione SCCS/1525/14, trattata precedentemente su questo sito, ha rilevato:

  • La mancanza di prove plausibili riguardo al fatto che l’alluminio utilizzato nei prodotti cosmetici, possa aumentare il rischio di cancro al seno o di altri tipi di tumore.
  • L’uso dell’alluminio nei prodotti cosmetici non aumenta il rischio di Alzheimer, di Parkinson o di qualsiasi altra malattia neurodegenerativa.
  • La mancanza di prove riguardo al fatto che i livelli di alluminio negli antitraspiranti possano essere dannosi per l’uomo.

L’SCCS ha inoltre evidenziato che esiste confusione riguardo alla corretta terminologia di deodoranti e antitraspiranti. I prodotti possono, infatti, essere formulati per ridurre l’odore del corpo, per ridurre il sudore o per esercitare entrambi gli effetti. Cosmetics Europe, per chiarire i suddetti termini, collaborerà nelle operazioni successive a questa opinione.

Nel comunicato stampa è stato riportato che, nonostante le autorità Europee stiano richiedendo un maggior numero di dati sull’andamento dell’assorbimento dermico dell’alluminio, esiste già una buona e indipendente caratterizzazione di sicurezza degli antitraspiranti. Per non lasciare dubbi riguardo alla sicurezza di questi ingredienti utilizzati nei cosmetici, un consorzio industriale sta ulteriormente valutando il problema tramite uno studio esauriente ed autonomo con volontari umani.

Cosmetics Europe ha aggiunto che il restrittivo regolamento Europeo sui prodotti cosmetici, richiede che questi vengano ampiamente testati per la sicurezza, cosicché non costituiscano un rischio per la salute umana alle normali condizioni d’uso. Affinché ciò avvenga, prima dell’immissione in commercio, ogni singolo prodotto cosmetico è sottoposto a una valutazione del rischio da parte di un valido e qualificato esaminatore. Cosmetics Europe ha infine ricordato che tale valutazione tiene conto di ciascuno degli ingredienti e dell’uso previsto.    

 

Per ulteriori informazioni consultare i siti:

SCCS: http://ec.europa.eu/health/scientific_committees/consumer_safety/index_en.htm

Cosmetics Europe: https://www.cosmeticseurope.eu/index.php

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO INDOTTA DA METILISOTIAZOLINONE SEGUITA DA GRAVE DERMATITE FACCIALE E PROBLEMI RESPIRATORI.

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II.
 
Riportiamo di seguito un articolo apparso su Contact Dermatitis (Contact Dermatitis Maggio 2014: 70, 320-321), di Wisam Alwan1, Ian R. White2 e Piu Banerjee1,2, (1Department of Dermatology, University Hospital Lewisham, Lewisham High Street, London, e 2Department of Cutaneous Allergy, St Thomas’ Hospital, Westminster Bridge Road, London, SE1 7EH, UK), relativo ad un caso particolare di dermatite da contatto indotta dal Metilisotiazolinone determinante grave dermatite facciale e problemi respiratori.
 
 
PREMESSA
 
Il Metilisotiazolinone (MI) è un conservante biocida (1) comunemente utilizzato nei cosmetici, salviette umidificate, vernici e prodotti per la cura della casa. Nei prodotti cosmetici, più precisamente nei prodotti con risciacquo, il MI è tollerato, ed è associato al Metilcloroisotiazlinone (MCI) ad una concentrazione di 3,75 ppm. Dal 2005, è inoltre possibile utilizzare il MI da solo come conservante nei prodotti cosmetici, a una concentrazione di 100 ppm. Attualmente, è in corso un notevole incremento dei casi di allergia da contatto al MI (2). A tal proposito è interessante notare che sono stati recentemente osservati e pubblicati (3). dversi casi di dermatite allergica da contatto, dovuti al trasporto dell’allergene tramite l’aria.
 
CASO CLINICO
Gli Autori, nel suddetto articolo, hanno descritto il caso di una donna di 52 anni presentatasi con un’acuta e grave dermatite facciale e dispnea. In passato la donna aveva sofferto di psoriasi media ma non di asma o di altri problemi respiratori. I sintomi erano cominciati dieci giorni prima che la donna si presentasse al Dipartimento, precisamente con un rash pruriginoso sulle guancie, il quale aveva poi coinvolto l’intero viso, le palpebre, il torace superiore e la mano prevalentemente utilizzata. Gli Autori hanno riportato che il trattamento per cinque giorni con prednisolone era riuscito a dare una temporanea risoluzione del rash; tuttavia questa manifestazione si era ripresentata entro 3 giorni dalla sospensione del corticosteroide. La donna essendo poi affetta da una grave dispnea, è stata trattata d’urgenza per questa sintomatologia. Gli Autori hanno sottolineato che i sintomi erano cominciati due giorni dopo che la donna aveva dipinto il suo salotto, e che l’acutizzare degli stessi, era successivo alla ripresa di tale attività. La donna ad ogni visita medica, presentava un rash confluente, squamoso ed eritematoso, sul viso e sulle aree scoperte del torace. Gli Autori hanno anche riportato che le palpebre superiori ed inferiori erano anch’esse interessate e che c’era un importante edema periorbitale. A questo punto alla paziente veniva somministrato nuovamente prednisolone e steroidi topici, in più le si era consigliato di evitare la stanza dipinta per circa 2 mesi. La paziente aveva inoltre evitato l’uso di tutti gli altri prodotti contenti MI. Gli Autori hanno sottolineato che i patch test (Finn Chambers® su Scanpor tape®) eseguiti successivamente, avevano confermato la diagnosi iniziale di dermatite allergica da contatto; si rilevava una reazione 3+ al MI 0,2% aq. al giorno 2. La vernice utilizzata dalla donna per dipingere la stanza è stata analizzata dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Aarhus University, rilevando un contenuto di 100 pmm di MI.
 
DISCUSSIONE
La dermatite da contatto dovuta alla presenza di MI nell’aria è stata riscontrata in persone che utilizzano vernici (4) e nelle fabbriche che le producono (5), la dispnea è stata segnalata in pazienti con allergia da contatto al MI (6, 7) e MI/MCI (8) presenti nell’aria. Gli Autori hanno evidenziato che la mancanza di regole riguardo all’uso del conservante nelle vernici, comporta che in questo momento non esiste una concentrazione massima consentita, né tantomeno requisiti per le etichette delle vernici o altri prodotti, come quelli per la cura della casa, in cui è presente il MI. Tuttavia, poiché il MI è utilizzato nei prodotti cosmetici, diventa urgente determinare e gestire il rischio connesso all’uso del MI in pitture e in altri prodotti non cosmetici. Gli Autori hanno infine affermato che conoscendo la gravità degli effetti che il MI può avere sulla pelle e su altri organi, è necessario che l’industria dia maggiore trasparenza in termini di etichettatura, al fine di consentire ai consumatori una scelta sicura dei prodotti, e che è adesso essenziale includere il MI nel CLP, Regulation on classification, labelling and packaging, Regolamento sulla classificazione, etichettatura ed imballaggio.

BIBLIOGRAFIA

  1. US Enviromental Protection Agency (EPA). Reregistration Eligibility Decision (RED) datasheet for methylisothiazolinone, 1998.Available at:http://www.epa.gov/oppsrrd1/REDs/factsheets/3092fact.pdf (last accessed 23 December 2013). M

  2. McFadden J P, Mann J, White J M L et al. Outbreak of methylisothiazolinone allergy targeting those aged _40 years. Contact Dermatitis 2013: 69: 53–63.

  3. Lundov M D, Zachariae C, Menn´e T, Johansen J D. Airborne exposure to preservative methylisothiazolinone causes severe allergic reactions. Br Med J 2012: 345: e8221.

  4. Kaae J, Menn´e T, Thyssen J P. Presumed primary contact sensitization to methylisothiazolinone from paint: a chemical that became airborne. Contact Dermatitis 2012: 66: 341–342.

  5. Thyssen J P, Sederberg-Olsen N, Thomsen J F, Menn´e T. Contact dermatitis from methylisothiazolinone in a paint factory. Contact Dermatitis 2006: 54: 322–324.

  6. Lundov M D, Mosbech H, Thyssen J P et al. Two cases of airborne allergic contact dermatitis caused by methylisothiazolinone in paint. Contact Dermatitis 2011: 65: 176–179.

  7. Lundov M, Friis U F, Menn´e T, Johansen J D. Methylisothiazolinone in paint forces a patient out of her apartment. Contact Dermatitis 2013: 69: 251–259.

  8. Bohn S, Niederer M, Brehm K, Bircher A J. Airborne contact dermatitis from methylchloroisothiazolinone in wall paint. Abolition of symptoms by chemical allergen inactivation. Contact Dermatitis 2000: 42: 196–201.

AUMENTO DELLE ALLERGIE AL METILISOTIAZOLINONE/ METILCLOROISOTIAZOLINONE PROBABILMENTE DOVUTO AI COSMETICI PER IL CORPO SENZA RISCIACQUO.

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II.
 
Riportiamo di seguito un articolo apparso su Contact Dermatitis (Contact Dermatitis Maggio 2014: 70, 316-317), di Faisal R. Ali1, Elizabeth L. Shepherd2, Laura C. Yell2, Deirdre A. Buckley3 e Jason D. L. Williams1, (1Contact Dermatitis Investigation Unit, Dermatology Centre, Manchester Academic Health Science Centre, Salford Royal NHS Foundation Trust, University of Manchester, Stott Lane, Manchester, M6 8HD, UK, 2University of Manchester Medical School, Stopford Building, Oxford Road, Manchester, M13 9PT, UK, e 3Dermatology Department, Royal United Hospital Bath NHS Trust, Combe Park, Bath, BA1 3NG, UK), relativo all’aumento delle allergie al metilisotiazolinone/metilcloroisotiazolinone probabilmente causato dai cosmetici per il corpo senza risciacquo.
 
PREMESSA
Recentemente, il notevole aumento dell’allergia al Metilisotiazolinone (MI) è stata trattata da diversi autori su Contact Dermatitis (1 – 4). Nel suddetto articolo, gli Autori hanno riportato che il MI in combinazione al Metilcloroisotiazoline (MCI) allo 0,02% aq., fa parte della serie di allergeni di base, utilizzati per eseguire patch test presso i loro centri, precisamente un centro regionale di riferimento e un distretto generale ospedaliero. Gli Autori hanno notato che negli ultimi tempi il numero di pazienti con allergia al MCI/MI è in aumento, e che l’uso di prodotti contenenti MI è chiaramente implicato.
 
METODI E RISULTATI
Gli Autori hanno condotto un’analisi retrospettiva dei casi rilevanti di tutti i pazienti sottoposti a patch test con MCI/MI nei loro centri, tra agosto 2011 e giugno 2013. Oltre alla natura della reazione, gli Autori, hanno anche valutato, nella interpretazione finale dei patch test, se il MI o il MCI/MI erano stati chiaramente individuati come componenti dei prodotti personali utilizzati dai pazienti.
Gli Autori hanno identificato tre principali categorie di prodotti: prodotti per la cura dei capelli (shampoo, balsami); salviette umide (per le mani, per bambini e per pulire) e prodotti senza risciacquo (creme per il viso o per mani e lozioni per il corpo).
Durante il periodo preso in considerazione, 2315 pazienti sono stati sottoposti a patch test (2140 dal Salford Royal NHS Foundation Trust; 175 dal Royal United Hospital Bath NHS Trust), di cui 217 (9,4%), erano allergici al MCI/MI.
Due risultati erano particolarmente degni nota. Il primo, come riportato dagli Autori, era il crescente aumento della presenza di MI o MCI/MI nei prodotti per il corpo senza risciacquo utilizzati dagli individui allergici al MCI/MI. Il secondo era che il range d’età dei pazienti era più ampio di quello precedentemente pubblicato, con bambini di sei anni e mezzo e novantenni inclusi nell’analisi effettuata.
 
DISCUSSIONE
L’allergia alla miscela MCI/MI presente nei prodotti per il corpo senza risciacquo, è stata ben riconosciuta da diversi decenni (5). Gli Autori hanno sottolineato che, durante il periodo preso in considerazione, i risultati dei patch test clinici da loro effettuati, hanno mostrato un aumento del tasso di allergia al MCI/MI, e che gli stessi dati qualitativi attribuiscono questo tasso all’incremento dell’uso di MI e/o MCI/MI nei prodotti cosmetici senza risciacquo, in particolare creme e lozioni.
Tuttavia, secondo gli Autori, i loro risultati richiedono una conferma utilizzando una coorte più ampia. Gli Autori hanno inoltre ricordato che essendo il MI 0,2 aq. stato introdotto nella serie di allergeni di base dei loro due centri solo nel 2013 non erano quindi disponibili risultati specifici per il composto.
Sebbene sia i prodotti con risciacquo che quelli senza, contenenti MI, hanno contribuito all’aumento delle recenti e crescenti allergie al MI, i dati raccolti dagli Autori, suggeriscono un incremento più pronunciato nel numero di prodotti senza risciacquo contenenti MI e/o MCI/MI. L’industria utilizza attualmente il MCI/MI nei soli prodotti con risciacquo e, inoltre, lo stesso uso ha subito una complessiva riduzione negli ultimi anni.
Gli Autori hanno quindi attribuito i loro risultati all’aumentato uso del MI nei prodotti per il corpo senza risciacquo. Questa considerazione è stata corroborata da un recente sondaggio sul mercato, che mostrava una crescita dell’uso di MI nei prodotti senza risciacquo, opposta all’utilizzo decrescente nei prodotti con risciacquo (4).
Gli Autori hanno sottolineato la necessità che i produttori siano più consapevoli di tali problematiche e che la legislazione futura limiti la concentrazione del MI nei prodotti con risciacquo, e considerare il divieto d’uso del MI nei prodotti senza risciacquo. In conclusione gli Autori hanno suggerito che la comunità internazionale che si occupa di dermatiti da contatto, dovrebbe raccomandare patch test separati con MI e MCI/MI, come recentemente si sostiene in Europa.

BIBLIOGRAFIA

    1. McFadden J P, Mann J, White J M, Banerjee P, White I R. Outbreak of methylisothiazolinone allergy targeting those aged ≥40 years. Contact Dermatitis 2013: 69: 53–55.
    2. Urwin R, Wilkinson M. Methylchloroisothiazolinone and methylisothiazolinone contact allergy: a new ‘epidemic’. Contact Dermatitis 2013: 68: 253–255.
    3. Gonc¸alo M, Goossens A. Whilst Rome burns: the epidemic of contact allergy to methylisothiazolinone. Contact Dermatitis 2013: 68: 257–258.
    4. Lundov M D, Opstrup M S, Johansen J D. Methylisothiazolinone contact allergy – a growing epidemic. Contact Dermatitis 2013: 69: 271–275.
    5. de Groot A C, Liem D H, Weyland J W. Kathon CG: cosmetic allergy and patch test sensitization. Contact Dermatitis 1985: 12: 76–80.
    6. Bruze M, Engfeldt M, Gonc¸alo M, Goossens A. Recommendation to include methylisothiazolinone in the European baseline patch test series – on behalf of the European Society of Contact Dermatitis and the European Environmental and Contact Dermatitis Research Group. Contact Dermatitis 2013: 69: 263–270.©

IL POLIESAMETILENE BIGUANIDE RAPPRESENTA UN NOTEVOLE SENSIBILIZZANTE NELLE SALVIETTE UMIDE

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II.
 
Riportiamo di seguito un articolo apparso su Contact Dermatitis (Contact Dermatitis Maggio 2014: 70, 323-325), di Julie Leysen1, An Goossens2, Julien Lambert1 e Olivier Aerts1, (1Department of Dermatology, University Hospital Antwerp, B-2650, Antwerp, Belgium e 2Department of Dermatology, University Hospitals Leuven, B-3000, Leuven, Belgium), relativo ad un caso particolare di dermatite da contatto indotta dal poliesametilene biguanide.
 
Il Poliesametilene biguanide (PHMB; CAS n. 28757-43-3) è un conservante usato come biocida nei prodotti industriali (es. disinfettanti per le piscine), nei dispositivi medici (es. detergenti per le ferite), nelle soluzioni per le lenti a contatto e nei cosmetici (es. salviette umidificate, deodoranti e detergenti per il viso). Gli Autori hanno riportato che il PHMB è considerato un raro allergene da contatto, con un tasso di sensibilizzazione dello 0,5% in una popolazione non selezionata (1, 2).
La sensibilizzazione non sembra inoltre essere associata all’esposizione ai cosmetici (2). Nell’articolo, gli Autori hanno trattato il caso di una dermatite allergica da contatto, conseguente all’uso di salviette umidificate contenenti PHMB.
 
CASO CLINICO
Gli Autori hanno descritto il caso di un uomo non-atopico di 42 anni, presentatosi con una dermatite cronica, ricorrente e che prudeva nella regione ano-genitale. L’uomo aveva spesso utilizzato salviette inumidite, in concomitanza a prodotti farmaceutici per uso topico (un unguento per le emorroidi). I patch test, come riportato dagli Autori, sono stati eseguiti sulla parte superiore del dorso, con la serie di base, la serie cosmetica e farmaceutica, anestetici locali e i prodotti personali dell’uomo, comprese le salviette inumidite. Il PHMB è stato testato a diverse concentrazioni (20%, 2% e 0,2% aq.). I seguenti risultati ai test sono stati interpretati seguendo le linee guida dell’International Contact Dermatitis Research Group:
                                   - PHMB 20% aq.             + al giorno 2 (con reazione papulovescicolare);  
                             - PHMB 20% aq.             ++ al giorno 4 (con reazione papulovescicolare);
                             - PHMB 2% aq.               +? al giorno 2;
                             - PHMB 2% aq.               + al giorno 4;
                             - PHMB 0,2% aq.             nessuna reazione.
Gli Autori hanno riferito reazioni positive anche ai test effettuati con: l’unguento per le emorroidi, un pezzo della carta igienica umidificata, alcoli della lana al 30% pet., olio di castagna puro, Amerchol® 50% pet., e la miscela metilcloroisotiazolinone(MCI)/metilisotiazolinone(MI) allo 0,01% aq. Non vi era invece reazione alla clorexedina 0,5% aq.
Esclusa la reazione positiva al MCI/MI 100 ppm, verosimilmente attribuibile all’utilizzo passato di salviette inumidite contenenti MCI/MI o MI, per tutte le altre reazioni risultate positive sono state ritenuie rilevanti l’utilizzo di l’olio di castagna contenuto nell’unguento per le emorroidi, gli alcoli della lana presenti in un altro unguento e il PHMB (indicato come poliaminopropil biguanide (PAPB) sull’etichetta), un ingrediente delle salviette. Gli Autori hanno riportato che le condizioni della pelle del paziente erano migliorate con l’utilizzo di corticosteroidi topici e le manifestazioni cutanee non si erano ripresentate evitando il contatto con gli allergeni.
 
DISCUSSIONE
 
Il PHMB, un poli-biguanide analogo del PAPB, è un agente antimicrobico ampiamente usato e consentito per l’utilizzo nei cosmetici a concentrazioni superiori allo 0,3%. Gli Autori hanno ricordato che, uno studio del 2007 indicava come fattori di rischio associati alla sensibilizzazione al PHMB, principalmente: il sesso maschile, l’esposizione professionale, dermatite alle mani e alle gambe (2). In letteratura, per i patch test, vengono designate concentrazioni pari a 2,5% e 5% di PHMB, considerate non irritanti e a basso potenziale sensibilizzante. Tuttavia, nel paziente trattato dagli Autori, accidentalmente testato con il PHMB al 20% aq., non è stata riscontrata una reazione tossica o irritante. Al contrario, le reazioni hanno mostrato un aumento della positività dal giorno 2 al giorno 4 ed una diminuzione dalla concentrazione più alta (20% aq.: ++) a quella più bassa (2% aq.: +). Gli Autori hanno inoltre aggiunto che la morfologia del patch test con il PHMB 20% aq., era compatibile con una reazione allergica da contatto. Evitando l’allergene, inoltre, la dermatite era scomparsa.
Poiché le attuali concentrazioni consigliate per i test di 2,5% e 5% aq., producono maggiormente reazioni 1+, spesso difficili da differenziare da quelle irritanti o falso-positive, in alcuni casi selezionati, gli Autori hanno affermato che potrebbero essere richieste concentrazioni più alte.
Nei pazienti sensibilizzati al PHMB, gli Autori hanno suggerito di considerare una parziale reattività crociata ad altri biguanidi come la clorexedina, e l’esamidina. Viceversa, riguardo alle reazioni di tipo 1 al PHMB, Kautz e altri (3), hanno sottolineato che, i pazienti allergici alla clorexedina, potrebbero essere a rischio di allergia al PHMB, poiché gli anticorpi IgE mostrano, anche se non sempre, una maggiore aggressività verso il PHMB. Per giunta, poiché l’eczema indotto dalla clorexedina protrebbe, precedere di anni l’anafilassi indotta dalla clorexedina stessa (4), il medesimo rischio potrebbe riguardare i soggetti sensibilizzati al PHMB, come è stato descritto in letteratura (3, 5). Gli Autori hanno aggiunto che nel caso da loro trattato, non c’era reazione simultanea ai patch test con clorexedina. Siccome il paziente si era presentato con una chiara ipersensibilità di tipo ritardato, non sono stati effettuati prick test o IgE per la clorexedina o il PHMB. 
In conclusione, gli Autori hanno riportato il caso di un paziente sensibilizzato al PHMB attraverso l’uso di salviette umide, dimostrando che la sensibilizzazione a questa sostanza non va considerata solo nel contesto professionale. Gli Autori hanno ritenuto inoltre opportuno, suggerire una valutazione della migliore concentrazione da utilizzare nei patch test. Nei pazienti con nota allergia al PHMB è infine necessario considerare una possibile reattività crociata agli altri biguanidi strutturalmente correlati.

BIBLIOGRAFIA

  1. Schnuch A, Geier J, Brasch J et al. Polyhexamethylenebiguanide: a relevantcontact allergen? Contact Dermatitis 2000: 42: 302–303.

  2. Schnuch A, Geier J, UterWet al. Thebiocide polyhexamethylene biguanide remains an uncommon contact allergen. Contact Dermatitis 2007: 56: 235–239.

  3. Kautz O, Schumann H, Degerbeck F et al. Severe anaphylaxis to the antiseptic polyhexanide. Allergy 2010: 65: 1068–1070.

  4. Ebo D G, StevensWJ, Bridts C H et al. Contact-allergic dermatitis and life-threatening anaphylaxis to chlorhexidine. J Allergy Clin Immunol 1998: 101 (1 Pt 1): 128–129.

  5. Sachs B, Fischer-BarthW, Erdmann S et al. Anaphylaxis and toxic epidermal necrolysis or Stevens–Johnson syndrome after nonmucosal topical drug application: fact or fiction? Allergy 2007: 62: 877–883.

ALLERGIA DA CONTATTO AD UN FILTRO UV: RACCOMANDAZIONI PER MIGLIORARE LA DIAGNOSTICA

Lidia Sautebin - Dipartimento di Farmacia, Università di Napoli Federico II.
 
Riportiamo di seguito un articolo apparso su Contact Dermatitis (Contact Dermatitis Aprile 2014: 70, 251-254), di Anton C. de Groot1, Esther J. van Zuuren2 e Diny Hissink3, (1Acdegroot Publishing, Schipslootweg 5, Wapserveen, 8351 HV, The Netherlands, 2Department of Dermatology, Leiden University Medical Centre, Albinusdreef 2, Leiden, 2333 ZA, The Netherlands, 3The Netherlands Food and Consumer Product Safety Authority, Catharijnesingel 59, Utrecht, 3511 GG, The Netherlands), relativo ad un caso particolare di allergia da contatto ad un filtro UV.
 
I pazienti che mostrano reazione positiva ai patch test con miscele di sostanze chimiche, dovrebbero preferibilmente, essere testati con gli ingredienti in esse presenti, al fine di identificare i reali allergeni da contatto. La scarsa collaborazione del paziente e la mancanza di materiali adeguati e facilmente ottenibili, per effettuare i test, possono ostacolare questa indagine, come è accaduto nel caso illustrato dagli Autori riguardante un’allergia da contatto ad un filtro UV.
 
CASO CLINICO
Nel suddetto articolo, gli Autori hanno descritto il caso di una donna di 56 anni, la quale sviluppò sul viso e sul collo, un rash cutaneo rosso, rovente e che prudeva, uno/due giorni dopo l’applicazione di un filtro solare (crema solare SPF 30). Il trattamento con una crema corticosteroide diede un rapido miglioramento. Gli Autori hanno riportato che la paziente fece esperienza di un rash simile, dopo l’uso di un altro filtro solare di diversa marca, una crema protettiva con SPF 50. Al Dipartimento di Dermatologia del Leiden University Medical Centre, la paziente venne sottoposta a patch test con la serie di base europea, con i due prodotti cosmetici sospettati e a patch e photopatch test con la serie per i photopatch test (contenente filtri UV). Ai test effettuati con le creme solari non diluite, gli Autori hanno rilevato reazioni positive (+) al giorno 2 e al giorno 3, reazioni uguali sia sulle zone esposte alle radiazioni che su quelle non esposte. In seguito, ai produttori delle creme, furono richiesti gli ingredienti. Dopo aver ricevuto i costituenti (n=32) di uno dei due prodotti, la paziente fu sottoposta a patch test con questi, e testata nuovamente con la medesima crema solare che li conteneva.
Gli Autori hanno affermato che l’allergia da contatto alla crema solare fu confermata dai suddetti test (giorno 2 +?; giorno 3 +),  e che si ebbe inoltre reazione positiva (giorno 2 +; giorno 3 +) ad una miscela (filtro UV) di metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol (dimensione in nanometri), decil glucoside, glicole propilenico e gomma di xantano 58% aq. (concentrazione test, 14% aq; ingredienti solidi 14% di 58%= 8,1%). La gomma di xantano fu testata separatamente dando risultato negativo. La miscela costituente il filtro UV, era presente anche nella crema solare con SPF 50. Gli Autori hanno evidenziato che la paziente, poiché trovò un altro prodotto solare a cui era tollerante, in quanto non conteneva il filtro UV in questione, decise di non sottoporsi ad ulteriori test con gli ingredienti del secondo prodotto solare o con altri allergeni.
 
DISCUSSIONE
Stando al suo produttore (BASF, Ludwigshafen, Germany), il filtro UV sospettato è “una nuova tecnologia di protezione UV per la pelle, è il primo filtro solare prodotto con tecnologia a particelle microfini, esplicando così l’azione protettiva: assorbe l’UV attraverso una molecola organica fotostabile, disperde e riflette la luce grazie alla sua struttura microfine”.
Il filtro si presenta sotto forma di emulsione contenente il metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol (45-55%) (sinonimo bisocritzole, CAS n. 103597-45-1).
Gli Autori hanno sottolineato che nell’Unione Europea, l’uso del suddetto filtro UV nei prodotti cosmetici è consentito sin dal 2000, ad una concentrazione massima del 10%. Tuttavia, in una recente opinione dello Scientific Committee on Consumer Safety (SCCS, Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori, CSSC), è stato stabilito che, la forma nano del metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol (particelle di 1-100 nm), può essere utilizzata in sicurezza a concentrazioni superiori a quella massima (1). Il filtro UV contiene anche decil glucoside (6-10%, CAS n. 58846-77-8), glicole propilenico (0,2-0,6%, CAS n. 57-55-6), gomma di xantano (0,1-0,5%, CAS n. 11138-66-2) e acqua (40-42%) (1). Queste sostanze vengono aggiunte per aumentare la solubilità del filtro UV nei prodotti cosmetici.
Gli Autori hanno riportato che l’allergia da contatto al filtro in questione, è stata descritta per la prima volta da Andersen e Goossens nel 2006, i quali riscontrarono nella loro paziente allergia da contatto al decil glucoside (2).
In seguito sono stati descritti altri casi di allergia da contatto al suddetto filtro solare, presente in prodotti solari e per la cura della pelle (3-8). Gli Autori hanno evidenziato che probabilmente, nella grande maggioranza dei casi, il decil glucoside si configurava come il reale allergene del filtro UV.
Il decil glucoside (sinonimo: decil D-glucopiranoside) è un prodotto di condensazione del decanolo e glucosio. È un emulsionante, un surfattante non ionico e un agente purificante, utilizzato spesso nei prodotti con e senza risciacquo, come latte detergenti, lozioni e creme solari, grazie alla delicatezza dei suoi effetti sulla pelle (2).
Gli Autori hanno affermato che l’allergia da contatto al decil glucoside nei gel antisettici e nei prodotti cosmetici, è stata riportata diverse volte (4, 10, 14). Alcuni pazienti con allergia al decil glucoside hanno inoltre mostrato reazione positiva al lauril glucoside e coco-glucoside, probabilmente a causa di una reattività crociata, della contaminazione di un composto con l’altro, o di sostanze utilizzate nella produzione dei glucosidi. Uno dei pazienti in questione mostrava anche allergia a tre creme solari contenti il filtro UV in questione.
Gli Autori hanno riconosciuto che, seppure siano stati pubblicati pochi casi di allergia da contatto al suddetto filtro, è probabile che la dermatite da contatto da esso causata, non sia rara.
Recentemente è stato suggerito di includere il “metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol 10% in petrolatum” alla serie di base europea per i photopatch test (16). Questo prodotto è disponibile da solo(Chemotechnique Diagnostics, Vellinge, Sweden), ma costituisce in realtà il filtro UV stesso, contenente anche decil glucoside, glicole propilenico e gomma di xantano. La concentrazione test del metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol è del 10%, mentre, nell’emulsione del filtro UV dipende dalla concentrazione stessa di filtro UV presente (attualmente circa il 17,5%). Gli Autori hanno affermato che proprio questa differenza ha causato grandi incomprensioni, e forse, ha fatto considerare ingiustamente il filtro UV metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol, l’allergene da contatto (4, 6, 8, 9, 15), e/o allergene da fotocontatto (9, 15).
Gli Autori hanno dichiarato che l’allergia da contatto al filtro UV non è rara. I dati disponibili suggeriscono che il decil glucoside è più frequentemente l’allergene rispetto al filtro UV metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol.Tuttavia, gli Autori hanno affermato che mancano dati adeguati e che non sono disponibili in commercio questi composti chimici per i patch test. In conclusione gli Autori hanno suggerito:
    • Ai dermatologi, di aggiungere il filtro UV in commercio alla serie testata di routine nei pazienti sospettati di avere una allergia ai cosmetici o una dermatite da contatto fotoallergica;
    • Ai dermatologi, di aggiungere a tale serie, il lauril glucoside, che identificherà un numero di casi di allergia da contatto al decil glucoside;
    • Alle parti commerciali, di indicare quanto più accuratamente il contenuto dei materiali utilizzati per i patch test;
    • Agli autori delle pubblicazioni, di indicare accuratamente i materiali testati, per evitare confusione sull’allergia da contatto al filtro UV/metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol, e di non utilizzare nomi o sinonimi;
    • Alle parti commerciali, di cercare di rendere disponibili materiali per i patch test con decil glucoside e con metilene bis-benzotriazolil tetrametilbutilfenol puri. In risposta a quest’ultimo suggerimento degli Autori, la Chemotechnique Diagnostics ha affermato che renderà disponibili questi composti puri e separati in tempi brevi.

 

BIBLIOGRAFIA

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