Cosmetovigilanza

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DA VEA® LIPOGEL: COMPOUND ALLERGY?

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO CAUSATA DA VEA® LIPOGEL: COMPOUND ALLERGY?

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia – Università di Napoli Federico II

Riportiamo di seguito un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Contact Dermatitis [75, 240–259] a cura di un gruppo di dermatologi italiani Nicola Milanesi, Massimo Gola e Stefano Francalanci(Unità di Dermatologia Allergologica e Professionale, Dipartimento di Chirurgia  e Medicina traslazionale, Università di Firenze, Italia) in cui sono stati riportati 8 casi di dermatite allergica da contatto (DAC) manifestata in seguito all’utilizzo del cosmetico Vea® lipogel.

Gli Autori riportano che il termine “compound allergy viene utilizzato per descrivere una condizione in cui  i pazienti mostrano risultati positivi ai patch test eseguiti con il prodotto testato tal quale e risultati negativi ai patch test eseguiti con tutti i singoli ingredienti. In questo articolo, gli Autori riportano 8 casi di DAC al Vea® lipogel (Ulka, Rovigo, Italia), un cosmetico che, precedentemente, era già stato indicato da altri Autori come causa di “compound allergy [1]. Tutti i casi riportati dagli Autori sono stati osservati tra ottobre e dicembre 2015 presso l’Unità di Dermatologia Allergologica e Professionale dell'Università di Firenze.

Pazienti  e Metodi

Gli Autori riportano che il loro studio osservazionale ha coinvolto 10 pazienti (2 maschi e 8 femmine) con una sospetta dermatite da contatto causata dal Vea® lipogel. I pazienti avevano un’età compresa tra 8 e 62 anni (media 36.5 anni; mediana 34 anni). Gli Autori riferiscono che tutti i pazienti avevano applicato tale cosmetico per trattare una dermatite pre-esistente al fine di dare sollievo alla pelle e trattare la secchezza delle mucose. Come riferito dagli Autori 7 pazienti avevano una storia di atopia, 2 pazienti soffrivano di Lichen Sclerosus genitale (malattia infiammatoria a carattere cronico-recidivante che può interessare, con formazioni maculari o a placche, le mucose genitali maschili e femminili, la cute adiacente e in misura meno significativa la cute di altri siti corporei) e 1 paziente era affetto dalla sindrome di Sjögren (malattia infiammatoria cronica di natura autoimmune in cui il sistema immunitario attacca soprattutto le ghiandole esocrine, tra cui le salivari e le lacrimali, distruggendole e creando notevoli disturbi quali secchezza orale e oculare).

Gli Autori hanno eseguito i patch test con le serie di base suggerite dalla Società Italiana di Dermatologia Allergologica Professionale e Ambientale (SIDAPA), fornite sia dall’azienda FIRMA (Firenze, Italia) che dalla Chemotechnique Diagnostics (Vellinge, Svezia), in accordo alle raccomandazioni della International Contact Dermatitis Research Group (ICDRG). Gli Autori riferiscono che i pazienti sono stati sottoposti anche a patch test con altri prodotti da loro utilizzati  e il prodotto Vea® lipogel, testato tal quale, applicati sulla schiena nelle camerette van der Bend® Square Chambers (van der Bend, Brielle, Paesi Bassi) occluse con il cerotto Medipore™ (3M Company, Minneapolis MN, Stati Uniti). Le letture sono state eseguite nei giorni 2, 4 e 7. Gli Autori hanno osservato i giorni 2 e 4 reazioni (++) al Vea® lipogel, testato tal quale, in 8 pazienti, di cui 7 avevano avuto un coinvolgimento al viso e 1 all’area genitale. In 2 pazienti non si era, invece, osservata positività.

Gli Autori riferiscono che un mese dopo hanno eseguito nuovamente i patch test con i singoli ingredienti forniti dall’azienda produttrice (ciclopentasilossano, tocoferolo acetato, olio di ricino idrogenato, etilesil palmitato e dimetilconolo) e il tocoferolo acetato (10% in pet. fornito da Chemotechnique Diagnostics), ma che tutti i 10 pazienti avevano manifestato una reazione negativa.

Gli Autori sottolineano che la rilevanza clinica della reazione positiva al patch test con il prodotto Vea® lipogel testato tal quale era stata confermata dalla completa risoluzione della dermatite dopo che i pazienti avevano smesso di utilizzare il cosmetico in questione.

Gli Autori riferiscono, inoltre, che testando il Vea® lipogel e i singoli ingredienti su 10 controlli non si sono manifestate reazioni irritative. Per i 2 pazienti con i risultati dei patch test negativi per il Vea® lipogel gli Autori hanno eseguito anche il Repeated Open Application Test (ROAT) che non ha prodotto alcuna reazione. Gli Autori, quindi, per questi 2 pazienti fanno diagnosi di dermatite irritativa da contatto sulla base di una dermatite pre-esistente.

Gli Autori riferiscono che l’azienda produttrice ha suggerito la possibilità che lo stoccaggio e la produzione  a temperature troppo elevate avrebbero potuto modificare i singoli ingredienti contenuti nel prodotto e ha riconosciuto che i lotti potrebbero contenere tocoferolo acetato proveniente da diversi fornitori.  Per tale motivo gli Autori riferiscono di aver sottoposto 2 pazienti, che hanno acconsentito, a ulteriori patch test con le due diverse tipologie di tocoferolo, indicate come tocoferolo acetato “tipo A” (25% in pet.) e tocoferolo acetato di “tipo B” (25% in pet.) e con l’olio di ricino idrogenato (25% in pet.), il dimeticonolo (25% pet.) e il ciclopentasilossano (25% pet.) riscaldati a 90° e poi fatti raffreddare. Gli Autori riportano che i 2 pazienti avevano manifestato una reazione positiva al tocoferolo acetato di “tipo A” nei giorni 2 e 4, ma reazioni negative a tutti gli altri ingredienti, confermando così la diagnosi finale di DAC causata dal tocoferolo acetato di “tipo A”.

Conclusioni

Gli Autori riferiscono che in letteratura è stato trovato un solo caso di “compound allergy al Vea® lipogel [1] e due casi di DAC causata dalla vitamina E presente nel Vea® oil e nel Vea® lipogel [2]. Gli Autori, inoltre, riportano che in un altro caso la “compound allergy” al Vea® lipogel è stata attribuita ad un’interazione tra il ciclopentasilossano e il tocoferolo acetato [3].

In una recente revisione in cui sono stati riportati 931 casi di DAC indotta dalla vitamina E, a partire dalla prima osservazione nel 1965, si è giunti alla conclusione che nonostante l'uso della vitamina E nei prodotti per la cura della pelle sia molto diffuso l’incidenza di tale reazione è bassa [4]. Gli Autori riferiscono che il potenziale allergenico di alcune sostanze potrebbe aumentare in seguito all'ossidazione [2] e che i componenti potrebbero modificarsi durante la produzione, lo stoccaggio o quando utilizzati dal consumatore [5]. Gli Autori, inoltre, dichiarano che gli ingredienti forniti dal produttore potrebbero essere non del tutto affidabili e completi, causando così reazioni falso-negative e portando ad una diagnosi  di “pseudo” compound allergy.

Gli Autori sottolineano che, in alcuni pazienti da loro analizzati, il tocoferolo di "tipo A" potrebbe essere la vera causa della DAC causata dal Vea® lipogel, forse per la presenza di impurità in questo specifico ingrediente. Secondo gli Autori, questa ipotesi potrebbe spiegare sia i risultati negativi imprevisti osservati da Corazza et al. quando hanno ripetuto i test 1 mese più tardi con diversi campioni di Vea® Lipogel [2], che la tolleranza che gli 8 pazienti inclusi nello studio hanno manifestato quando hanno usato prodotti di marchio diverso contenenti vitamina E.

Gli Autori concludono che l’alta prevalenza di DAC causata dal Vea® lipogel nei loro pazienti potrebbe suggerire un focolaio di un’epidemia; pertanto si aspettano che in futuro, si manifestino altri casi.

 

Bibliografia

1.  Schianchi S, Arcangeli F, Calista D.Compound allergy to vea oil. Contact Dermatitis 2003: 49: 222.

2  Corazza M, Minghetti S, Borghi A et al.Vitamin E contact allergy: a controversial subject. Dermatitis 2012: 23: 167–169.

3.  Corazza M, Ricci M, Minghetti S et al. Compound allergy to a lipophilic gel containing vitamin E acetate and cyclopentasiloxane. Dermatitis 2013: 24: 198–199.

4.  Kosari P, Alikhan A, Sockolov M, Feldman S R. Vitamin E and allergic contact dermatitis. Dermatitis 2010: 21: 148–153.

5.  Karlberg A T, Basketter D, Goossens A, Lepoittevin J P. Regulatory classification of substances oxidized to skin sensitizers on exposure to air. Contact Dermatitis 1999: 40: 183–188.

DERMATITE DA CONTATTO CAUSATA DALL’ARBUTINA PRESENTE IN UNO SBIANCANTE PER LA PELLE

DERMATITE DA CONTATTO CAUSATA DALL’ARBUTINA PRESENTE IN UNO SBIANCANTE PER LA PELLE

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia – Università Federico II di Napoli

Riportiamo di seguito un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Contact Dermatitis [75, 180–194] a cura di un gruppo di dermatologi giapponesi Takafumi Numata, Rie Tobita, Ryoji Tsuboi e Yukari Okubo(Department of Dermatology, Tokyo Medical University, 160-0023 Tokyo, Giappone) riguardante un caso di dermatite allergica da contatto (DAC) all’arbutina, ingrediente presente in un prodotto cosmetico con azione sbiancante.

Gli Autori riportano che l’arbutina inibisce la produzione di melanina all’interno dei melanociti attraverso l’inibizione dell’attività dell’enzima tirosinasi (o DOPA ossidasi). Come riportato dagli Autori le dermatiti da contatto causate dall'arbutina sono state riportate raramente, e quelle note provengono solo dal Giappone. In questo articolo, gli Autori descrivono il caso di una donna con dermatite da contatto causata dall’arbutina presente in una cosmetico con azione sbiancante e una review di altri 5 casi di dermatite da contatto indotta dall’arbutina.

Caso clinico

La donna giapponese di 60 anni  si era presentata presso il Dipartimento di dermatologia con una storia di eritema al viso da 2 settimane. Gli Autori riferiscono che l’esame clinico aveva rivelato un eritema edematoso accompagnato da prurito al viso, maggiormente sulle guance e sulla fronte e che non era stato osservato leucoderma. Gli Autori sospettavano che la dermatite da contatto fosse stata causata da una risposta allergica ad una crema cosmetica.

Gli Autori hanno eseguito, quindi, il Repeated Open Application Tests (ROAT), che ha dato come risposta un eritema comparso il giorno dopo. Sono stati eseguiti anche i patch test con il test Finn Chambers su cerotto Scanpor applicati sulla schiena e sulla parte superiore del braccio della donna e le reazioni sono state lette nei giorni 2, 3 e 7, seguendo i criteri della International Contact Dermatitis Research Group (ICDRG). Gli Autori hanno osservato reazioni positive (++) alla crema cosmetica utilizzata dalla donna nei giorni 2, 3 e 7; inoltre tra tutti i 31 ingredienti della crema testati i patch test hanno mostrato reazioni positive (++) solo all’arbutina 3% aq. nei giorni 2, 3 e 7. Gli Autori riferiscono, inoltre, che successivi patch test hanno mostrato reazioni positive  all’arbutina a concentrazioni decrescenti quali 0.3% aq. [giorni 2 , 3 e 7 (++)] e  0.03% aq. [giorno 2 e 3 (+), giorno 7 (?+)]; mentre hanno mostrato reazioni dubbie all’arbutina 0.003% [giorno 2 e 3 (?+), giorno 7 (-)] e reazioni negative all’arbutina 0.0003% aq. [giorni 2, 3 e 7]. Gli Autori precisano che otto volontari sani hanno mostrato risultati negativi a questa sostanza.

Discussione

Gli Autori riportano che l’arbutina (CAS 497-76-7; 4-idrossifenil-ß-D-glucopiranoside) è un idrochinone glicosilato prodotto dall’uva ursina che inibisce la produzione di melanina, diminuendo l’attività dell’enzima tirosinasi.

Gli Autori sottolineano che in letteratura sono riportati 5 casi clinici di allergia da contatto causata dall’arbutina, incluso questo da loro descritto [1-3]. Tutti i pazienti erano di sesso femminile, l’età media era di 66.4 anni e la paziente più anziana aveva 78 anni.  Le eruzioni si erano manifestate sul viso, soprattutto sulle guance, sulle palpebre e sulla fronte. Le reazioni erano di tipo eritematoso e in due pazienti erano anche di tipo edematoso. In questi casi rivisti dagli Autori la concentrazione di arbutina utilizzata nei patch test era del 3.0% in 2 casi; del 5.0% in altri 2 casi e del 7.0%  in 1 caso. Ad eccezione del caso riportato dagli Autori, nessuno dei pazienti dei casi rivisti era stato sottoposto a patch test con concentrazioni decrescenti.

Gli Autori riferiscono che nella loro paziente le letture del patch test con concentrazioni di arbutina  pari a 0.03% aq.; 0.003% aq. e 0.0003% aq. effettuate il giorno 7 non sono state considerate come reazioni allergiche chiare. Per questo motivo, gli Autori ritengono che la concentrazione ideale di arbutina per eseguire i patch test sia quella dello 0.3% aq.

Come riportato dagli Autori i cosmetici sbiancanti per la pelle sono comunemente utilizzati dalle donne asiatiche e in letteratura sono stati riportati diversi casi di dermatite da contatto causata da altri ingredienti in essi presenti tra cui la vitamina C, l'idrochinone, l'acido cogico e l'olio solubile di liquirizia [4,5]. Gli Autori, quindi, concludono che i patch test sono utili per identificare gli ingredienti incriminati in questi prodotti e nei prodotti simili.

Bibliografia

$     1. Sugawara K, Kobayashi H, Teramae K et al. A case of contact dermatitis due to arbutin. Environ Dermatol 2002: 9: 146–148.

$     2. Kanto H. Allergic contact dermatitis caused by new agents. J Environ Dermatol Cutan Allergol 2008: 2: 1–8.

$     3. Matsuo Y, ItoA,Masui Y etal. A case of allergic contact dermatitis caused by arbutin. Contact Dermatitis 2015: 72: 404–405.

$     4. Nakagawa M, Kawai K. Contact allergy to kojic acid in skin care products. Contact Dermatitis 1995: 32: 9–13.

$    5. Numata T, Kobayashi Y, Ito T et al. Two cases of allergic contact dermatitis due to skin-whitening cosmetics. Allergol Int 2015:         64: 194–195.

AGENZIA FRANCESE PER LA SICUREZZA DEI MEDICINALI E DEI PRODOTTI SANITARI (ANSM): "APPLICAZIONE DELLE UNGHIE ARTIFICIALI: INFORMAZIONE SUI RISCHI E PRECAUZIONI"

AGENZIA FRANCESE PER LA SICUREZZA DEI MEDICINALI E DEI PRODOTTI SANITARI (ANSM): "APPLICAZIONE DELLE UNGHIE ARTIFICIALI: INFORMAZIONE SUI RISCHI E PRECAUZIONI"

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia – Università di Napoli Federico II

L'Agenzia Francese per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti Sanitari  (Agence Nationale de Sécurité du Médicament et des Produits de Santé-ANSM) ha pubblicato sul proprio sito web una nota informativa relativa all’applicazione delle unghie artificiali e ai rischi ad essa associati e alle precauzioni d'uso.

L’Agenzia riferisce che sia i  prodotti che le tecniche utilizzate per applicare o rimuovere le unghie artificiali  non sono del tutto sicuri per le unghie e per il tessuto circostante. Precisa, inoltre, che queste pratiche non sono raccomandate in particolari condizioni (gravidanza, intervento chirurgico etc...). Per tali motivi l’ANSM ha pubblicato questa nota per i informare i consumatori di questi rischi e per fornire consigli per prevenirli.

In questa nota vengono affrontati 4 punti:

1) Tecniche di applicazione e rimozione delle unghie artificiali

Come riportato da ANSM, attualmente, per realizzare le unghie artificiali allo scopo di allungare quelle naturali vengono utilizzate, principalmente, due tecniche:

- l’applicazione di una resina auto-polimerizzante (tecnica detta delle "unghie scolpite");

- l’applicazione di un gel indurente ai raggi ultravioletti (UV).

Esistono altre due tecniche poco praticate dagli onicotecnici:

- una, più datata, consiste nel fissare sull’unghia una capsula di plastica, che viene poi limata fino ad ottenere la lunghezza desiderata dal consumatore;

- l'altra, più costosa, consiste nell'attaccare piccoli pezzi di fibra di vetro direttamente sull’unghia naturale o sulla capsula di plastica, precedentemente applicata.

L'ANSM precisa che, a prescindere dalla tecnica utilizzata, è necessario che i prodotti per la rimozione delle unghie artificiali si limitino a questa e alla cuticola  per evitare il distacco dell’unghia naturale. L’Agenzia informa che la rimozione dell’unghia artificiale deve essere effettuata da un professionista tramite due tecniche:

- se le unghie artificiali sono state realizzate utilizzando una resina, bisogna immergerle in un apposito solvente (acetone);

- se le unghie artificiali sono state realizzate con il gel bisogna limarle.

L'Agenzia francese precisa che la rimozione autonoma delle unghie artificiali può causare il distacco delle unghie naturali.

2) Rischi delle tecniche e dei prodotti utilizzati

L'ANSM riferisce che limare in maniera troppo aggressiva il gel può comportare la caduta dell’unghia naturale.

Se l’unghia artificiale è applicata oltre il limite dell’unghia naturale o sulla cuticola potrebbe manifestarsi un’infiammazione locale, la caduta delle unghie naturali e, eventualmente, parestesie alla punta delle dita (anormale sensibilità cutanea).

L’Agenzia aggiunge che sono possibili allergie ai gel, alla colla o alle resine. In particolare queste allergie sono caratterizzate dalla comparsa di eczema intorno alle unghie (eruzione cutanea accompagnata da sensazione di prurito e bruciore) e/o sul viso (in particolare sulle palpebre) oppure dal distacco delle unghie naturali.

L'ANSM riporta che è possibile sviluppare un'infezione, che si manifesta con il cambiamento di colore (colorazione gialla/verdastra) dell’unghia naturale in seguito alla rimozione di quella artificiale oppure con un’irritazione nella zona circostante l’unghia. Queste infezioni sono, per la maggior parte delle volte, causate da un fungo come ad esempio la Candida spp.

L’Agenzia, tuttavia, precisa che eseguendo le tecniche in maniera corretta si possono evitare tali spiacevoli situazioni (incluso il fatto di evitare di sporcarsi le mani con strumenti o prodotti durante il processo di polimerizzazione della resina o del gel).

3) Situazioni in cui non è consigliabile l'applicazione delle unghie artificiali

L'ANSM consiglia di non applicare le unghie artificiali quando:

$-  il consumatore ha meno di 16 anni: sarebbe meglio aspettare la completa maturazione dell’unghia e avere l’approvazione di     un genitore, se si tratta di un minorenne;

$-   si soffre di malattie alle unghie: ad esempio psoriasi o infezioni fungine;

$-   le unghie naturali sono fragili o danneggiate a causa della levigatura delle unghie che può rendere l'unghia più sottile e indebolirla ulteriormente;

$-   si è incinta: non è del tutto nota la tossicità dei prodotti utilizzati. Inoltre, in caso di ricovero o complicazione della gravidanza, non è possibile applicare il dispositivo che misura l'ossigeno nel sangue (saturimetro) in quanto non è compatibile con le unghie artificiali;

$-  è necessario un intervento chirurgico: non è possibile applicare il dispositivo che misura l'ossigeno nel sangue (saturimetro) in quanto non è compatibile con le unghie artificiali;

$-  si fa parte del personale infermieristico: è possibile trasmettere più facilmente un'infezione batterica ai pazienti attraverso le unghie artificiali.  

4) Suggerimenti

Prima dell’applicazione:

- lavare le mani e spazzolare le unghie accuratamente;

- preferire l’applicazione di unghie artificiali non troppo lunghe per evitare danni meccanici al letto dell’unghia naturale;

- evitare di contaminare le mani con strumenti e prodotti durante la fase di polimerizzazione;

- farsi applicare le unghie artificiali da un professionista per garantire la qualità dei prodotti e della tecnica di applicazione.

Dopo l’applicazione:

- tenere le unghie artificiali per un periodo troppo lungo può rendere le unghie più fragili;

- dopo avere applicato le unghie artificiali per 3-4 mesi aspettare un mese;

- far effettuare la rimozione delle unghie artificiali (con il solvente per la resina e con la lima per il gel) da un professionista per evitare di danneggiare l'unghia artificiale;

- togliere da soli l’unghia artificiale strappandola può causare onicolisi, ovvero la distruzione delle unghie naturali. 

L'ANSM conclude consigliando ai consumatori nel caso in cui si verifichino dei problemi di far rimuovere le unghie artificiali da un professionista e di consultare un medico (dermatologo o medico di medicina generale).

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO AEROTRASMESSA CAUSATA DA UNA PIETRA DI HENNÈ

DERMATITE ALLERGICA DA CONTATTO AEROTRASMESSA CAUSATA DA UNA PIETRA DI HENNÈ

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia -  Università di Napoli Federico II

Riportiamo di seguito un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Contact Dermatitis [75, 180–194] a cura di due dermatologi turchi Esen Özkaya1 e Zeynep Topkarci2(1Department of Dermatology and Venereology, Istanbul University, Istanbul Medical Faculty, Istanbul, Turchia ; 2Department of Dermatology, BakirkoyDr Sadi Konuk Education and Research Hospital, Istanbul, Turchia) riguardo al caso di una ragazza di 16 anni che aveva manifestato una dermatite allergica da contatto (DAC) aerotrasmessa in seguito all’utilizzo di una pietra di henné.

Gli Autori riferiscono che la pietra di henné è un materiale meno conosciuto disponibile in commercio usato per ottenere la pasta di henné nero [1]. In alcuni Paesi, tra cui la Turchia, i venditori di erbe locali vendono questo prodotto come “pietra naturale” chiamata così perche fonte naturale per ottenere l'henné nero. Per ottenere la pasta di henné nero, che viene utilizzata per tingere i capelli o, soprattutto, per effettuare i tatuaggi temporanei, questa pietra deve essere ridotta in polvere, miscelata ad acqua e perossido di idrogeno e, alcune volte, anche all'henné naturale [1]. Gli Autori, in questo lavoro, descrivono il caso particolare di un’adolescente che aveva manifestato una insolita dermatite allergica da contatto (DAC) aerotrasmessa mentre provava a schiacciare una pietra di henné all’aria aperta in una giornata ventosa.

Caso clinico

Il caso si riferisce ad un’adolescente turca di 16 anni, non atopica, che presentava eritema, edema e vescicole che interessavano labbra, guance, fronte, zona peri-oculare, collo e mani. Gli Autori riferiscono che la paziente il giorno prima aveva comprato una pietra di henné per dipingersi la pelle.  La ragazza voleva ottenere la polvere di henné nero e fare una pasta mescolando la polvere con acqua e perossido d’idrogeno.  Cercò, quindi, di schiacciare la pietra di henné, messa in un pezzo di stoffa, all’aperto in una giornata ventosa, lanciandola contro le scale del giardino; questo aveva provocato la diffusione dei pezzi schiacciati sul viso, sul collo e sulle mani.

Gli Autori precisano che la paziente, tra i 7 e gli 11 anni, aveva già fatto due tatuaggi temporanei, uno sul braccio che non aveva provocato reazioni e uno sulla parte inferiore della schiena che aveva provocato eritema e prurito.

Gli Autori riportano di aver trattato la ragazza con corticosteroidi per via sistemica e che le lesioni erano completamente guarite dopo 10 giorni. Gli Autori hanno eseguito i patch test, in base ai criteri della International Contact Dermatitis Research Group (ICDRG) [2], che hanno mostrato nei giorni 2, 3 e 4 una reazione positiva (+++) alla p-fenilendiamina 1.0% in pet. oltre che alla benzocaina 5.0% in pet, 4,4’-diaminodifenimetano 0.5% in pet, 2-nitro-p-fenilendiamina 1.0% in pet. e toluene-2,5-diamino solfato 1.0% in pet. Gli Autori precisano che gli allergeni per i patch test erano stati forniti da due aziende diverse Brial Allergen (Greven, Germania) e  Chemotechnique Diagnostics (Vellinge, Svezia). Gli Autori sottolineano che la ragazza non aveva più manifestato reazioni simili dopo aver evitato l’henné nero nonché reazioni crociate con tinture per capelli dopo 3 anni di  follow-up.

Discussione

Gli Autori riferiscono che la DAC alla p-fenilendiamina è un fenomeno ben noto [3]. Gli Autori riportano che recenti analisi chimiche condotte con gas cromatografia e spettrometria di massa hanno dimostrato che sei diverse tipologie di “pietra di henné” commercializzate contenevano p-fenilendiamina ad una concentrazione compresa tra 84.89% e 90.90% [4]. Inoltre, gli Autori sottolineano che queste pietre, facilmente schiacciabili in pezzi, diventano cristalli/polvere di colore bianco-giallastro che presentano una forte somiglianza con i cristalli/polvere di p-fenilendiamina [1].

Gli Autori riferiscono che il modo in cui la loro paziente ha provato a polverizzare la pietra era molto inusuale; lanciare la pietra contro le scale del giardino, infatti, in una giornata ventosa, aveva provocato la massima diffusione delle particelle della pietra nell’aria e il successivo contatto aerotrasmesso delle particelle con viso, collo e mani.

Gli Autori, considerata la storia della ragazza, affermano che la paziente sia stata precedentemente sensibilizzata alla p-fenilendiamina probabilmente dai tatuaggi temporanei eseguiti durante l’infanzia.

Gli Autori, quindi, concludono che il caso da loro descritto è l'unico caso di DAC aerotrasmessa, causata dalle particelle di pietra di henné contenente p-fenilendiamina, dal momento che casi simili non sono stati riportati in precedenza. Gli Autori precisano che è necessario che le persone siano consapevoli che la pietra di henné non è un prodotto naturale e che provoca un alto rischio di sensibilizzazione e di elicitazione della DAC causata dalla p-fenilendiamina.

Bibliografia

$    1. Özkaya E, Yazganoglu K D. Henna stone: a lesser-known solid material from which to obtain black henna paste.               Contact  Dermatitis 2013: 69: 386.

$      2. Wilkinson D S, Fregert S, Magnusson B et al. Terminology of contact dermatitis. Acta Derm Venereol 1970: 50: 287–292.

$      3. de Groot A C. Side-effects of henna and semi-permanent ‘black henna’ tattoos: a full review. Contact Dermatitis 2013: 69:1–25.

        4. Özkaya E, Yazganoglu K D, Arda A et al. The ‘henna stone’ myth. Indian J Dermatol Venereol Leprol 2013: 79: 254–256.

HEALTH CANADA: RICHIAMO DI UNA CREMA VISO E DI DISCHETTI STRUCCANTI PER OCCHI

HEALTH CANADA: RICHIAMO DI UNA CREMA VISO E DI DISCHETTI STRUCCANTI PER OCCHI

Immacolata Caputo e Lidia Sautebin – Dipartimento di Farmacia – Università di Napoli Federico II

Health Canada, il Dipartimento Federale che, in Canada, si occupa di divulgare informazioni utili per la prevenzione delle malattie e il miglioramento della qualità e dello stile di vita dei cittadini, recentemente, ha pubblicato due note per informare i consumatori riguardo al richiamo da parte delle rispettive aziende di due prodotti cosmetici, cioè una crema viso e alcuni dischetti struccanti per occhi.

$1·        Crema viso “L'Oreal Ideal Moisture Dry and Sensitive Day cream”

Health Canada riferisce che il prodotto, fabbricato negli Stati Uniti e distribuito da L’Oreal Canada-Montreal-Quebec, è venduto in un barattolo bianco da 50 ml con un tappo a vite. Comunica che il richiamo volontario del prodotto riguarda il seguente numero di lotto:20K609, stampato in nero sull’etichetta apposta sul retro del barattolo e in rilievo sulla parte inferiore della confezione. Health Canada precisa che questo lotto del prodotto è stato richiamato a causa di una concentrazione troppo elevata di metilisotiazolinone (MI) rispetto ai limiti imposti dalla legislazione canadese. Il MI, infatti, è un forte sensibilizzante e può indurre reazioni allergiche o irritazioni cutanee. Viene precisato, tuttavia, che né Health Canada L’Oreal hanno ricevuto segnalazioni di eventi avversi o di danni causati dall’utilizzo di questo prodotto. Health Canada comunica che, in tutto il Canada, da luglio 2013 a febbraio 2016, nei negozi di vendita al dettaglio sono stati venduti circa 57.447 unità di questo cosmetico.

$1·        Dischetti struccanti per occhi “Marcelle Instant Eye Makeup Remover Pads”

Health Canada riferisce che questi dischetti struccanti per occhi, fabbricati in Canada dall'azienda Groupe Marcelle Inc., sono venduti in un contenitore cilindrico di plastica con un sigillo di sicurezza. Ogni cilindro contiene 80 dischetti di tessuto non-tessuto imbevuti con una lozione struccante. Viene precisato che il richiamo riguarda i prodotti con i seguenti codici UPC (codice numerico di ogni articolo soggetto alle norme Universal Product Code in uso negli Stati Uniti) presenti sul retro del contenitore: 059599673521 e 056599679424 e con i seguenti numeri di lotto, stampati in nero sul fondo del contenitore: (L)15J1394, (L)15K1394 e (L)15L1394. Health Canada informa che l’azienda produttrice, in seguito alle analisi del controllo di qualità, ha richiamato questi prodotti poiché ha rilevato che potrebbero essere contaminati da muffa. Viene precisato, tuttavia, che né l'azienda né Health Canada hanno ricevuto segnalazioni di eventi avversi o di danni legati all’uso di questi prodotti. Health Canada comunica che, dal 9 dicembre 2015 al 16 febbraio 2016, in tutto il Canada, sono state vendute e distribuite circa 23.050 unità di questo prodotto.

Health Canada consiglia ai consumatori di interrompere immediatamente l'utilizzo dei due cosmetici richiamati dalle rispettiva aziende e di tornare al luogo di acquisto per un rimborso. Ricorda, inoltre, ai canadesi di segnalare eventuali reazioni avverse o danni legati all'utilizzo di questi prodotti o di qualsiasi altro prodotto di consumo, cosmetici inclusi, compilando il modulo preposto (Consumer Product Incident Report Form).

 

Marzo 2016

   

  

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