Farmacovigilanza

AIFA autorizza il rimborso di risdiplam, primo farmaco orale per il trattamento domiciliare dell’atrofia muscolare spinale

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con Determina del 26 gennaio 2022 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.31 del 7-2-2022, ha autorizzato il rimborso di risdiplam per il trattamento dell’atrofia muscolare spinale (Spinal muscular atrophy - SMA). Risdiplam è il primo farmaco somministrabile per via orale quotidianamente ad uso domiciliare approvato per la SMA [1].

La SMA è una rara malattia neuromuscolare ereditaria e degenerativa che colpisce i motoneuroni, responsabili del controllo del movimento. Ha un’incidenza di circa 1 paziente su 10mila nati vivi [2]. Solitamente, la SMA viene diagnosticata nel primo anno di vita ed è caratterizzata da debolezza e progressiva atrofia muscolare a carico principalmente, ma non esclusivamente, degli arti inferiori e dei muscoli respiratori.        
La malattia è dovuta alla mutazione a carico del gene SMN1 che codifica per la proteina “Survival Motor Neuron” (SMN), coinvolta nel normale funzionamento dei neuroni. I pazienti con SMA presentano, invece di SMN1 funzionante, un numero variabile di copie di un secondo gene definito SMN2, che codifica per una forma più corta della proteina SMN, la cui funzionalità è minore rispetto alla corrispondente SMN prodotta da SMN1. Il numero di copie di SMN2 è associato alla gravità e alla sintomatologia della malattia. In base all'età d'esordio della malattia e alla gravità dei sintomi, sono state distinte quattro diverse varianti di SMA [2]. 
Risdiplam agisce correggendo lo splicing del pre-mRNA del gene SMN2, portando alla produzione di una piccola quantità di proteina SMN funzionale e stabile. Il farmaco è stato approvato dall’Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency - EMA) a marzo 2021 [3] e da AIFA a giugno 2021 [4] per il trattamento di pazienti con età ≥ 2 mesi affetti da SMA causata da mutazioni del gene SMN1 nel cromosoma 5q, con diagnosi clinica di SMA di Tipo 1, 2 o 3 o con da una a quattro copie di SMN2 [3-4]. Dopo l’autorizzazione da parte di AIFA, il farmaco è stato classificato in classe C(nn), riferita a quei farmaci approvati in Europa con procedura centralizzata ma non ancora negoziati [4]. In Italia il farmaco era, pertanto, non rimborsabile e autorizzato per uso compassionevole. La nuova Determina AIFA riclassifica il farmaco in fascia H, permettendo il rimborso di risdiplam che sarà totalmente a carico del Sistema Sanitario Nazionale [1].

L’approvazione di risdiplam si è basata sui risultati di due studi clinici, FIREFISH e SUNFISH, volti a valutare efficacia e sicurezza di risdiplam. In particolare, FIREFISH è stato condotto su pazienti sintomatici con SMA a esordio infantile (ovvero di tipo 1). Tutti i pazienti arruolati presentavano due copie del gene SMN2. Nella prima parte dello studio, condotta su 21 bambini, è stata determinata la dose efficace di farmaco [5], mentre nella parte 2 è stata valutata l’efficacia. Endpoint primario di efficacia era rappresentato dalla capacità del paziente di restare seduto per almeno 5 secondi senza l’aiuto di un supporto, dopo almeno 12 mesi di trattamento. A tale scopo, sono stati arruolati 41 pazienti con età mediana di insorgenza del quadro clinico parti a 1.5 mesi (range: 1 – 3 mesi). I pazienti, per il 54% di genere femminile, presentavano un’età mediana all’arruolamento di 5.3 mesi (range: 2.2 – 6.9 mesi), mentre il tempo mediano tra l’insorgenza dei sintomi e la somministrazione della prima dose di farmaco era pari a 3.4 mesi (range: 1,0-6,0 mesi). L’endpoint primario è stato raggiunto dal 29% (n=12) dei bambini e ha rappresentato un enorme passo in avanti nel trattamento di tale patologia [6]. Lo studio SUNFISH ha, invece, valutato l’efficacia e la sicurezza di risdiplam nel trattamento della SMA a esordio tardivo. Anche in questo caso, lo studio è stato diviso in due parti condotte su pazienti con età compresa tra 2 e 25 anni, la cui prima parte era esplorativa e volta alla selezione della dose e la seconda parte di tipo confermatorio. La parte 2 dello studio è stata condotta il doppio cieco e controllata con placebo e aveva come endopoint primario la variazione dopo un anno di trattamento del punteggio della scala Motor Function Measure-32 (MFM32), utilizzata per la valutazione di diverse funzioni motorie, rispetto al basale. Lo studio ha arruolato 180 pazienti con SMA di tipo 2 (71%) o di tipo 3 (29%), randomizzati con rapporto 2:1 a ricevere farmaco (n=120) o placebo (n=60) e stratificati per fascia d’età. I pazienti, con età mediana di 9 anni (range: 2-25 anni), erano principalmente di genere femminile (51%), mentre il tempo mediano tra insorgenza dei primi sintomi della malattia e la somministrazione della prima dose di risdiplam era di 102.6 mesi (range: 1-275 mesi). Al mese 12, la variazione del punteggio MFM32 ha evidenziato una differenza statisticamente e clinicamente significativa tra il gruppo trattato con il farmaco rispetto al placebo. Risdiplam ha determinato un miglioramento significativo della funzione motoria rispetto al placebo in pazienti di età compresa tra 2 e 25 anni con atrofia muscolare spinale di tipo 2 o non deambulante di tipo 3. Inoltre, il farmaco è risultato ben tollerato. Gli eventi avversi più comunemente segnalati sono stati piressia (n=25; 21%), infezioni del tratto urinario (n=24; 20%), diarrea (n=20; 17%), rash (n=20; 17%), ulcere della bocca (n=8; 7%), e artralgia (n=6; 5%). Relativamente agli eventi avversi gravi, l’incidenza degli stessi è stata simile tra i due gruppi, fatta eccezione per la polmonite più frequente nel gruppo in trattamento con risdiplam [7].

Negli ultimi anni sono stati introdotti nuovi approcci terapeutici per il trattamento della SMA. Infatti, oltre a risdiplam, AIFA ha approvato Zolgensma® (onasemnogene abeparvovec), terapia genica totalmente a carico del SSN [8], che introduce nei pazienti fino a sei mesi di vita una copia funzionale del gene SMN1, promuovendo la sopravvivenza e la funzionalità dei motoneuroni trasdotti [9].  Nel 2017 è stato invece approvato Spinraza® (nusinersen) [10], oligonucleotide antisenso che dopo somministrazione per via intratecale consente la produzione della proteina mancante a partire dal gene SMN2 [11].

La pandemia da COVID-19 ha condizionato l’accesso a diversi trattamenti a causa delle misure di contenimento, come il distanziamento fisico e i cambiamenti delle priorità ospedaliere. Pertanto, l’autorizzazione e la rimborsabilità di terapie con vie di somministrazioni più semplici, come risdiplam, che ne consentono l’assunzione nel contesto domiciliare, rappresentano importanti traguardi per l’accesso alle cure ed il controllo di una malattia, soprattutto se rara [3].

Riferimenti bibliografici e sitografici:

1.      Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Numero 31, 7 febbraio 2022. Available at: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2022/02/07/31/sg/pdf

2.      Osservatorio Malattie rare. Atrofia muscolare spinale: news su diagnosi, terapie, screening e qualità della vita. Available at: https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/sma-atrofia-muscolare-spinale

3.      European Medicines Agency. First oral treatment for spinal muscular atrophy (SMA) recommended for approval. Available at: https://www.ema.europa.eu/en/news/first-oral-treatment-spinal-muscular-atrophy-sma-recommended-approval

4.      Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Numero 145, 19 giugno 2021. Available at: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/06/19/145/sg/pdf

5.      Baranello G, Darras BT, Day JW, Deconinck N, Klein A, Masson R, Mercuri E, Rose K, El-Khairi M, Gerber M, Gorni K, Khwaja O, Kletzl H, Scalco RS, Seabrook T, Fontoura P, Servais L; FIREFISH Working Group. Risdiplam in Type 1 Spinal Muscular Atrophy. N Engl J Med. 2021 Mar 11;384(10):915-923

6.      Darras BT, Masson R, Mazurkiewicz-Bełdzińska M, Rose K, Xiong H, Zanoteli E, Baranello G, Bruno C, Vlodavets D, Wang Y, El-Khairi M, Gerber M, Gorni K, Khwaja O, Kletzl H, Scalco RS, Fontoura P, Servais L; FIREFISH Working Group. Risdiplam-Treated Infants with Type 1 Spinal Muscular Atrophy versus Historical Controls. N Engl J Med. 2021 Jul 29;385(5):427-435

7.      Mercuri E, Deconinck N, Mazzone ES, Nascimento A, Oskoui M, Saito K, Vuillerot C, Baranello G, Boespflug-Tanguy O, Goemans N, Kirschner J, Kostera-Pruszczyk A, Servais L, Gerber M, Gorni K, Khwaja O, Kletzl H, Scalco RS, Staunton H, Yeung WY, Martin C, Fontoura P, Day JW; SUNFISH Study Group. Safety and efficacy of once-daily risdiplam in type 2 and non-ambulant type 3 spinal muscular atrophy (SUNFISH part 2): a phase 3, double-blind, randomised, placebo-controlled trial. Lancet Neurol. 2022 Jan;21(1):42-52.

8.      Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Numero 286, 17 novembre 2020. Available at: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/11/17/286/sg/pdf

9.      Agenzia Italiana del Farmaco. Report tecnico Zolgensma® (onasemnogene abeparvovec). Available at: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1028586/Zolgensma_Report_Tecnico_12.07.2021.pdf

10.  Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Numero 226, 27 settembre 2017. Available at: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2017/09/27/226/sg/pdf

11.  Banca dati AIFA. Riassunto delle caratteristiche del prodotto Spinraza®. Available at: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_004885_045426_RCP.pdf&sys=m0b1l3

EMERGENZA COVID-19: La Food and Drug Administration autorizza un nuovo anticorpo monoclonale efficace contro la variante Omicron

In data 11 febbraio 2022, è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) l’utilizzo in via emergenziale (Emergency Use Authorization-EUA) di un nuovo anticorpo monoclonale, bebtelovimab, per il trattamento della malattia da coronavirus (COronaVIrus Disease 2019 – COVID-19) [1].

Il rilascio di tale autorizzazione rientra nello specifico programma messo in atto dalla FDA, il Coronavirus Treatment Acceleration Program (CTAP), al fine di rendere disponibili nel minor tempo possibile nuovi trattamenti contro il SARS-CoV-2 sicuri ed efficaci [2]. Al 31 gennaio 2022, attraverso il CTAP, la FDA ha rilasciato già 14 EUA, incluse quelle per il molnupinavir e Paxlovid® [3].

In accordo a tale EUA, bebtelovimab è autorizzato per il trattamento del COVID-19 da lieve a moderato negli adulti e nei pazienti pediatrici (di età pari o superiore a 12 anni di peso minimo di 40 kg) positivi a SARS-CoV-2, ad alto rischio per il progredire a COVID-19 grave e per i quali le opzioni terapeutiche alternative per il trattamento del COVID-19 approvate o autorizzate dalla FDA non sono accessibili o clinicamente appropriate.

Bebtelovimab è un anticorpo monoclonale IgG1, somministrato per iniezione endovenosa alla dose di 175 mg, il cui meccanismo d’azione è simile a quello dei precedenti già autorizzati. Difatti esso agisce legandosi alla proteina spike del coronavirus [4]. Tuttavia, tale autorizzazione fornisce un ulteriore strumento per curare i pazienti con COVID-19 soprattutto alla luce delle nuove varianti del virus emerse, quali Omicron, verso la quale non tutti gli anticorpi monoclonali sono efficaci. Infatti, test di laboratorio hanno mostrato la capacità del bebtelovimab di mantenere l’attività anche contro diverse varianti virali circolanti, quali Omicron e la sottovariante BA.2, quella più facilmente trasmissibile [1, 5].

La decisione di rilasciare tale EUA per bebtelovimab è stata valutata e studiata attentamente e si basa sui risultati del BLAZE-4, uno studio clinico di fase 2, randomizzato, a dose singola, finalizzato a valutare l'efficacia del bebtelovimab da solo e in combinazione con altri anticorpi monoclonali per il trattamento del COVID-19 da lieve a moderato.

In particolare, il disegno di tale studio prevedeva diversi bracci di trattamento controllati o meno con placebo, a seconda della categorizzazione dei pazienti, considerati ad alto o a basso rischio a seconda della presenza o meno di fattori di rischio per la progressione verso forme gravi di COVID-19. Pertanto, nella parte dello studio “a basso rischio”, 380 pazienti sono stati randomizzati a ricevere una singola infusione di bebtelovimab da solo, bebtelovimab con altri anticorpi monoclonali o un placebo. Il trattamento con bebtelovimab è stato associato ad una riduzione sia della carica virale (dopo 5 giorni di trattamento) che del tempo di risoluzione dei sintomi rispetto al placebo.
L’altra parte dello studio “ad alto rischio” ha, invece, coinvolto 150 pazienti che sono stati randomizzati a ricevere una singola infusione di bebtelovimab da solo o una singola infusione di bebtelovimab con altri anticorpi monoclonali ed ulteriori 176 pazienti trattati in aperto con bebtelovimab in associazione ad altri anticorpi monoclonali. Anche nei pazienti ad alto rischio trattati con il farmaco sperimentale sono stati riscontrati tassi di ospedalizzazione e morte correlati a COVID-19 generalmente inferiori a quelli associati a placebo riportati in studi precedenti. I dati clinici erano simili per bebtelovimab in monoterapia che in terapia combinata con altri anticorpi monoclonali.
Per quanto concerne il profilo di sicurezza, eventi lievi-moderati quali prurito, eruzione cutanea, reazioni correlate all'infusione, nausea e vomito sono stati segnalati come possibili reazioni avverse a bebtelovimab. Inoltre, non si esclude che eventi più gravi, già noti per altri anticorpi monoclonali, quali ipersensibilità e anafilassi, potrebbero far seguito all’utilizzo di bebtelovimab [1]. Ad oggi, a causa della carenza di dati, non è stato possibile valutare eventuali rischi associati al feto oppure alla presenza di tale farmaco nel latte umano o animale [4].   
Dai risultati di tale studio, ritenendo che
i benefici noti e potenziali superino i rischi noti e potenziali, l'Agenzia statunitense ha ritenuto bebtelovimab ragionevolmente efficace nelle circostanze sopraindicate. Contrariamente, la FDA non ha approvato l’utilizzo di bebtelovimab per i pazienti che necessitano di ossigenoterapia o già ospedalizzati, poiché non risultano ancora dati da studi condotti in tali circostanze [1].

La FDA sottolinea che l’approvazionedell’utilizzo in via emergenziale di bebtelovimab non rappresenta uno strumento sostitutivo al vaccino, pertanto esorta la popolazione a sottoporsi all’intero ciclo vaccinale, se idonei a riceverlo.

Bibliografia e sitografia:

$11.      U.S. Food and Drug Administration. Coronavirus (COVID-19) Update: FDA Authorizes New Monoclonal Antibody for Treatment of COVID-19 that Retains Activity Against Omicron Variant. Disponible al link: https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/coronavirus-covid-19-update-fda-authorizes-new-monoclonal-antibody-treatment-covid-19-retains

$12.      https://www.fda.gov/drugs/coronavirus-covid-19-drugs/coronavirus-treatment-acceleration-program-ctap

$13.      https://www.fda.gov/emergency-preparedness-and-response/mcm-legal-regulatory-and-policy-framework/emergency-use-authorization#coviddrugs

$14.      Eli Lilly and Company. Lilly's bebtelovimab receives Emergency Use Authorization for the treatment of mild-to-moderate COVID-19. Disponibile al link: https://investor.lilly.com/news-releases/news-release-details/lillys-bebtelovimab-receives-emergency-use-authorization

$15.      Westendorf K, et al. LY-CoV1404 (bebtelovimab) potently neutralizes SARS-CoV-2 variants. bioRxiv [Preprint]. 2022 Jan 7:2021.04.30.442182. doi: 10.1101/2021.04.30.442182. PMID: 33972947; PMCID: PMC8109210.

EMERGENZA COVID-19: l'AIFA pubblica il Rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID19

In data 09/02/2022, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato il Rapporto Annuale sulla sicurezza dei Vaccini contro il COVID-19. I dati presentati si basano sulle segnalazioni di sospette reazioni avverse registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) dal 27 dicembre 2020 al 26 dicembre 2021, per i quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso [1].

Nel periodo considerato, sono pervenute 117.920 segnalazioni su un totale di 108.530.987 di dosi somministrate (tasso di segnalazione di 109/100.000 dosi). L’83,7% delle segnalazioni (n=98.717) riporta eventi non gravi, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza e dolori muscolari. Invece il 16,2% delle segnalazioni (n= 19.055) fa riferimento ad eventi gravi, con un tasso di 17,6 eventi gravi/100.000 dosi somministrate. In accordo ai precedenti Rapporti, nel 73% dei casi la reazione avversa si è manifestata lo stesso giorno della vaccinazione o il giorno seguente, solo raramente oltre le 48 ore, indipendentemente dalla tipologia di vaccino, dal numero di dose o dal tipo di reazione.                
Nel periodo considerato, il vaccino più utilizzato in Italia è stato Comirnaty (69,1%), seguito da Spikevax (18,3%), Vaxzevria (11,2%) e Vaccino COVID-19 Janssen (1,4%), mentre le segnalazioni per singolo vaccino risultano così distribuite: il 68% da Comirnaty, 19,8% da Vaxzevria, 10,8% da Spikevax e solo l’1,4% da Vaccino COVID-19 Janssen. Per tutti i vaccini, le reazioni avverse più frequentemente segnalate sono state febbre, stanchezza, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea. Tali eventi erano soprattutto non gravi e già risolti al momento della segnalazione.

Sebbene la maggior parte degli eventi fosse non grave e già risolta al momento della segnalazione, sono stati registrati, anche se raramente, eventi avversi gravi ad esito fatale, con un tasso di 0,66 casi fatali/100.000 dosi somministrate per Comirnaty, di 0,61 casi fatali/100.000 dosi somministrate per Spikevax, di 0,94 casi fatali/100.000 dosi somministrate per Vaxzevria e di 1,87 casi fatali/100.000 dosi somministrate per Janssen. Va ricordato che le segnalazioni inviate da operatori sanitari e cittadini all’AIFA fanno riferimento a sospette reazioni avverse, la cui probabilità di correlazione alla somministrazione del vaccino viene valutata caso per caso attraverso quella che viene definita tecnicamente valutazione del nesso di causalità (causality assessment). In particolare, tale valutazione è stata condotta per il 76,5% dei casi segnalati e solo nel 3,8% (n=22) dei casi valutati gli eventi avversi fatali sono risultati correlabili al vaccino. In particolare, i 22 decessi correlabili alla vaccinazione anti-COVID19 sono stati causati da 2 eventi sistemici che si sono manifestati ed hanno scompensato pazienti che già presentavano fragilità e da 10 eventi di trombosi associate a trombocitopenia. I restanti 10 casi fanno riferimento a fallimenti vaccinali, di cui 8 riscontrati in pazienti fragili con pluripatologie e 2 in pazienti immunodepressi, i quali nonostante la vaccinazione hanno contratto il COVID-19 in forma grave tale da provocarne la morte.

Relativamente alle terze dosi, da settembre al 26 dicembre 2021, sono state somministrate 16.198.231 dosi “booster”, per un totale di 3.510 segnalazioni inserite nella RNF. Il tasso di segnalazione è stato pari a 21,7 segnalazioni/100.000 terze dosi, inferiore a quanto osservato per le dosi del ciclo primario. L’84,1% (n= 2.951) delle segnalazioni è riferita a eventi non gravi, con un tasso di segnalazione pari a 18,2/100.000 dosi somministrate, e il 15,9% (n=558) a eventi avversi gravi, con un tasso di 3,4 segnalazioni di eventi gravi/100.000 dosi somministrate.

Relativamente alla vaccinazione eterologa, sono state registrate 730 segnalazioni, sia relative a vaccinazione primaria eterologa, che prevede l’utilizzo di due diversi vaccini COVID-19 per il ciclo di vaccinazione primaria, sia a richiamo eterologo, che prevede, per il richiamo a 3-6 mesi, l’utilizzo di un vaccino COVID-19 diverso da quello utilizzato per il ciclo primario. La maggior parte delle segnalazioni dopo vaccinazione eterologa sono relative alla somministrazione di un vaccino a mRNA dopo prima somministrazione di un vaccino a vettore adenovirale e sono per la maggior parte non gravi.

Per le vaccinazioni effettuate in età pediatrica (5-16 anni), al 26 dicembre 2021 sono state somministrate 4.178.361 dosi di vaccino, di cui il 96% nella fascia 12-16 anni e il 4% nella fascia 5-11 anni. Il Comirnaty, rispetto allo Spikevax, è stato il vaccino più utilizzato in questa popolazione (87,5%). Complessivamente, sono state registrate 1.170 segnalazioni di sospette reazioni avverse manifestatesi nella popolazione pediatrica, con un tasso di segnalazione pari a 28 eventi/100.000 dosi somministrate, inferiore dunque rispetto a quello riscontrato nella popolazione generale (109 eventi/100.000 dosi somministrate). Così come nel resto della popolazione, anche in quella pediatrica gli eventi avversi più frequentemente segnalati sono stati febbre, cefalea, stanchezza e vomito. Il 69% delle reazioni si sono risolte completamente o erano in miglioramento al momento della segnalazione. Sulla base dei dati analizzati, non emergono, al momento, particolari problemi di sicurezza.

Da studi condotti in donne in gravidanza e in allattamento, nonché dai dati di farmacovigilanza, non emergono particolari problemi di sicurezza in tale sottogruppo di popolazione, pertanto la vaccinazione contro il COVID-19 è indicata sia in gravidanza sia in allattamento. Inoltre, non vi è alcuna evidenza che suggerisca un effetto negativo di tale vaccinazione sulla fertilità in entrambi i sessi. Inoltre, gli ulteriori approfondimenti presenti nel Report, relativi ad eventi come anafilassi, sindrome di Guillain-Barré, miocarditi/pericarditi, paralisi di Bell e trombosi trombocitopenica confermano i dati di sicurezza valutati a livello europeo.

 

Referenze

1. https://www.aifa.gov.it/-/aifa-pubblica-rapporto-annuale-su-sicurezza-vaccini-anti-covid-19

EMERGENZA COVID-19: nuova circolare del Ministero della Salute circa le cure domiciliari per paziente affetto da COVID-19.

In data 10/02/2022 il Ministero della Salute, a seguito delle nuove determine autorizzative dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e tenuto conto delle emergenti conoscenze scientifiche in ambito farmacologico nonché dell’attuale situazione epidemiologica nazionale, ha diramato un aggiornamento della Circolare Ministeriale relativa alla gestione domiciliare del paziente affetto da COVID-19, con l’intento di fornire indicazioni operative e raccomandazioni utili in base a quanto presente in letteratura scientifica e alle varie indicazioni fornite dalle Agenzie Regolatorie [1].
La Circolare Ministeriale fa esplicito riferimento all’ultima versione delle Raccomandazioni AIFA sui Farmaci per la gestione domiciliare di COVID-19 (Vers. 7 – Agg. 09/02/2022),
secondo cui i vari trattamenti farmacologici vengono classificati in farmaci sintomatici, farmaci da utilizzare solo in specifiche fasi della malattia e farmaci non raccomandati per il trattamento del COVID-19 [2].
Secondo tale aggiornamento viene, dunque, ribadita la possibilità di utilizzare paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) in tutti i pazienti affetti da COVID-19 per il trattamento di sintomi quali febbre, dolori articolari o muscolari, a meno che non esista una chiara controindicazione all’uso di tali farmaci. Allo stesso modo viene ribadito che, alla luce degli studi clinici condotti, l’utilizzo di antibiotici, idrossiclorochina, lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o cobicistat non è raccomandato per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2. Solo quando si sospetta la presenza di una sovra-infezione batterica può essere considerato l’uso di un antibiotico.  
Antivirali, anticorpi monoclonali (mAb), corticosteroidi ed eparine sono invece farmaci da utilizzare solo in specifiche fasi della malattia. In particolare, vi sono specifiche raccomandazioni relative all’utilizzo degli antivirali recentemente resi disponibili, quali remdesivir (Veklury®), l’associazione nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid®) e molnupiravir (Lagevrio®). Questi farmaci sono, infatti, indicati per pazienti affetti da COVID-19 in forma di grado lieve-moderato, non ospedalizzati e che presentino almeno uno dei fattori di rischio per la progressione della malattia verso forme severe. In particolare, sono considerati eleggibili al trattamento con antivirale quei pazienti affetti da una patologia oncologica/oncoematologica in fase attiva, insufficienza renale cronica, broncopneumopatia severa, immunodeficienza primaria o acquisita, obesità (definita da un Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI) ≥30), diabete mellito non compensato o da una malattia cardiovascolare grave ovvero scompenso cardiaco, malattia coronarica o cardiomiopatia.          
Per quanto riguarda le tempistiche e modalità di utilizzo di tali farmaci, si raccomanda di iniziare il trattamento il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 e non oltre:        
- 7 giorni dalla comparsa dei sintomi per il trattamento con remdesivir (Veklury®) tramite infusione endovenosa per una durata di 3 giorni;

- 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi per il trattamento orale con nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid®), che consiste nell’assunzione di 2 compresse di nirmatrelvir e 1 compressa di ritonavir due volte al giorno, per una durata di 5 giorni;

- non oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi per il trattamento orale con molnupiravir (Lagevrio®), che consiste nell’assunzione di 4 capsule ogni 12 ore per 5 giorni.

Attualmente, anche gli anticorpi monoclonali sono indicati per soggetti con COVID-19 lieve-moderato di recente insorgenza (da non oltre 7 giorni), non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, che presentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia (indicati nelle raccomandazioni AIFA). Ad oggi, gli anticorpi monoclonali disponibili in Italia sono sotrovimab, l‘associazione casirivimab/imdevimab, quella bamlanivimab/etesevimab per i quali è prevista un’unica somministrazione endovenosa o, nel caso di casirivimab, anche sottocutanea, qualora la somministrazione endovenosa non sia fattibile e comporti un ritardo nel trattamento. Tenuto conto che l’efficacia degli anticorpi monoclonali potrebbe essere ridotta per alcune varianti, la scelta terapeutica verrà fatta anche in relazione alla situazione epidemiologica locale. Infatti, sulla base dei dati disponibili, è noto che tutti i mAbs disponibili mostrano efficacia contro la variante Delta, mentre sotrovimab è l’unico mAb che conserva l’attività neutralizzante anche contro la variante Omicron.
La selezione dei pazienti da trattare con anticorpi monoclonali o con antivirali è affidata ai medici che trattano pazienti affetti da COVID di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati.
Questi ultimi saranno rapidamente indirizzati ai centri abilitati alla prescrizione ed alla somministrazione/dispensazione di tali farmaci identificati dalle singole Regioni. Si ricorda che sia gli anticorpi monoclonali che gli antivirali per la cura del COVID-19 sono soggetti a registro di monitoraggio AIFA.      
Per quanto concerne i corticosteroidi (quali desametasone 6 mg o eventuali altri corticosteroidi utilizzati a dosaggi equivalenti come metilprednisolone 32 mg, prednisone 40mg, idrocortisone 160mg), il loro uso domiciliare può essere considerato nei pazienti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. Infatti, l’uso dei corticosteroidi è raccomandato soprattutto nei soggetti ospedalizzati con malattia COVID-19 grave, che necessitano di supplementazione di ossigeno. Inoltre si ribadisce che, al contrario di antivirali e anticorpi monoclonali, il trattamento con corticosteroidi non deve avvenire nelle fasi iniziali della malattia e per una durata massima di 10 giorni. L’utilizzo precoce o inappropriato del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sul decorso della malattia virale o determinare importanti eventi avversi, con impatto significativo soprattutto nel caso di soggetti affetti da malattie croniche, come, ad esempio, in quelli diabetici per i quali sia la presenza di un’infezione che l’uso del cortisone possono gravemente destabilizzare il controllo glicemico.

Infine, l’uso delle eparine (solitamente quelle a basso peso molecolare ed usate ai dosaggi profilattici) è indicato per la profilassi degli eventi trombo-embolici solo per i soggetti allettati. Non esistono evidenze di un benefico clinico apportato dall’utilizzo routinario delle eparine nei soggetti non ospedalizzati e non allettati. Per concludere, si precisa che i soggetti in trattamento cronico (ad esempio con antipertensivi, ACE-inibitori o statine) devono proseguire il loro trattamento fino a differenti disposizioni del proprio medico.

Bibliografia

          1.      https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioComunicatiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5858

$1       2.      https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1269602/IT_Raccomandazioni_AIFA_gestione_domiciliare_COVID-19_Vers7_09.02.2022.pdf

 

Nota Informativa Importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco sul rischio di prolungamento dell’intervallo QT e torsione di punta a seguito dell’assunzione di donepezil.

In data 07/02/2022 l’Agenzia Italiana del Farmaco(AIFA), in accordo con i titolari dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) delle specialità medicinali contenenti donepezil, ha pubblicato una Nota Informativa Importante sul rischio di possibili disturbi della conduzione cardiaca associati a tale farmaco, quali prolungamento dell’intervallo QT e torsione di punta [1].

Donepezil è un farmaco anticolinergico, indicato per il trattamento sintomatico della demenza di Alzheimer di grado lieve-moderato. In particolare, donepezil è un inibitore specifico e reversibile della acetilcolinesterasi, la colinesterasi maggiormente presente nel cervello. Donepezil cloridrato inibisce questo enzima con una potenza in vitro pari a 1000 volte quella della butirrilcolinesterasi, enzima principalmente presente al di fuori del sistema nervoso centrale [2].

Il prolungamento dell'intervallo QT, ovvero quell’allungamento caratteristico dell'intervallo tra le due onde Q e T dell'elettrocardiogramma (ECG), può favorire lo sviluppo di particolari tachicardie ventricolari polimorfe, dette torsione-di-punta (TdP), che possono degenerare in fibrillazione ventricolare, arresto cardiaco e morte improvvisa. Un intervallo QTc prolungato è definito come >480 ms nelle donne e >460 ms negli uomini. Il rischio di sviluppare TdP aumenta significativamente con intervalli QTc >500 ms [3]. I fattori di rischio includono bradicardia, malattie cardiache, genere femminile, età avanzata (>65 anni), anomalie metaboliche, trauma cranico (TBI) e concomitanti agenti che prolungano il QTc [3].

La Nota Informativa Importante dell’AIFA su donezepil fa seguito all’analisi di dati emersi in fase post-marketing e dalla letteratura scientifica, quali diverse segnalazioni e ad alcuni case report.

In particolare, Vogel e coll. [4] hanno descritto un caso di prolungamento dell’intervallo QTc riscontrato in una donna afroamericana ricoverata per disturbi psichiatrici e trattata con donepezil alla dose iniziale di 5 mg/die fino ad arrivare, dopo 3 settimane, ad un dosaggio di 20 mg/die. Tale prolungamento si è normalizzato a seguito della sospensione del trattamento con donepezil. Gli autori, da un lato, sottolineano che il donepezil è stato utilizzato in maniera off-label e senza rispettare le tempistiche di scale-up della dose previste, come riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto. Tuttavia, concludono che, nonostante la presenza di fattori confondenti, la relazione temporale e causale tra la comparsa dell’evento avverso e l’assunzione del donepezil può essere considerata probabile (Naranjo: +5) [4].

Altri dati sono emersi uno studio retrospettivo monocentrico condotto da Kho e coll. per il quale sono stati arruolati 59 pazienti in terapia con donepezil per un periodo di 12 mesi al fine di valutare eventuali differenze significative nei parametri dell’ECG prima e dopo la terapia. Dai risultati dell’analisi è emerso un aumento degli intervalli QT rimasto significativo alla correzione per la frequenza cardiaca. L'uso concomitante di antidepressivi triciclici è stato associato ad un significativo prolungamento dell'intervallo QT, mentre l'uso di calcioantagonisti e dei beta-bloccanti è stato associato, rispettivamente, a un significativo prolungamento del PR (p = 0,030) e una riduzione della frequenza cardiaca (p = 0,050) [5].

A seguito di tali evidenze, l’AIFA ha richiesto l’aggiornamento degli stampati dei medicinali contenenti donepezil, modificando il paragrafo relativo alle interazioni farmacologiche e aggiungendo tra effetti indesiderati a frequenza non nota la tachicardia ventricolare polimorfa, compresa torsione di punta, ed il prolungamento dell’intervallo QT.
Pertanto, l’Agenzia raccomanda agli operatori sanitari di porre particolare attenzione e cautela nell’utilizzo di donezepil in caso di:

  •  pazienti con anamnesi preesistente o familiare di prolungamento dell'intervallo QTc
  • pazienti in trattamento concomitante con farmaci noti per prolungare l'intervallo QTc o che inducono bradicardia, quali antiaritmici di classe IA (ad es. chinidina) e III (ad es. amiodarone, sotalolo), alcuni antidepressivi (ad es. citalopram, escitalopram, amitriptilina), altri antipsicotici (ad es. derivati fenotiazinici, sertindolo, pimozide, ziprasidone) e alcuni antibiotici (ad es. claritromicina, eritromicina, levofloxacina, moxifloxacina)
  • pazienti con malattie cardiache rilevanti (ad es. insufficienza cardiaca scompensata, infarto miocardico recente, bradiaritmie) o squilibri elettrolitici (ipokaliemia, ipomagnesiemia).

Nei casi summenzionati l’Agenzia raccomanda un monitoraggio clinico dei pazienti mediante ECG.

Infine, l’AIFA coglie l’occasione per ricordare a tutti gli operatori sanitari l'importanza della segnalazione delle sospette reazioni avverse a farmaci, quale strumento indispensabile per confermare un rapporto beneficio/rischio favorevole nelle reali condizioni di impiego.

Bibliografia e sitografia

$1[1] https://www.aifa.gov.it/-/nota-informativa-importante-su-medicinali-a-base-di-donepezil

$1[2]  Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto - Donezepil_ disponinile al link :
https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_000813_041733_RCP.pdf&sys=m0b1l3.

$1[3] Drew BJ, Ackerman MJ, Funk M, Gibler WB, Kligfield P, Menon V, et al. Prevention of torsade de pointes in hospital settings: a scientific statement from the American Heart Association and the American College of Cardiology Foundation. Circulation. 2010;121(8):1047–60.

$1[4] Vogel SM, Mican LM, Smith TL. Donepezil-induced QTc prolongation: A case report. Ment Health Clin. 2019 May 10;9(3):128-132. doi: 10.9740/mhc.2019.05.128. PMID: 31123660; PMCID: PMC6513057.

$1[5] Kho J, Ioannou A, Mandal AKJ, Cox A, Nasim A, Metaxa S, Missouris CG. Long term use of donepezil and QTc prolongation. Clin Toxicol (Phila). 2021 Mar;59(3):208-214. doi: 10.1080/15563650.2020.1788054. Epub 2020 Jul 1. PMID: 32609550.

   

  

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