Farmacovigilanza

Avvio di una revisione dei medicinali a base di flupirtina

In data 07/03/2013, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha comunicato l’inizio di una revisione da parte dell’Agenzia Europea del Medicinali (EMA) sul rischio di danno epatico associato all’uso di medicinali a base di flupirtina, un’aminopiridina che agisce come analgesico centrale non oppioide. 
I medicinali contenenti flupirtina sono stati autorizzati dal 1980 e sono attualmente disponibili con diverse denominazioni in diversi stati membri dell’Unione Europea. 
L’analgesia indotta dalla flupirtina è correlata essenzialmente a un’azione centrale; tuttavia, recentemente, si è ipotizzata anche un’azione periferica a livello spinale e sopraspinale. 
La flupirtina è stata immessa in commercio come analgesico alternativo, in quanto non presenta reazioni avverse ascrivibili ai farmaci analgesici comunemente impiegati, pur essendo altrettanto efficace nel ridurre la sensazione di dolore. Al contrario, altri analgesici appartenenti alla classe dei FANS, sono spesso associati a dispepsia e dolore epigastrico, mentre, l'uso protratto di oppioidi porta a costipazione, nausea, sedazione, confusione, prurito, ritenzione urinaria, tolleranza e dipendenza. Questi effetti avversi portano ad una ridotta compliance, soprattutto nei pazienti in trattamento a lungo termine. 
Il meccanismo d’azione della flupirtina è selettivo e consiste nell’apertura dei canali del potassio neuronali (SNEPCO “the selective neuronal potassium channel openers”) e nell’azione antagonista dell’ N -metil-D-aspartato (NMDA); infatti la flupirtina si lega ed attiva la proteina G accoppiata ai canali rettificanti del potassio (K+) localizzati nei neuroni dei gangli dorsali e coinvolti nella nocicezione. L'attivazione di questi canali porta all’ iperpolarizzazione della membrana neuronale con conseguente inibizione della trasmissione degli impulsi nocicettivi durante l'eccitazione neuronale. 
Oltre all’attivazione dei canali del K, la flupirtina, presumibilmente, aumenta il legame del GABA al suo recettore GABAa potenziando così l’inibizione neuronale GABA-mediata [1]. 
Gli effetti della flupirtina sono analgesia, rilassamento muscolare e neuroprotezione[2]. 
Attualmente, la flupirtina è approvata per il trattamento del dolore acuto e cronico, ovvero dolore muscoloscheletrico, dolore neuropatico, dolore causato da malattia articolare, mal di testa, dolore da cancro, dismenorrea, dolore postoperatorio [3]. 
Una revisione dei rischi di disordini epatici associati all’uso di medicinali a base di flupirtina è stata avviata dall’agenzia regolatoria tedesca (Drug Commission of the German Medical Association) a seguito di un numero crescente di segnalazioni, che andavano dall'aumento asintomatico degli enzimi epatici all’ insufficienza epatica. Inoltre, in Germania sono stati registrati nel database delle reazioni avverse, 330 segnalazioni di epatotossicità e di queste 15 hanno avuto un esito fatale o hanno portato a trapianto di fegato. 
Nel 2011 è stato pubblicato un case report su un trapianto di fegato per insufficienza epatica acuta conseguente all'assunzione di flupirtina. Un uomo in buona salute, dopo 3 mesi di trattamento con flupirtina, ha riportato ittero, transaminasi epatiche elevate, encefalopatia epatica e l'istopatologia del fegato ha sostenuto il danno epatico indotto da flupirtina [4]. 
Il danno epatico farmaco-indotto (drug-induced liver injury DILI) è la causa più comune per la sospensione dei farmaci dal mercato. 
Un recente studio, ha dimostrato inoltre, che la flupirtina è stata associata a danno epatico di tipo idiosincrasico ovvero a reazione avversa a farmaco di tipo B, confermando l’epatossicità del farmaco [5]. 
La valutazione delle biopsie effettuate su pazienti trattati con flupirtina ha evidenziato che tale danno epatico è caratterizzato morfologicamente da un’ ampia necrosi centrolobulare con infiltrazione di linfociti e macrofagi [6]. 
L’agenzia tedesca, inoltre, ha evidenziato una mancanza di dati a sostegno dell'efficacia di flupirtina nel dolore a lungo termine. 
Alla luce di tali eventi l’EMA, esaminerà tutti i dati disponibili sulla sicurezza dei medicinali contenenti flupirtina, in particolare reazioni epatiche,al fine di valutare l'eventuale impatto sul rapporto beneficio rischio di questi medicinali. 


Bibliografia di riferimento 
1. Szelenyi. Flupirtine, a re-discovered drug, revisited. March 2013, Volume 62, Issue 3, pp 251-258 Istvan. 
2. Singal R, Gupta P, Jain N, Gupta S. Role of flupirtine in the treatment of pain - chemistry and its effects. 2012 Jun;7(2):163-6. Maedica (Buchar). 
3. Harish S, Bhuvana K, Bengalorkar GM, Kumar T. Flupirtine: Clinical pharmacology. 2012 Apr;28(2):172-7J Anaesthesiol Clin Pharmacol. 
4. Klein F, Glanemann M, Rudolph B, Seehofer D, Neuhaus P. Flupirtine-induced hepatic failure requiring orthotopic liver transplant. 2011 Aug;9(4):270-2. Exp Clin Transplant. 
5.Pirmohamed M, Breckenridge AM. Adverse drug reactions. Park BK (1998) BMJ 316(7140):1295–1298. 
6. Florian Puls, Clemens Agne, Fritz Klein. Pathology of flupirtine-induced liver injury . June 2011, Volume 458, Issue 6, pp 709-716. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito all’avvio di una revisione da parte dell’Agenzia Europea del Medicinali (EMA) dei medicinali a base di Kogenate Bayer e Helixate NexGen

In data 07/03/2013, l’AIFA ha comunicato l’inizio di una revisione da parte dell’EMA che aveva l’obiettivo di valutare i benefici ed i rischi relativi all’impiego di Kogenate Bayer e Helixate NexGen, farmaci indicati nella prevenzione e nel trattamento del sanguinamento in pazienti affetti da emofilia A. 
Kogenate Bayer e Helixate NexGen sono costituiti dal fattore VIII della coagulazione umano di seconda generazione (octolog alfa), ovvero da un analogo del fattore VIII (FVIII ‘full-length’) ottenuto mediante la ‘tecnologia del DNA ricombinante’. 
Kogenate Bayer e Helixate NexGen trovano indicazione nell'Unione Europea e negli Stati Uniti nella carenza congenita di fattore VIII (emofilia A) e nel trattamento e nella profilassi delle emorragie in pazienti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore [1]. 
I soggetti affetti da emofilia A non sono in grado di produrre o ne producono una quantità insufficiente il fattore VIII, necessario per l'efficace coagulazione sanguigna; pertanto, possono incorrere in episodi emorragici, inclusi sanguinamento alle articolazioni, ai muscoli e agli organi interni che possono portare complicazioni fino al decesso. Con la terapia a base di fattore VIII ricombinante si osserva un aumento dei livelli plasmatici di fattore VIII e, quindi, una riduzione della tendenza al sanguinamento. 
Una delle maggiori complicazioni del trattamento sostitutivo a base di fattore VIII ricombinante consiste nello sviluppo di anticorpi contro il fattore VIII (detti anche “inibitori”) che determinano uno scarso controllo delle emorragie. Il rischio di sviluppare anticorpi è maggiore nei pazienti affetti da emofilia di grado severo piuttosto che di grado medio o moderato [2]. 
Fino ad oggi, relativamente al rischio di sviluppare specifici anticorpi, non era stato possibile confrontare i farmaci contenenti FVIII sia per la carenza di studi di confronto testa a testa, sia per l'eterogeneità della popolazione (gravità dell'emofilia, il tipo di mutazione genetica, l'etnia, il numero di reazioni avverse, ecc) [3]. 
Un recente studio condotto da Bayer Healthcare e Baxter BioScience, durante il quale sono stati somministrati diversi medicinali a base di fattore VIII in bambini affetti da emofilia A non trattati precedentemente, ha evidenziato che i farmaci contenenti fattore VIII ricombinante ‘full-length’ di seconda generazione (Kogenate Bayer, Kogenate FS, Helixate FS, Helixate NexGen) sono associati ad un maggiore rischio di sviluppare anticorpi rispetto ai prodotti ricombinanti di terza generazione. Tale aumento non è stato riscontrato con farmaci contenenti fattore VIII plasma-derivato o altri ricombinanti [4]. 
L'EMA alla luce di queste nuove evidenze ha concluso che rivaluterà i benefici e i rischi di Kogenate Bayer e Helixate NexGen e formulerà un parere se le autorizzazioni all'immissione in commercio di questi medicinali devono essere mantenute, modificate, sospese o revocate in tutta l'UE. 
Bibliografia di riferimento 
1) Lusher JM, Scharrer I. Evolution of recombinant factor VIII safety: KOGENATE and Kogenate FS/Bayer. Int J Hematol. 2009;90(4):446-54. 

2) Rubinger M, Lillicrap D, Rivard GE. A prospective surveillance study of factor VIII inhibitor development in the Canadian haemophilia A population following the switch to a recombinant factor VIII product formulated with sucrose. Haemophilia. 2008;14(2):281-6. 

3)Keeling D, Tait C, Makris M. Guideline on the selection and use of therapeutic products to treat haemophilia and other hereditary bleeding disorders. A United Kingdom Haemophilia Center Doctors' Organisation (UKHCDO) guideline approved by the British Committee for Standards in Haematology. Haemophilia. 2008 Jul;14(4):671-84. 

4) Gouw SC, et al; PedNet and RODIN Study Group. Factor VIII products and inhibitor development in severe hemophilia A. N Engl J Med 2013; 368: 231-9. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito all’avvio di una revisione da parte dell’Agenzia Europea del Medicinali (EMA) dei medicinali a base di domperidone.

In data 07/03/2013, l’AIFA ha comunicato l’avvio di una revisione da parte dell’EMA dei medicinali a base di domperidone. Il domperidone è un farmaco procinetico ampiamente prescritto in bambini e adulti con problemi gatrointestinali. Esso agisce come antagonista dei recettori dopaminergici D2 a livello periferico determinando un rilassamento della muscolatura gastrointestinale. Il domperidone ha, inoltre, un’attività antiemetica conseguente al blocco dei recettori della dopamina presenti nella Chemioreceptor Trigger Zone (CTZ) [1], una zona situata nell’area postrema del pavimento del quarto ventricolo, al di fuori della barriera ematoencefalica, modulata da diversi neurotrasmettitori quali acetilcolina, dopamina, istamina, sosptanza P e serotonina. 
La revisione, richiesta all’EMA dall’agenzia belga per i medicinali (FAMHP), fa seguito ad un aumento di eventi avversi cardiovascolari segnalati. In particolare, gli eventi avversi più comuni riguardano un prolungamento dell’intervallo QT e aritmie cardiache [2]. 
Numerosi, infatti, sono i casi riportati in letteratura che mostrano un aumento del rischio di eventi avversi cardiovascolari a seguito dell’utilizzo di domperidone. In particolare, studi in vitro hanno dimostrato che il domperidone causa alterazioni elettrofisiologiche a livello cardiaco attraverso il blocco dei canali del K+ codificati dal gene human Ether-à-go-go-Related Gene (hERG). L’alterazione della funzione di questo canale può causare patologie quali la sindrome del QT lungo e aritmie cardiache potenzialmente fatali quali torsioni di punta [2]. 
L’aumento delle segnalazioni di eventi avversi cardiovascolari era già stato precedentemente preso in considerazione nel 2011 dal gruppo di lavoro dell’EMA per la farmacovigilanza (PhVWP) che, a seguito di tale valutazione, aveva raccomandato l’inserimento nella scheda tecnica di tutte le specialità medicinali contenenti domperidone del rischio di insorgenza di eventi cardiovascolari. Il provvedimento sottolineava, inoltre, che il domperidone fosse utilizzato con cautela nei pazienti con problemi cardiovascolari quali insufficienza cardiaca, angina e disturbi del ritmo cardiaco. Dal 2011 ad oggi sono state registrate in Belgio nuove segnalazioni di eventi avversi cardiovascolari che hanno portato a concludere la FAMHP che il domperidone non debba essere utilizzato in pazienti con prolungamento dell’intervallo QT o con altre patologie cardiovascolari. L’EMA revisionerà, quindi, tutti i dati disponibili sul profilo rischio-beneficio dei medicinali a base di domperidone e stabilirà se l’autorizzazione all’immissione in commercio debba essere mantenuta, modificata, sospesa o revocata in tutta l’Unione Europea. 

Bibliografia e siti di riferimento 
1) Barone JA. Domperidone: a peripherally acting dopamine2-receptor antagonist. Ann Pharmacother. 1999 Apr: 429-40. 
2) Rossi M, Giorgi G. Domperidone and long QT syndrome. Curr Drug Saf. 2010 Jul:257-62. 
Sito: http://www.agenziafarmaco.gov.it/it 

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito all’avvio di una rivalutazione da parte dell’Agenzia Europea del Medicinali (EMA) su acido nicotinico e sostanze correlate

In data 07/03/2013, l’AIFA ha comunicato l’avvio di una rivalutazione da parte dell’EMA sui farmaci a base di acido nicotinico, utilizzati per il trattamento dei disordini lipidici, nonchè di sostanze correlate, quali acipimox e xantinol nicotinato. Attualmente l’acido nicotinico o niacina è uno dei farmaci più potenti nel determinare una riduzione del rischio di patologie cardiovascolari ed è dotato di una importante attività antiaterogena, basata sulla capacità di aumentare i livelli di HDL, di ridurre i livelli di lipoproteine circolanti, della Proteina C Reattiva (PCR) e della lipoproteina associata alla fosfolipasi A2. Inoltre, attraverso l’azione espletata sul recettore GPR109A, la niacina esercita vari effetti pleiotropici, quali la stimolazione del rilascio di NO che ha un effetto protettivo a livello endoteliale dei vasi sanguigni, la riduzione dell’infiammazione e dello stress ossidativo (1). La rivalutazione dell’acido nicotinico e, successivamente delle sostanze ad esso correlate, nasce dai risultati dello studio HPS2-THRIVE, condotto dalla Clinical Trial Service Unit dell’Università di Oxford, durante il quale sono stati confrontati i benefici e i rischi di due terapie farmacologiche per il trattamento dell’iperlipidemia; una includeva le sole statine, l’altra prevedeva l’associazione di statine e farmaci a base di acido nicotinico e laropiprant (Tredaptive®, Trevaclyn®, Pelzont®) (2). L’aggiunta di questi farmaci alla terapia con statine da una parte non ha determinato un ulteriore riduzione del rischio di eventi cardiovascolari maggiori, dall’altra sembra sia stata responsabile dell’insorgenza di effetti indesiderati seri non-fatali a carico degli apparati ematico, linfatico, gastrointestinale, muscolo-scheletrico, respiratorio e cutaneo. Lo studio, considerato attendibile sia per il numero di pazienti arruolati (circa 26 mila), sia per la durata dello stesso (3,9 anni), ha indotto l’EMA a valutare gli effetti di questi nuovi dati sul rapporto beneficio/rischio di questi medicinali. Tale valutazione sarà effettuata dalla Pharmacovigilance Risk Assessment Commettee (PRAC) che stabilirà se le autorizzazioni alle immissioni in commercio di questi medicinali debbano essere mantenute, modificate, sospese o revocate in tutta l’Unione Europea. 

Bibliografia e siti di riferimento 
1. Gouni-Berthold I., Berthold HK., “The Role of Niacin in Lipid-Lowering Treatment: Are we Aiming Too High?” Car Pharm Des, 2013 Jan. 
2.http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Tredaptive_DHPC_Letter_January%202013_portale_2.pdf 

Nota informativa importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in accordo con le autorità regolatorie europee, sul rischio di fratture femorali atipiche a seguito dell’assunzione di Prolia® (denosumab).

In data 20/02/2013 l’AIFA in accordo con le autorità regolatorie europee, ha pubblicato una nota informativa importante per informare sul rischio di fratture femorali atipiche associato all’uso di Prolia®, in pazienti con osteoporosi post-menopausale. 
L’osteoclastogenesi è un processo conseguente alla stimolazione degli osteoblasti da parte del paratormone (PTH). Infatti, una volta stimolati, secernono una citochina, la M-CSF, per la quale i monociti possiedono un recettore specifico, il c-fms ed espongono sulla loro superficie cellulare una proteina chiamata RANKL, per la quale i monociti possiedono un recettore specifico, il RANK. L’espressione di M-CSF e RANK induce la differenziazione cellulare da monociti a osteclasti. 
Denosumab è un anticorpo monoclonale umano (IgG2) dotato di un’elevata affinità e specificità per il RANKL e in grado di neutralizzarne l'attività con un’azione simile a quella dell’osteoprotegerina endogena. Il blocco del RANKL inibisce la formazione, la funzione e la sopravvivenza degli osteoclasti, riducendo in tal modo il riassorbimento osseo e aumentando la massa e la forza ossea sia trabecolare che corticale. 
Prolia® è indicato per il trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa ad aumentato rischio di fratture e per il trattamento della perdita ossea associata a terapia ormonale ablativa in uomini con cancro alla prostata ad aumentato rischio di fratture [1]. 
I dati ottenuti dalla fase 3 dello studio FREEDOM randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, in donne con osteoporosi post-menopausale, hanno evidenziato che il trattamento con denosumab riduce l’incidenza di nuove fratture vertebrali e fratture dell’anca rispetto al placebo [1]. 
Tuttavia, nel corso dello stesso studio, sono stati riportati casi di fratture atipiche in pazienti che ricevevano il farmaco da almeno 2 anni e mezzo. 
Le fratture femorali atipiche sono fratture nelle regioni sub trocanteriche e diafisarie del femore che possono verificarsi a seguito di traumi minimi o in assenza di traumi. Tali eventi possono essere bilaterali. Un aumentato rischio di fratture femorali atipiche è stato riportato con i bifosfonati, altra classe di farmaci utilizzata nel trattamento dell’osteoporosi postmenopausale [2,3]. 
Pertanto, gli operatori sanitari sono tenuti alle seguenti raccomandazioni: 
 Durante il trattamento con Prolia®, i pazienti sono tenuti a comunicare eventuali nuovi o insoliti dolori alla coscia, all’inguine o all’anca. 
 Il femore controlaterale deve essere valutato in pazienti trattati con Prolia® che hanno subito una frattura della diafisi femorale. 
 In pazienti con sospetta frattura femorale atipica, deve essere considerata l’interruzione della terapia con Prolia®, in attesa della valutazione del paziente basata sull’analisi del rapporto rischio/beneficio individuale. 
Infine, si segnala che il principio attivo denosumab è disponibile anche con il nome commerciale di Xgeva®, per la prevenzione di eventi correlati all’apparato scheletrico negli adulti con metastasi ossee da tumori solidi. Il rischio di fratture femorali atipiche, infatti, esiste anche per questo prodotto. 

Bibliografia 

1) Brown JP, Roux C, Törring O, Ho PR, Beck-Jensen JE, Gilchrist N, Recknor C,Austin M, Wang A, Grauer A, Wagman RB. Discontinuation of denosumab and associated fracture incidence: Analysis from the FREEDOM trial. J Bone Miner Res. 2012 Oct 29. 

2) Shane E, Burr D, Ebeling PR, Abrahamsen B, Adler RA, Brown TD, Cheung AM,Cosman F, Curtis JR, Dell R, Dempster D, Einhorn TA, Genant HK, Geusens P,Klaushofer K, Koval K, Lane JM, McKiernan F, McKinney R, Ng A, Nieves J, O'Keefe R, Papapoulos S, Sen HT, van der Meulen MC, Weinstein RS, Whyte M; AmericanSociety for Bone and Mineral Research. Atypical subtrochanteric and diaphyseal femoral fractures: report of a task force of the American Society for Bone and Mineral Research. J Bone Miner Res. 2010; 25(11):2267-94. 

3) Whitaker M, Guo J, Kehoe T, Benson G. Bisphosphonates for osteoporosis--where do we go from here? N Engl J Med. 2012 May 31;366(22):2048-51. 

   

  

cerca