Farmacovigilanza

Comunicato Stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) sui medicinali a base di flupirtina

In data 14/06/2013, l’EMA ha comunicato i risultati della revisione da parte del Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) dei dati relativi al rischio di danno epatico associato all’uso di medicinali a base di flupirtina. Poiché la revisione riguarda solo i medicinali autorizzati a livello nazionale, la raccomandazione del PRAC sarà trasmessa al gruppo di coordinamento per il mutuo riconoscimento e le procedure decentrate per uso umano (CMDh), che adotterà una posizione definitiva. 
I medicinali contenenti flupirtina, un’aminopiridina che agisce come analgesico centrale non oppioide, sono autorizzati dal 1980 e sono attualmente disponibili con differenti denominazioni in diversi stati membri dell’Unione Europea. 
L’analgesia indotta dalla flupirtina è correlata essenzialmente ad un meccanismo d’azione centrale; tuttavia, recentemente, si è ipotizzata anche un’azione periferica a livello spinale e sopraspinale. 
La flupirtina è stata introdotta in commercio come analgesico alternativo, in quanto non presenta reazioni avverse ascrivibili ai farmaci analgesici comunemente impiegati, pur essendo altrettanto efficace nel ridurre la sensazione di dolore. Al contrario, altri analgesici appartenenti alla classe dei FANS, sono spesso associati a dispepsia e dolore epigastrico, mentre, l'uso protratto di oppioidi porta a costipazione, nausea, sedazione, confusione, prurito, ritenzione urinaria, tolleranza e dipendenza. Questi effetti avversi portano una ridotta compliance, soprattutto nei pazienti in trattamento a lungo termine. 
Il meccanismo d’azione della flupirtina è selettivo e consiste nell’apertura dei canali del potassio neuronali (SNEPCO “the selective neuronal potassium channel openers”) e nell’azione antagonista sui recettori N -metil-D-aspartato (NMDA); infatti la flupirtina si lega ed attiva la proteina G accoppiata ai canali rettificanti del potassio (K+) localizzati nei neuroni dei gangli dorsali e coinvolti nella nocicezione. L'attivazione di questi canali porta all’ iperpolarizzazione della membrana neuronale con conseguente inibizione della trasmissione degli impulsi nocicettivi durante l'eccitazione neuronale. 
Oltre all’attivazione dei canali del K+, la flupirtina, presumibilmente, aumenta il legame del GABA al suo recettore GABAa potenziando così l’inibizione neuronale GABA-mediata [1]. 
Gli effetti della flupirtina sono analgesia, rilassamento muscolare e neuroprotezione[2]. 
Attualmente, la flupirtina è approvata per il trattamento del dolore acuto e cronico, ovvero dolore muscoloscheletrico, dolore neuropatico, dolore causato da malattia articolare, cefalea, dolore da cancro, dismenorrea, dolore postoperatorio [3]. 
Le raccomandazioni del PRAC conseguono a preoccupazioni sollevate dall'Agenzia Regolatoria Tedesca dei medicinali, l'Istituto Federale per i medicinali e i dispositivi medici (Federal Institute for Drugs and Medical Devices - BfArM), su segnalazioni di problemi al fegato nei pazienti in trattamento con flupirtina, che andavano dall'aumento asintomatico degli enzimi epatici all’ insufficienza epatica. In particolare, in Germania sono stati registrati nel database delle reazioni avverse, 330 segnalazioni di epatotossicità e, di queste, 15 hanno avuto un esito fatale o hanno portato a trapianto di fegato. 
L’agenzia tedesca, inoltre, ha evidenziato una mancanza di dati a sostegno dell'efficacia di flupirtina nel dolore a lungo termine; infatti, il PRAC ha concordato che i dati sul dolore a lungo termine sono meno convincenti. 
Nel 2011 è stato pubblicato un case report su un trapianto di fegato per insufficienza epatica acuta conseguente all'assunzione di flupirtina. Un uomo in buone condizioni di salute, dopo 3 mesi di trattamento con flupirtina, ha riportato ittero, ipertransaminasemia, encefalopatia epatica e l'istopatologia del fegato sostenuta nel danno epatico indotto da flupirtina [4]. 
Il danno epatico farmaco-indotto (drug-induced liver injury DILI) è la causa più comune di ritiro dei farmaci dal mercato. 
Un recente studio ha dimostrato, inoltre, che la flupirtina è stata associata a danno epatico di tipo idiosincrasico ovvero a reazione avversa a farmaco di tipo B, confermando l’epatossicità del farmaco stesso[5]. 
La valutazione delle biopsie effettuate su pazienti trattati con flupirtina ha evidenziato che tale danno epatico è caratterizzato morfologicamente da un’ ampia necrosi centrolobulare con infiltrazione di linfociti e macrofagi [6]. 
Alla luce di tali eventi, il PRAC, appurati i benefici nel dolore acuto, raccomanda che i medicinali orali e le supposte a base di flupirtina siano utilizzati solo per il trattamento del dolore acuto (a breve termine) negli adulti che non possono assumere altri antidolorifici (come i FANS e gli oppioidi deboli) e che il trattamento non superi le due settimane. Inoltre, la flupirtina non deve essere usata in soggetti con anamnesi di malattia epatica o che abusano di alcol, così come nei pazienti che assumono altri medicinali potenzialmente epatotossici. 

Bibliografia 
1. Szelenyi. Flupirtine, a re-discovered drug, revisited. March 2013, Volume 62, Issue 3, pp 251-258 Istvan. 

2. Singal R, Gupta P, Jain N, Gupta S. Role of flupirtine in the treatment of pain - chemistry and its effects. 2012 Jun;7(2):163-6. Maedica (Buchar). 

3. Harish S, Bhuvana K, Bengalorkar GM, Kumar T. Flupirtine: Clinical pharmacology. 2012 Apr;28(2):172-7J Anaesthesiol Clin Pharmacol. 

4. Klein F, Glanemann M, Rudolph B, Seehofer D, Neuhaus P. Flupirtine-induced hepatic failure requiring orthotopic liver transplant. 2011 Aug;9(4):270-2. Exp Clin Transplant. 

5.Pirmohamed M, Breckenridge AM. Adverse drug reactions. Park BK (1998) BMJ 316(7140):1295–1298. 

6. Florian Puls, Clemens Agne, Fritz Klein. Pathology of flupirtine-induced liver injury . June 2011, Volume 458, Issue 6, pp 709-716. 

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) raccomanda di limitare l’uso di Trobalt® (retigabina) a causa del rischio di pigmentazione della retina.

In data 31/05/2013, l’AIFA ha pubblicato un comunicato in merito alla raccomandazione da parte dell’EMA, di limitare l’uso di Trobalt® all’ultima linea di trattamento per le crisi epilettiche parziali negli adulti di età pari o superiore ai 18 anni affetti da epilessia. 
L'epilessia è una patologia caratterizzata da crisi ricorrenti non provocate da insulti neurologici sistemici o acuti. Le epilessie costituiscono un insieme di quadri sindromici diversi accomunati dal ripetersi di episodi clinici (crisi) riconducibili ad una anomala scarica parossistica dei neuroni situati prevalentemente a livello della corteccia cerebrale. Se la scarica è limitata ad una porzione della corteccia cerebrale si parla di crisi parziale (o focale); tale evento può indurre una generalizzazione secondaria (di solito in forma di crisi tonico-clonica) qualora la scarica si estenda dal focus iniziale a tutta la corteccia. 
Crisi che esordiscono interessando, invece, tutta la corteccia vengono definite come crisi generalizzate primarie; esse costituiscono la manifestazione clinica delle epilessie generalizzate e, a seconda dei meccanismi fisiologici implicati, possono presentarsi con manifestazioni cliniche diverse (tonico-cloniche, crisi miocloniche e crisi di tipo assenza). Il trattamento dell’epilessia prevede l’uso di farmaci che agiscono sui canali del sodio voltaggio dipendenti (fenitoina, carbamazepina), sui canali del calcio (etosuccimide), sul recettore GABA-A (fenobarbitale e benzodiazepine) e sul trasportatote GAT-1 (tiagabina) e sull’enzima GABA transaminasi (vigabatrin). Il trattamento dell'epilessia si è notevolmente evoluto nel corso degli ultimi 10 anni portando all’identificazione delle nuove classi di farmaci antiepilettici i quali agiscono modulando i vari meccanismi che portano alla crisi: modificazioni biochimiche dei recettori, modulazione del sistema del secondo messaggero, espressione genica, alterazione dei canali ionici, alterazioni dell’uptake dei neurotrasmettitori, metabolismo delle cellule gliali e modificazioni del funzionamento dei circuiti inibitori [1]. La ritigabina, in particolare, è uno dei nuovi farmaci utilizzati per il trattamento dell’epilessia in età adulta: studi in vitro indicano che essa agisce principalmente attraverso un aumento della frequenza di apertura dei canali neuronali del potassio (KCNQ2 [Kv7.2] e KCNQ3 [Kv7.3]), determinando una stabilizzazione del potenziale di membrana a riposo e un maggior controllo dell’eccitabilità elettrica sub-soglia nei neuroni, prevenendo così l’inizio degli accessi di potenziale di azione epilettiforme. 
Considerando che circa il 30% dei pazienti epilettici non è responsivo al trattamento farmacologico convenzionale e che l’epilessia ha una elevata influenza sulla qualità di vita del paziente, la retigabina, grazie al suo differente meccanismo d’azione, rappresenta una preziosa opzione terapeutica. Ad oggi sono stati esaminati 55 pazienti che hanno ricevuto Trobalt® negli studi a lungo termine e, tra questi, 15 presentavano una pigmentazione della retina e circa un terzo di questi un problema di vista. Inoltre, sono stati riportati 51 casi di pigmentazione grigio-blu delle unghie, delle labbra e della pelle. Il meccanismo attraverso cui Trobalt® provoca tali reazioni avverse non è ancora chiaro. Per tale motivo, il comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato di limitare l’uso del farmaco antiepilettico Trobalt® solo ai pazienti per i quali altri medicinali antiepilettici sono risultati inadeguati o non tollerati e solo dopo aver valutato il rapporto rischio-beneficio. 
In conclusione: 
• I pazienti devono essere informati del rischio di una pigmentazione cutanea e della retina, con possibile alterazione della vista, durante il trattamento a lungo termine con Trobalt®. 
• I medici devono richiedere una visita oculistica completa all’inizio del trattamento e ogni sei mesi, durante il trattamento con Trobalt®. 
• I pazienti attualmente trattati con Trobalt® devono essere riesaminati al prossimo controllo di routine (non urgente). Deve essere rivalutato il rapporto beneficio ‐ rischio ed i pazienti devono essere informati del rischio di una pigmentazione durante il trattamento a lungo termine. 
• Se si riscontrano alterazioni retiniche o di visione, i benefici e i rischi nel continuare il trattamento con Trobalt® dovranno essere nuovamente valutati dal medico. 


Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it 
http://www.ema.europa.eu 

Bibliografia 
1. Amabile CM, Vasudevan A. Ezogabine: a novel antiepileptic for adjunctive treatment of partial-onset seizures. Pharmacotherapy. 2013 Feb;33(2):187-94. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA): i benefici di Diane 35 e dei suoi generici superano i rischi in alcuni gruppi di pazienti

In data 17/05/2013, l’EMA ha divulgato i risultati della revisione iniziata qualche mese fa dal Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) su Diane 35 (ciproterone acetato 2 mg, etinilestradiolo 35 mcg). Il PRAC ha concluso che i benefici di Diane 35 e dei suoi analoghi generici superano i rischi, a condizione che vengano adottate adeguate misure per minimizzare il rischio di tromboembolismo venoso. 
L’ampia revisione europea è stata avviata su richiesta dell’Agenzia regolatoria dei medicinali francese (ANSM), in seguito ad una revisione nazionale effettuata dall’ANSM sui benefici/rischi del medicinale; questa revisione ha evidenziato i gravi eventi tromboembolici e l’esteso uso off-label di questi medicinali come soli contraccettivi. 
L’indicazione terapeutica di Diane 35 e dei suoi generici è il trattamento dell’acne severa e/o irsutismo in donne in età fertile, correlata ad un'aumentata sensibilità recettoriale all'azione degli androgeni. Tali farmaci dovrebbero essere utilizzati solo quando la terapia topica e la terapia antibiotica non si siano mostrate efficaci. Poichè il farmaco ha anche un’azione contraccettiva, le donne che lo assumono non dovrebbero utilizzare altri trattamenti contraccettivi perché sarebbero esposte a dosi elevate di estrogeni che potrebbero aumentare il rischio di tromboembolismo venoso. 
Molto spesso l’acne severa e/o irsutismo in donne in età fertile è associata alla sindrome dell'ovaio policistico (PCOS). La PCOS è conseguente ad un aumento della produzione di androgeni ovarici ed è caratterizzata da un accumulo di follicoli non completamente sviluppati nelle ovaie. La PCOS, probabilmente, è causata da cicli anovulatori ed è associata ad irsutismo, amenorrea, oligomenorrea, alti livelli ematici di ormone luteinizzante (LH), infertilità, acne, aumento di peso, resistenza all’insulina o diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e iperplasia endometriale [1]. 
I contraccettivi orali combinati contengono componenti estrogenici e progestinici. Il loro potenziale antiandrogeno nel trattamento dell’acne e dell’irsutismo deriva da una varietà di meccanismi, quali la soppressione della secrezione di gonadotropina ipofisaria, che riduce la produzione di androgeni da parte delle ovaie e l’inibizione diretta dell’androgenesi a livello delle ovaie e delle ghiandole surrenali. Invece, la componente estrogenica di questi agenti aumenta la produzione epatica di ormoni sessuali, che legano il testosterone, riducendone così i livelli circolanti. La componente progestinica, inoltre, inibisce l'attività dell’enzima 5-α reduttasi, riducendo la conversione del testosterone in diidrotestosterone. Inoltre, i progestinici hanno la capacità di legare in modo competitivo i recettori degli androgeni. 
Il ciproterone acetato, oltre ad un’attività antiandrogena, possiede anche una spiccata attività progestinica. 
La combinazione di ciproterone acetato antiandrogeno (2 mg) ed etinilestradiolo (35 mcg) (co-cypridiol) è di provata efficacia nella gestione dei sintomi sia dell’iperandrogenismo che delle anomalie mestruali tipiche della PCOS; tuttavia, il suo uso a lungo termine desta preoccupazione per un aumento del rischio di tromboembolia venosa [3]. 
Questi farmaci sono ampiamente utilizzati in tutta Europa, essendo stati autorizzati nei singoli Stati membri da molti anni. 
In particolare, in Francia sono autorizzati soltanto per il trattamento dell’ acne, ma in alcuni Stati membri sono anche autorizzati per il trattamento di acne nelle donne che desiderano ricevere una contraccezione orale, così come per il trattamento di altre malattie della pelle. 
Lo scorso 30 gennaio, l’ANSM ha chiesto all'EMA la revisione dei contraccettivi orali combinati di terza e quarta generazione per ridurne l’uso nelle donne francesi a favore dell'uso di contraccettivi orali di seconda generazione. L’ANSM ha ritenuto che l’uso di Diane 35 e dei suoi generici comporta un rischio di tromboembolismo che supera la loro efficacia, peraltro moderata, nel trattamento dell’acne; inoltre, l’ANSM ha indicato la presenza sul mercato di alternative terapeutiche per il trattamento dell’acne [4].
Inoltre, diversi studi caso-controllo, basati su risultati pubblicati dal British Medical Journal, hanno concluso che l'uso dei contraccettivi orali combinati di terza e quarta generazione è associato ad un più alto rischio (RR 1,6-2,4) di tromboembolismo venoso, rispetto all'uso di contraccettivi orali combinati contenenti levonogestrel [5]. Tuttavia, sono stati pubblicati due ampi studi prospettici di coorte, sponsorizzati da Bayer HealthCare su richiesta dell’EMA e della Food and Drug Administration (FDA) che non hanno rilevato differenze, relativamente al rischio trombo embolico, tra le due generazioni di contraccettivi orali. Alla luce di questi dati contrastanti risulta necessario condurre ulteriori studi prospettici ben controllati [6]. Il potenziale impatto di questa misura, vale a dire la perdita di fiducia in tutti i contraccettivi ormonali combinati, potrebbe essere molto grave. 
L’ Organizzazione Mondiale Sanità (OMS) ha messo a punto dei “Criteri Medici di ammissibilità per l'uso di Contraccettivi” per fornire un primo punto di riferimento per i prescrittori; le donne che hanno un più alto rischio di tromboembolismo venoso a causa di obesità, fumo, storia familiare di malattia tromboembolica venosa o cardiovascolare devono essere sottoposte ad una valutazione del rischio personale ed essere informate in modo appropriato [7]. 
Alla luce di queste evidenze e sulla base della qualità, sicurezza ed efficacia degli studi condotti, il PRAC dell’EMA ha concluso che i benefici di Diane 35 e dei suoi analoghi generici sono superiori ai rischi, a condizione che vengano adottate adeguate misure per minimizzare il rischio di tromboembolismo venoso. 








Bibliografia 
1. David J Cahill. PCOS. Reader in Reproductive Medicine and Head of the Academic Unit of Obstetrics & Gynaecology. Clin Evid (Online). 2009; 2009: 1408. 

2. Tan JK, Ediriweera C. Efficacy and safety of combined ethinyl estradiol/drospirenone oral contraceptives in the treatment of acne. Int J Womens Health. 2010 9;1:213-21. 

3. Franks S, Layton A, Glasier A. Cyproterone acetate/ethinyl estradiol for acne and hirsutism: time to revise prescribing policy. Hum Reprod. 2008; 23(2):231-2. 

4. Comunicato EMA. Disponibile al sito: 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/comunicato_diane_rev1.pdf 
5. Lidegaard Ø, Løkkegaard E, Svendsen AL, et al. Hormonal contraception and risk of venous thromboembolism: national follow-up study. BMJ 2009;339:b2890. 

6.Dinger JC, Heinemann LAJ, Kuhl-Habich D. The safety of a drospirenone-containing oral contraceptive: final results from the European Active Surveillance Study on Oral Contraceptives based on 142,475 women-years of observation. Contraception 2007;75:344–354. 

7. Bitzer J, Amy JJ, Beerthuizen R.J. Statement on combined hormonal contraceptives containing third- or fourth-generation progestogens or cyproterone acetate, and the associated risk of thromboembolism. Fam Plann Reprod Health Care. 2013. [Epub ahead of print] 

Comunicato stampa dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al potenziale rischio di danno epatico associato a Samsca® (tolvaptan).

In data 20/05/2013, l'AIFA, in accordo con l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha diramato un comunicato, diretto agli Operatori Sanitari, in merito al potenziale rischio di danno epatico associato a Samsca® (tolvaptan). 
Tolvaptan, antagonista non peptidico del recettore V2 dell'arginina-vasopressina (AVP), è stato approvato dalla Commissione Europea per il trattamento dell'iponatriemia secondaria a sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico (SIADH). Il farmaco inibisce il legame dell'AVP al recettore V2 e riduce la produzione, indotta dall'AVP, dell'adenosin monofosfato ciclico (AMPc) intracellulare. Gli effetti si configurano in un aumento dell'escrezione urinaria con aumentata acquaresi, ridotta osmolalità urinaria e aumento delle concentrazioni di sodio plasmatico [1]. 
Il tolvaptan viene utilizzato anche per il trattamento della malattia policistica renale autosomica dominante (ADPKD) e nel corso dello studio TEMPO (Tolvaptan Efficacy and Safety in Management of Autosomal Dominant Polycystic Kidney Desease and Its Outcomes) 3:4 condotto in doppio cieco [2], il farmaco è stato associato ad un potenziale rischio di danno epatico irreversibile e potenzialmente fatale. Si tratta di uno studio multicentrico di fase III, controllato con placebo, della durata di 3 anni. I pazienti (1445), di età compresa tra i 18 e i 50 anni e affetti da ADPKD con un volume renale ≥750 ml e clearance della creatinina ≥60 ml/min, sono stati randomizzati a ricevere tolvaptan (961 pazienti) o placebo (484). I risultati dello studio hanno mostrato un miglioramento della patologia nei pazienti trattati con il farmaco ma, al tempo stesso, un incremento delle reazioni avverse indotte da tolvaptan e correlate ad una aumentata acquaresi (sete, poliuria, nicturia, polidipsia). Le reazioni avverse gravi sono state molto più frequenti nel gruppo in trattamento con tolvaptan rispetto al gruppo placebo; in particolare, è stato riscontrato: aumento significativo dell'alanina aminotransferasi (ALT) (0,9% dei pazienti che hanno assunto il farmaco vs 0,4% del gruppo in trattamento con placebo; P<0,01) e dell'aspartato aminotransferasi (AST) (0,9% vs 0,4%; P<0,01). Le reazioni menzionate sono probabilmente il risultato di un sovradosaggio, poiché i pazienti affetti da ADPKD hanno assunto, nel corso dello studio TEMPO 3:4, tolvaptan alla dose di 120 mg/die, superando, pertanto, la dose giornaliera massima di 60 mg indicata per il trattamento dell'iponatriemia con Samsca®.
Alla luce di quanto riportato, l'AIFA, in accordo con l'EMA, ha provveduto alla modifica e all’aggiornamento del Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Samsca® con informazioni riguardanti l'epatotossicità associata al farmaco e la gestione dei pazienti che riferiscono sintomi di danno epatico, compresi stanchezza, anoressia, dolore al quadrante superiore destro dell'addome, urine di colore scuro, ittero. L'AIFA raccomanda, pertanto, in caso di sospetto danno epatico, l'immediata sospensione di Samsca®, nonché l'attuazione di prove di funzionalità epatica e delle indagini volte ad accertare la probabile causa dell'affezione. 


Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/ 
Bibliografia 
1. Toshiki Miyazaki, Hiroyuki Fujiki et al., "Tolvaptan, an Orally Active Vasopressin V2-Receptor Antagonist—Pharmacology and Clinical Trials" Cardiovascular Drug Reviews Vol. 25, No. 1, pp. 1–13 C 2007 The Authors Journal compilation C 2007 Blackwell Publishing Inc 
2. Torres VE, Chapman AB et al., "Tolvaptan in patients with autosomal dominant polycystic kidney disease". N Engl J Med. 2012 Dec 20;367(25):2407-18. doi: 10.1056/NEJMoa1205511. Epub 2012 Nov 3. 

Nota informativa importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con le autorità regolatorie europee, sul rischio di insorgenza di fascite necrotizzante a seguito dell’uso di Avastin®(bevacizumab).

In data 15/05/2013, l’AIFA, in accordo con le autorità regolatorie europee, ha pubblicato una nota informativa importante sul rischio di insorgenza di fascite necrotizzante, anche letale, a seguito dell’uso di Avastin® (bevacizumab). 
Bevacizumab è un anticorpo IgG1 ricombinante monoclonale umanizzato che ha come target il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF-A) e agisce legando e neutralizzando tutte le forme biologicamente attive di VEGF-A, sopprimendo così la crescita del tumore e la progressione delle forme metastatiche [1, 2]. 
E’ indicato: 
• in combinazione con chemioterapia a base di fluoropirimidine per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma metastatico del colon-retto; 
• in combinazione con paclitaxel per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico; 
• in combinazione con capecitabina per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico, per cui una terapia con altri regimi chemioterapici, inclusi quelli a base di taxani o antracicline, non è considerata appropriata; 
• in aggiunta a chemioterapia a base di platino per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, non resecabile, avanzato, metastatico o in ricaduta, con istologia a predominanza non squamo cellulare; 
• in combinazione con interferone alfa–2a per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma renale avanzato e/o metastatico; 
• in combinazione con carboplatino e paclitaxel per il trattamento in prima linea del carcinoma ovarico epiteliale, del carcinoma alle tube di Falloppio o del carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato in pazienti adulti; 
• in combinazione con carboplatino e gemcitabina nel trattamento di pazienti adulti con prima recidiva di carcinoma platino–sensibile ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o nel carcinoma peritoneale primario che non abbiano ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori VEGF o altri agenti mirati al recettore VEGF; 
• per il trattamento del cancro metastatico colon-retto, del cancro polmonare non a piccole cellule, del carcinoma renale e del glioblastoma multiforme; 
Nei pazienti trattati con bevacizumab, sia in corso di studi clinici sia in studi post-marketing, sono stati segnalati numerosi casi di fascite necrotizzante, in particolare in pazienti affetti da tumore. 
La fascite necrotizzante è un’infezione dei tessuti molli, caratterizzata dalla rapida diffusione della necrosi nelle fasce sottocutanee e nei tessuti molli. E’ una malattia rara che se non trattata tempestivamente può essere fatale [3]. 
I casi di fascite necrotizzante segnalati nell’ambito degli studi clinici condotti dalla Roche, l’azienda titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), e i casi presenti all’interno del database globale di quest’ultima, si sono verificati in pazienti affetti da varie forme tumorali in quanto immunocompromessi e quindi esposti ad un maggior rischio di sviluppare tale patologia. La maggior parte dei pazienti ha manifestato perforazioni gastrointestinali, formazioni di fistole o complicanze nella guarigione di ferite antecedenti lo sviluppo della fascite necrotizzante. 
Sulla base di tali evidenze è stato aggiornato il riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) inserendo l’informazione relativa alla possibilità che si possa verificare, come evento avverso, la fascite necrotizzante e sottolineando la necessità di interrompere il trattamento qualora tale evento avverso dovesse verificarsi. 
L’evento avverso “fascite necrotizzante” è stato inoltre inserito nel paragrafo relativo alle reazioni avverse, come conseguenza di complicazioni nella guarigione di ferite, perforazioni gastrointestinali o fistole. 

Bibliografia 
1. Garcia A, Singh H. Bevacizumab and ovarian cancer. Ther Adv Med Oncol. 2013 Mar;5(2):133-41. 
2. Preclinical pharmacokinetics, interspecies scaling, and tissue distribution of a humanized monoclonal antibody against vascular endothelial growth factor. Lin YS, Nguyen C, Mendoza JL, Escandon E, Fei D, Meng YG, Modi NB J Pharmacol Exp Ther. 1999 Jan; 288(1):371-8. 
3. Vayvada H, Demirdöver C, Menderes A, Karaca C. Necrotizing fasciitis:diagnosis, treatment and review of the literature. Ulus Travma Acil Cerrahi Derg. 2012 Nov;18(6):507-13. 

   

  

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