Farmacovigilanza

Nota informativa importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sui fattori di rischio di sanguinamento relativi all’uso dei nuovi anticoagulanti orali Eliquis®, Pradaxa® e Xarelto ®.

In data 11/09/2013, l’AIFA, in seguito a una rivalutazione da parte dell’ Agenzia europea per i medicinali (EMA), ha emanato un comunicato importante, relativo ai nuovi anticoagulanti orali Eliquis®, Pradaxa® e Xarelto®, per informare sui fattori di rischio di sanguinamento.
Dal 1940 al 2010, il warfarin è stato l’unico anticoagulante orale presente sul mercato utilizzato per la prevenzione e il trattamento degli eventi tromboembolici.
Eliquis® (apixaban), Pradaxa® (dabigatran etexilato) e Xarelto® (rivaroxaban) sono anticoagulanti
orali che hanno recentemente ricevuto l’autorizzazione per le indicazioni per le quali vengono attualmente utilizzati gli antagonisti della vitamina K (warfarin, fenprocumone e acenocumarolo) o le eparine a basso peso molecolare (EBPM). A differenza degli antagonisti della vitamina K, questi nuovi farmaci non richiedono il monitoraggio di routine dell’attività anticoagulante.
In particolare, nel 2010, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato dabigatran, principio attivo di Pradaxa®. Dabigratan è un potente inibitore diretto, competitivo, selettivo e reversibile della trombina; questo farmaco è in grado di legare la trombina sia nella sua forma libera sia nella forma legata alla fibrina, prevenendo la formazione di trombi.
Nel 2011, è stato approvato rivaroxaban, principio attivo di Xarelto®, inibitore diretto ed altamente selettivo del fattore Xa. L’inibizione del Fattore Xa interrompe le vie intrinseca ed estrinseca della cascata della coagulazione e inibisce sia la formazione di trombina, sia lo sviluppo di trombi. Infine, nel dicembre 2012 è stato approvato l’apixaban, principio attivo di Eliquis®, inibitore reversibile, diretto ed altamente selettivo del sito attivo del fattore Xa libero e legato al coagulo. Apixaban non ha bisogno dell'antitrombina III per esercitare l'attività antitrombotica, in quanto inibisce indirettamente l'aggregazione piastrinica indotta dalla trombina. Con l'inibizione del fattore Xa, apixaban previene la generazione della trombina e così lo sviluppo del trombo.
Tre grandi trials clinici randomizzati, ARISTOTLE (Apixaban for Reduction of Stroke and Other Thromboembolic Events in Atrial Fibrillation), RE-LY (Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy) e ROCKET AF (Rivaroxaban Once Daily Oral Direct Factor Xa Inhibition Compared With Vitamin K Antagonism for Prevention of Stroke and Embolism Trial in Atrial Fibrillation) hanno dimostrato la non inferiorità di questi nuovi anticoagulanti in termini di efficacia e sicurezza, rispetto al warfarin, nella prevenzione dello stroke e dell’embolia sistemica in pazienti con fibrillazione atriale. Inoltre, dai dati ottenuti da questi studi, è stato possibile osservare che l’incidenza di emorragia intracranica è significativamente ridotta con l’impiego dei nuovi anticoagulanti ma, comunque, il rischio di sanguinamento gastrointestinale o di sanguinamenti minori, epistassi ed ematuria, è possibile.
Dall’esperienza post-marketing è stato dimostrato, inoltre, che gli eventi di sanguinamento maggiore, inclusi eventi fatali, non sono limitati al solo uso degli antagonisti della vitamina K/EBPM ma sono rischi significativi anche per i nuovi anticoagulanti orali. Le segnalazioni post-marketing hanno anche evidenziato che non tutti i medici prescrittori sono sufficientemente informati delle caratteristiche di questi farmaci per quanto riguarda la gestione dei rischi di sanguinamento; pertanto, risulta necessario che i medici tengano presente il rischio individuale di sanguinamento di ogni paziente e che si attenegano alla posologia, alle controindicazioni, alle avvertenze speciali e alle precauzioni di impiego di questi prodotti. Le controindicazioni comuni ai tre anticoagulanti orali sono: sanguinamento attivo clinicamente significativo; lesioni o condizioni che comportano un rischio significativo di sanguinamento maggiore come ulcera gastrointestinale in corso o recente, presenza di neoplasie maligne ad alto rischio di sanguinamento, recente lesione cerebrale o spinale, recente intervento chirurgico cerebrale, spinale o oftalmico, recente emorragia intracranica, varici esofagee accertate o sospette, malformazioni arterovenose, aneurismi vascolari o anomalie vascolari maggiori intraspinali o intracerebrali; trattamento concomitante con ogni altro anticoagulante.
Per ridurre il rischio di sanguinamento è fondamentale prestare attenzione alla posologia e alle avvertenze speciali effettuando, anche, un’attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio in pazienti con lesioni o in trattamento con farmaci che possano aumentarne il rischio. Inoltre, è d’uopo controllare la funzionalità renale, in quanto, la compromissione di tale organo costituisce una controindicazione all’ uso dei farmaci in questione ed è necessario fare riferimento agli RCP (Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto) dei tre medicinali poiché presentano raccomandazioni differenti e ad oggi non sono presenti antidoti specifici.


Siti di riferimento:
http://www.ema.europa.eu
http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR__Product_Information/human/000829/WC500041059.pdf

http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR__Product_Information/human/000944/WC500057108.pdf

http://ec.europa.eu/health/documents/communityregister/2012/20121119124682/anx_124682_it.pdf

Bibliografia

Budovich A, Zargarova O, Nogid A. Role of apixaban (eliquis) in the treatment and prevention of thromboembolic disease. P T. 2013 Apr;38(4):206-31.


Comunicato stampa dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla restrizione d’uso, emanata dal Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), dei β-agonisti a breve durata d’azione per le indicazioni ostetriche. Leggi archivio>>

In data 06/09/2013, l’AIFA, in accordo con il PRAC dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato un comunicato in cui raccomanda la restrizione d’uso delle forme orali o suppositorie dei β-agonisti a breve durata d’azione per indicazioni ostetriche, quali il blocco del parto pretermine o delle contrazioni eccessive del parto.
I suddetti farmaci agiscono sui recettori β2-adrenergici dell’utero e determinano inibizione della contrazione della muscolatura liscia del miometrio mediante attivazione dell’adenilciclasi e conseguente aumento della concentrazione intracellulare di adenosin monofosfato ciclico (AMPc). I β-agonisti a breve durata d’azione sono stati autorizzati con procedure nazionali in diversi Stati membri dell’Unione Europea; in particolare, quelli oggetto della rivalutazione europea sono fenoterolo, exoprenalina, isossisuprina, ritodrina, salbutamolo e terbutalina, autorizzati per il trattamento tocolitico e disponibili sul mercato nelle formulazioni a compresse, soluzione orale, soluzione per iniezione o infusione e suppositori.
Tra i β-agonisti, quelli maggiormente usati come tocolitici sono la ritodrina e la terbutalina, che, ampiamente studiati nel corso di una meta-analisi di studi clinici presenti nel database Cochrane, si sono dimostrati efficaci nel prolungare la gravidanza di 2-7 giorni, senza però ridurre il rischio di mortalità perinatale. Nel corso di questa meta-analisi, le reazioni avverse presentatesi a carico della madre sono risultate gravi, come nel caso di aritmie cardiache ed edema polmonare [1].
In generale, le reazioni avverse maggiormente associate all’assunzione di β-agonisti a breve durata d’azione includono tachicardia, sudorazione, tremori, nausea e mal di testa nelle prime ore successive all’assunzione, ed alterazioni delle concentrazioni di potassio e glucosio. Tali effetti tendono a ridursi in seguito ad esposizioni ripetute al farmaco. I casi di aritmia risultano maggiormente frequenti se presenti comorbidità ed ipossemia. Variazioni genetiche dei recettori β-adrenergici hanno condotto, inoltre, alla comparsa di reazioni avverse a carico della funzionalità respiratoria, inclusi 2 casi di morte per asma da assunzione di isoproterenolo e fenoterolo [2]. È stata, inoltre, riscontrata un’aumentata comparsa di gravi reazioni cardiovascolari, conseguenti all’assunzione delle formulazioni orali di β-agonisti, che hanno incluso morte cardiovascolare, ischemia ed insufficienza cardiaca [3].
La comparsa di tali reazioni ha indotto l’Agenzia dei Medicinali ungherese a richiedere al PRAC una rivalutazione dei β-agonisti a breve durata d’azione. Il PRAC, dopo un’attenta analisi dei dati provenienti da studi clinici, segnalazioni post-marketing e letteratura, ha concluso che vi è un notevole rischio di eventi avversi gravi cardiovascolari, sia per la madre che per il nascituro, in particolare quando i suddetti farmaci vengono assunti per periodi di tempo > 48 ore. Pertanto, le formulazioni orali e suppositorie dei β-agonisti non saranno più utilizzate per il trattamento tocolitico; al tempo stesso, il PRAC ha concluso che i benefici delle formulazioni iniettabili superano i rischi cardiovascolari e che, dunque, possono essere utilizzati per bloccare il parto prematuro tra la 22a e 37a settimana, per non più di 48 ore, sotto supervisione di uno specialista con il monitoraggio continuo della madre e del nascituro.
Le raccomandazioni del PRAC saranno trasmesse e valutate dal Coordination Group for Mutual Recognition and Decentralised Procedures – Human (CMDh), che, nel corso della riunione del 16-18 settembre 2013, adotterà una posizione finale.

Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia
1. Ekkehard Schleußner et al., The Prevention, Diagnosis and Treatment of Premature Labor Dtsch Arztebl Int. 2013; 110(13): 227–236.

2. Malcolm R. Sears et al. “Adverse effects of β-agonists”. J Allergy Clin Immunol 2002;110:S322-8.

3. Abramson MJet al. Adverse effects of β-agonists: are they clinically relevant? Am J Respir Med. 2003;2:287-97.

Comunicato stampa dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla sospensione delle autorizzazioni all’immissione in commercio di ketoconazolo per uso orale.

In data 26/07/2013, l'AIFA, in accordo con il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha diramato un comunicato riguardante la sospensione in tutta l’Unione Europea delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali contenenti ketoconazolo, a causa dell’aumentata incidenza di danno epatico associato all’assunzione delle formulazioni orali del farmaco. 
Il ketoconazolo è un farmaco antifungino ad ampio spettro d’azione, appartenente alla classe degli azoli, che esplica la sua attività attraverso l’inibizione della sintesi dell’ergosterolo, componente indispensabile delle membrane dei funghi. Oltre che essere indicato per il trattamento delle micosi superficiali e sistemiche, il ketoconazolo è utilizzato in modalità off-label per il trattamento della sindrome di Cushing ed, inoltre, si è dimostrato efficace nel trattamento del tumore avanzato alla prostata [1]. L’associazione tra ketoconazolo ed epatotossicità è stata frequentemente riscontrata nel corso di una serie di studi clinici; in particolare, nello studio di Rodriguez et al., sono stati confrontati gli effetti epatotossici e citotossici del ketoconazolo e del fluconazolo in colture primarie di epatociti di ratto, esposte a differenti concentrazioni di ketoconazolo (56-188 microM) per 0,5-4 ore e di fluconazolo (50 microM-1,0 mM) per 0,5-6 ore. La maggiore tossicità del ketoconazolo è stata confermata dall’aumento delle concentrazioni dell’enzima citosolico lattato deidrogenasi – LDH (P<0,05) e dai risultati del test di vitalità cellulare (mitochondrial reduction of 3-(4,5-dimethythiazol-2yl)-2,5-diphenyl tetrazolium bromide; MTT) [1]. In un altro studio del 2003 l’epatotossicità del ketoconazolo è stata valutata in vivo e in vitro, somministrando a ratti ketoconazolo alla dose di 40-80 mg/Kg e monitorando le concentrazioni ematiche di alanina amino transferasi (ALT) e glutatione (GSH). L’epatotossicità indotta da ketoconazolo, riscontrata nel corso di questo studio, è risultata dose- e tempo-dipendente, nonché mediata dalla Flavina Monossigenasi (FMO) [2]. Evidenze simili sono state riscontrate in 204 studi clinici inclusi in una meta-analisi del 2003; l’incidenza della comparsa di epatotossicità è stata pari al 3,6%-4,2%, con una prevalenza più alta nei bambini e negli adulti di età > 60 anni, rispettivamente dell’1,4% (Intervallo di Confidenza IC 95%: 0,5%-4,2%) e del 3,2% (IC 95%: 1,1%-8,7%). Inoltre, la prevalenza di comparsa di epatotossicità è risultata più alta nei pazienti che avevano assunto il farmaco per via orale (5,7%; IC 95%: 4,5%-7,2%) [3]. 
Nel giugno 2011, l’Agenzia francese (Agenzia Nazionale per la Sicurezza dei Medicinali e dei Prodotti per la Salute – ANSM), ritenendo il rapporto rischio/beneficio del ketoconazolo orale non positivo, ha sospeso le autorizzazioni all’immissione in commercio del farmaco in Francia e nel luglio 2011 ha richiesto una revisione al CHMP dell’EMA. Dopo aver valutato i dati disponibili, il CHMP ha concluso che l’incidenza e la gravità di danno epatico sono più alti con ketoconazolo orale che con altri antimicotici ed, inoltre, che il beneficio clinico di ketoconazolo orale è incerto poiché i dati sull’efficacia sono limitati e non conformi agli standard attuali. Pertanto, il CHMP ha raccomandato la sospensione in tutta l’Unione Europea delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali contenenti ketoconazolo e, considerata la gravità delle reazioni avverse, ha effettuato una serie di raccomandazioni per i pazienti e gli operatori sanitari. In particolare, nella nota informativa in oggetto si raccomanda ai pazienti in trattamento con ketoconazolo orale di discutere con il medico curante di trattamenti alternativi, ai medici di rivedere i pazienti in terapia con ketoconazolo orale per infezioni fungine, prevedendo l’interruzione del trattamento o la scelta di un trattamento alternativo, ed, infine, ai farmacisti di informare i pazienti, che presentano una prescrizione di ketoconazolo orale, di rivolgersi al proprio medico curante. 
Inoltre, il CHMP ha informato che le formulazioni topiche di ketoconazolo possono essere utilizzate, poiché caratterizzate da un bassissimo assorbimento sistemico e, pertanto, da un rischio molto ridotto di tossicità epatica. Infine, poiché il farmaco è utilizzato in modalità off-label per il trattamento della sindrome di Cushing, al fine di garantire che questi pazienti siano curati, le autorità nazionali competenti potranno rendere disponibili tali farmaci in condizioni controllate. 




Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/ 
Bibliografia 
1. Rodriguez RJ, Acosta D Jr. Comparison of ketoconazole- and fluconazole-induced hepatotoxicity in a primary culture system of rat hepatocytes. Toxicology. 1995;96:83-92. 
2. Rodriguez RJ, Buckholz CJ. Hepatotoxicity of ketoconazole in Sprague-Dawley rats: glutathione depletion, flavin-containing monooxygenases-mediated bioactivation and hepatic covalent binding. Xenobiotica. 2003; 33:429-41. 
3. Yan JY, Nie XL, Tao QM, Zhan SY, Zhang YD. Ketoconazole Associated Hepatotoxicity: A Systematic Review and Meta- analysis. Biomed Environ Sci. 2013 ;26:605-10.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA): l’indagine sulle terapie per il diabete a base di GLP-1 è conclusa.

In data 25/07/2013, l’EMA ha concluso la revisione sulle terapie per il diabete mellito di tipo II a base di agonisti del recettore del peptide-1-glucagone-simile (GLP-1) e ha stabilito che i dati ad oggi disponibili non confermano l’aumento del rischio di eventi avversi pancreatici a seguito della terapia con farmaci incretino-mimetici, quali GLP-1 e inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), entrambi utilizzati per la terapia del diabete mellito di tipo II. 
Sono tre le classi di sostanze che hanno un effetto incretinomimetico: ormoni naturali simil-GLP-1 (exendin-4), analoghi sintetici del GLP-1 e inibitori dell’enzima DPP-4. Il GLP-1 è un ormone di 30-31 amminoacidi prodotto dalle cellule L dell’ileo e del colon che stimola la produzione di insulina da parte delle cellule beta-pancreatiche, diminuisce il rilascio di glucagone da parte delle cellule alfa-pancreatiche e rallenta la motilità e lo svuotamento gastrico [1]. Il primo agonista sintetico, derivato dall’agonista naturale exentin-4, è stato l’exenatide, approvato dalla Food and Drug Administration nel 2005. L’exenatide, un agonista del recettore del GLP-1, promuove la secrezione di insulina in maniera glucosio-dipendente, inibisce la secrezione di glucagone e riduce l'assunzione di cibo in quanto rallenta lo svuotamento gastrico [2]. Un approccio differente rispetto agli analoghi del GLP-1 è quello che si basa sull’impiego di farmaci inibitori dell’enzima DPP-4 che hanno lo scopo di potenziare l’azione del GLP-1 endogeno. L’inibizione dell’attività della DPP-4 determina, infatti, un aumento delle concentrazioni circolanti di quest’ormone con conseguente stimolazione della secrezione insulinica, inibizione della secrezione del glucagone e rallentamento dello svuotamento gastrico [3]. Alcuni studi precedenti avevano evidenziato la possibilità che le terapie con analoghi del GLP-1 o inibitori della DPP-4, potessero aumentare il rischio di pancreatite acuta e tale evento avverso era già stato inserito in scheda tecnica in quanto alcuni casi rari di pancreatite acuta si erano già verificati durante gli studi pre-marketing [4]. 
La revisione di questa classe di farmaci è stata avviata dall’EMA in seguito alla pubblicazione di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori indipendenti che si basano sull’esame di un piccolo numero di campioni di tessuto pancreatico ottenuti da donatori con o senza diabete mellito di tipo II, morti per cause diverse dal diabete ed in particolare reazioni avverse a livello pancreatico. Tale studio dimostrava un aumento del rischio di pancreatite e metaplasie del dotto pancreatico in pazienti con diabete di tipo II trattati con terapie a base di GLP-1. Il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA, in seguito alla revisione della pubblicazione e alla consultazione di un gruppo di esperti, ha ritenuto che lo studio avesse delle limitazioni metodologiche, soprattutto differenze tra gruppi studiati per quanto riguarda sesso, età, durata della malattia e trattamenti, ovvero, fattori che non consentono una corretta interpretazione dei risultati. Pertanto, il CHMP non ha ritenuto che vi siano stati cambiamenti significativi sulla comparsa di reazioni avverse a carico del pancreas, associati all’uso di terapie a base di GLP-1. Nonostante recenti evidenze di casi di pancreatite, questi farmaci presentano già avvertenze nelle rispettive schede tecniche che, secondo il CHMP, dovranno essere armonizzate per tutte le terapie a base di GLP-1, in modo da fornire le opportune informazioni a pazienti ed operatori sanitari. 
Oltre a studi previsti ed in corso, a monitorare gli eventi avversi delle terapie a base di GLP-1 partecipano anche i titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio per questi farmaci, che comunicano periodicamente i risultati all’EMA per la valutazione dei rischi associati a questi farmaci, inclusa l’insorgenza di pancreatite e cancro al pancreas. I titolari dell’autorizzazione, dovranno quindi aggiornare i piani di gestione del rischio per questi farmaci. 
Infine, due grandi studi indipendenti sono in corso a partire dal 2011 con lo scopo di studiare il profilo di rischio dei trattamenti per il diabete in generale e più specificamente il profilo di rischio in relazione al pancreas. I primi risultati di questi studi sono attesi per la primavera del 2014; intanto l'EMA continuerà a seguire da vicino e valutare tutte le informazioni che si renderanno disponibili su questi medicinali per garantire che il loro profilo beneficio-rischio rimanga positivo. 
Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it 
http://www.ema.europa.eu 

Bibliografia 
1) Drucker DJ: Enhancing incretin action for the treatment of type 2 diabetes. Diabetes Care 26, 2929-2940, 2003. 
2) Macconell L, Pencek R, Li Y, Maggs D, Porter L. Exenatide once weekly: sustained improvement in glycemic control and cardiometabolic measures through 3 years. Diabetes Metab Syndr Obes. 2013;6:31-41. 
3) Singh S, Chang HY, Richards TM, Weiner JP, Clark JM, Segal JB. Glucagonlike 
4) Peptide 1-Based Therapies and Risk of Hospitalization for Acute Pancreatitis in Type 2 Diabetes Mellitus: A Population-Based Matched Case-Control Study. JAMA Intern Med. 2013 25:1-6. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla raccomandazione, da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), di introdurre modifiche nell’uso dei medicinali a base di metoclopramide.

In data 26/07/2013, l’AIFA ha pubblicato un comunicato in merito alla raccomandazione, da parte dell’EMA, di modificare l’uso dei medicinali a base di metoclopramide. 
La metoclopramide è un farmaco dotato di attività antiemetica e procinetica. In particolare, essa agisce come antagonista dei recettori dopaminergici D2 i quali, a livello della parete gastrica, sono responsabili dell’inibizione dello sfintere esofageo inferiore e della motilità gastroduodenale. L’attività procinetica della metoclopramide si basa su 4 diversi meccanismi: inibizione dei recettori D2 pre-sinaptici; stimolazione dei recettori eccitatori pre-sinaptici 5-HT4, che induce il rilascio dell’acetilcolina dai motoneuroni colinergici; inibizione dei recettori D2 postsinaptici e antagonismo dei recettori muscarinici presinaptici con un ulteriore rilascio di acetilcolina [1]. 
La revisione della metoclopramide è stata condotta su richiesta dell'agenzia regolatoria francese per i medicinali (ANSM), a seguito di continui problemi di sicurezza e di efficacia. La ANSM ha chiesto al CHMP di rivalutare i benefici e i rischi di questo farmaco in tutte le fasce di età e di uniformare le indicazioni in tutta l'UE. La revisione ha confermato i rischi ben noti di effetti neurologici come i disturbi extrapiramidali a breve termine, un insieme di disturbi dei movimenti involontari che possono includere spasmi muscolari (che spesso coinvolgono testa e collo) e la discinesia tardiva (smorfie e contrazioni muscolari involontarie). Il rischio di effetti neurologici acuti (a breve termine) è maggiore nei bambini, sebbene la discinesia tardiva sia stata segnalata più spesso negli anziani, e il rischio aumenta a dosi elevate o con un trattamento a lungo termine. Le evidenze hanno dimostrato che per la metoclopramide questi rischi sono superiori ai benefici nelle condizioni che richiedono un trattamento a lungo termine. Sono stati anche osservati casi molto rari di effetti tossici gravi sul cuore e sulla circolazione, in particolar modo dopo somministrazione parenterale. 
Il comitato ha raccomandato, pertanto, che i medicinali a base di metoclopramide siano prescritti solo per un uso a breve termine (fino a 5 giorni), che non siano somministrati nei bambini al di sotto di 1 anno di età e che nei bambini di età superiore ad 1 anno siano utilizzati solo come trattamento di seconda scelta (dopo che siano stati considerati o provati altri trattamenti) per la prevenzione di nausea e vomito ritardati in seguito a chemioterapia e per il trattamento di nausea e vomito post-operatori. Negli adulti possono essere utilizzati per la prevenzione e il trattamento di nausea e vomito, nei casi associati a chemioterapia, radioterapia, chirurgia e nella gestione dell’emicrania. Inoltre, le dosi massime consigliate negli adulti e nei bambini devono essere limitate e le formulazioni a dosaggio più alto devono essere ritirate dal mercato. 
Le raccomandazioni dell’EMA si basano su una rivalutazione del profilo rischio-beneficio dei medicinali a base di metoclopramide, per tutte le indicazioni e le popolazioni di pazienti. 
In particolare, la revisione si basa su studi pubblicati di efficacia e di meta-analisi, nonché di analisi della segnalazione di sospette reazioni avverse. 
I dati riguardanti l’efficacia hanno evidenziato che la metaclopramide, nel trattamento di nausea e vomito acuti indotti (CINV) da chemioterapia, mostrava un’efficacia inferiore rispetto agli antagonisti dei recettori 5-HT3 richiedendo dosi elevate con un aumento del rischio di eventi avversi. Altre evidenze indicavano un ruolo nel trattamento di nausea e vomito indotti da radioterapia, sebbene l’efficacia anche in questo caso risultava ridotta rispetto agli antagonisti 5-HT3. Le evidenze, invece, su metoclopramide somministrata per via endovenosa per nausea e vomito post-operatori indicavano una sua efficacia al pari degli altri trattamenti autorizzati. 
Vi erano evidenze di efficacia anche nel trattamento di nausea e vomito associati con emicrania acuta, sebbene dosi più alte di 10 mg non comportavano una maggiore efficacia. Non c'è stata evidenza di beneficio consistente, invece, nella gastroparesi, nella malattia da reflusso gastroesofageo e nella dispepsia, condizioni croniche che richiedono un trattamento prolungato e possono esporre i pazienti a rischio di effetti indesiderati neurologici cronici. I disturbi extrapiramidali costituivano quasi la metà di tutti gli effetti avversi riportati spontaneamente in un database del produttore (1749 casi su 4005, fino a dicembre 2011). Il tasso di segnalazione di questi disturbi è stato calcolato essere 6 volte più elevato per i bambini che per gli adulti, anche se non è stato possibile stimare con precisione il pattern di utilizzo nelle diverse fasce d'età. I disordini extrapiramidali si verificavano con maggior probabilità dopo diverse dosi, sebbene di solito nelle fasi iniziali del trattamento ed erano meno probabili a velocità di infusione più lente quando metoclopramide era somministrata per via endovenosa. I pazienti anziani sembravano essere più a rischio di discinesia tardiva potenzialmente irreversibile dopo un trattamento a lungo termine. Vi erano anche un numero significativo di casi di sovradosaggio nei bambini, in particolare con formulazioni liquide orali. 
Segnalazioni di reazioni cardiovascolari associate a metoclopramide sembravano essere molto rare e principalmente associate alle formulazioni endovenose somministrate a pazienti con rischi concomitanti di malattie cardiache. Le segnalazioni includevano ipotensione, shock, sincope, bradicardia o blocco atrio-ventricolare e arresto cardiaco. Visto il rischio noto di eventi avversi neurologici e altri eventi avversi, in particolare nei bambini e nei giovani, il Comitato ha concluso che le indicazioni per la metoclopramide devono essere limitate a quelle che comportano l’utilizzo a breve termine, una dose massima di 0,5 mg per kg di peso corporeo al giorno e ristrette ai casi in cui vi siano prove sufficienti di efficacia. Le informazioni sul prodotto saranno modificate in modo appropriato e i prescrittori riceveranno ulteriori comunicazioni a livello nazionale. La rivalutazione dei medicinali contenenti metoclopramide è stata avviata nel dicembre 2011 su richiesta della Francia, ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2001/83/CE. 


Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it 
http://www.ema.europa.eu/ema/ 

Bibliografia 
Rao AS, Camilleri M. Review article: metoclopramide and tardive dyskinesia. Aliment Pharmacol Ther. 2010;31:11-9. 

   

  

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