Farmacovigilanza

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alle modifiche di utilizzo del medicinale Iclusig (ponatinib) nella leucemia al fine di minimizzare il rischio di tromboembolismo

In data 22/11/2013, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa in merito alle modifiche di utilizzo del medicinale Iclusig (ponatinib) nella leucemia, al fine di minimizzare il rischio di tromboembolismo.
Iclusig, il cui principio attivo è il ponatinib, è un farmaco ad azione antitumorale indicato per il trattamento della leucemia mieloide cronica (CML) e della leucemia linfoblastica acuta (ALL) con positività al “Cromosoma-Philadelphia” (Ph+) in pazienti adulti. In particolare, è usato in pazienti che non rispondono o che non tollerano dasatinib e nilotinib (farmaci appartenenti alla stessa classe) e per i quali il successivo trattamento con imatinib (terza linea) non è considerato opportuno. È, inoltre, indicato nel trattamento di pazienti che hanno una mutazione genetica chiamata 'mutazione T315I ', che li rende resistenti al trattamento con gli altri farmaci della stessa classe. Ponatinib è un anticorpo monoclonale appartenente alla famiglia degli inibitori delle tirosin-chinasi e agisce bloccando una tirosina-chinasi chiamata Bcr-Abl, presente sulla superficie delle cellule leucemiche e coinvolta nella stimolazione della replicazione cellulare incontrollata. Il blocco di Bcr-Abl, infatti, controlla e riduce la crescita e la diffusione delle cellule leucemiche.
In uno studio clinico di fase 2 sul ponatinib, in pazienti con leucemia e positività al Cromosoma-Philadelphia, è emerso che il 9% di questi pazienti aveva manifestato eventi trombotici arteriosi e il 3% di questi eventi è stato correlato al trattamento farmacologico (1).
Anche la US Food and Drug Administration (FDA) ha valutato il rischio d’insorgenza di eventi tromboembolici associati alla terapia con ponatinib. In studi clinici, condotti prima dell'approvazione in commercio del farmaco, erano emersi eventi tromboembolici arteriosi e venosi, con una frequenza rispettivamente dell’8% e del 3%. Dati successivi, provenienti da studi clinici post-marketing, hanno evidenziato che il 20 % dei pazienti in trattamento con ponatinib ha sviluppato eventi tromboembolici (2).
Alla luce di tali dati il Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) dell’EMA, nella riunione del 4-7 novembre, ha sottolineato che gli eventi tromboembolici associati all’uso di ponatinib, si manifestano con una frequenza più alta rispetto a quella osservata al momento dell’autorizzazione all’immissione in commercio (luglio 2013). Pertanto, il PRAC ha raccomandato una maggiore cautela e un più attento monitoraggio dei casi di tromboembolismo, in pazienti in trattamento con tale farmaco. Raccomanda, inoltre, un aggiornamento del riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP), sia per rafforzare le avvertenze sul rischio cardiovascolare, che per dare maggiori indicazioni su come ottimizzare la terapia cardiovascolare prima di iniziare il trattamento farmacologico. Tali raccomandazioni sono state esaminate il 22 novembre anche dal Comitato per i medicinali per uso umano dell'Agenzia europea (CHMP), che ha emanato un parere sostanzialmente in linea con quello emesso precedentemente dal PRAC. Infatti, il CHMP ha ribadito che:
• la terapia con Iclusig è controindicata in pazienti con pregressi episodi cardiovascolari quali infarto del miocardio o ictus.
• prima di iniziare il trattamento con Iclusig e durante la terapia farmacologica si devono monitorare attentamente tutti i possibili fattori di rischio cardiovascolari, considerando l’eventualità di interrompere immediatamente il trattamento in caso di ipertensione arteriosa non controllata, segni di occlusione vascolare o tromboembolismo;
• è necessario che il paziente segnali tempestivamente agli operatori sanitari segni e sintomi correlabili alle alterazioni della coagulazione del sangue quali dolore o gonfiore delle gambe, improvvisa e inspiegabile mancanza di respiro, respirazione rapida o tosse, dolore al petto, debolezza o intorpidimento delle gambe, delle braccia e/o del viso.
Alla luce di questi dati, il CHMP, in accordo con il PRAC, condurrà ulteriori esami ed approfondimenti dei dati sui benefici e sui rischi della terapia con Iclusig.

Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia
1. Cortes JE, Kim DW, Pinilla-Ibarz J, le Coutre P, at all. A phase 2 trial of ponatinib in Philadelphia chromosome-positive leukemias. N Engl J Med. 2013; 369:1783-96.
2. U.S. Food and Drug Administration (FDA): Iclusig (Ponatinib): Drug Safety Communication - Increased Reports Of Serious Blood Clots In Arteries And Veins. U.S. Food and Drug Administration (FDA). Silver Spring, MD. 2013.

Comunicato stampa dell’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alle nuove disposizioni di utilizzo del MabThera® (rituximab) in pazienti con epatite B attiva o con sierologia positiva ma malattia non attiva.

In data 08/11/2013, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha diramato un comunicato diretto agli operatori sanitari in merito all’utilizzo del MabThera® (rituximab) in pazienti con epatite B attiva o non attiva in quanto sono stati osservati casi di riattivazione virale con insorgenza di forme epatitiche fulminanti anche fatali.
Il rituximab è un anticorpo monoclonale umano/murino approvato per la prima volta dalla autorità Americana ed Europea (rispettivamente nel 1997 e nel 1998) per il trattamento del Linfoma non-Hodgkin (1). Strutturalmente è composto da due regioni: la prima caratterizzata da una porzione costante costituita da una catena pesante di immunoglobulina IgG1 umana e da una catena leggera kappa; la seconda caratterizzata da una regione variabile murina composta da una catena pesante e una leggera (2). Il target del farmaco è la proteina transmembrana CD20 espressa costitutivamente sia sui linfociti B normali che sui linfociti B maligni; la non selettività d’azione comporta la deplezione di entrambe le forme e l’utilizzo del medicinale anche in patologie non-neoplastiche, come la trombocitopenia idiopatica, e non-ematologiche, come l’artrite reumatoide (1). Il meccanismo d’azione responsabile della deplezione linfocitaria consiste nell’induzione di citotossicità complemento-dipendente (CDC), citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC), induzione apoptotica e sensibilizzazione alla chemioterapia. Nel 2004, il rituximab è stato approvato dalle autorità europee e introdotto, in associazione con la chemioterapia convenzionale, nel trattamento di prima linea in pazienti con linfoma indolente (3).
Recenti studi hanno però dimostrato che l’utilizzo del rituximab da solo, o in associazione con terapie citotossiche, è associato ad eventi di riattivazione del virus dell’epatite B (HBV) in pazienti HBsAg negativi, anti-HBcAg positivi e con o senza anti-HBsAg. Tale condizione è stata maggiormente messa in risalto dalla Food Drug Administration (FDA) che ha emanato nel 2004 una segnalazione di allarme sul rischio di disfunzione epatica associata a questi agenti (4). A tal proposito è stato riportato un caso di riattivazione del virus HBV che ha portato al decesso di un paziente di 59 anni. Il paziente, affetto da linfoma maligno e trattato dal 1998 al 2004 con terapia chemioterapica, presentava all'anamnesi epatite pregressa in quanto mostrava a livello sierologico HBsAg-negativo, anti-HBsAg positivo e anti-HBcAg positivo. Inizialmente la terapia chemioterapica, dopo aver determinato una riduzione delle dimensioni delle masse linfonodali, è stata sospesa per poi essere ripresa successivamente per riacutizzazione dell’evento neoplastico. La terapia dal 2000 al 2004 prevedeva l’utilizzo di agenti chemioterapici sia per via endovenosa, quali ciclofosfamide 6300mg, vincristina 8mg, mitoxantrone idrocloridrato 60mg, irinotecan 740mg, desametasone sodio fosfato 140mg e etoposide 2400mg, che per via orale, quali prednisolone 300mg, il quale è stato poi ridotto negli anni a 10mg/die. Nel Luglio del 2004 è stato associato alla terapia chemioterapica il rituximab a scopo preventivo. Dopo due mesi dall’associazione si è osservato un incremento dei livelli di aspartato amino transferasi (AST), alanina amino transferasi (ALT), HBV DNA, aumento del tempo di protrombinemia (PT) e di bilirubina totale. Considerando la storia di epatite si è ipotizzata la riattivazione virale e si è trattato a tal scopo il paziente con lamivudina associata a metilprednisolone. Ciò ha determinato la riduzione dei livelli di AST, ALT e HBV DNA ma non del PT e della bilirubina totale. L’attivazione virale ha comportato successivamente l’insorgenza di una encefalopatia epatica con conseguente insufficienza d’organo e decesso del paziente. Si tratta, quindi, di un caso di riattivazione virale indotta, da rituximab associato a terapia immunosoppressiva in pazienti storicamente epatitici (5). Un ulteriore caso è stato osservato nel 2002 in un paziente con precedente epatite B cronica e affetto da leucemia linfocitica. Il paziente dopo somministrazione di rituximab, come terapia anti-neoplastica, ha manifestato una riacutizzazione della forma virale che ha portato l’insorgenza di una forma di epatite fulminante con conseguente insufficienza epatica e decesso del paziente stesso (6). Alla luce di tali eventi, l’AIFA ha emanato un comunicato che prevede di:
▬ eseguire uno screening per il virus dell’epatite B in tutti i pazienti prima del trattamento con rituximab;
▬ non somministrare il rituximab in pazienti con epatite B attiva;
▬ richiedere la consulenza di un epatologo in quei pazienti con malattia epatitica non attiva ma con sierologia positiva al virus e monitoraggio e gestione secondo gli standard medici locali allo scopo di prevenirne la riattivazione virale.
Nel rispetto di tali considerazioni, tutti gli operatori sanitari sono tenuti a riferire qualsiasi evento avverso che si sospetti correlato all’uso di rituximab utilizzando l’apposita scheda cartacea reperibile attraverso sul sito http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/tipo_filecb84.pdf, o compilando la scheda elettronica reperibile sul sito http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/scheda_aifa_operatore_sanitario16.07.2012.doc. Una volta compilato, il materiale deve essere inviato al Responsabile di Farmacoviglanza della struttura sanitaria di appartenenza o, nel caso di strutture sanitarie private, mediante la Direzione sanitaria, al Responsabile di Farmacovigilanza della ASL di competenza territoriale.








Siti di riferimento
www.agenziafarmaco.gov.it
www.ema.europa.eu
Bibliografia

1. G. Cartron, et all. Pharmokinetics of rituximab and its clinical use: thought for the best use?. Clinical reviews in oncology/hematology, 2007. 62: 43-52.

2. Y. T. Becker, et all. Rituximab as treatment for refractory kidney transplant rejection. American journal of transplatation, 2004. 4: 996-1001.

3. E. Kimby. Tolerability and safety of rituximab (MabThera®). Cancer treatment reviews, 2005. 31: 456-473.

4. W. Yeo, et all. Hepatitis B virus reactivation in lymphoma patients with prior resolved hepatitis B undergoing anticancer therapy with or without rituximab. Journal of clinal oncology, 2009. 27: 605-611.

5. T. Sera, et all. Anti-HBs-Positive liver failure due to hepatitis B virus reactivation induced by rituximab. Internal Medicine, 2006. 45: 721-724

6. C. Sarrecchia, et all. HBV reactivation with fatal fulminating hepatitis during rituximab treatment in a subject negative for HBsAg and positive for HBsAb and HBcAb. Journal of infection and chemioterapy, 2005. 11: 189-191.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in merito alla conferma delle modifiche di dosaggio e durata del trattamento dei medicinali a base di metoclopramide, al fine di ridurre gli effetti indesiderati neurologici.

In data 25/10/2013, l’EMA ha diramato un comunicato diretto agli operatori sanitari in merito alla conferma delle modifiche relative al dosaggio e alla durata del trattamento di medicinali a base di metoclopramide somministrati nei bambini e negli anziani, al fine di ridurre l’incidenza degli eventi avversi gravi a carico del SNC.
La metoclopramide è un antagonista dei recettori serotoninergici 5-HT3 e 5-HT4 e del recettore dopaminergico D2. L’antagonismo del recettore 5-HT4 a livello del plesso mioenterico determina rilascio di acetilcolina con conseguente incremento della motilità gastro-intestinale, mentre l’azione antagonista sui recettori 5-HT3 e D2 è responsabile dell'effetto antiemetico. La duplice azione del farmaco giustifica il suo utilizzo come antiemetico e procinetico. 1
Tra gli eventi avversi a carico del SNC si osservano disordini del movimento, acatisia e distonia. Inoltre, l’uso cronico sembra essere associato alla comparsa di discinesia tardiva e effetti parkinson simili. Nelle donne si è potuto osservare come particolari condizioni, quali l’età e il diabete, possano aumentare l’incidenza di comparsa degli eventi avversi sopra segnalati. 2
In particolare, il rischio di tali eventi avversi neurologici è stato riscontrato nell’anno 2010 in Francia in bambini trattati con metoclopramide; a seguito di tali eventi nel dicembre 2011, su richiesta dell’Agenzia regolatoria francese per i farmaci (ANSM), è stata avviata una rivalutazione dei medicinali contenenti metoclopramide. Nello specifico, l’ANSM ha chiesto al Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP) di valutare il profilo rischio/beneficio in tutte le popolazioni di pazienti, ponendo particolare attenzione a bambini e anziani. Il riesame condotto dal CHMP ha portato a una raccomandazione, pubblicata il 26/07/2013, che ha confermato una rimodulazione dei dosaggi. In seguito a tale conferma, una ditta produttrice di formulazioni liquide ad alto dosaggio di metoclopramide ha richiesto di rivalutare la posizione presa dal CHMP, tenuto conto dei vantaggi di tali formulazioni. Il CHMP ha concluso che, sebbene vi fossero alcuni vantaggi con tali formulazioni, quali una più facile regolazione del dosaggio in pazienti con ridotta funzionalità renale e epatica, queste non risultino essere determinanti a fini di una riduzione del rischio di errore da sovradosaggio nei bambini, mentre negli anziani si potrebbero avere riduzioni di rischio attraverso l’utilizzo di dispositivi graduati che migliorino la precisione della somministrazione. Tenuto conto di questa osservazione, è stato emanato un comunicato che prevede una modifica dell’indicazione d’uso delle formulazioni ad alto dosaggio di metoclopramide e le seguenti raccomandazioni, rivolte agli operatori sanitari, circa l’utilizzo e le indicazioni delle formulazioni ad alto dosaggio:
 negli adulti, metoclopramide continua ad essere indicata per la prevenzione di nausea e vomito post-operatori (PONV), nausea e vomito indotti da radioterapia, nausea e vomito ritardati (ma non acuti) indotti da chemioterapia e per il trattamento sintomatico di nausea e vomito inclusi i casi in cui sono associati ad emicrania acuta;
 nei bambini, metoclopramide deve essere utilizzata solo come trattamento di seconda linea per la prevenzione di nausea e vomito ritardati indotti da chemioterapia e nel trattamento della PONV accertata. L'uso è controindicato nei bambini al di sotto di 1 anno di età;
 per adulti e bambini il dosaggio massimo nelle 24 ore è di 0,5 mg per kg di peso corporeo; negli adulti il dosaggio abituale nelle formulazioni convenzionali è di 10 mg fino a 3 volte al giorno. Nei bambini la dose raccomandata è da 0,1 a 0,15 mg per kg di peso corporeo, fino a tre volte al giorno;
 le formulazioni liquide orali sono state associate a sovradosaggio nei bambini; pertanto, le stesse contenenti più di 1 mg/ml saranno ritirate dal mercato e le dosi orali delle rimanenti formulazioni dovranno essere somministrate utilizzando un’appropriata siringa graduata per somministrazioni orali, in modo da garantire la precisione;
 anche le formulazioni endovenose con concentrazioni superiori a 5 mg/ml e le supposte da 20 mg saranno ritirate dal mercato;
 le dosi per via endovenosa dovranno essere somministrate lentamente in bolo per almeno 3 minuti, per ridurre il rischio di effetti avversi;
 viste le segnalazioni molto rare di gravi reazioni cardiovascolari associate a metoclopramide, in particolare per somministrazione endovenosa, si deve prestare particolare attenzione in popolazioni che potrebbero essere a maggior rischio, compresi gli anziani, i pazienti con disturbi della conduzione cardiaca, con squilibrio elettrolitico non compensato o bradicardia e in quelli trattati con altri farmaci noti per prolungare l'intervallo QT;
 per i pazienti in terapia con metoclopramide, il trattamento deve essere rivisto dal medico in un appuntamento di routine (non urgente).
Ad oggi il parere del CHMP sulla metoclopramide è stato trasmesso alla Commissione Europea e risulta in attesa di approvazione.
Si ricorda che la problematica sulla modifica del dosaggio di formulazioni liquide di metoclopramide e rischio di disturbi a carico del SNC è già stata trattata in una news precedentemente pubblicata sul portale web www.farmacovigilanza.unina2.it in data 01/08/2013.





Siti di riferimento
www.agenziafarmaco.gov.it/
www.ema.europa.eu/

Bibliografia
1. Gareth J. Sanger, John Broad, Paul L.R. Andrews: The relationiship between gastric motility and nausea: Gastric prokinetic agents as treatments; European Journal of Pharmacology 715: 11; 2013
2. Pasricha PJ, Pehlivanov N, Sugumar A, Jankovic J: Drug Insight: from disturbed motility to disordered movement--a review of the clinical benefits and medicolegal risks of metoclopramide; Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology 3: 138-148; 2006

NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) RELATIVA ALLA CORRETTA MODALITA’ DI RICOSTITUZIONE DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE JEVTANA® (CABAZITAXEL).

In data 5 Novembre 2013, l’AIFA, in accordo con l’EMA, ha pubblicato una Nota Informativa contenente importanti aggiornamenti in merito alla corretta modalità di ricostituzione della specialità medicinale Jevtana® (il cui principio attivo è cabazitaxel).
Cabazitaxel è un agente antineoplastico indicato nel trattamento di pazienti affetti da carcinoma prostatico metastatico ormono-refrattario (mHRPC), trattati in precedenza con un regime contenente docetaxel, in combinazione con prednisone o prednisolone (1,2).
Cabazitaxel si lega al sistema dei microtubuli cellulari, stabilizzandoli e inibendo, quindi, la depolimerizzazione della tubulina, processo essenziale per la mitosi e l’interfase cellulare.
La ricostituzione di Jevtana® richiede un processo di diluizione articolato in due fasi. Per compensare l’eventuale perdita di farmaco durante l’allestimento, sia il flaconcino di concentrato di cabazitaxel che il contenuto del flaconcino di solvente prevedono un sovra-riempimento.
Il sovra-riempimento assicura che, dopo la diluizione del concentrato con l’intero contenuto del flaconcino di solvente fornito, ci sia una soluzione diluita iniziale, chiamata “premix” o “miscela concentrato-solvente”, contenente 10 mg/ml di Jevtana®.
Alla luce di alcune recenti segnalazioni relative ad episodi di errata ricostituzione di tale farmaco, secondo cui, durante la prima fase di allestimento, veniva trasferito nel flaconcino di concentrato soltanto il volume nominale del flaconcino solvente (pari a 4,5 ml) piuttosto che l’intero contenuto (pari a 5,67 ml), con conseguenti casi di sovradosaggio (con una reale dose somministrata dal 15% al 20% superiore rispetto alla dose prescritta), la Sanofi-Aventis, azienda produttrice di Jevtana®, ha opportunamente provveduto ad informare gli operatori sanitari sulla corretta modalità di allestimento del farmaco e ha, pertanto, divulgato le seguenti raccomandazioni:
• La corretta preparazione della soluzione per infusione di Jevtana richiede un processo di diluizione a due fasi;
• Durante la prima fase (diluizione iniziale del concentrato) è necessario trasferire sempre l’intero contenuto del flaconcino di solvente nel concentrato, al fine di raggiungere la concentrazione di 10 mg/ml di cabazitaxel nel “premix”;
• Durante la seconda fase (preparazione della soluzione per infusione) prelevare dal “premix” il volume richiesto e iniettare nella sacca di infusione alla posologia di Jevtana® da somministrare al paziente.
Le possibili complicanze in caso di sovradosaggio potrebbero essere rappresentate da un’esacerbazione di reazioni avverse come soppressione midollare e disturbi gastrointestinali, così come indicato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) e nel Foglietto Illustrativo del suddetto farmaco.
In caso di utilizzo di un software automatico per l’allestimento di tale farmaco, è necessario verificare, inoltre, che il sistema sia stato ottimizzato per prelevare l’intero contenuto del flaconcino di solvente da aggiungere al flaconcino di concentrato, in modo da assicurare sempre una concentrazione di 10 mg/ml nel “premix”.

Siti di riferimento
http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/nota-informativa-importante-su-jevtana-cabazitaxel-05112013
http://www.ema.europa.eu/ema/
Bibliografia
1) Keating GM. Cabazitaxel: a guide to its use in hormone-refractory metastatic prostate cancer. Drugs Aging. 2013;30: 359-65;
2) Pal SK, Twardowski P, Sartor O. Critical appraisal of cabazitaxel in the management of advanced prostate cancer. Clin Interv Aging. 2010;5:395-402

Comunicato stampa dell’ Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al rischio di gravi reazioni da ipersensibilità con medicinali contenenti ferro somministrati per via endovenosa.

In data 25/10/2013, l’ AIFA in accordo con l’ Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa in cui raccomanda un più attento monitoraggio delle gravi reazioni di ipersensibilità correlate all’ assunzione per via endovenosa di medicinali a base di ferro (Ferinject, Venofer, Ferro saccarato FME, Ferlixit).
I medicinali per via endovenosa contenenti ferro sono indicati per il trattamento della carenza di ferro, quando i preparati per via orale sono inefficaci o non possono essere usati. I diversi preparati a base di ferro contengono ferro complessato ad altre molecole, come molecole di carbossimaltosio, destrano, glucosio, maltosio e saccarosio; tali composti sono stati autorizzati in tutti gli Stati membri tramite procedure nazionali. Per tali formulazioni iniettabili e in particolare per il ferro destrano sono state riportate reazioni di ipersensibilità potenzialmente fatali. Infatti, è stato dimostrato che lo 0,7% dei pazienti che ha assunto per via endovenosa ferro destrano ha manifestato reazioni anafilattiche letali [1-2].
La revisione dei medicinali parenterali contenenti ferro è stata avviata su richiesta dell’ Agenzia nazionale per la salvaguardia della salute e dei medicinali francese (ANSM), ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2001/83/CE s.m.i, che ha chiesto al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) di effettuare una valutazione completa del rapporto beneficio-rischio di tali medicinali, al fine di valutare se l'immissione in commercio di questi medicinali non debba subire modifiche o se debba essere modificata, sospesa o revocata in tutta l'Unione Europea. Dopo un attenta valutazione, il CHMP dell'EMA ha concluso che i benefici di questi medicinali superano ancora i rischi, purché siano adottate misure adeguate per ridurre al minimo il rischio di reazioni allergiche.
Le misure comprendono:
 utilizzo di preparati a base di ferro esclusivamente in strutture dotate di reparti di rianimazione e in presenza di personale qualificato;
 eliminare la pratica di somministrare preliminarmente al paziente una piccola dose di prova, in quanto non sufficiente a fornire indicazioni quando al paziente viene somministrata la dose completa;
 attenzione massima va prestata in gravidanza, per il rischio di reazioni allergiche nella madre e nel feto. Il trattamento, infatti, va limitato al 2° e al 3° trimestre di gravidanza;
 i pazienti devono essere attentamente monitorati per almeno 30 minuti dopo ogni somministrazione;
 per ridurre al minimo i rischi la somministrazione va evitata in pazienti con allergie note e va eseguita rispettando la posologia e la modalità di somministrazione descritta nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP);
 tutti i medici che prescrivono questi medicinali devono informare il paziente sul rischio di ipersensibilità prima di ogni somministrazione. I pazienti devono essere informati dei sintomi correlati e deve essere loro richiesto di contattare con urgenza il medico in caso di reazione indesiderata.

In conclusione, al fine di minimizzare i rischi, si raccomanda di monitorare le condizioni cliniche del paziente dopo ogni dose di farmaco, anche se le somministrazioni precedenti sono state ben tollerate. Inoltre, per ottenere maggiori informazioni sul prodotto, si consiglia di far riferimento alle sezioni del RCP.

Siti di riferimento:
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia:
[1] George R. Bailie, John A. Clark, Christi E. Lane and Peter L. Lane - Hypersensitivity reactions and deaths associated with intravenous iron preparations - Nephrol. Dial. Transplant, 2005 20 : 1443-1449.
[2] SB Silverstein, GM Rodgers: Parenteral iron therapy options - American journal of hematology, 2004 - Wiley Online Library

   

  

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