Farmacovigilanza

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in merito alle raccomandazioni di estensione di utilizzo di Nexavar® (sorafenib tosilato) anche per il trattamento del carcinoma tiroideo differenziato.

In data 25/04/2014, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha diramato un comunicato nel quale raccomanda l’estensione di utilizzo del farmaco antineoplastico Nexavar® anche per il trattamento del carcinoma tiroideo differenziato, nelle sue differenti forme (progressivo, localmente avanzato o metastatico). L’estensione di utilizzo del Nexavar® per la patologia in oggetto è stata già approvata nel novembre 2013 dalla Food and Drug Administration (FDA).

Nexavar® (sorafenib tosilato), approvato dalla Commissione Europea nel 2007, è indicato per il trattamento dell’epatocarcinoma e del carcinoma a cellule renali avanzato dopo fallimento terapeutico di una precedente terapia a base di interferone alfa o interleuchina-2 e in pazienti che sono considerati non idonei a ricevere tali terapie. Il sorafenib è un inibitore delle chinasi che ha dimostrato proprietà anti-proliferative e anti-angiogeniche in vitro e in vivo; il farmaco, inoltre, inibisce la proliferazione delle cellule tumorali in vitro. Infine, inibisce l’attività di alcuni target molecolari presenti nella cellula tumorale (CRAF, BRAF, V600E BRAF, c-KIT e FLT-3) e nei vasi sanguigni (CRAF, VEGFR-2, VEGFR-3 e PDGFR-β).

Come riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Nexavar®, le reazioni avverse gravi più comunemente riscontrate durante la terapia sono ischemia e infarto del miocardio, perforazione gastrointestinale, epatite da farmaci, emorragia e ipertensione. Tra le reazioni avverse più comuni figurano, invece, diarrea, rash, alopecia e sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare [1].

Dai risultati di 3 studi clinici di fase 2, condotti in aperto, a braccio singolo, la somministrazione di sorafenib in pazienti affetti da carcinoma tiroideo ha determinato una risposta favorevole nel 31% (8/26) dei pazienti trattati nel primo studio, 23% (7/30) dei pazienti trattati nel secondo studio e nel 15% (3/19) dei pazienti arruolati nel terzo studio. Relativamente alla tollerabilità, le reazioni avverse riscontrate nel corso dei 3 studi clinici sono state infarto miocardico di grado 4, effusione pericardica, neutropenia, alterazioni dei test di funzionalità epatica di grado 3 e 4 [2-4].

L’efficacia del sorafenib è stata, altresì, valutata nel corso di  uno studio clinico randomizzato multicentrico, condotto in doppio-cieco e controllato con placebo per il quale sono stati arruolati 417 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato refrattario allo iodio radioattivo. Nello specifico, i pazienti arruolati (età media=63 anni), sottoposti nel 99% dei casi a tiroidectomia e con progressione della patologia, risultata refrattaria alla terapia con iodio radioattivo, sono stati randomizzati a ricevere sorafenib 800 mg/die (n=207) o placebo (n=210). Dai risultati dello studio è emerso che il farmaco ha significativamente aumentato l’incidenza di pazienti sopravvissuti senza progressione della patologia (median progression free survival – PFS) rispetto al placebo. In seguito alla progressione della patologia, il 75% dei pazienti trattati con placebo e il 31% dei pazienti assuntori di sorafenib sono stati trattati in aperto con il farmaco. In tale gruppo non è stata riscontrata una differenza significativa nella media di sopravvissuti [5].

In conclusione, la decisione del CHMP, relativa alle nuove indicazioni per Nexavar®, sarà trasmessa alla Commissione Europea che adotterà una decisione finale sulle modifiche da apportare all’RCP delle specialità medicinali commercializzate in Europa.

Bibliografia

1. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) Nexavar®.

2. Schneider TC et al: Long-term analysis of the efficacy and tolerability of sorafenib in advanced radio-iodine refractory differentiated thyroid carcinoma: final results of a phase II trial. Eur J Endocrinol 2012; 167:643-650.
3. Gupta-Abramson V et al: Phase II trial of sorafenib in advanced thyroid cancer. J Clin Oncol 2008; 26:4714-4719.

4. Kloos RT et al: Phase II trial of sorafenib in metastatic thyroid cancer. J Clin Oncol 2009; 27:1675-1684.

5. Product Information: NEXAVAR(R) oral tablets, sorafenib oral tablets. Bayer HealthCare Pharmaceuticals Inc. (FDA), Whippany, NJ, 2013.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alle raccomandazioni sull’uso delle creme non registrate in Italia Linoladiol N® e Linoladiol HN® (estradiolo).

In data 28/04/2014, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa in merito alle raccomandazioni sull’uso di creme ad alte concentrazioni di estradiolo (Linoladiol N® e Linoladiol HN®).       
Linoladiol N® e Linoladiol HN® sono farmaci autorizzati nell’Unione Europea (UE) mediante procedure nazionali. Linoladiol N® è stato autorizzato in Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungaria, Lettonia, Lituania e in Repubblica Slovacca, mentre Linoladiol HN® in Lettonia, Estonia, Lituania e Germania.           
Linoladiol N® (0,01% p/p) è una crema vaginale contenente100 μg di estradiolo per grammo di crema, indicata per il trattamento dell’atrofia vaginale da carenza di ormoni estrogeni in donne in post-menopausa. Diverse review hanno valutato l’efficacia dell’estradiolo ad uso topico nel trattamento dell’atrofia vaginale, evidenziando risultati positivi per tutte le formulazioni, incluse le creme (1, 2). Linoladiol HN® (0,005% w / w, 0,4% w / w), invece, è una crema che contiene 50 μg di estradiolo e 4 mg di prednisolone per grammo ed è indicata per il trattamento a breve termine di infiammazioni della zona genitale esterna in donne in post-menopausa. L’estradiolo, principio attivo di tali creme vaginali, è un ormone estrogeno fondamentale per il corretto sviluppo dell'organismo, per garantire la maturazione degli organi sessuali secondari femminili e facilitare lo sviluppo e la rigenerazione dell’endometrio. La carenza di estrogeni si manifesta, normalmente, durante la menopausa e si accompagna allo sviluppo di un quadro sintomatologico particolarmente complesso, contraddistinto da sintomi neurologici, quali attacchi di panico, ansia e difficoltà nell'addormentamento, sintomi vasomotori, atrofia vaginale e osteoporosi. La revisione dei farmaci Linoladiol N® e Linoladiol HN® è stata avviata il 24/05/2012 dall’Agenzia Regolatoria Tedesca che, valutando i dati di Linoladiol N® disponibili, ha concluso che tale farmaco presentava un rapporto beneficio/rischio sfavorevole. Inoltre, dato che il farmaco era autorizzato in commercio anche in altri paesi dell’Unione Europea, l’Agenzia Regolatoria Tedesca ha richiesto al Comitato per i medicinali ad uso umano (CHMP) di valutarne il rapporto beneficio/rischio. Tale revisione è stata estesa successivamente al farmaco Linoladiol HN® in quanto anch’esso presentava elevate concentrazioni di estradiolo. Il CHMP sulla base di questi dati ha effettuato una prima revisione, conclusa in dicembre 2013, in cui ha emanato una serie di raccomandazioni per l’uso di entrambe le creme. Successivamente, è stata richiesta dall’Azienda titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio un ulteriore valutazione, conclusa in aprile 2014, del rapporto beneficio/rischio di Linoladiol N®. In quest’ultima revisione, il CHMP raccomanda di limitare il trattamento per entrambi i farmaci ad un periodo non superiore alle 4 settimane, in quanto, l’uso per un periodo maggiore aumenta l’assorbimento sistemico di estradiolo e, quindi, il rischio di insorgenza di eventi avversi tromboembolici, ictus e cancro all’endometrio. Inoltre, dato che in alcuni Stati membri dell'UE, Linoladiol HN® era stato autorizzato anche per il trattamento del lichen sclerosus, una malattia infiammatoria cronica della pelle che colpisce l’area genitale, il CHMP raccomanda di non utilizzare tale farmaco per tale indicazione, in quanto, non ci sono evidenze scientifiche che lo giustifichino. A tal proposito raccomanda ai pazienti, già in trattamento per tale indicazione, di discutere con il proprio medico la possibilità di intraprendere un trattamento alternativo. Il parere del CHMP verrà trasmesso alla commissione europea che formulerà una decisione finale.

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

1. Crandall C. Vaginal estrogen preparations: a review of safety and efficacy for vaginal atrophy. J Womens Health (Larchmt). 2002;11:857-77.

2. Suckling J, Lethaby A, Kennedy R. Local oestrogen for vaginal atrophy in postmenopausal women. Cochrane Database Syst Rev. 2003.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al rischio di “Sindrome da aumentata permeabilità capillare” (Capillary Leak Syndrome o CLS) in pazienti in trattamento con Granocyte® e Myelostim® (lenograstim).

In data 24/03/2014, l’AIFA in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa sul rischio di CLS e in seguito a trattamento con lenograstim.

Lenograstim, principio attivo delle specialità medicinali Granocyte® e Myelostim®, è indicato per il trattamento: della neutropenia grave in pazienti con età superiore ai 2 anni, sottoposti a terapia mieloablativa e a trapianto di midollo osseo (BMT); della neutropenia grave in pazienti sottoposti a schemi chemioterapici citotossici associati ad una significativa incidenza di neutropenia febbrile; infine, per favorire il prelievo in donatori sani delle cellule progenitrici del sangue periferico (PBPC).

Lenograstim (rHuG-CSF) è una citochina attiva nella regolazione e nella differenziazione della crescita cellulare; in particolare, come dimostrato dall'incremento nel sangue del numero di cellule CFU-S e CFU-GM, stimola i precursori cellulari dei neutrofili.      
In letteratura, gli effetti collaterali principali da terapia con lenograstim comprendono dolori ossei, mal di testa, stanchezza, nausea, febbre e insonnia. Più raramente sono stati segnalati casi di rottura della milza, emorragie polmonari, trombosi arteriosa, rabdomiolisi, reazione anafilattica, CLS e manifestazioni autoimmuni (1). La Sindrome di aumentata permeabilità capillare, descritta per la prima volta nel 1960, è una rara sindrome clinica caratterizzata, nella stragrande maggioranza dei casi, dalla comparsa di edema generalizzato, emoconcentrazione, ipoproteinemia e ipotensione (2). Nel mondo, con la sorveglianza post-marketing, sono stati segnalati 11 casi di CLS su un totale di 1,5 milioni di pazienti assuntori di lenograstim, nel periodo che va dalla data di registrazione del farmaco (04/10/1991) al 31 Ottobre 2013. Di tali segnalazioni, 1 solo caso era insorto in un assuntore di lenograstim sottoposto a prelievo delle PBPC mediante aferesi; 7 casi presentavano positività al de-challenge, incluso il caso del donatore di cellule progenitrici; 1 solo caso ha presentato positività al re-challenge; infine, due casi sono risultati fatali. Inoltre, casi di CLS in seguito a terapia con lenograstim sono stati riportati anche in letteratura in diversi case report (3,4). Alla luce di tali dati, l’AIFA raccomanda ai medici un attento monitoraggio dei sintomi di CLS nei pazienti assuntori di lenograstim e un rapido intervento terapeutico nel caso in cui si presenti la sintomatologia. Inoltre, raccomanda ai pazienti in terapia con lenograstim di contattare prontamente il proprio medico in caso di manifestazione di segni e sintomi, quali edema generalizzato, aumento della frequenza della minzione, difficoltà respiratoria, astenia e gonfiore addominale.

In conclusione, alla luce di quanto riportato e in base ai dati del post-marketing, l’AIFA dichiara che il rapporto beneficio/rischio di lenograstim è a favore del beneficio se il farmaco è assunto nelle indicazioni terapeutiche approvate e riportate nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP) e nel Foglietto Illustrativo (FI).

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

1. Moalic V. Mobilization and collection of peripheral blood stem cells in healthy donors: risks, adverse events and follow-up. Pathol Biol (Paris). 2013;61:70-4.

2. Garcês S, Araújo F, Rego F, Soares JL, Carlos AG. Capillary leakage syndrome: a case report and a review. Allerg Immunol (Paris). 2002 ;34:361-4.

3. A.M. De Azevedo, D. Goldberg Tabak. Life-threatening capillary leak syndrome after G-CSF mobilization and collection of peripheral blood progenitor cells for allogeneic transplantation. Bone Marrow Transplant. 2001;28:311–312.

4. Deeren DH, Zachee P, Malbrain ML. Granulocyte colony-stimulating factor-induced capillary leak syndrome confirmed by extravascular lung water measurements. Ann Hematol. 2005;84:89-94.

Il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) raccomanda di non utilizzare terapie combinate di farmaci inibenti il sistema renina-angiotensina (RAS).

In data 11/04/2014, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con il PRAC, ha emanato una nota informativa in cui sconsiglia l’uso combinato di farmaci inibenti il RAS. Il sistema renina-angiotensina è uno dei principali sistemi regolatori della pressione arteriosa e della volemia e una sua un’alterata regolazione è coinvolta nella fisiopatologia dell’ipertensione, di patologie cardiovascolari e nelle complicanze diabetiche. Il pathway ormonale del RAS ha inizio con la sintesi della renina da parte delle cellule juxtaglomerulari del rene in risposta a diversi inputs, quali la concentrazione di sodio nel tubulo distale, la pressione intravascolare a livello dell’arteriola afferente glomerulare, i livelli di angiotensina circolante e l’attività simpatica. La renina trasforma l’angiotensinogeno in angiotensina I (AI), che a sua volta è convertita in angiotensina II (AII) ad opera dell’enzima di conversione ACE. L’AII legando i suoi recettori (AT1 e AT2) determina un aumento del rilascio di aldosterone, effetti vasopressori renali diretti, aumento della contrattilità miocardica e ritenzione di acqua e di sodio. I farmaci ad oggi disponibili per l’inibizione di tale sistema sono gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina I (ACEi), gli antagonisti del recettore dell’angiotensina II (Sartani o ARB) e gli inibitori diretti della renina (DRI-Aliskiren). Tali farmaci sono stati impiegati inizialmente come monoterapie e successivamente come terapie combinate, al fine di ottenere un miglior controllo pressorio e maggiori effetti cardio- e nefroprotettivi. La possibilità di terapie combinate è stata valutata in diversi trials tra cui lo studio ONTARGET che ha valutato la terapia combinata ARB (telmisartan) e ACEi (ramipril) in soggetti con diabete e ad alto rischio di malattie vascolari; l’ALTITUDE che ha valutato i potenziali benefici di aliskiren in aggiunta o a un ACEi o a un ARB nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e renali in pazienti con diabete di tipo 2 ad alto rischio di eventi cardiovascolari e renali fatali e non e il VA-NEPHRON-D che, infine, ha verificato la sicurezza e l’efficacia della combinazione ACEi e ARB vs la monoterapia con ARB sul rallentamento della progressione della nefropatia diabetica proteinurica. I risultati di questi trials hanno evidenziato da un lato un miglior controllo della pressione arteriosa e una riduzione della albuminuria, dall’altro hanno fallito nel dimostrare una protezione d’organo, sia a livello renale che cardiovascolare. Infatti, è stato riscontrato che il duplice blocco del RAS non è in grado di ridurre la morbilità cardiovascolare e renale ma, al contrario, incrementa il rischio di iperkaliemia e di insufficienza renale (1-3).        

L’analisi del rapporto rischio/beneficio delle terapie combinate da farmaci inibenti il RAS è stata avviata a livello europeo su richiesta dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Tale analisi è conseguente a una precedente revisione effettuata dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), che ha valutato i medicinali contenenti aliskiren e ha concluso che l’associazione aliskiren con ACEi/ARB incrementa il rischio di eventi avversi cardiovascolari e renali e, pertanto, è controindicata in pazienti con diabete o con insufficienza renale. Il PRAC, considerando quanto esposto dalla precedente revisione EMA e in base alle evidenze emerse dai diversi studi, ha concluso che la combinazione di un ARB con un ACEi era associata, rispetto alla monoterapia, a un maggiore rischio di iperkaliemia, ipotensione e danno renale. Inoltre, con la terapia combinata non sono stati osservati benefici statisticamente significativi, ad eccezione che in una piccola sottopopolazione di pazienti con insufficienza cardiaca, in cui altri trattamenti non sono risultati efficaci. Alla luce di tali dati, il PRAC sconsiglia la somministrazione di terapie combinate di farmaci inibenti il RAS; in particolare, l’associazione ARB/ACEi in pazienti con nefropatia diabetica; l’associazione aliskiren/ARB o ACEi in pazienti con diabete o insufficienza renale. Inoltre, raccomanda che, quando risulta necessaria la somministrazione combinata di ACEi e ARB, questa venga effettuata sotto la supervisione di uno specialista e mediante un attento monitoraggio della funzione renale, dell’equilibrio elettrolitico e della pressione arteriosa. In conclusione, il parere del PRAC verrà trasmesso al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) che adotterà un parere definitivo.

Siti di riferimento:    
http://www.agenziafarmaco.gov.it/ 
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibligrafia

1.Yusuf S. Teo KK, Pogue J, Dyal L, Copland I, Schumacker H, Dagenais G, Sleight P, Anderson C. TheONTARGET Investigators. Telmisartan, ramipril, or both in patients at high risk for vascular events.N Engl J Med.2008;358:1547-59.

2. Parving HH, Brenner BM,McMurray JJ,de Zeeuw D,Haffner SM,Solomon SD,Chaturvedi N,Persson F,Desai AS,Nicolaides M,Richard A,Xiang Z,Brunel P,Pfeffer MA. TheALTITUDE Investigators.Cardiorenal end points in a trial of aliskiren for type 2 diabetes. N Engl J Med.2012;367:2204-13.

3. Fried LF,Emanuele N,Zhang JH,Brophy M,Conner TA,Duckworth W,Leehey DJ,McCullough PA,O'Connor T,Palevsky PM,Reilly RF,Seliger SL,Warren SR,Watnick S,Peduzzi P,Guarino P. VA NEPHRON-D Investigators. Combined Angiotensin inhibition for the treatment of diabetic nephropathy. N Engl J Med.2013;369:1892-903.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alle restrizione d’uso dei medicinali a base di domperidone.

In data 07/03/2014, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa in merito alle restrizioni d’uso dei medicinali a base di domperidone a seguito delle crescenti preoccupazioni insorte circa i possibili eventi avversi cardiaci.

Il domperidone è un antagonista della dopamina dotato di attività antiemetica che deriva dalla combinazione di effetti periferici (gastrocinetici) e dall’antagonismo dei recettori dopaminergici nella “chemoreceptor trigger zone”, situata nell’area postrema. Studi clinici hanno dimostrato che il domperidone per via orale aumenta la pressione dello sfintere esofageo inferiore, migliora la motilità antroduodenale oltre ad accelerare lo svuotamento gastrico senza alcuna alterazione della secrezione gastrica. Il domperidone è attualmente indicato negli adulti, per il trattamento dei sintomi quali nausea, vomito, senso di pienezza epigastrica, fastidio al tratto addominale superiore, rigurgito del contenuto gastrico, mentre nei bambini è utilizzato per il trattamento sintomatico della nausea e del vomito. I medicinali a base di domperidone sono autorizzati nella maggior parte degli Stati Membri dell'Unione Europea, mediante procedure nazionali, sin dagli anni ’70, e sono ampiamente disponibili come medicinali da banco (OTC) o medicinali soggetti a prescrizione medica. L’associazione tra domperidone ed eventi avversi cardiaci è stata già trattata da agenzie regolaterie europee ed extra-europee. Il 7 giugno 2004, la Food and Drug Administration (FDA) ha reso pubblica una warning letter, ovvero un documento che notifica all’industria violazioni che la FDA ha documentato durante le sue ispezioni o indagini nel quale si sottolineava il verificarsi di casi di aritmie cardiache, arresto cardiaco e/o morte improvvisa nei pazienti trattati per via endovenosa con domperidone.

Nel 2011, invece, il Pharmacovigilance Working Party (PhVWP) dell’EMA ha raccomandato che le informazioni dei prodotti medicinali a base di domperidone fossero aggiornate in modo da includere il rischio di eventi avversi cardiovascolari e che i medicinali contenenti domperidone fossero assunti con cautela nei pazienti con insufficienza cardiaca, precedente attacco cardiaco, angina e alterazioni del ritmo.        
Tra il 2005 e il 2010 sono stati pubblicati quattro studi epidemiologici che hanno evidenziato la relazione tra il domperidone e la morte cardiaca improvvisa e/o gravi aritmie ventricolari. Gli ultimi due, pubblicati nel 2010, hanno dimostrato un aumento del rischio di eventi cardiaci nei pazienti trattati con farmaci contenenti domperidone rispetto ai non trattati e che tale rischio era ancora maggiore nei pazienti over-60 rispetto agli under-60 [1,4].


Tenuto conto di ciò e a seguito di un aumento delle segnalazioni di sospette reazioni avverse cardiovascolari tra gli utilizzatori del domperidone nella popolazione belga, l’ 01/03/2013 è stata avviata dall’agenzia belga per i medicinali una revisione sui farmaci contenenti domperidone, ai sensi dell'articolo 31 della direttiva 2001/83/CE. 

Il Comitato per la valutazione del rischio per la farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA, che ha analizzato il caso, ha completato la revisione il 07/03/2014 e ha pubblicato un comunicato nel quale si raccomandano modifiche d’uso nell’Unione Europea (UE) dei medicinali contenenti domperidone al fine di minimizzare  i rischi di eventi avversi cardiovascolari. In particolare ha raccomandato che:

$1·         I medicinali a base di domperidone debbano restare in commercio e possano continuare ad essere usati nell’UE per gestire i sintomi di nausea e vomito, ma che la dose raccomandata, negli adulti e negli adolescenti con un peso maggiore o uguale a 35 chili, sia ridotta a 10 mg fino a tre volte al giorno per via orale. A questi pazienti può essere somministrata anche una dose di 30 mg in supposte due volte al giorno. Nel caso in cui il medicinale sia autorizzato anche nei bambini e negli adolescenti di peso inferiore a 35 chili, deve essere somministrato per via orale alla dose di 0,25 mg per chilo di peso corporeo, fino a tre volte al giorno.

$1·         Per le formulazioni liquide sia incluso un dispositivo per dosare accuratamente il medicinale in base al peso corporeo. La somministrazione non deve normalmente superare una settimana.

$1·         Il domperidone non sia più autorizzato per trattare il gonfiore o il bruciore di stomaco e non sia somministrato a pazienti con insufficienza moderata o grave della funzionalità epatica, o in coloro che hanno preesistenti anomalie dell’attività elettrica del cuore o del ritmo cardiaco, o che sono a rischio per tali eventi. Inoltre, non sia co-somministrato con altri medicinali che hanno effetti simili sul cuore o che riducono l’eliminazione del domperidone dall’organismo (aumentando così il rischio di effetti indesiderati).

$1·         Le informazioni del prodotto siano adeguatamente modificate.

$1·         L’uso di medicinali con dosaggi orali di 20 mg e le supposte da 10 mg o 60 mg non sia più raccomandato e che pertanto tali prodotti siano ritirati, così come i medicinali in cui il domperidone è associato con cinnarizina (un antistaminico) ove disponibili.

Dal momento che i medicinali a base di domperidone sono tutti autorizzati tramite procedure nazionali, le raccomandazioni del PRAC saranno trasmesse al Gruppo di Coordinamento per le Procedure di Mutuo Riconoscimento e Decentrate per i medicinali ad uso umano (CMDh), che adotterà una posizione definitiva. Il CMDh è un organismo regolatorio che rappresenta gli Stati membri dell'Unione Europea ed è responsabile di assicurare standard di sicurezza armonizzati per i medicinali autorizzati con procedure nazionali nell’UE. Se la posizione del CMDh sarà raggiunta all’unanimità, l’accordo sarà direttamente implementato dagli Stati Membri in cui i medicinali sono autorizzati. Nel caso in cui la posizione del CMDh venga adottata a maggioranza, la stessa sarà inviata alla Commissione Europea, affinchè sia presa una decisione legalmente vincolante in tutta l’UE.

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/
http://www.fda.gov/downloads/Drugs/GuidanceComplianceRegulatoryInformation/EnforcementActivitiesbyFDA/WarningLettersandNoticeofViolationLetterstoPharmaceuticalCompanies/ucm054620.pdf

Bibliografia

1. van Noord C, Dieleman JP, van Herpen G, Verhamme K, Sturkenboom MC. Domperidone and ventricular arrhythmia or sudden cardiac death: a population-based case-control study in the Netherlands. Drug Saf. 2010. 133:1003-14.

2. Johannes CB, Varas-Lorenzo C, McQuay LJ, Midkiff KD, Fife D. Risk of serious ventricular arrhythmia and sudden cardiac death in a cohort of users of domperidone: a nested case-control study. Pharmacoepidemiol Drug Saf. 2010. 19:881-8.

3. Straus SM, Sturkenboom MC, Bleumink GS, Dieleman JP, van der Lei J, de Graeff PA, Kingma JH, Stricker BH. Non-cardiac QTc-prolonging drugs and the risk of sudden cardiac death. Eur Heart J. 2005. 26:2007-12.

4. De Bruin ML, Langendijk PN, Koopmans RP, Wilde AA, Leufkens HG, Hoes AW. In-hospital cardiac arrest is associated with use of non-antiarrhythmic QTc-prolonging drugs. Br J Clin Pharmacol. 2007. 63:216-23.

   

  

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