Farmacovigilanza

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), in merito all’aggiornamento delle informazioni per la prescrizione del medicinale Invirase® (saquinavir).

In data 26/05/2014, l’AIFA, in accordo con l’EMA, ha pubblicato un comunicato in merito a nuove raccomandazioni circa il monitoraggio dell’ECG dei pazienti naive al trattamento che assumono saquinavir. 

Si tratta di un farmaco dotato di attività antiretrovirale, che esplica la sua attività attraverso il blocco della proteasi virale responsabile del taglio della proteina virale Gag-Gag-Pol e quindi della formazione del virione maturo. Il saquinavir è quindi indicato nel trattamento di pazienti adulti con infezione da HIV-1 in associazione con ritonavir o altri farmaci antiretrovirali.

Elevate concentrazioni plasmatiche di saquinavir espongono a un rischio di prolungamento del QT potenzialmente grave; per tale motivo, l’EMA sottolinea la necessità del monitoraggio ECG dopo l’inizio della terapia con saquinavir/ritonavir e l’importanza di rispettare la tempistica raccomandata.

In precedenza, ai pazienti che iniziavano la terapia alla dose piena di 1000/100 mg (saquinavir/ritonavir) due volte al giorno, si raccomandava di eseguire un ECG dopo 3-4 giorni di trattamento, in base al tempo del prolungamento QT massimo.

Dati emersi da una revisione sull’uso del farmaco avevano, invece, evidenziato l’importanza di cominciare la terapia con saquinavir/ritonavir a un dosaggio di 500 mg/100 mg  due volte al giorno, durante la prima settimana di trattamento, al fine di ridurre il rischio di prolungamento dell’intervallo QT potenzialmente grave. Quest’ultimo, infatti, diventa rilevante quando saquinavir/ritonavir vengono somministrati alla dose di 1000 mg/100 mg due volte al giorno. Un recente studio in aperto ha dimostrato, però,  che il picco di concentrazione plasmatica del farmaco si raggiunge dopo circa 10 giorni dall’inizio del trattamento, per cui il rischio di prolungamento dell’intervallo QT si verifica intorno al decimo giorno di terapia.

Lo studio in aperto, della durata di 14 giorni, ha avuto come scopo primario la valutazione dell’effetto del trattamento con il regime posologico modificato (Invirase®/ritonavir 500/100 mg due volte al giorno, in associazione a 2 inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa per i primi 7 giorni di trattamento, seguiti da Invirase®/ritonavir 1000/100 mg due volte al giorno, in associazione con due inibitori nucleosidici  nei successivi 7 giorni) sull’intervallo QTc (valutato tramite ECG ai giorni 1,3,7 e 14) e come obiettivi secondari la valutazione della farmacocinetica (attraverso il calcolo delle concentrazioni plasmatiche, prima della somministrazione del farmaco e 2, 4, 6, 8 e 12 ore e 3, 4, 7, 10  e 14 giorni dopo la somministrazione del farmaco), la valutazione della farmacodinamica intesa come cambiamento dei livelli di RNA virale al basale al quattordicesimo giorno e la valutazione della sicurezza intesa come incidenza di eventi avversi e, in particolare, cambiamenti nell’ECG.

I risultati dello studio hanno dimostrato che la variazione media massima del valore denso pre-dose al basale del QTcF (∆QTcFdense) raggiungeva valori di picco il decimo giorno dello studio (11,97±11,55) così come la Cmax è risultata più elevata il decimo giorno.

Alla luce di tali risultati l’EMA, in accordo con Roche, ha aggiunto nuove informazioni nel paragrafo “avvertenze speciali e precauzioni d’impiego” nel Foglietto illustrativo del farmaco Invirase®. In particolare è stato riportato che:

Deve essere considerata la possibilità di eseguire esami elettrocardiografici prima di iniziare la terapia e in follow-up dopo l’inizio della terapia, ad esempio in pazienti che assumono contemporaneamente medicinali noti per aumentare l’esposizione a saquinavir (vedere paragrafo 4.5). Nel caso in cui insorgano segni o sintomi che suggeriscono un’aritmia cardiaca, si deve eseguire un monitoraggio ECG continuo.

Invirase potenziato con ritonavir deve essere interrotto se le aritmie vengono dimostrate, o se si verifica un prolungamento dell’intervallo QT o PR.

Pazienti che iniziano la terapia con Invirase potenziato con ritonavir:

-         Prima dell’inizio della terapia deve essere eseguito un ECG su tutti i pazienti. I pazienti con un intervallo QT > 450 msec non devono utilizzare Invirase® potenziato con ritonavir. Per i pazienti con un intervallo QT < 450 msec si raccomanda di eseguire un ECG in corso di trattamento.

Per i pazienti naive al trattamento che iniziano la terapia con Invirase®/ritonavir 500/100 mg due volte al giorno per i primi 7 giorni di trattamento seguiti da Invirase® 1000 mg due volte al giorno con ritonavir 100 mg due volte al giorno dopo 7 giorni e con un intervallo QT al basale < 450 msec, si suggerisce di eseguire un ECG in corso di trattamento dopo circa 10 giorni di terapia.

Per i pazienti con un intervallo QT al basale < 450 msec, si suggerisce di eseguire un ECG in corso di trattamento dopo circa 3-4 giorni di terapia.

I pazienti che mostrano un successivo aumento dell’intervallo QT fino a > 480 msec o un prolungamento rispetto al valore pre-trattamento di > 20 msec devono interrompere Invirase® potenziato con ritonavir”.

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it

http://www.ema.europa.eu/ema/

http://www.ema.europa.eu/docs/it_IT/document_library/EPAR_Product_Information/human/000113/WC500035084.pdf.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) in merito all’avvio delle operazioni di rivalutazione dei medicinali contenenti idrossizina

Dopo aver riscontrato, nelle attività di sorveglianza post-marketing, un aumento del numero di segnalazioni di sospette reazioni avverse a carico dell'apparato cardiovascolare, quali aritmie e alterazioni della conduzione elettrica cardiaca e a seguito dei risultati pubblicati in studi sperimentali relativamente alla cardiotossicità dei medicinali contenenti idrossizina, l’Agenzia Ungherese dei Farmaci (GYEMSZI - OGYI), ai sensi dell'Articolo 31 della Direttiva 2001/83/CE, ha richiesto all’EMA una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio dei medicinali contenenti tale principio attivo. La richiesta di revisione è stata presentata, inoltre, in virtù dei risultati di una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio effettuata da un titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di un medicinale contenente idrossizina. Si tratta di un farmaco antagonista del recettori H1 utilizzato nel trattamento a breve termine degli stati ansiosi, dermatiti allergiche accompagnate da prurito, stati di agitazione, preparazione agli interventi chirurgici, nausee e vomiti post-operatori, come coadiuvante delle allergie sistemiche (malattia da siero, anafilassi) e per le reazioni avverse conseguenti a trasfusioni.  Gli effetti farmacologici dell’idrossizina sono da correlare alla sua azione sulla muscolatura liscia bronchiale e vasale [1]. Precedenti studi hanno valutato il profilo di tossicità cardiovascolare dell’idrossizina, riscontrando l’insorgenza di ipotensione, tachicardia (compresa la tachicardia sopraventricolare) sia in pazienti adulti che in pazienti in età pediatrica [2,3]. Recentemente è stato ipotizzato un meccanismo alla base dell’effetto pro-aritmico. In particolare, è emersa la capacità dell’idrossizina di legarsi alla tirosina in posizione 652 del canale del potassio hERG, determinandone un blocco tempo e concentrazione dipendente e relativo prolungamento della durata del potenziale d’azione di circa il 90% e conseguenti aritmie [4].  Farmaci contenenti idrossizina sono stati autorizzati con procedure nazionali nei 22 stati membri dell'UE (Austria, Belio, Bulgaria, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia e Regno Unito) oltre alla Norvegia e l'Islanda. Essi sono generalmente somministrati per via orale o, a volte, parenterale con diversi nomi commerciali, tra cui Atarax. La revisione del rapporto rischio-beneficio è stata effettuata dal Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC), il comitato competente per la valutazione dei problemi di sicurezza dei medicinali ad uso umano, che fornirà, al termine delle operazioni di rivalutazione, una serie di raccomandazioni. Poiché i medicinali contenenti idrossizina sono tutti autorizzati con procedure nazionali, le raccomandazioni del PRAC saranno trasmesse al Gruppo di Coordinamento per il Mutuo Riconoscimento e le Procedure Decentrate (CMDh), che adotterà una posizione definitiva. Il CMDh è un organismo che rappresenta gli Stati Membri dell'UE e garantisce standard di sicurezza armonizzati per i medicinali autorizzati mediante procedure nazionali in tutta l'Unione Europea.

 

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it

http://www.ema.europa.eu/ema/

 

Bibliografia

[1] NationalCenter for Biotechnology Information. PubChem Compound Database; CID 3658, http://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/summary/summary.cgi?cid=3658#x94 (accessed May. 15, 2014).

[2] Lauria JI, Markello R, & King BD. Circulatory and respiratory effects of hydroxyzine in volunteers and geriatric patients. Anesth Analg 1968; 47:378.

[3] Wong L, Hendeles L, & Weinberger M. Pharmacologic prophylaxis of allergic rhinitis: relative efficacy of hydroxyzine and chlorpheniramine. J Allergy Clin Immunol 1981; 67:223-228.

[4] Lee BH, Lee SH, Chu D, Hyun JW, Choe H, Choi BH, Jo SH. Effects of the istamine H(1) receptor antagonist hydroxyzine on hERG K(+) channels and cardiac action potential duration. Acta Pharmacol Sin. 2011 ;32:1128-37.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) al fine di minimizzare il rischio di alterata capacità nella guida e ridotta prontezza mentale nelle ore successive all’assunzione di zolpidem.

In data 29/04/2014, l’AIFA, in accordo con l’EMA, ha emanato una nota informativa in merito alle raccomandazioni d’uso di zolpidem, un ipnotico non benzodiazepinico appartenente alla famiglia delle imidazopiridine, indicato nel trattamento a breve termine dell’insonnia, principalmente nella fase di induzione del sonno piuttosto che nella fase di mantenimento. Il farmaco potenzia l'attività dell’acido γ-aminobutirrico (GABA), un neurotrasmettitore inibitore del Sistema Nervoso Centrale ed è sostanzialmente privo di effetti miorilassanti e anticonvulsivanti. Esso agisce legando e stimolando il recettore ionotropico GABA-A, provocando rilassamento e sonnolenza. 
La rivalutazione del rapporto rischio/beneficio di zolpidem è stata avviata il 4 luglio 2013 su richiesta dell’AIFA ed è stata valutata per la prima volta dal Pharmcovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), che si è basato su dati provenienti da studi clinici e dalle segnalazioni post-marketing. Successivamente, dato che i farmaci contenenti zolpidem sono stati immessi in commercio con procedure nazionali, la revisione è stata inoltrata al Co-ordination Group for Mutual Recognition and Decentralised Procedures – Human (CMDh). Il CMDh ha condiviso il parere del PRAC sulla positività del rapporto rischio/beneficio di tali farmaci sottolineando, tuttavia, che verranno apportate alcune modifiche al Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP) relativamente alle sezioni “avvertenze” e “precauzioni d’uso”, soprattutto per quanto riguarda il rischio di alterata capacità nella guida dei veicoli, sonnambulismo e ridotta prontezza mentale.           
Tali rischi sono stati riportati anche in letteratura; infatti, uno studio che ha preso in esame 1 milione di individui dal database Taiwanese National Health Insurance (NHI) tra il 1998 e il 2004 ha evidenziato un incremento del rischio di incidenti automobilistici con ospedalizzazione nelle 24 ore successive all’assunzione di zolpidem [1].           
E’ stata riscontrata, inoltre, una possibile correlazione tra l’incapacità di guida del paziente e il raggiungimento di specifiche concentrazioni plasmatiche di zolpidem; in particolare, è stata evidenziata una correlazione tra la dose di zolpidem assunta e il tempo di inabilità dell’individuo [2]. 
A tal proposito, il CMDh raccomanda una dose giornaliera di zolpidem di 10 mg in adulti con funzionalità epatica normale e con età inferiore ai 65 anni e di 5 mg in pazienti anziani o con compromissione della funzione epatica. Tali dosi non devono essere superate e si devono preferire negli anziani dosi inferiori. Inoltre, i dati disponibili hanno evidenziato che la dose di 10 mg è correlata ad una maggior rischio di sonnolenza e sedazione durante il giorno e che con l’uso di dosi inferiori non vi è né un efficacia né un rischio ridotto. Altre raccomandazioni prevedono di non eseguire attività che richiedono attenzione, come la guida di veicoli per un periodo di almeno 8 ore dopo l’assunzione di zolpidem, in quanto durante tale periodo vi è un elevato rischio di sedazione e, quindi, di incidenti stradali. Il rischio aumenta se zolpidem è assunto a dosi superiori di quelle indicate nel RCP o se assunto in concomitanza con altri farmaci che deprimono SNC, con alcol o con sostanze stupefacenti. La posizione del CMDh sarà inviata alla Commissione Europea che adotterà una decisione finale.

Siti di riferimento:                                     
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia:
1.Yang YH, Lai JN, Lee CH, Wang JD, Chen PC. “Increased risk of hospitalization related to motor vehicle accidents among people taking zolpidem: a case-crossover study”. J Epidemiol.2011; 21: 37-43.

2. Farkas RH, Unger EF, Temple R.“Zolpidem and driving impairment-identifying persons at risk”. N Engl J Med. 2013;369:689-91. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla rivalutazione dei farmaci Corlentor®/Procoralan® (ivabradina).

In data 08/05/2014, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa sulla rivalutazione di Corlentor®/Procoralan®. Tali farmaci sono stati autorizzati all’immissione in commercio nell’Unione Europea il 25 ottobre 2005. 
L’ivabradina è indicata in adulti nel trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile, con coronaropatia, ritmo sinusale normale e frequenza cardiaca > 60 bpm; nell’insufficienza cardiaca cronica di classe da II a IV (classificazione NYHA) con disfunzione sistolica, ritmo sinusale normale ma con frequenza cardiaca ≥ 75 bpm.
L’ivabradina è un farmaco che, inibendo in modo specifico la corrente cardiaca pacemaker (If), riduce la depolarizzazione diastolica spontanea del nodo seno-atriale e la frequenza cardiaca. Data la specificità d’azione, non presenta effetti sulla conduzione intra–atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare. L’ivabradina, inoltre, può agire sulla corrente Ih della retina, determinando una ridotta risposta agli stimoli luminosi intensi. Tale evento può portare, in alcuni casi particolari (es. rapidi cambiamenti della luminosità), a un aumento della luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo (fosfeni). La rivalutazione di tali farmaci è stata avviata su richiesta della Commissione Europea, ai sensi dell’Articolo 20 del Regolamento (CE) N° 726/2004, ed è stata condotta dal Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC). Recentemente, è stato riconosciuto che la frequenza cardiaca (HR) è un fattore di rischio indipendente per la mortalità cardiovascolare. A tal proposito, per valutare i soli effetti della frequenza cardiaca sulla mortalità, è stato utilizzato il trattamento farmacologico con ivabradina (1).  In particolare, nello studio BEAUTIFUL è stata analizzata l’efficacia dell’ivabradina in una popolazione di pazienti che presentavano coronaropatia stabile e disfunzione ventricolare (asintomatica o paucisintomatica). In questo contesto il farmaco non ha mostrato evidenze nel ridurre l’endpoint combinato ma si è limitato a ridurre gli endpoint ischemici nei pazienti con frequenza cardiaca a riposo pretrattamento ≥70 bpm, dimostrando una riduzione del rischio di morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico, scompenso cardiaco del 24% (P = 0,048) e del rischio di infarto miocardico del 42% (P = 0,022) (2). Il limite del suddetto studio è stato la valutazione, in un unico studio clinico, degli effetti dell’ivabradina in pazienti con due distinti profili fisiopatologici (coronaropatia e disfunzione ventricolare). Pertanto, allo scopo di valutare separatamente i due profili fisiopatologici, sono stati condotti successivamente due studi clinici, lo studio SHIFT (disfunzione ventricolare) e SIGNIFY (coronaropatia). La rivalutazione da parte del PRAC è conseguente ai risultati dello studio clinico SIGNIFY, che ha valutato il tasso di eventi cardiovascolari (infarto) di Corlentor®/Procoralan® vs placebo in pazienti con coronaropatia. La dose di farmaco massima somministrata nello studio è stata di 10 mg due volte al giorno, mentre nella normale pratica clinica la dose massima consigliata è di 7,5 mg due volte al giorno. I risultati dello studio hanno evidenziato un piccolo ma significativo aumento del rischio di morte cardiovascolare e di infarto miocardico in un sottogruppo di pazienti con angina sintomatica. Dato che la revisione di tali farmaci è ancora in corso, l’AIFA raccomanda ai pazienti di rivolgersi per qualsiasi dubbio al proprio medico o farmacista.  In conclusione, il PRAC fornirà una serie di raccomandazioni che verranno trasmesse al Comitato per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) che adotterà una decisione finale.

 

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

1. Ferrari R. A step further with ivabradine: SIGNIfY (Study assessInG the morbidity–mortality beNefits of the If inhibitor ivabradine in patients with coronarY artery disease). European Heart Journal Supplements. 2009;11:D19–D27.

2. Fox K, Ford I, et al. BEAUTIFUL Investigators. Effect of ivabradine on cardiovascular outcomes in patients with stable coronary artery diseaseand left-ventricular systolic dysfunction with limiting angina: a subgroup analysis of the randomized, controlled BEAUTIFUL trial.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) in merito all’ approvazione di Mekinist® (trametinib) per il trattamento del melanoma.

In data 25/04/2014, l'Agenzia Europea dei medicinali (EMA), a seguito delle operazioni di revisione effettuate dal Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP), ha emanato una nota informativa in cui raccomanda l’approvazione di Mekinist® per il trattamento di pazienti adulti con melanoma non asportabile chirurgicamente o metastatico con una mutazione BRAF V600. Il melanoma metastatico è una patologia oncologica con prognosi infausta; infatti, tempi di sopravvivenza medi dei pazienti con melanoma di stadio IV vanno dagli 8 a 18 mesi dalla diagnosi. È stato stimato che in Europa sono diagnosticati circa 60000 casi l’anno di melanoma e di questi 16000 a esito fatale [1]. In circa il 40-60% dei melanomi cutanei è presente una mutazione di BRAF, che porta un’attivazione costitutiva della vie di trasduzione del segnale a valle che coinvolgono le MAPK chinasi; la mutazione più frequentemente riscontrata (90%) è a carico del codone 600, con sostituzione della valina con acido glutammico (V600E), ma si conoscono anche altre mutazioni attivanti (BRAF V600K e BRAF V600R) [2]. Le suddette mutazioni possono causare sintesi di proteine mal funzionanti che promuovono la crescita cellulare e quindi anche del tumore. Trametinib, principio attivo della specialità medicinale Mekinist®, è una piccola molecola di sintesi somministrabile per via orale e in grado di inibire selettivamente MEK1 e MEK2 che sono parte della via MAP-chinasi (proteina attivata da mitogeni), della quale anche BRAF è un componente [3]. Mekinist® è risultato in grado di migliorare sia la sopravvivenza libera da progressione che la sopravvivenza complessiva rispetto alle attuali terapie mostrando un’efficacia superiore rispetto alle chemioterapie attualmente in uso e un rapporto rischio/beneficio a favore del beneficio [4]. Gli effetti indesiderati più comunemente riportati nei pazienti in trattamento con Mekinist® sono febbre, brividi, stanchezza, eruzioni cutanee, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, edema periferico, tosse, mal di testa, dolori articolari, sudorazione notturna, diminuzione dell'appetito, costipazione e dolore muscolare ma anche eventi avversi gravi quali emorragie, formazione di coaguli, infarto, manifestazioni dermatologiche e oculari, danno renale [3]. Mekenist® è, inoltre, risultato teratogeno e in grado di determinare infertilità nell’uomo [1]. Il farmaco attualmente non è in commercio in Italia. L’opinione del CHMP sulla specialità medicinale Mekinist® è stata inviata alla Commissione Europea che adotterà una decisione sulla possibile autorizzazione all’uso di Mekinist® in tutto il territorio europeo.          

Sito di riferimento:
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia
1. http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0009/97029/4.2.-Incidence-of-melanoma-EDITED_layouted.pdf?ua=1

2. Davies H, Bignell GR, Cox C, Stephens P, Edkins S, Clegg S, et al. Mutations of the BRAF gene in human cancer. Nature 2002; 417:949–54

3. Product Information: MEKINIST oral tablets, trametinib oral tablets. GlaxoSmithKline (per FDA), Research Triangle Park, NC, 2014.

4. Flaherty KT , Robert C , Hersey P , et al: Improved survival with MEK inhibition in BRAF-mutated melanoma. N Engl J Med 2012; 367:107-114.

   

  

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