Farmacovigilanza

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), raccomanda maggiori restrizioni sull’uso di bromocriptina per bloccare la produzione di latte materno dopo il parto.

In data 11 Luglio 2014, l’AIFA, in accordo con l’EMA,ha pubblicato un comunicato in cui raccomanda la restrizione dell’utilizzo della bromocriptina per prevenire o sopprimere la lattazione nelle donne dopo il parto. La bromocriptina è un agonista del recettore della dopaminergico D2 e parziale antagonista del recettore D1. Essa inibisce la secrezione di prolattina, ormone responsabile della stimolazione della ghiandola mammaria e della lattazione. Oltre che con tale indicazione, la bromocriptina è utilizzata per il trattamento dell’iperprolattinemia e del morbo di Parkinson. 

La revisione è stata effettuata su richiesta dell’Autorità per i medicinali francese (ANSM) a seguito di preoccupazioni, in Francia, riguardanti un aumento delle segnalazioni di effetti avversi rari ma potenzialmente gravi o fatali, soprattutto effetti avversi cardiovascolari (quali infarto e ictus), neurologici come crisi convulsive e disturbi  psichiatrici (come allucinazioni ed episodi maniacali).

L’ANSM ha ritenuto che il rischio di questi eventi non è accettabile in quanto la lattazione è un  processo fisiologico che si interrompe spontaneamente se il bambino non è allattato al seno.

Tali evidenze trovano riscontro anche in alcuni case report presenti in letteratura. In particolare,Comabella et al. hanno riportato il caso di una donna di 30 anni, alla prima gravidanza, trattata con 2,5 mg di bromocriptina per sopprimere la lattazione. La paziente non presentava segni di pre-eclampsia durante la gravidanza. Dopo 5 giorni dall’inizio del trattamento la paziente tornava in ospedale a causa di disturbi della parola. La paziente presentava, inoltre, iperpiressia, ipertensione (166/100 mm/Hg) e agitazione psicomotoria. All’auscultazione cardiaca la paziente presentava un soffio sistolico; non erano presenti proteinuria o edema. La paziente è stata sottoposta a risonanza magnetica nucleare (RMN) dalla quale è emerso una lesione emorragica acuta al cervello, a livello del nucleo caudato sinistro, della materia grigia corticale e a livello del lobo frontale destro. A causa di un peggioramento generale, nei giorni immediatamente successivi il ricovero, la donna è stata sottoposta a terapia con steroidi e nimodipina. Gli autori hanno concluso dall’analisi dei dati che vi è una relazione causale possibile tra bromocriptina ed eventi cardiovascolari, sottolineando la possibilità che tali eventi si verifichino in donne con propensione all’ipertensione [1]. Tali eventi avversi potrebbero essere dovuti all’attività vasocostrittrice della bromocriptina il cui meccanismo molecolare non è a tutt’oggi noto. Un’ipotesi è stata formulata da Yffi et al. i quali hanno evidenziato un errore del metabolismo in alcuni individui che potrebbe portare alla loro incapacità di distinguere tra alcaloidi dell'ergot idrogenati e non idrogenati. Questi soggetti possono rispondere alla somministrazione di entrambi i farmaci con vasocostrizione [2].

Il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza dell'Agenzia (PRAC) ha, pertanto, valutato attentamente le evidenze disponibili sulla sicurezza e l’efficacia dei medicinali contenenti bromocriptina per prevenire o sopprimere la lattazione prima di effettuare le sue raccomandazioni. Le evidenze disponibili hanno confermato che la bromocriptina è efficace nel prevenire o sopprimere la lattazione dopo il parto, ma un’associazione tra il trattamento con bromocriptina ed eventi come infarto, ictus, convulsioni e disturbi psichiatrici non può essere esclusa. Per tale ragione ha raccomandato che tali farmaci siano utilizzati per questo scopo (in un dosaggio fino a 2,5 mg) solo quando vi siano validi motivi medici per bloccare la lattazione, in modo da evitare ulteriori stress dopo la perdita del bambino durante o subito dopo il parto, o in madri con l’infezione da HIV, che non devono allattare al seno. La bromocriptina non deve essere utilizzata abitualmente per prevenire o bloccare la produzione di latte, né per alleviare i sintomi di dolore o gonfiore al seno dopo il parto. Tali sintomi possono essere gestiti con misure alternative quali l'applicazione di ghiaccio, e, se necessario, l'uso di antidolorifici.

 Bibliografia

  1. Comabella M, Alvarez-Sabin J, Rovira A, Codina A. Bromocriptine and postpartum cerebral angiopathy: a causal relationship. Neurology. 1996; 46: 1754-6.
  2. Yffi L, Tenhove W, Frisoli G. Acute myocardial infarction in the puerperium in patients receiving bromocriptine. Am J Obstet Gynecol. 1986;155:371-372.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sulla sospensione e riformulazione delle soluzioni orali di metadone contenenti povidone.

In data 11/07/2014, l’AIFA ha diramato un comunicato nel quale rende nota la revisione, da parte del Comitato di Rivalutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC), dei medicinali per uso orale a base di metadone contenenti povidone (o polivinilpirrolidone – PVP). Tale revisione è stata pubblicata, in data 11/04/2014, sul sito dell’AIFA ed è stata commentata in una news pubblicata sul sito del Centro Regionale di Farmacovigilanza Farmacoepidemiologia della Regione Campania (www.farmacovigilanza.unina2.it). Come riportato nella precedente news, i medicinali contenenti metadone sono indicati nel trattamento delle sindromi dolorose di entità severa, in pazienti che non rispondono più a un trattamento sequenziale con farmaci analgesici, antinfiammatori non steroidei, oppioidi deboli e nel trattamento di disassuefazione da narcotico-stupefacenti. Il trattamento disintossicante e il trattamento di mantenimento devono essere effettuati sotto controllo medico. Tali farmaci, disponibili nelle forme farmaceutiche di compresse e soluzione orale, contengono, tra gli eccipienti, il PVP che funge da legante, sospendente e disperdente. La revisione di tali farmaci è stata avviata dall’Agenzia dei Medicinali Norvegese (NOMA), che ha riscontrato l’insorgenza di eventi avversi gravi in pazienti tossicodipendenti e in altri consumatori. In particolare, sono stati evidenziati casi d’insufficienza renale in pazienti tossicodipendenti che hanno assunto per via endovenosa soluzioni orali di metadone contenenti povidone. Quest’ultimo, presente nelle soluzioni orali di metadone, è ad alto peso molecolare e, se utilizzato impropriamente per via endovenosa, è escreto difficilmente dall’organismo con conseguente accumulo all’interno delle cellule e danno tissutale; al contrario, il povidone presente nelle compresse, essendo a basso peso molecolare, non si accumula nelle cellule. A tal proposito, l’Agenzia Norvegese ha richiesto all’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) di rivalutare tutti i medicinali per uso orale a base di metadone contenenti povidone. Tale revisione è stata portata a termina dal PRAC che, tenuto conto delle segnalazioni di eventi avversi gravi, dei dati della letteratura e del parere di esperti, ha concluso che, pur essendo importante sottolineare nel Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP) e nel Foglietto Illustrativo (FI) i rischi associati a un uso improprio delle soluzione orali di metadone, questo non sarebbe sufficiente nel controllare il rischio di eventi avversi in pazienti tossicodipendenti. In letteratura, è stato riportato, infatti, che di 134 pazienti tossicodipendenti intervistati, il 43% ha assunto per via endovenosa soluzioni orali a base di metadone e di questi il 75% si è mostrato consapevole dei rischi associati a tale somministrazione. Alla luce di ciò, il PRAC raccomanda il ritiro dal commercio delle soluzioni per via orale di metadone contenenti povidone e, per le compresse, di apportare modifiche all’RCP e al FI.  Poiché i farmaci a base di metadone contenenti povidone sono stati autorizzati all’immissione in commercio con procedure nazionali, le raccomandazioni del PRAC saranno trasmesse al Gruppo di Coordinamento per le Procedure Decentralizzate e di Mutuo Riconoscimento dei Medicinali ad Uso Umano (CMDh) che adotterà un parere definitivo.

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia
Waldvogel D, Uehlinger C. Frequency of injection of oral methadone solutions  at treatment center for opiate dependence. Fortschr Neurol Psychiatr. 1999;67:281-3.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) relativamente alle condizioni di utilizzo di Procoralan/Corlentor® nel trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile al fine di evitare una bradicardia potenzialmente pericolosa.

 

In data 11/06/2014, l’AIFA, in accordo con L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa al fine di ribadire le condizioni d’uso dei medicinali Procoralan/Corlentor® (ivabradina), a seguito dell’aumento del rischio combinato di morte cardiovascolare e infarto del miocardio non fatale, in pazienti con angina sintomatica di classe CCS II o superiore in trattamento con Procoralan/Corlentor®. L’ivabradina è un medicinale che riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso un’inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca If, che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo senoatriale senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare. La principale proprietà farmacodinamica dell’ivabradina nell’uomo è una specifica riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca. L’efficacia antianginosa e anti-ischemica dell’ivabradina è stata valutata in cinque studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (tre versus placebo, e gli altri rispettivamente versus atenololo e amlodipina) [1].
Le reazioni avverse più comunemente osservate in corso di trattamento con ivabradina sono i fenomeni luminosi (fosfeni) e la bradicardia, che sono dose-dipendenti e correlati al meccanismo d’azione farmacologico dell’ivabradina (eventi avversi di tipo A secondo la classificazione di Rawlins e Thompson).
L’insorgenza di fosfeni, in particolare, è dovuta alla sua capacità di interagire e alterare le correnti Ih presenti nella retina che interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di Ih da parte dell’ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti. La bradicardia è stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2-3 mesi dall’inizio del trattamento [1,2].         
I dati relativi alla tossicità cardiovascolare dell’ivabradina emergono da un’analisi preliminare dei dati ottenuti dallo studio SIGNIFY (Study assessInG the morbidity–mortality beNefits of the If inhibitor ivabradine in patients with coronarY artery disease), un trials che ha valutato la riduzione della mortalità nei pazienti con arteriopatia coronarica cronica, senza segni clinici di scompenso cardiaco, trattati con ivabradina 10 mg/b.i.d. rispetto ai pazienti trattati alle dosi di 7,5 mg/b.i.d. I dati derivanti da questo studio indicano che i suddetti eventi cardiovascolari possano essere per lo più associati al raggiungimento di una frequenza cardiaca inferiore a 60 bpm. A riguardo, per evitare una bradicardia potenzialmente pericolosa, l’AIFA ricorda agli Operatori Sanitari quanto segue:

  • interrompere il trattamento se la frequenza cardiaca a riposo diventa troppo bassa o se persistono i sintomi di bradicardia;
  • la dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. la dose di mantenimento non deve superare i 7,5 mg due volte al giorno;
  • ridurre la dose nel caso di diminuzione persistente a riposo della frequenza cardiaca o in caso in cui insorgono sintomi e/o segni riferibili alla bradicardia. a riguardo si ricorda la possibilità di somministrare 2,5 mg due volte al giorno;
  • la dose deve essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno solo dopo tre o quattro settimane di trattamento se la risposta terapeutica con 5 mg due volte al giorno è insufficiente e se la dose da 5 mg è ben tollerata, monitorando attentamente il paziente in seguito alle suddette variazioni;
  • evitare l’uso combinato di ivabradina con calcio antagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamil o il diltiazem;
  •  monitorare attentamente i pazienti in corso di trattamento sulla possibile insorgenza di bradicardia a riposo, rivalutando in tal caso la terapia.

L’AIFA, ricorda, inoltre, che l’ivabradina è indicata in adulti con insufficienza cardiaca cronica di classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica e in pazienti adulti con ritmo sinusale, la cui frequenza cardiaca a riposo sia ≥ 75 bpm, in associazione con la terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un beta-bloccante sia controindicata o non tollerata.        
L’AIFA sottolinea, infine, che lo studio SIGNIFY è stato condotto in pazienti con coronaropatia senza segni clinici di insufficienza cardiaca e che la posologia usata è stata più alta della posologia autorizzata nell’RCP delle specialità medicinali sopraelencate.

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

[1] Riassunto Delle Caratteristiche Del Prodotto - Corlentor 5 mg compresse rivestite con film
[2] Savelieva I, Camm AJ. I f inhibition with ivabradine : electrophysiological effects and safety. Drug Saf. 2008;31:95-107.

COMUNICATO STAMPA DELL’AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) RELATIVO AD IMPORTANTI AGGIORNAMENTI SUL PROFILO DI SICUREZZA DI KONAKION® (FITOMENADIONE, 10MG/ML SOLUZIONE ORALE E INIETTABILE PER USO ENDOVENOSO).

In data 26/06/2014, l’AIFA ha pubblicato un comunicato stampa contenente importanti aggiornamenti in merito al profilo di sicurezza della specialità medicinale Konakion® (il cui principio attivo è fitomenadione, vitamina K1 sintetica), attualmente in commercio nella formulazione di 10 mg/ml soluzione orale e iniettabile per uso endovenoso.

Il fitomenadione è un antagonista degli anticoagulanti cumarinici, che agisce quindi da agente antiemorragico e fattore pro–coagulante, essendo coinvolto nel processo di carbossilazione post–traslazionale di diversi fattori della coagulazione, quali fattori II (protrombina), VII, IX e X, nonché delle proteine C e S, inibitori della coagulazione.

Konakion® è indicato in caso di emorragie o di potenziale rischio di emorragie da grave "ipoprotrombinemia" (deficit dei fattori della coagulazione II, VII, IX e X) di diversa eziologia, incluso il sovradosaggio di anticoagulanti di tipo cumarinico, o quando questi ultimi sono associati

al fenilbutazone e in altre forme di ipovitaminosi K.

Alla luce di alcune segnalazioni riportate in letteratura  e/o nelle banche dati di farmacovigilanza relative a casi di un effetto deposito e rilascio prolungato di vitamina K, nonché a un possibile rischio di ematomi, verificatisi in seguito alla somministrazione intramuscolare di Konakion®, la Roche, azienda produttrice di tale farmaco, ha opportunamente provveduto ad aggiornare il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto, il Foglio Illustrativo e le relative etichette (1,2).

 In particolare, a tutela della sicurezza dei pazienti, la via di somministrazione parenterale autorizzata è stata modificata da intramuscolare a endovenosa; pertanto, attualmente, le corrette modalità di somministrazione del farmaco sono esclusivamente la via orale e la via endovenosa.

L’AIFA, pertanto, ha ritenuto opportuno divulgare le seguenti raccomandazioni:

$1         gli operatori sanitari devono prestare attenzione alla nuova via di somministrazionedi   Konakion® 10 mg/ml soluzione orale e iniettabile, a seguito dell’aggiornamento delle informazioni su tale farmaco;

$1         si specifica che la somministrazione endovenosa di Konakion®  10 mg/ml era già autorizzata e già utilizzata nella pratica clinica;

$1         l’eliminazione della via intramuscolare, che tutela il paziente da un possibile effetto deposito e dal rischio di formazione di ematomi nel sito d’iniezione, non comporta alcuna limitazione terapeutica del medicinale, in virtù della possibilità di somministrare tale farmaco per via orale;

$1         la soluzione non deve essere diluita o miscelata con altri prodotti iniettabili e può essere iniettata, quando appropriato, nella porzione terminale di un set infusionale, durante un’infusione continua di cloruro di sodio allo 0,9% o destrosio al 5%.

$1         l’iniezione endovenosa lenta è prevista solo in caso di pericolose emorragie da anticoagulanti dicumarolici.

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/DHPC_konakion.pdf

Bibliografia

1)Koklu E, Taskale T, Koklu S, Ariguloglu EA.“Anaphylactic shock due to vitamin K in a newborn and review of literature” J Matern Fetal Neonatal Med. 2014;27:1180-1

2)Yan-Ni Mi, Na-Na Ping et al. The Severe Adverse Reaction to Vitamin K1 Injection Is Anaphylactoid Reaction but Not Anaphylaxis". PLoS One.2014;9.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito al potenziale pericolo di vita da esposizione accidentale a fentanil cerotto transdermico.

In data 16/06/2014, l’AIFA, in accordo con l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e i titolari dell’autorizzazione all'immissione in commercio di fentanil cerotto transdermico, ha diramato un comunicato, diretto agli operatori sanitari, nel quale rende note le segnalazioni gravi di esposizione accidentale a fentanil per via transdermica in soggetti non utilizzatori del cerotto, specialmente bambini.

Il fentanil è un oppioide a breve durata d’azione che, nella forma farmaceutica di cerotto transdermico, è utilizzato per il trattamento del dolore cronico grave. I cerotti transdermici rilasciano il principio attivo nell’arco di 72 ore; la quantità di farmaco rilasciata è pari a 25, 50, 75 e 100 μg/ora. Lo schema posologico previsto per i bambini prevede un rilascio di farmaco al di sotto dei 25 μg/ora. Tra le reazioni avverse gravi associate a fentanil figurano i sintomi da sovradosaggio che consistono in una esasperazione degli effetti farmacologici e comprendono stupore, coma, depressione respiratoria con respiro di Cheyne-Stokes e/o cianosi. Rientrano, inoltre, tra i segni di intossicazione: sedazione profonda, atassia, miosi, crisi respiratoria e depressione respiratoria. La tossicità del fentanil risulta essere direttamente correlata alla sua potenza (50-100 superiore a quella della morfina) e rapidità d’azione, entrambi fattori determinanti nello sviluppo di depressione respiratoria (1).

Come riportato nella letteratura scientifica e, nello specifico, in un case series del 2009, l’applicazione programmata o accidentale di fentanil ha causato il decesso di una donna di 77 anni e di un bambino di 4 anni, mentre ha determinato l’ospedalizzazione di altri due bambini che accidentalmente hanno applicato il cerotto (2). È, inoltre, riportato da Jumbelic MI et al. che, nel 2006, il Center for Forensic Sciences in Onondaga County ha registrato 8 casi di decesso da fentanil cerotto transdermico (1).

Infine, dai risultati di un’analisi condotta dalla Food and Drug Administration (FDA) sono emersi 32 casi di esposizione accidentale a fentanil dal 1997 a oggi; di questi, 12 hanno causato il decesso del paziente e 12 l’ospedalizzazione. Sono state proprio queste ed altre segnalazioni ad aver indotto la FDA a emanare una nota informativa sull’uso di tale farmaco e, specificamente, a raccomandare una maggiore attenzione ai pazienti in trattamento con cerotto transdermico e ai familiari degli stessi.

Alla luce di quanto emerso e data la gravità dell’esposizione accidentale a fentanil, sono state emanate una serie di raccomandazioni al fine di prevenire il potenziale pericolo di vita derivante da tale esposizione; nello specifico, gli operatori sanitari sono stati invitati a fornire informazioni chiare ai pazienti e agli assistenti sanitari coinvolti nella cura di questi ultimi circa il rischio di contatto accidentale, ingestione accidentale e smaltimento appropriato dei cerotti.

Il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) ha, infine, concluso che la mancanza di visibilità del cerotto può aver contribuito ai casi di esposizione accidentale; per tale ragione, sono attualmente in corso modifiche alla visibilità del cerotto, così come proposto dal PRAC al titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio.

Bibliografia

1. Jumbelic MI. Deaths with transdermal fentanyl patches. Am J Forensic Med Pathol. 2010;31:18-21.

2. Matthew Grissinger et al. Fentanyl Transdermal Patches More Protection Needed for Patients and Their Families. P T. 2009; 34: 343, 390.

Siti di riferimento

www.agenziafarmaco.gov.it

www.fda.gov

   

  

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