Farmacovigilanza

Ivabradina: la real- life conferma efficacia e sicurezza a lungo termine

Recentemente, sulla rivista International Journal of Cardiology sono stati pubblicati i risultati di uno studio prospettico di coorte che ha valutato efficacia e sicurezza di ivabradina a lungo termine(1).

Ivabradina, sottoposta monitoraggio addizionale, è indicata nel trattamento sintomatico dell’angina cronica stabile negli adulti con coronaropatia, ritmo sinusale e frequenza ≥70 bpm. È, inoltre, indicata in pazienti con insufficienza cardiaca cronica in classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica, ritmo sinusale e frequenza cardiaca ≥75 bpm, in associazione alla terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un beta-bloccante sia controindicata o non tollerata.

Ivabradina, derivato del verapamil, riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso l’inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca If che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca.

Gli effetti di ivabradina sono specifici e non modificano i tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né la contrattilità miocardica o la ripolarizzazione ventricolare.

Lo studio in questione ha arruolato un totale di 767 pazienti con scompenso cardiaco candidati a ricevere ivabradina, il 65% dei quali (n=497) in terapia concomitante con beta-bloccante. Il 32% dei pazienti era affetto da diabete mellito tipo II (DM II).

A 1 anno di trattamento è emersa l’efficacia di ivabradina nel controllo della frequenza cardiaca con riduzione della stessa di un valore medio di 16 bpm (SD 12, p<0,0001). Inoltre, è stato osservato un miglioramento nei valori della Frazione di Eiezione (FE) del +3% a 4 mesi di trattamento (SD 6, p<0,0001) e del +5% al termine dello studio (SD 8, p<0,0001), con significativa riduzione dei livelli di peptide natriuretico (BNP). A 12 mesi di trattamento, la percentuale di pazienti con sintomi riferibili alla classe NYHA I è passata dall’8% al 31% e, proporzionalmente, si è ridotto il numero di pazienti con sintomi riferibili alle classi NYHA III-IV, passando dal 38% all’11%.

L’incidenza di ricoveri ospedalieri per scompenso cardiaco, nel periodo di osservazione, è stata del 5% (n=34).

Endpoint secondario dello studio è stato la valutazione del miglioramento della qualità di vita mediante l’EuroQol (EQ-5D), strumento standardizzato che esplora 5 items: mobilità, cura di sé, attività usuali, dolore/disagio, ansia/depressione. Al basale, il punteggio medio dei partecipanti allo studio era pari a 65, a 4 mesi era pari a 74 e, a 12 mesi (termine dello studio), è risultato di 79  (p<0,0001).

Per quanto riguarda il profilo di tollerabilità, l’8% (n=59) dei pazienti ha sviluppato sospetta reazione avversa al farmaco (ADR). Le più frequenti ADRs sono state: fibrillazione atriale (1%), nausea (<1%), bradicardia (<1%) e disturbi della vista (fosfeni <1%). Il 3% di tutte le ADRs è stato valutato come grave. Solo l’1% dei pazienti non ha risposto al trattamento.

 

 

Bibliografia:

1)Long-term treatment with ivabradine over 12 months in patients with chronic heart failure in clinical practice: Effect on symptoms, quality of life and hospitalizations C. Zugck C, Störk S, G. Stöckl G on behalf of the RELIf-CHF study investigators. International Journal of Cardiology 240 (2017) 258–264

EMA: revisione di Zinbryta®

In data 09/06/2017, in una nota informativa, si apprende che l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA)(1), ha avviato la revisione di Zinbryta® (daclizumab), approvato nel 2016 per il trattamento delle forme recidivanti di sclerosi multipla (relapsing multiple sclerosis, RMS) e sottoposto a monitoraggio addizionale.

Daclizumab è un anticorpo monoclonale, prodotto con tecnologia del DNA ricombinante, che lega il CD25 (IL-2Rα) inibendo il legame con l’IL-2. Daclizumab modula il segnale mediato dalla citochina incrementando i livelli di IL-2 necessaria al differenziamento e all’espansione dei linfociti T; inoltre, promuove l’espansione delle cellule immunoregolatorie CD56bright natural killer (NK), che riducono l’attività dei linfociti T attivati, responsabili del danno a carico della guaina mielinica.

Sicurezza ed efficacia di daclizumab sono state dimostrate nello studio DECIDE, da cui è emersa la superiorità di daclizumab vs interferon β-1, con miglioramento significativo e riduzione delle lesioni attive. Per quanto riguarda il profilo di sicurezza, le reazioni avverse (ADRs) più frequenti sono state infezioni (73%) in particolare nasofaringiti e patologie della cute e del tessuto sottocutaneo (43%) quali rash ed eczema; inoltre, sono state osservate cefalea, parestesia e aumento delle transaminasi(2).

La revisione di Zinbryta® è stata avviata su richiesta della Commissione Europea ai sensi dell’articolo 20 del regolamento (CE) 726/2004 a seguito di un decesso per insufficienza epatica fulminante in un paziente arruolato in uno studio osservazionale attualmente in corso e di 4 casi di grave danno epatico. Il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza dell’EMA (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee - PRAC) valuterà i dati disponibili e determinerà se i rischi in merito all’uso del prodotto e l’eventuale necessità di introdurre nuove misure per minimizzare il rischio. Mentre la revisione è in corso, gli operatori sanitari sono tenuti a monitorare attentamente i loro pazienti e a discutere del possibile rischio di danno epatico.

I pazienti devono contattare immediatamente il loro medico nel caso sviluppino sintomi quali nausea inspiegabile, vomito, dolore addominale, stanchezza, perdita di appetito, colorazione gialla della cute o delle sclere e urine scure.

 

 

Bibliografia:

1) http://www.aifa.gov.it/sites/default/files/Zinbryta__EMA_ITA.pdf

2) Kappos L, Wiendl H, Selmaj K, et al. Daclizumab HYP versus Interferon Beta-1a in Relapsing Multiple Sclerosis. N Engl J Med. 2015 Oct 8; 373(15):1418-28.

Uso off-label dei farmaci in oncologia

Recentemente, sul Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutic sono stati pubblicati i risultati di una review sistematica che ha valutato l’utilizzo off-label dei farmaci in pazienti oncologici(1).

Per uso off-label si intende l’impiego di farmaci non conforme a quanto previsto in scheda tecnica.

Tale pratica è ancora diffusa, in particolare nei reparti oncologici dove i reali benefici clinici, la potenziale tossicità, l’assenza di un consenso informato pongono quesiti sull’eticità dell’uso off-label.

La revisione sistematica ha incluso 23 studi clinici, 3 dei quali condotti nel nostro Paese. È emerso che dal 18 al 41% dei pazienti oncologici ospedalizzati riceve una prescrizione off-label e che, tra i pazienti ambulatoriali, la frequenza è compresa tra il 7 e il 50%. I farmaci più frequentemente somministrati in off-label per indicazione d’uso, linea di trattamento, via di somministrazione e durata della terapia, comprendono i chemioterapici oxaliplatino, docetaxel, gemcitabina e paclitaxel e i più nuovi farmaci cosiddetti a target quali bevacizumab, trastuzumab, erlotinib e gefitinib.

È riportato che fino al 49% dei casi, tali farmaci sono usati a scopo adiuvante e fino al 76% come parte di un trattamento palliativo soprattutto in pazienti anziani con carcinoma della mammella. Situazione simile si osserva nel trattamento di pazienti con carcinoma colonrettale e carcinoma pancreatico: dal 6 al 16%, nel primo caso e nel 39% nel secondo, i pazienti ricevono protocolli chemioterapici non standardizzati e non supportati da Linee Guida. Le ragioni sono numerose e, anche se non sufficientemente confermate da evidenze sperimentali, sono legate alla possibilità di prolungare la overall survival (OS) di pazienti in stadio avanzato di malattia che non si giovano dei trattamenti standard.

È evidente che l’uso off-label non supportato da studi clinici potrebbe essere potenzialmente dannoso e non apportare alcun beneficio, come è stato per l’uso di inibitori della 5α reduttasi(2) nella prevenzione del carcinoma prostatico. Il trial clinico REDUCE dimostrò, al contrario, che l’uso di dutasteride favoriva lo sviluppo di forme più aggressive del tumore(3). Ciò fece si che la Food and Drug Administration (FDA) nel 2011 emettesse un warning di sicurezza sulla tossicità del farmaco.

Inoltre, è da considerare che l’uso off-label di un farmaco comporta spesso costi notevoli. Molti stati membri della Comunità Europea, così come gli Stati Uniti, non prevedono la rimborsabilità dei farmaci prescritti secondo indicazioni non conformi, ad eccezione della Svizzera che rimborsa bortezomib e trastuzumab, agevolando gli oncologi alla prescrizione off-label.

La Società Europea di Oncologia Medica ha suggerito di compilare una lista di farmaci impiegati in off-label da presentare alle Agenzie Regolatorie in attesa di approvazione.

Sicurezza per il paziente, consenso informato e responsabilità del medico prescrittore sono i temi principali attorno ai quali ruota la gestione dell’impiego dei farmaci off-label che non dispone, ancora, di normative specifiche che ne disciplinino e regolamentino l’utilizzo.

Bibliografia:

1) Saiyed M. M et al. Off-label drug use in oncology: a systematic review of literature. Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutics, 2017, 42, 251–258.

2) Kramer BS, Hagerty KL, Justman S et al. Use of 5-alpha-reductase inhibitors for prostate cancer chemoprevention: American Society of Clinical Oncology/American Urological Association 2008 clinical practice guideline. J Clin Oncol, 2009;27:1502–1516.

3) Andriole GL, Bostwick DG, Brawley OW et al. Effect of dutasteride on the risk of prostate cancer. N Engl J Med, 2010;362:1192–1202.

4) https://www.fda.gov/

EMA: modifiche alle informazioni del prodotto per gli antibiotici a base di vancomicina

In data 19/05/2017, in una nota informativa, si apprende che l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha raccomandato di modificare le informazioni del prodotto per gli antibiotici a base di vancomicina, in particolare nel trattamento delle gravi forme di infezioni da batteri Gram+(1), quali quelle da Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA), per un maggiore controllo delle resistenze microbiche.

Vancomicina inibisce la sintesi della parete cellulare nei batteri sensibili legandosi con elevata affinità al terminale D-alanil-D-alanina delle unità precursore della parete cellulare.

Trova indicazione nel trattamento delle endocarditi, infezioni dei tessuti molli, osteomieliti e polmoniti acquisite in comunità e meningiti da batteri resistenti ad altri antibiotici come penicilline e cefalosporine e nella profilassi perioperatoria delle endocarditi in pazienti a rischio sottoposti a chirurgia maggiore e delle peritoniti in pazienti in dialisi peritoneale.

La revisione dei medicinali contenenti vancomicina è stata avviata su richiesta dell’Agenzia dei medicinali Spagnola (AEMPS) ad Aprile 2016, ai sensi dell’Articolo 31 della Direttiva 2001/83/EC.

Il Comitato per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) ha concluso che, dopo un’attenta analisi dei dati disponibili sui medicinali a base di vancomicina, il farmaco non è indicato nel trattamento di enterocoliti stafilococciche, in particolare in pazienti immunodepressi. Inoltre, quando somministrata per via orale, l’uso deve essere limitato al trattamento delle infezioni da Clostridium difficile (CDI).

Il CHMP ha riesaminato, inoltre, la posologia raccomandata per le varie indicazioni e a gruppi di pazienti e ha concluso che la dose iniziale di vancomicina per infusione deve essere calcolata in base all’età e al peso del paziente. Le raccomandazioni aggiornate si basano su dati che hanno dimostrato come la posologia precedentemente raccomandata abbia spesso raggiunto livelli plasmatici inferiori a quelli ottimali, con ridotta efficacia del farmaco. Si ricorda, pertanto, che ogni successivo aggiustamento posologico deve basarsi su concentrazioni sieriche necessarie a raggiungere la concentrazione terapeutica efficace.

Per quanto riguarda le formulazioni orali, vancomicina può essere utilizzata in pazienti pediatrici scegliendo quella più appropriata all’età (capsule o soluzione); la dose non deve superare i 2 g/die.

In attesa che le informazioni del prodotto vengano aggiornate, l’opinione del CHMP sarà ora trasmessa alla Commissione Europea, che emetterà la decisione finale giuridicamente vincolante applicabile in ciascuno degli Stati membri dell’UE (2).

 

Bibliografia:

1)http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/Vancomycin_art._31_PHC_IT_19.05.2017.pdf

2)http://www.ema.europa.eu/docs/en_GB/document_library/Referrals_document/Micro_Therapeutic_Research_31/WC500224406.pdf

Progetto SCOPE: modulo europeo e-learning per segnalare sospette reazioni avverse a farmaci

In data 11/05/2017, in una nota informativa si apprende che, grazie al progetto Strengthening Collaboration for Operating Pharmacovigilance in Europe (SCOPE), cui ha partecipato anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), è oggi disponibile un modulo europeo e-lerning per richiamare l’attenzione sull’importanza di segnalare sospette reazioni avverse a farmaci (ADRs).

Il progetto, promosso dalla Commissione Europea nel 2013, favorisce la collaborazione tra gli Stati membri e lo sviluppo, la divulgazione di competenze e best practices, a sostegno di un modello di farmacovigilanza per tutto il ciclo di vita del medicinale, con la partecipazione dell’Agenzia Europa dei Medicinali (EMA), del Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC), della Società Internazionale di Farmacovigilanza (ISOP), dell’Organizzazione Europea per le Malattie Rare (EURORDIS) e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

È, quindi, disponibile per gli operatori sanitari, un corso di formazione on-line della durata di 45 minuti che consentirà, inoltre, ai partecipanti, di acquisire un credito EACCME (rilasciato dall’European Accreditation Council per l’educazione continua in medicina). Il corso comprende sei sezioni, una introduttiva e una riassuntiva, dalla sperimentazione clinica alla definizione e classificazione di reazione avversa, al ruolo della Farmacovigilanza e delle Agenzie Regolatorie,  al monitoraggio addizionale dei farmaci, oltre a materiale didattico di supporto e fonti per un aggiornamento continuo. È prevista una sezione dedicata alla simulazione di casi clinici con domande a scelta multipla alle quali l’operatore è invitato a rispondere. Completato il modulo di formazione, gli operatori sanitari compileranno il questionario di valutazione del corso.

Si ricorda, infine, che la segnalazione è spontanea e costituisce un’importante fonte di informazioni in quanto consente di rilevare potenziali segnali di sicurezza relativi all’uso dei medicinali. Cittadini e operatori sanitari possono segnalare reazioni avverse a farmaci e vaccini attraverso la piattaforma on-line VigiFarmaco o compilando la scheda (elettronica o cartacea), disponibile sul sito di AIFA, da inviare al Responsabile di Farmacovigilanza della struttura di appartenenza o al Titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) del medicinale che si sospetta avere causato la ADR.

Bibliografia:

1)http://www.scopejointaction.eu/outputsandresults/adr-collection/awareness levels/story_html5.html?lms=1

   

  

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