Farmacovigilanza

Emicrania: il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) raccomanda l’approvazione di erenumab negli adulti che hanno almeno quattro giorni mensili di emicrania.

In data 01/06/2018 il CHMP ha raccomandato l’approvazione di erenumab per il trattamento degli adulti che hanno almeno quattro giorni mensili di emicrania.

L'emicrania è una condizione medica comune caratterizzata da forte cefalea della durata di 4-72 ore e può essere associata a fotofobia e fonofobia, nausea e in alcuni casi vomito [1]; pertanto, se non gestita correttamente può risultare altamente invalidante. L'incidenza degli attacchi di emicrania varia notevolmente da individuo a individuo. In particolare, alcune ricerche hanno dimostrato che nella popolazione femminile gli attacchi mensili di emicrania sono più frequenti rispetto al resto della popolazione. Inoltre, uno stesso individuo può, in determinati periodi, presentare un numero più frequente di attacchi [2, 3].

I trattamenti attualmente disponibili comprendono agonisti del recettore serotoninergico 5-HT1B e 5-HT1D (triptani), indicati per bloccare gli attacchi acuti di emicrania mentre i farmaci utilizzati a scopo preventivo comprendono il topiramato, il propranololo e l’amitriptilina. Questi ultimi, però, non risultano sempre efficaci e non presentano un buon profilo di tollerabilità, portando quindi ad una bassa aderenza alla terapia [4].

Erenumab è, attualmente, l’unico anticorpo monoclonale completamente umano in grado di legare in modo selettivo e potente il recettore del Calcitonin Gene Related Peptide (CGRP) bloccando in questo modo il legame con il ligando endogeno in maniera reversibile. Il CGRP è un neuropeptide, vasodilatatore implicato come mediatore nella fase di comparsa e di progressione del dolore da emicrania [5].

L’approvazione da parte del CHMP si basa sui risultati di quattro ampi studi clinici di fase II e III, condotti su pazienti con quattro o più giorni mensili di emicrania [6-9], in cui sono stati arruolati in totale 2600 pazienti metà dei quali trattati con erenumab.

Lo studio STRIVE ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa del numero dei giorni di emicrania rispetto al gruppo placebo (43,3% per erenumab 70 mg e 50% per erenumab 140 mg vs 27% per placebo (P<0,001)) così come vi è stata una maggiore riduzione dei giorni di terapia per l'emicrania nei casi di attacco acuto nei bracci di trattamento con erenumab rispetto al braccio placebo: 1,1 e 1,6 giorni per erenumab 70 mg e 140 mg vs 0,2 giorni per placebo (P<0,001). Analogamento, lo studio ARISE ha mostrato una riduzione di 0,6 giorni di terapia acuta per l'emicrania e un aumento del 10,2% della percentuale di pazienti che presentavano una riduzione del 50% o più dei giorni di emicrania mensile con la stessa dose rispetto al placebo.

Erenumab ha, inoltre, mostrato un buon profilo di tollerabilità e sicurazza. In particolare, durante le fasi di sviluppo clinico non vi è stata una differenza statisticamente significativa in termini di comparsa di reazioni avverse tra il gruppo trattato e il gruppo placebo. I principali eventi avversi riportati sono stati infezione del tratto respiratorio superiore, nausea e dolore nel sito di iniezione.

La sicurezza e l’efficiacia di erenumab sono tutt’ora in corso di valutazione attraverso la conduzione di uno studio in aperto della durata di cinque anni.

Il parere del CHMP verrà, quindi, inviato alla Commissione europea che provvederà a fornire l'autorizzazione all'immissione in commercio (entro tre mesi) che sarà valida in tutti i paesi dell'Unione.

Bibliografia

$11.      (2018) Headache Classification Committee of the International Headache Society (IHS) The international classification of headache disorders, 3rd edition. Cephalalgia 38:1–211.

$12.      Steiner T, Stovner L, Vos T. GBD 2015: migraine is the third cause of disability in under 50s. The Journal of Headache and Pain. 2016;17:104. https://doi.org/10.1186/s10194-016-0699-5.

$13.      Global, regional, and national incidence, prevalence, and years lived with disability for 328 diseases and injuries for 195 countries, 1990–2016: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2016. The Lancet Neurology. 2017;390:1211–859.

$14.      Goadsby PJ, Sprenger T. Current practice and future directions in the prevention and acute management of migraine. Lancet Neurol 2010; 9: 285-98.

$15.      Thuy Vu,corresponding author1 Peiming Ma, Jiyun Sunny Chen, Jan de Hoon et al. Pharmacokinetic-Pharmacodynamic Relationship of Erenumab (AMG 334) and Capsaicin-Induced Dermal Blood Flow in Healthy and Migraine Subjects. Pharm Res. 2017; 34(9): 1784–1795. 2017 Jun 7.

$16.      Sun H, Dodick DW, Silberstein S, Goadsby PJ, Reuter U, Ashina M, Saper J, Cady R, Chon Y, Dietrich J, Lenz R. Safety and efficacy of AMG 334 for prevention of episodic migraine: a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 2 trial. Lancet Neurol. 2016 Apr;15(4):382-90.

$17.      Dodick DW, Ashina M, Brandes JL, Kudrow D, Lanteri-Minet M, Osipova V, Palmer K, Picard H, Mikol DD, Lenz RA. ARISE: A Phase 3 randomized trial of erenumab for episodic migraine. Cephalalgia. 2018 May;38(6):1026-1037.

$18.      Goadsby PJ, Reuter U, Hallström Y, Broessner G, Bonner JH, Zhang F, Sapra S, Picard H, Mikol DD, Lenz RA. A Controlled Trial of Erenumab for Episodic Migraine. N Engl J Med. 2017 Nov 30;377(22):2123-2132.

$19.      NCT03096834 - CAMG334A2301, Phase IIIb, randomized double-blind, March 2019, followed by a 1 year open label phase.

Nota informativa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sul rischio di insorgenza di nuovo tumore maligno primitivo a seguito del trattamento con Xgeva® (denosumab).

In data 16 Maggio 2018 è stata pubblicata sul portale dell’AIFA un importante nota informativa sul rischio di insorgenza di nuovo tumore maligno primitivo a seguito dell’assunzione di Xgeva® (denosumab).

Denosumab è un anticorpo monoclonale di tipo IgG2, completamente umano, con elevata specificità ed affinità per il Receptor activator of nuclear factor kappa-Β ligand (RANKL) a cui si lega, mimando l’azione dell’osteoprotegerina (OPG) e impedendo al ligando di raggiungere il proprio recettore RANK sulla superficie degli osteoclasti, in questo modo denosumab inibisce l’osteclastogenesi e la funzione degli osteoclasti maturi, oltre ad aumentarne l’apoptosi [1] determinando quindi una riduzione dell’assorbimento osseo. Pertanto, denosumb trova applicazione in tutte quelle patologie caratterizzate da aumentato riassorbimento osseo, come nel caso dell’osteoporosi postmenopausale, nelle neoplasie maligne in fase avanzata che coinvolgono l’osso e negli adulti e adolescenti con apparato scheletrico maturo con tumore a cellule giganti dell’osso non resecabile o per i quali la resezione chirurgica potrebbe provocare severa morbilità [2].

Finora, il denosumab aveva mostrato un buon profilo di tollerabilità con un incidenza di comparsa di eventi avversi simile al gruppo placebo o al gruppo trattato con alendronato.

Una recente analisi combinata di quattro studi clinici di fase III [3-6], condotti su pazienti affetti da neoplasie maligne in fase avanzata che conivolgono l’osso, ha fatto emergere un aumento del rischio di sviluppare nuovi tumori maligni primitivi nei pazienti trattati con denosumab rispetto al braccio di confronto.

In particolare, la prevalenza di insorgenza nei pazienti trattati con denosumab 120 mg una volta al mese è stata dell’1,5% dopo un’esposizione mediana di 13,8 mesi (range: 1,0-51,7) rispetto allo 0,9% dopo un’esposizione mediana di 12,9 mesi (range: 1,0 – 50,8) nei pazienti trattati con acido zoledronico 4 mg una volta al mese. L’incidenza è stata dell’1,1% nel gruppo trattato con denosumab rispetto allo 0,6% nel gruppo trattato con acido zoledronico.

Al fine di aggiornare le informazioni sulla sicurezza del prodotto, l’azienda ha annunciato che provvederà all’aggiornamento del Riassunto delle Caratteristiche del prodotto (RCP) e del Foglietto illustrativo (FI).

Bibliografia

$11.      M.L. Brandi.Denosumab: a new therapeutic approach in the treatment of osteoporosis. G.I.O.T. 2010;36:268-277.

$12.      Denosumab – Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto.

$13.      NCT00330759 - A Randomized, Double-Blind, Multicenter Study of Denosumab Compared With Zoledronic Acid (Zometa) in the Treatment of Bone Metastases in Subjects With Advanced Cancer (Excluding Breast and Prostate Cancer) or Multiple Myeloma.

$14.      NCT00321620 - A Randomized, Double-Blind, Multicenter Study of Denosumab Compared With Zoledronic Acid (Zometa®) in the Treatment of Bone Metastases in Men With Hormone-Refractory Prostate Cancer.

$15.      NCT00321464 - A Randomized, Double-Blind, Multicenter Study of Denosumab Compared With Zoledronic Acid (Zometa®) in the Treatment of Bone Metastases in Subjects With Advanced Breast Cancer.

$16.      NCT00091832 - A Randomized Active-controlled Study of AMG 162 in Breast Cancer Subjects With Bone Metastasis Who Have Not Previously Been Treated With Bisphosphonate Therapy.

Nuovo segnale di sicurezza per dolutegravir e possibile rischio di difetti del tubo neurale nei nascituri: le raccomandazioni preucazionali dell’EMA per le donne in età fertile e/o in gravidanza.

Recentemente sul portale web dell’Agenzia Italiana del Farmaco è stata pubblicata un’importante comunicazione di sicurezza relativa a dolutegravir e al rischio di difetti del tubo neurale, in cui sono riportate le raccomandazioni emanate dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) rispetto all’utilizzo di tale farmaco in donne in età fertile e/o che stanno pianificando una gravidanza.      
Dolutegravir è un farmaco autorizzato dal 2014, indicato, in associazione con altri medicinali antiretrovirali, quali lamivudina e abacavir, per il trattamento di pazienti adulti, adolescenti e bambini di età >6 anni affetti da virus dell'immunodeficienza umana (HIV). Tale farmaco agisce come inibitore dell'integrasi, un enzima implicato nella replicazione del virus HIV, al fine di prevenire la diffusione dell'HIV e mantenere bassa la viremia dei pazienti colpiti, ovvero la quantità del materiale genetico (RNA) del virus HIV nel sangue. Tale farmaco, dunque, non permette la completa eradicazione dell'infezione da HIV, ma risulta efficace nel ritardare i danni al sistema immunitario e l'insorgenza di infezioni e malattie associate all'AIDS. Attualmente, tale principio attivo è disponibile in due diverse specialità medicinali, Tivicay® (dolutegravir) e Triumeq® (dolutegravir / lamivudina/ abacavir), ma recentemente anche un’altra specialità medicinale, Juluca® (dolutegravir/rilpivirine), ha ricevuto parere positivo dal Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) e risulta attualmente in attesa di una decisione da parte della Commissione Europea.
Le raccomandazioni emanate da EMA relativamente all’utilizzo di dolutegravir in donne in età fertile fanno seguito ad un segnale di sicurezza emerso dai risultati preliminari di uno studio osservazionale, secondo i quali è stato individuato un possibile aumento del rischio di difetti del tubo neurale in bambini nati da donne in trattamento con dolutegravir al momento del concepimento. In particolare, nell’ambito di tale studio, per il quale sono stati esaminati i bambini nati da 11.558 donne affette da HIV in Botswana, è stato riportato che lo 0,9% (4 su 426) dei bambini le cui madri sono rimaste incinta durante il trattamento con tale farmaco presentavano un difetto del tubo neurale (come la spina bifida), rispetto allo 0,1% dei bambini (14 di 11.173) le cui madri erano in trattamento con altri farmaci anti-HIV. I risultati finali di tale studio sono attesi tra circa un anno, ma attualmente è in atto una revisione dei nuovi dati di sicurezza da parte del comitato competente dell’EMA per la valutazione dei problemi di sicurezza per i medicinali ad uso umano, il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC).

In attesa della conclusione di tale revisione, l’EMA raccomanda:

− alle donne in età fertile e in trattamento con dolutegravir, di usare un metodo contraccettivo efficace

− alle donne che hanno intenzione di pianificare una gravidanza, di non assumere tale farmaco per il trattamento dell’HIV e di rivolgersi al proprio medico per scegliere il trattamento più appropriato

− alle donne già in gravidanza e che stanno assumendo dolutegravir, di non interrompere il trattamento senza aver prima consultato il proprio medico, in quanto ciò potrebbe risultare dannoso sia per le madri che per i loro bambini non ancora nati.

Allo stesso modo, l’EMA raccomanda agli operatori sanitari dell’Unione Europea di:

− non prescrivere dolutegravir a donne in età fertile che pianificano una gravidanza

− di escludere la gravidanza prima di iniziare il trattamento con dolutegravir nelle donne in età fertile

− di informare adeguatamente le donne in età fertile che stanno assumendo dolutegravir di dover utilizzare un metodo contraccettivo efficace durante il trattamento

− di sostituire il trattamento con dolutegravir con un altro alternativo nel caso in cui venga confermata uno stato di gravidanza al primo trimestre in una donna già in trattamento con dolutegravir.

Si fa presente, tuttavia, che finora non sono stati riportati casi di difetti neuronali in bambini nati da donne che hanno iniziato dolutegravir successivamente durante la gravidanza e che studi di tossicologia riproduttiva non hanno mostrato risultati rilevanti. Inoltre, altri dati sull'uso di dolutegravir in gravidanza provenienti dal Registro delle Gravidanze Antiretrovirali (APR), studi clinici e monitoraggio post-marketing non hanno indicato un rischio di difetti del tubo neurale.

È doveroso, dunque, sottolineare che tali raccomandazioni sono state emanate in via precauzionale e che saranno aggiornate quando il PRAC concluderà la sua valutazione di sicurezza.

Fonte: AIFA

La Food and Drug Administration (FDA) approva tofacitinib (Xeljanz®) per la colite ulcerosa acuta da moderata a grave: terza indicazione d’uso per il farmaco sviluppato da Pfizer.

In data 30/05/2018 l’FDA ha annunciato l’approvazione di tofacitinib per il trattamento della colite ulcerosa attiva da moderata a grave.

Il farmaco, sviluppato da Pfizer, aveva già trovato indicazione nel 2012 per il trattamento dell’artrite reumatoide e dell’artrite psoriasica.

Tofacitinib è un immunosoppressore reversibile, competitivo il quale si lega al sito di legame dell’adenosina trifosfato (ATP) nella fessura catalitica del dominio delle JAK (Janus Chinasi). Come risultato del legame con il sito dell’ATP, tofacitinib inibisce la fosforilazione e, di conseguenza, l’attivazione delle JAK, prevenendo così la fosforilazione e l'attivazione delle STATs (signal transducer and activator of transcription) e quindi l'attivazione della trascrizione genica. Ciò porta a una diminuzione della produzione di citochine e alla modulazione della risposta immunitaria [1].

Studi in vitro condotti su cellule umane hanno dimostrato che tofacitinib inibisce preferenzialmente la trasduzione del segnale mediata da recettori eterodimerici delle citochine che si associano con JAK3 e/o JAK1 con una selettività funzionale su recettori delle citochine che trasducono attraverso coppie di JAK2 [2].

La colite ulcerosa è una malattina infiammatoria cronica del colon la cui eziologia non è ancora nota. Fattori di rischio includono storia di infezione con Salmonella o Campylobacter e storia familiare di colite ulcerosa. Inoltre, è stata ossevata una maggiore incidenza di casi nei paesi occidentali industrializzati e con latitudini maggiori [3]. Ad oggi, i farmaci di prima linea per il trattamento della colite ulcerosa sono rappresentati da mesalazina (5-ASA), corticosteroidi per il trattamento delle forme severe o, in alternativa, ciclosporina in monoterapia per via endovenosa. I farmaci di seconda linea, in caso di mancata risposta al trattamento di prima linea, sono rappresentati da infliximab o tacrolimus.

L’efficacia e la sicurezza del trattamento con tofacitinib nella colite ulcerosa sono state dimostrate in tre trial clinici controllati (OCTAVE Induction 1 trial, OCTAVE Induction 2 trial e OCTAVE Sustain trial) [4].

Negli studi OCTAVE Induction 1 e OCTAVE Induction 2, la remissione a 8 settimane era compresa tra il 17% e il 18% nel gruppo tofacitinib rispetto al 4% (P <0,001) e 8% nel gruppo placebo (p = 0,007) mentre nello studio OCTAVE Sustain, la remissione a 52 settimane si è verificata nel 34,3% dei pazienti nel gruppo tofacitinib 5 mg e nel 40,6% nel gruppo tofacitinib 10 mg rispetto all'11,1% nel gruppo placebo (P <0,001 per entrambi i confronti con placebo).

Tofacitinib ha mostrato, inoltre, un buon profilo di tollerabilità in tutti e tre gli studi. In particolare, negli studi OCTAVE Induction 1 trial e OCTAVE Induction 2 trial le infezioni sono state l’evento avverso più comune specialmente nel gruppo trattato con tofacitinib 10 mg (23.3% e 18.2%, rispettivamente) rispetto al gruppo placebo (15.6% e 15.2%). Nello studio OCTAVE Sustain, le infezioni si sono verificate nel 35,9% dei pazienti nel gruppo tofacitinib 5 mg e nel 39,8% nel gruppo tofacitinib 10 mg rispetto al 24% nel gruppo placebo.

Eventi avversi seri, meno comuni, includono comparsa di cancro (melanoma e linfoma) e infezioni opportunistiche che possono portare ad ospedalizzazione e morte [5].

Altri eventi avversi comuni sono stati rappresentati da aumento dei livelli di colesterolo (non associato ad un aumento del rischio cardiovascolare), cefalea, aumento della creatinin fosfochinasi ematica, rinofaringite e rash cutaneo.

Saranno necessari ulteriori studi osservazionali al fine di approfondire meglio il profilo rischio/beneficio di tofacitinib nella reale pratica clinica.

Bibliografia

1.      Hodge JA, Kawabata TT, Krishnaswami S, Clark JD et al. The mechanism of action of tofacitinib - an oral Janus kinase inhibitor for the treatment of rheumatoid arthritis. Clin Exp Rheumatol. 2016 Mar-Apr;34(2):318-28. Epub 2016 Mar 10.

2.      Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto XELJANZ 5 mg compresse rivestite con film.

3.      Adams SM, Bornemann PH. Ulcerative colitis. Am Fam Physician. 2013 May 15;87(10):699-705. Review.

4.      Sandborn WJ, Su C, Sands BE, D'Haens GR, Vermeire S, Schreiber S, Danese S, Feagan BG, Reinisch W, Niezychowski W, Friedman G, Lawendy N, Yu D, Woodworth D,  Mukherjee A, Zhang H, Healey P, Panés J; OCTAVE Induction 1, OCTAVE Induction 2,  and OCTAVE Sustain Investigators. Tofacitinib as Induction and Maintenance Therapy for Ulcerative Colitis. N Engl J Med. 2017 May 4;376(18):1723-1736.

5. Black box warning – https://online.epocrates.com/u/10b6515/Xeljanz/Black+Box+Warnings

Nuove raccomandazioni del PRAC per la minimizzazione del rischio di gravi danni epatici da Esmya®.

Il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha completato la revisione del medicinale Esmya® (ulipristal acetato) e ha aggiornato, alla luce di quanto emerso, le raccomandazioni per la minimizzazione del rischio di danno epatico correlato all’uso di tale farmaco.            
Esmya® è farmaco autorizzato per la prima volta nell’Unione Europea nel 2012, indicato per il trattamento intermittente e pre-operatorio di sintomi, da moderati a gravi, di fibromi uterini in donne adulte in età riproduttiva. In particolare, ulipristal acetato, principio attivo di tale specialità medicinale, agisce come modulatore selettivo del recettore del progesterone,
impedendo a quest’ultimo di favorire la crescita dei fibromi. Pertanto, agendo in maniera diretta e tessuto-specifica sui fibromi, ne permette la riduzione delle dimensioni mediante l’inibizione della proliferazione cellulare e induzione di apoptosi.
La revisione della sicurezza di Esmya® era stata avviata su richiesta della Commissione Europea in seguito alla segnalazione di quattro casi di grave danno epatico (per tre dei quali è stato necessario il trapianto d’organo)manifestatisi in pazienti in trattamento con tale farmaco. Data la gravità di tali eventi, già in data 19 febbraio 2018 era stata pubblicata sul portale web dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) un’importante nota informativa di sicurezza in cui venivano riportate limitazioni d’uso temporanee, avvertenze e raccomandazioni di monitoraggio stabilite da EMA per l’uso di Esmya®. Dopo aver considerato tutte le evidenze, il PRAC ha concluso che Esmya® possa aver contribuito all’insorgenza di alcuni casi di grave danno epatico. Pertanto, il Comitato ha formulato una serie di raccomandazioni per la minimizzare di tale rischio, secondo le quali:

- il medicinale non deve essere utilizzato nelle donne con problemi epatici;
- possano essere iniziati nuovi cicli di trattamento in determinati gruppi di pazienti previa valutazione della loro funzionalità epatica che deve risultare nella norma;
- il trattamento non deve essere iniziato se i livelli degli enzimi epatici sono più di 2 volte superiori al limite massimo del range di normalità;        
- è necessario monitorare la funzionalità epatica delle pazienti durante il trattamento con Esmya® almeno una volta al mese durante i primi due cicli di trattamento ed ogni 2-4 settimane dall'interruzione del trattamento;           
- se i risultati dei test non sono nella norma (i livelli degli enzimi epatici sono più di 3 volte superiori il limite massimo del range di normalità), il medico deve interrompere il trattamento e monitorare attentamente la paziente;        
- Esmya® deve essere utilizzato per più di un ciclo di trattamento solo in donne che non possono sottoporsi ad intervento chirurgico. Quelle che, invece, devono sottoporsi ad intervento chirurgico devono effettuare un solo ciclo di trattamento;   
- le pazienti devono essere adeguatamente informate riguardo le misure specifiche da intraprendere in caso di insorgenza di segni e sintomi di danno epatico. A tal fine dovrà essere inclusa nella confezione del medicinale una scheda informativa sulla necessità del monitoraggio della funzionalità epatica e sulla necessità di contattare il loro medico nel caso di insorgenza di sintomi relativi al danno epatico (tra cui stanchezza, ingiallimento della pelle, urine scure, nausea e vomito);
- dovranno essere effettuati studi ad hoc per valutare ulteriormente la sicurezza epatica di Esmya® e l’efficacia delle misure di minimizzazione del rischio.

Tali raccomandazioni finali del PRAC saranno ora trasmesse al Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP), per l’adozione della decisione finale, che sarà successivamente inviata alla Commissione Europea per la decisione giuridicamente vincolante. A tale decisione cui seguirà una comunicazione scritta inviata ai medici per informarli circa le nuove restrizioni d’uso.

Fonte: AIFA, EMA

   

  

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