Farmacovigilanza

Chinoloni e fluorochinoloni: il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) limitarne l’uso di due classi a causa di rischi per la salute.

In data 8 Ottobre 2018, il PRAC ha raccomandato la restrizione all’uso chinolonici e fluorochinolonici. Tale limitazione fa seguito ai risultati di una revisione del profilo di tollerabilità che ha evidenziato la comparsa di eventi avversi di lunga durata e potenzialmente invalidanti a seguito dell’utilizzo di tali farmaci.

I fluorochinoloni rimangono tra gli antibiotici più comunemente usati a livello globale con circa 30 milioni di prescrizioni ambulatoriali che vengono rilasciate ogni anno solo negli Stati Uniti [1].

Tutti i composti chinolonici inibiscono l'azione di due enzimi appartenenti alla classe delle topoisomerasi; l'enzima girasi e la topoisomerasi IV; entrambi sono coinvolti nell'isomerizzazione spaziale dell'alfa-elica (DNA girasi) e nel mantenimento della separazione tra il filamento stampo e il filamento inerte nel processo di replicazione batterica. La DNA girasi o la topoisomerasi IV tagliano il doppio filamento di DNA circolare, rompendolo grazie ad un attacco nucleofilo sull'ossidrile tirosinico del ponte diesterico, lo avvolgono in senso levogiro e poi risaldano il filamento.

Uno dei principali problemi correlati all’assunzione dei fluorochinoloni è la tendinopatia con rottura del tendine di Achille [2]. In particolare, è stato dimostrato che tale evento avverso potrebbe essere correlato a meccanismi di stress ossidativo e tossicità mitocondriale. Tale meccanismo spiegherebbe anche la comparsa di altri eventi avversi a carico della muscolatura, del sistema nervoso centrale e periferico e dell’apparato gastroenterico [3-9]. Una delle caratteristiche distintive della tendinopatia indotta dai fluorochinoloni è un periodo di latenza considerevole tra l'inizio del trattamento e l'insorgenza di sintomi [10] e ciò potrebbe essere dovuto ad una tossicità mitocondriale e citotossicità ritardata [11].

Per quanto concerne gli eventi avversi a carico del Sistema Nervoso Centrale (SNC), è noto che gli eventi avversi correlati al SNC sono più elevati in associazione all'uso di chinoloni rispetto all'uso di altri antimicrobici sistemici [2] e sono al secondo posto delle reazioni avverse più comuni indotte da fuolochinoloni con un incidenza che va dall’1% al 3,3%. I sintomi più comunemente riportati includono cefalea, vertigini e sonnolenza. Questi di solito si verificano il primo giorno di trattamento e si risolvono dopo l’interruzione della terapia farmacologica. Altri eventi, meno comunemente riportati includono agitazione, delirio, confusione/encefalopatia, psicosi organica acuta, convulsioni e visione anormale [12, 13]. Le crisi convulsive sono state riportate più frequentemente tra individui predisposti a crisi epilettiche, traumi cerebrali e anossia [13]. È importante sottolianere che gli eventi avversi a carico del SNC sono evitabili in larga misura conoscendo le caratteristiche del farmaco ed eventuali comorbidità del paziente. Alcuni studi hanno dimostrato che il sostituente C-7 sul nucleo del chinolone, in particolare pirrolidina o piperazina, svolge un ruolo importante nella comparsa degli effetti sul SNC [14]. In particolare, l'azione eccitatoria sul CNS è connessa all’inibizione del legame dell’acido gamma amino butirrico (GABA) al proprio recettore. Questo meccanismo è anche condiviso dagli antibiotici betalattamici [15].

La natura del sostituente C-7 può anche determinare l'interazione con farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) e teofillina e ciò può potenzialmente aumentare la probabilità di comparsa di convulsioni. Altri recettori eventualmente coinvolti negli effetti eccitatori sul SNC includono il recettore dell’N-metil-D-aspartato, dell’adenosina e recettori leganti gli aminoacidi, mentre alcuni studi hanno suggerito anche effetti sui recettori della dopamina e degli oppioidi. [16].

Alla luce di ciò il PRAC raccomanda che i fluorochinolonici ancora in commercio non siano utilizzati per trattare infezioni che potrebbero migliorare senza alcun trattamento, oppure per trattare infezioni non gravi (come quelle della gola), per prevenire la diarrea del viaggiatore o le infezioni ricorrenti del tratto urinario inferiore (infezioni delle urine che non si estendono oltre la vescica), per il trattamento di infezioni lievi o moderatamente gravi, a meno che non si possano usare altri medicinali antibatterici comunemente raccomandati per queste infezioni. Il PRAC raccomanda, inoltre, che questi medicinali siano utilizzati con cautela specialmente nei pazienti anziani e nei pazienti che hanno subito trapianto di organi o quelli che sono stati trattati con corticosteroidi per uso sistemico. Questi pazienti sono a più alto rischio di danni ai tendini.

Bibliografia

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Nota informativa Importante dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) sui rischi connessi al cambio di forma farmaceutica

In data 28 settembre 2018 è stata pubblicata sul portale dell’AIFA una Nota Informativa Importante circa il rischio di errore terapeutico connesso al cambio della forma farmaceutica della Prodotto Medicinale Lynparza® (olaparib).

Olaparib è un farmaco antineopastico indicato come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico epiteliale sieroso di alto grado, di carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primitivo, BRCA-mutato (mutazione nella linea germinale e/o mutazione somatica), che sono in risposta (risposta completa o risposta parziale) alla chemioterapia a base di platino.

Olaparib è un potente inibitore dell’enzima umano poli (ADP-ribosio) polimerasi (PARP-1, PARP-2 e PARP-3) e ha dimostrato di inibire la crescita di linee cellulari tumorali selezionate in vitro e la crescita tumorale in vivo, quando è stato impiegato in monoterapia o in associazione con regimi chemioterapici noti.

La Nota Informtiva Importante fa seguito a problemi di sicurezza correlati a possibili errori terapeutici dovuti a cambio di forma farmaceutica.

La formulazione in compresse è indicata come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico epiteliale di alto grado, di carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primitivo, che sono in risposta (completa o parziale) alla chemioterapia a base di platino.

La formulazione in capsule è indicata come monoterapia per il trattamento di mantenimento di pazienti adulte con recidiva platino-sensibile di carcinoma ovarico epiteliale sieroso di alto grado, di carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primitivo, BRCA-mutato (mutazione nella linea germinale e/o mutazione somatica), che sono in risposta (risposta completa o parziale) alla chemioterapia a base di platino. La posologia per le compresse e le capsule è differente: il dosaggio raccomandato è di 600 mg al giorno (4 compresse da 150 mg/die – due al mattino e due alla sera) o, in caso di dose ridotta, 250 mg (1 x 150 mg compressa e 1 x 100 mg compressa) due volte al giorno (equivalente ad una dose giornaliera totale di 500 mg) oppure 8 capsule al mattina e 8 capsule di sera per un totale di 400 mg/die. Le due formulazioni non devono essere sostituite sulla base del milligrammo per milligrammo; si corre, infatti, il rischio di sovradosaggio e incremento di reazioni avverse se la posologia delle capsule è utilizzata per le compresse o rischio di mancanza di efficacia se la posologia delle compresse è utilizzata per le capsule.

Di seguito si riporta il testo della Nota Informativa Importante:

La formulazione in compresse del medicinale LYNPARZA (olaparib) è stata approvata dalla

Commissione Europea in data 08/05/2018;

$11)      Le capsule e le compresse di LYNPARZA non devono essere sostituite sulla base del milligrammo per milligrammo, a causa delle differenze di dosaggio e biodisponibilità di ciascuna formulazione.

$12)      Per evitare errori terapeutici, i medici prescrittori devono specificare la formulazione e il dosaggio di LYNPARZA in ogni prescrizione e il farmacista deve assicurarsi che la corretta

formulazione e dosaggio siano dispensati alle pazienti.

$13)      Istruire le pazienti sulla dose corretta da prendere per le capsule o per le compresse. Per ogni

paziente che passa dalle capsule alle compresse (o viceversa), spiegare come le dosi in milligrammi per le due formulazioni sono differenti.

Aggiornamento delle linee guida sul rilevamento e sulla gestione dell’ipertensione resistente.

In data 17 Settembre 2018, l’American Heart Association (AHA) ha aggiornato le linee guida per il rilevamento e la gestione dell’ipertensione resistente.

L'ipertensione è il principale fattore di rischio al mondo per le malattie cardiovascolari, ictus, disabilità e morte.

Nonostante negli ultimi 30 anni vi sia stato un costante miglioramento nella cura e nel trattamento dell’ipertensione arteriosa, una grande percentuale di adulti ipertesi non riescono ad ottenere un adeguato controllo della pressione arteriosa.

L’ipertensione resistente (RH) è definita come una pressione sanguigna elevata (>140/90 mm/Hg nella popolazione generale di pazienti con ipertensione arteriosa e ≥130/80 mmHg nei pazienti con diabete mellito o nefropatia) nonostante l'uso concomitante di 3 classi di farmaci antipertensivi uno dei quali deve essere un diuretico.

Nel documento diffuso dall’AHA si enfatizza il ruolo dello stile di vita come parte centrale del trattamento. Infatti, numerose sono le condizione che possono influenzare i livelli di pressione: obesità, ipertrofia ventricolare sinistra, albuminuria, diabete mellito, CKD e apnea ostruttiva del sonno (OSA). In particolare, la proporzione di pazienti che soffre di RH e apnea notturna risulta elevato (60-84%). Inoltre, è stato osservato che anche i pazienti che soffrono di disturbi del sonno (durata più breve e risvegli frequenti) manifestano ipertensione resistente. Ciò è probabilmente dovuto ad una attivazione del sistema simpatico e del sistema renina-angiotensina che interferiscono con il corretto controllo della pressione arteriosa.

L’AHA, inoltre, ricorda l’importanza di chiedere al paziente se effettua terapie concomitanti in quanto molti farmaci possono determinare un aumento della pressione arteriosa quali ad esempio farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e contraccettivi orali.

Altro fattore importante da prendere in considerazione è l’“effetto camice bianco”. È stato, infatti, osservato che quando la pressione viene misurata dal medico, piùttosto che dall’infermiere, la pressione risulta più elevata, come se la figura del clinico generasse una sensazione di ansia e/o timore e quindi uno sbalzo di pressione. Sarebbe, qundi, opportuno misurare la pressione attraverso dispositivi che effettuano da 3 a 6 misurazioni consecutive, di modo da poter ottenere un dato più preciso circa i valori pressori.

Oltre allo stile di vita, risulta fondamentale anche una dieta povera di sodio. Numerosi studi hanno, infatti confermato che i pazienti che fanno elevato consumo di sodio sono maggiormente esposti al rischio di ipertensione resistente.

Al fine di trattare con successo l’RH, oltre all’ablazione del nervo renale e alla terapia di attivazione barorecettoriale, sono stati esplorati nuovi dispositivi sperimentali. Questi includono la creazione di un’anastomosi arterovenosa centrale, un dispositivo renale endovascolare per denervazione renale endovascolare e la stimolazione del nervo mediano che utilizza una tecnica di elettroagopuntura per ridurre il deflusso simpatico.

In conclusione, la ricerca e lo sviluppo futuri sono incoraggiati affinchè metodi sempre più efficaci possano essere applicabili a pazienti refrattari alla terapia farmacologica o che hanno difficoltà a tollerare farmaci efficaci [1].

Bibliografia

$11.      Robert M. Carey et al. Resistant Hypertension: Detection, Evaluation, and Management: A Scientific Statement From the American Heart Association. 13 Sep 2018Hypertension. 2018;0:HYP.0000000000000084.

Interleuchina (Il)- 33: scoperto il suo ruolo chiave nelle malattie infiammatorie croniche intestinali.

L’interleuchina-33 ha un ruolo chiave nel trattamento delle malattie croniche intestinali, in particolare nella rettocolite ulcerosa e nel morbo di Crohn. È quanto emerge da uno studio condotto da Lopetuso et al. e coordinato dal Prof. Gasbarrini - direttore Area Gastroenterologia ed Oncologia medica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs - Università Cattolica di Roma - pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD), il morbo di Crohn (CD) e la colite ulcerosa (UC) sono disturbi cronici recidivanti ad eziologia sconosciuta.

L'incidenza della colite ulcerosa (UC) e della malattia di Crohn (CD) è complessivamente aumentata in Europa passando da 6,0 per 100.000 anni-persona per la UC e 1,0 per 100.000 anni-persona per la CD nel 1962 a 9,8 per 100.000 persone-anno e 6,3 ogni 100.000 anni-persona nel 2010, rispettivamente. La più alta incidenza di IBD si trova sulle isole Faroe [1]. Il trattamento delle malattie intestinali croniche infiammatorie è notevolmente cambiato negli ultimi anni. In particolare, è stato visto che regimi dietetici particolari non portano a un miglioramente significativo della sintomatologia, mentre il trattamento con nuovi farmaci e l’utilizzo di nuove tecniche chirurgiche hanno permesso di migliorare notevolmente la qualità della vita dei pazienti affetti da tali patologie.

I farmaci attualmente utilizzati per il trattamento delle IBD sono:

$1·         acido 5-aminosalicilico (5-ASA, sulfasalazina, mesalazina, olsalazina, balsalazide, asacol, pentasa),

$1·         corticosteroidi (adatti nelle riacutizzazioni quando gli ASA non sono indicati, non adatti nel mantenimento),

$1·         farmaci immunomodulatori (azatioprina, metotrexato, ciclosporina),

$1·         farmaci anticitochine (anticorpi anti-TNF: infliximab, certolizumab e adalimumab. Ac anti-interleuchina, Ac contro l’adesione di molecole leucocitarie: natalizumab),

$1·         antibiotici (come metronidazolo e ciprofloxacina, rifaximina),

$1·         probiotici (Escherichia coli, Lactobacillus, Saccharomyces non patogeni).

Un recente studio [2] ha dimostrato che l’interleuchina (Il)-33 ha un importante ruolo nel processo protettivo e di rigenerazione della parete intestinale.

Le interleuchine sono una famiglia di proteine secrete dalle cellule del sistema immunitario e/o dalle cellule endoteliali ed epiteliali e giocano un ruolo fondamentale nel complesso processo di risposta immunitaria.

Ad oggi sono state individuate 35 diverse interleuchine, ognuna di queste con una specifica funzione.

Il ruolo dell’interleuchina-33 nelle malattie croniche intestinali era già noto da tempo, ma gli studi fino ad ora pubblicati in letteratura [3-5] mostravano risultati contraddittori, suggerendo sia funzioni patogene che protettive.

A differenza degli studi precedentemente pubblicati, Lopetuso et. al. si sono concentrati sul ruolo funzionale dell’IL-33 e del suo recettore ST2 su un modello murino diostrando che durante la colite acuta l'assenza di IL-33 o ST2 impedisce il processo di guarigione, mentre la somministrazione di IL-33 esogena accelera drammaticamente la riparazione dell'epitelio con miglioramento dell'infiammazione del colon. Gli autori hanno, quindi, documentato che l’IL-33 stimola l'espressione di una rete di microRNA (miR) nella linea delle cellule epiteliali intestinali del colon Caco2 (IEC), in particolare miR-320, che risulta fortemente espresso nelle cellule epiteliali isolate dall'intestino degli animali con colite trattati con Il-33. Inoltre, lo studio ha mostrato che utilizzando cellule intestinali in provetta prive di miR-320A, vi è il blocco della riparazione cellulare nonostante la somministrazione di Il-33.

«La mancanza di Il-33 o del suo recettore TT2» aggiunge il Prof. Gasbarrini, coordinatore dello studio, «impedisce il completamento del processo di guarigione mucosale dopo un danno infiammatorio. Invece, la somministrazione terapeutica (esogena) di Il-33 durante la fase di riparazione del danno mucosale è in grado di accelerare pesantemente la formazione di nuovo epitelio (riepitelizzazione) e la guarigione, con un concomitante miglioramento dell'infiammazione intestinale. Il prossimo passo della ricerca, dunque, sarà valutare come varia il comportamento di questo asse nell'uomo in risposta agli agenti immunomodulanti attualmente in commercio. Ci si aspetta che tale asse funzioni meglio nei pazienti che rispondono maggiormente alle terapie disponibili, per cui in futuro potremmo sfruttare questa molecola non solo come possibile target di innovativi farmaci biotecnologici, ma anche come marker di risposta mucosale precoce ai farmaci».

Bibliografia

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$12)      Lopetuso LR, De Salvo C, Pastorelli L, Rana N, Senkfor HN, Petito V, Di Martino L, Scaldaferri F, Gasbarrini A, Cominelli F, Abbott DW, Goodman WA, Pizarro TT. IL-33 promotes recovery from acute colitis by inducing miR-320 to stimulate epithelial restitution and repair. Proc Natl Acad Sci U S A. 2018 Sep 17. pii: 201803613.

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Terapia genica: il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha espresso parere positivo circa l’approvazione di voretigene neparvovec.

In data 21/09/2018 Novartis ha annunciato di aver ottenuto parere positivo dal CHMP circa l’approvazione di voretigene neparvovec (Luxturna®) per il trattamento di pazienti con perdita della vista dovuta a mutazione genetica in entrambe le copie del gene RPE65.

La proteina codificata dal gene RPE65 è coinvolta in un processo a più fasi chiamato ciclo visivo, che converte la luce che entra nell'occhio in segnali elettrici che vengono trasmessi al cervello. Quando la luce colpisce i pigmenti fotosensibili nella retina, trasforma il retinale 11-cis (una forma di vitamina A) in una molecola trans-retinale. Questa conversione innesca una serie di reazioni chimiche che fanno si che il ciclo visivo possa ricominciare [1].

Le malattie retiniche ereditarie sono un gruppo di patologie rare che portano a cecità totale e colpiscono soprattutto adolescenti e bambini.

Voretigene neparvovec (Luxturna) utilizza il vettore virale adenoassociato di sierotipo 2 (AAV2) per trasportare una copia funzionale del gene RPE65 nelle cellule dell'epitelio pigmentato retinico (RPE) al fine di compensare la mutazione di tale gene [2-4]. Con un gene RPE65 funzionante, le cellule iniziano a produrre la proteina RPE65 e il cis-retinale ripristina il ciclo visivo [5-11].

L’approvazione da parte del CHMP si basa sui risultati di uno studio clinico di fase I, sul relativo follow-up e su uno studio di fase III [6,7]. In quest’ultimo studio sono stati arruolati 31 pazienti e assegnati in modo casuale al trattamento (n = 21) o al controllo (n = 10). Due soggetti (uno nel gruppo controllo e uno nel gruppo di trattamento) si sono ritirati dopo la firma del consenso informato. A 1 anno dal trattamento, il punteggio medio bilaterale al test di mobilità multi-luminanza (MLMT) era di 1,8 (SD 1,1) nel gruppo di trattamento rispetto a 0,2 (SD 1,0) nel gruppo di controllo (differenza di 1,6%, IC 95% 0,72-2 ,41, p = 0,0013). Il 65% dei 20 soggetti trattati con il farmaco, ma nessun controllo, ha superato il livello di luminanza più basso testato (1 lux) all’MLMT, dimostrando il massimo miglioramento possibile.    

Si prevede che la Commissione Europea rilascerà l’Autorizzazione all’immissione in Commercio (AIC) entro due mesi dal parere positivo del CHMP. Il farmaco sarà quindi disponibile in tutti e 28 gli stati dell’Unione Europea oltre all’Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

Bibliografia

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