Farmacovigilanza

Comunicazione EMA sul rapporto rischio/beneficio dei farmaci contenenti l’associazione di metocarbamolo e paracetamolo

In data 27 marzo 2020, EMA ha concluso che i benefici dei medicinali contenenti metocarbamolo e paracetamolo continuano a superare i rischi nel trattamento a breve termine degli spasmi muscolari dolorosi [1].

A seguito di recenti pubblicazioni [2,3] che avevano sollevato dubbi circa l’efficacia dell'associazione di queste sostanze nel trattamento di condizioni quali il dolore dorso-lombare, il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha preso in esame tutti i dati disponibili sui medicinali contenenti metocarbamolo 380 mg e paracetamolo 300 mg e ha concluso che le evidenze disponibili non sono sufficienti a mettere in dubbio la loro efficacia nel trattamento degli spasmi muscolari dolorosi. Pertanto, sussiste l’uso dei medicinali contenenti metocarbamolo/paracetamolo (380 mg/300 mg) per il dolore da spasmi muscolari dolorosi, come gli spasmi lombari.

Inoltre, non è stato individuato alcun nuovo problema di sicurezza per l'associazione a dose fissa. Tuttavia, sono stati segnalati alcuni casi di secchezza della bocca e diarrea che possono essere provocati dal metocarbamolo.
Pertanto, il Comitato ha raccomandato di includere questi effetti indesiderati nelle informazioni sul prodotto.


 

Bibliografia

1. AIFA – Sicurezza dei farmaci (https://www.aifa.gov.it/-/i-benefici-dei-medicinali-contenenti-l-associazione-di-metocarbamolo-e-paracetamolo-continuano-a-superare-i-rischi)
2. Saragiotto BT, Machado GC, Ferreira ML, Pinheiro MB, Abdel Shaheed C, Maher CG. Paracetamol for low back pain. Cochrane Database Syst Rev. 2016 Jun 7;(6):CD012230.
3. Emrich OM, Milachowski KA, Strohmeier M. Methocarbamol in acute low back pain. A randomized double-blind controlled study. MMW Fortschr Med. 2015 Jul;157 Suppl 5:9-16

Comunicazione EMA: restrizioni nell’uso del ciproterone per il rischio di meningioma

In data 13 febbraio 2020, il Comitato per la Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza dell'EMA (PRAC) aveva notificato alcune restrizioni sull’uso di farmaci a base di ciproterone a causa del rischio di meningioma [1].

 

In data 27 Marzo 2020, EMA comunica che le raccomandazioni del PRAC sono state adottate all’unanimità dal Gruppo di Coordinamento per le Procedure Decentralizzate e di Mutuo Riconoscimento - Medicinali ad uso umano (CMDh), responsabile della garanzia di standard di sicurezza armonizzati per i medicinali autorizzati tramite procedure nazionali nell’UE [2]. Pertanto, le raccomandazioni del PRAC saranno ora implementate dagli Stati Membri dell’UE, Islanda, Lichtenstein, Norvegia e Regno Unito.

 

Le raccomandazioni prevedevano che i farmaci con un dosaggio giornaliero di 10 mg o superiore di ciproterone devono essere usati solo per condizioni androgeno-dipendenti come irsutismo, alopecia, acne e seborrea quando le alternative terapeutiche, incluse quelle a più basso dosaggio, hanno fallito [1]. Una volta che dosaggi più alti hanno iniziato ad agire, il dosaggio deve essere gradualmente ridotto alla più bassa dose efficace. Inoltre, i farmaci devono essere usati per la riduzione dell’istinto sessuale in uomini con deviazioni sessuali quando non vi sono adeguate le alternative terapeutiche, mentre non ci sono modifiche nell’utilizzo di tali farmaci in uomini in trattamento per cancro della prostata.

 

Tali raccomandazioni erano state pubblicate a conclusione della revisione del profilo di sicurezza relativo al rischio di insorgenza di meningiomi (singoli e multipli) in associazione con l’uso di ciproterone acetato, principalmente ai dosaggi 25 mg/giorno e superiori. Complessivamente, questo effetto indesiderato è raro: esso potrebbe riguardare da 1 a 10 persone su 10000, e il rischio aumenta all’aumentare delle dosi cumulative. Relativamente ai farmaci a basso dosaggio contenenti 1 o 2 milligrammi di ciproterone, in combinazione con etinilestradiolo o estradiolo valerato, i dati disponibili non indicano un rischio di insorgenza di meningioma. Tuttavia, come precauzione, questi non devono essere usati in persone che hanno o hanno avuto un meningioma.

 

I medici devono monitorare i pazienti per i sintomi di meningioma, che possono includere disturbi della vista, perdita di udito o tinnito, perdita dell’olfatto, mal di testa, perdita di memoria, convulsioni o debolezza nelle gambe e nelle braccia. Se ad un paziente viene diagnosticato un meningioma, il trattamento con medicinali contenenti ciproterone deve essere interrotto in modo permanente

Come parte della sorveglianza in corso sulla sicurezza dei medicinali, alle aziende titolari all’immissione in commercio dei medicinali contenenti un dosaggio di 10 mg o superiore di ciproterone sarà richiesto di condurre uno studio per valutare la consapevolezza dei medici sul rischio di meningioma e su come evitarlo.

 


Bibliografia

 

1. http://www.farmacovigilanza.unina2.it/index.php?option=com_content&view=article&id=915:comunicato-ema-il-prac-limita-l-uso-di-ciproterone-a-causa-del-rischio-di-meningioma&catid=72:farmacovigilanza&Itemid=485&lang=it

2. . AIFA – Sicurezza dei farmaci (https://www.aifa.gov.it/-/comunicazione-ema-su-ciprotero-1)

 

Comunicazione EMA: raccomandazioni per limitare l’uso di antibiotici a base di fosfomicina

In data 27 marzo 2020, a conclusione di una revisione condotta dal Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) su richiesta della Germania [1], EMA raccomanda l’utilizzo dei farmaci a base di fosfomicina, somministrati per infusione in vena (IV), soltanto per il trattamento di infezioni gravi quando altri antibiotici non si rivelano adeguati, e di interrompere la somministrazione dei farmaci a basedi fosfomicina per via orale (OS) nei bambini (di età inferiore ai 12 anni) e le formulazioni intramuscolari (IM), poiché i dati disponibili non sono sufficienti a confermare i benefici per i pazienti [2]. 
Sussiste invece la loro somministrazione, ad uso orale, per il trattamento delle infezioni non complicate delle vie urinarie nelle donne e nelle adolescenti e nella profilassi delle infezioni negli uomini che sono sottoposti a procedura di biopsia della prostata.

Gli antibiotici a base di fosfomicina, introdotti negli anni '60, hanno subito un rapido calo di utilizzo a favore di altri nuovi antibiotici che presentano un miglior profilo di sicurezza. Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito a un “ritorno” importante di questo antibiotico nel mercato farmaceutico contro batteri che sono diventati resistenti agli antibiotici di uso comune. Alla luce di questo recente largo impiego del farmaco, di alcune discordanze tra i Paesi membri dell’UE sulle indicazioni/posologie approvate e considerate le scarse evidenze cliniche di efficacia dell’antibiotico agli attuali regimi terapeutici standard, nel Dicembre 2018 la Germania ha chiesto al CHMP di rivalutare l’autorizzazione al commercio di questi farmaci per ristabilirne le indicazioni approvate, nonché i regimi posologici nelle diverse tipologie di somministrazione (OS, IM, IV), la sicurezza e le proprietà farmacologiche, tenendo conto delle ultime evidenze disponibili.

Le conclusioni della revisione sono state le seguenti:

- FOSFOMICINA PER VIA ENDOVENOSA: deve essere utilizzata solo per il trattamento di alcune infezioni cardiache, polmonari, ematiche e cerebrali gravi e nelle infezioni complicate dell'addome, delle vie urinarie o della pelle e dei tessuti molli;

- FOSFOMICINA PER USO ORALE può continuare ad essere utilizzata per il trattamento della cistite non complicata nelle donne e nelle adolescenti e anche negli uomini sottoposti a biopsia della prostata. L'EMA ha chiesto alle aziende produttrici di fornire ulteriori dati che giustifichino l’uso continuato di medicinali per via orale contenenti fosfomicina trometamolo e fosfomicina calcica;

- FOSFOMICINA INTRAMUSCOLARE E FOSFOMICINA GRANULATO PER BAMBINI (2 g) devono essere sospesi in quanto non vi sono solide evidenze della loro efficacia per gli usi attualmente autorizzati. Pertanto, le formulazioni pediatriche (2 g) e quella IM saranno ritirate dal mercato.

La revisione è stata condotta dal CHMP dell’EMA, responsabile delle questioni relative ai medicinali per uso umano, che ha adottato il parere dell'Agenzia ed è stato trasmesso alla Commissione europea, la quale adotterà una decisione finale giuridicamente vincolante applicabile in tutti gli Stati membri dell'UE.


 

Bibliografia

1. EMA – Human regulatory (https://www.ema.europa.eu/en/documents/referral/fosfomycin-article-31-referral-notification_en.pdf)

2. EMA – sicurezza dei medicinali – https://www.aifa.gov.it/documents/20142/847374/2020.03.27_Comunicaizone_EMA_su_fosfomicina.pdf/dc617393-a9ea-3dd1-76dd-4080f1c64b96

EMERGENZA COVID-19: autorizzati da AIFA tre nuovi studi clinici per il trattamento dell’infezione da nuovo coronavirus

L’AIFA, dietro parere favorevole del Comitato Etico Unico dell’IRCCS Istituto Nazionale per le Malatie Infettive, Spallanzani, ha approvato altri tre nuovi studi per la sperimentazione clinica di emapalumab e anakinra, sarilumab, e tocilizumab (trattamento precoce) per il trattamento dell’infezione da COVID-19.

In tutti gli studi il razionale di utilizzo off-label dei farmaci in sperimentazione nei pazienti affetti da COVID-19 non si basa sulla loro capacità di uccidere il virus bensì, sulla loro capacità di agire sulla produzione di eccesso di cellule immunitarie e di molecole di segnalazione in un pericoloso fenomeno chiamato tempesta di citochine o sindrome da rilascio di citochine* (CRS) causato dal COVID-19.

In particolare, Sobi.IMMUNO-101, è uno studio clinico di fase 2/3 che prevede l’utilizzo di emapalumab o anakinra a confronto con la terapia standard in pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (Numero EudraCT: 2020-001167-93) [1]. L’obiettivo dello studio è di valutare nuove possibilità terapeutiche in grado di ridurre il numero di pazienti COVID-19 che necessitano della ventilazione meccanica, quindi di prevenire l’accesso alla terapia intensiva e ridurre potenzialmente la mortalità. Sulla base dell’esperienza cinese e dei dati provenienti da diversi ospedali italiani responsabili della gestione di questi pazienti, il razionale dello studio si basa sulla considerazione che la risposta infiammatoria massiccia causata dalla tempesta di citochine come risultato di una risposta esagerata del sistema immunitario al virus rappresenti il fattore prognostico negativo più importante nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2.  Emapalumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che agisce da inibitore non competitivo del recettore IFN-γ. In particolare, emapalumab si lega sia all’IFNγ libero e che all’IFNγ-Receptor-1 (IFNγR1) legato compromettendo l'interazione tra il ligando endogeno e i recettori cellulari IFNγR1 e IFNγR2 [2]. Inoltre, impedisce il reclutamento di IFNγR2, ma non ha effetti sull'endocitosi e sull'internalizzazione dell'IFNγR1 nei lisosomi. Il trattamento emapalumab è stato associato a una riduzione dei livelli circolanti di IFNγ e della sua chemochina inducibile CXCL9. Emapalumab è stato approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della linfoistiocitosi emofagocitica, una rara malattia genetica caratterizzata da iperinfiammazione dovuta principalmente all'elevata produzione di interferone-gamma, che porta ad avere febbre prolungata, splenomegalia/epatomegalia, citopenie, coagulopatia, ipertrigliceridemia, emofagocitosi e ipercitochinemia. Anakinra è un antagonista del recettore interleuchina-1 (IL-1) umano ricombinante esogeno, il cui esatto meccanismo non è completamente chiaro. Si pensa che anakinra somministrato ad alte dosi compete con IL-1 per il suo recettore riducendo, quindi, l'attività dell’IL-1 impedendo la trasduzione del segnale intracellulare. È stato dimostrato che IL-1Ra riduce la secrezione di prostaglandina-E2 dipendente dall’IL-1, che può essere direttamente responsabile della tossicità cellulare e dell'apoptosi. Anakinra è approvato, in associazione al metotressato, per il trattamento dell’artrite reumatoide con il nome commerciale di Kieneret®
I criteri di inclusione nel protocollo di ricerca prevedono che il paziente, di qualsiasi genere, previa autorizzazione tramite consenso informato e infezione conclamata da SARS-CoV-2, abbia un’età compresa tra 30 e 80 anni, presenza di distress respiratorio (PaO2/FiO2 compresa tra 200 e 300 mm Hg o frequenza respiratoria 30 respiri/min o SpO2 93% a riposo) e presenza di stato di iper-infiammazione definita dai seguenti parametri ematici: conta di linfociti < 1000 cellule/mL, E almeno due tra i seguenti parametri alterati: ferritina > 500ng/mL, LDH > 300 U/L, D-Dimero > 1000 ng/mL. Lo studio prevede 2 settimane di trattamento e 8 settimane di osservazione.I pazienti per randomizzazione riceveranno in aperto e in aggiunta alla terapia standard: emapalumab IV al dosaggio di 6 mg/kg il primo giorno e, successivamente, di 3 mg/kg ogni 3 giorni (giorno 4, 7, 10, 13) per un totale di cinque infusioni oppure Anakinra IV al dosaggio di 400 mg/die (divise in 4 somministrazioni) per quindici giorni, oppure placebo. Gli outcome dello studio includono l’efficacia di emapalumab e anakinra sull’iperinfiammazione e sulla funzionalità polmonare in pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (obiettivi primari), e il profilo di sicurezza e tollerabilità dei farmaci al dosaggio in studio (secondari).

Il secondo studio, Sarilumab COVID-19, è uno studio di Fase 2/3, randomizzato, in doppio-cieco, controllato rispetto a placebo, il cui obiettivo è la valutazione dell’efficacia e della sicurezza di somministrazioni endovenose a diversi dosaggi di sarilumab in pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 in fase avanzata (grave o critica) (Numero EudraCT: 2020-001162-12) [1]Sarilumab, è un anticorpo monoclonale umano (sottotipo IgG1), che si lega specificamente ai recettori dell’IL-6 (IL-6Rα) sia solubili che legati alla membrana e inibisce la segnalazione mediata dall’IL-6 che coinvolge la glicoproteina 130 (gp130), proteina ubiquitaria trasduttrice del segnale, e il trasduttore del segnale e attivatore della trascrizione 3 (STAT-3). L’IL-6 è una citochina pleiotropica che stimola risposte cellulari diversificate quali proliferazione, differenziazione, sopravvivenza e apoptosi e che può attivare gli epatociti per rilasciare proteine di fase acuta, quali la proteina C-reattiva (PCR) e la proteina amiloide sierica A. Alti livelli di IL-6 si trovano nel liquido sinoviale dei pazienti che soffrono di artrite reumatoide e giocano un ruolo sia nell’infiammazione patologica che nella distruzione articolare che sono segni distintivi dell’artrite reumatoide, indicazione per il quale il farmaco è approvato in Italia con il nome commerciale di Kevzara® Lo studio prevede l’arruolamento di 300 pazienti. La fase due si concluderà quando saranno arruolati circa 100 pazienti con COVID-19 grave. I restanti 200 pazienti saranno arruolati nella Fase 3. I pazienti saranno randomizzati in un rapporto 2: 2: 1 rispetto a sarilumab 400 mg IV, 200 mg IV o placebo. La randomizzazione sarà stratificata in base alla gravità della malattia (grave, critica, disfunzione multi-sistema d’organo) e all’uso di corticosteroidi sistemici per COVID-19.

Il terzo studio, RCT-TCZ-COVID-19, è uno studio randomizzato di fase 2 multicentrico in aperto per valutare l’efficacia della somministrazione precoce del Tocilizumab (TCZ) rispetto alla sua somministrazione all’aggravamento in pazienti affetti da polmonite da COVID-19 (Numero EudraCT: 2020-001386-37) [1]. Rispetto allo studio TOCIVID-19, questo ha l’obiettivo primario di valutare l’efficacia di TCZ somministrato precocemente in pazienti affetti da polmonite da COVID-19 rispetto alla terapia standard a 2 settimane dall’ingresso in studio, e, come obiettivo secondario, confrontare l’efficacia del TCZ in termini di accesso alla Terapia Intensiva con ventilazione meccanica invasiva e di mortalità da tutte le cause tra due gruppi, quello in cui i pazienti sono trattati precocemente come da protocollo e quello in cui vengono trattati solo all’aggravamento. In aggiunta saranno valutate la tossicità del farmaco, i livelli plasmatici di IL-6 e PCR, di ferritina, LDH e D-dimero e loro correlazione con l’effetto del trattamento, l’andamento del rapporto PaO2/FiO2 e il trend temporale della conta dei linfociti. La popolazione in studio include i pazienti con polmonite da Covid-19 di recente insorgenza che richiedono assistenza ospedaliera, ma non procedure di ventilazione meccanica invasiva o semi-invasiva. Il braccio sperimentale riceverà la terapia con TCZ entro 8 ore dall’ingresso in studio in aggiunta alla terapia standard, mentre il braccio di controllo riceverà la terapia standard e solo in caso di aggravamento (PaO2/FiO2 <150 ad una delle misurazioni di EGA programmate o ad una misurazione in urgenza, ma comunque confermata da un secondo esame entro 4 ore) o di ingresso in terapia intensiva, i pazienti riceveranno TCZ.

*La CRS è una risposta infiammatoria sistemica che può essere innescata da una varietà di fattori come infezioni e trattamento con alcuni farmaci. La tempesta di citochine dovuta alla massiccia stimolazione delle cellule T è anche un patomeccanismo causato da gravi infezioni virali come l'influenza [3, 4]. I sintomi respiratori sono comuni nei pazienti con CRS. Casi lievi possono presentare tosse e tachipnea ma possono progredire fino alla sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) con dispnea, ipossiemia e opacità bilaterale alla radiografia del torace. A volte le ARDS possono richiedere la ventilazione meccanica. Da notare che nei pazienti con CRS la necessità di ventilazione meccanica spesso non è dovuta a difficoltà respiratoria ma è invece una conseguenza dell'incapacità di proteggere le vie aeree secondarie dalla neurotossicità [5]. I pazienti con CRS grave possono sviluppare insufficienza renale o segni di disfunzione cardiaca con ridotta frazione di eiezione. Inoltre, i pazienti con CRS grave presentano spesso perdite vascolari con edema periferico e polmonare.

 


Bibliografia

1. https://www.aifa.gov.it/sperimentazioni-cliniche-covid-19

2. Hatterer E, Richard F, Malinge P, et al. Investigating the novel mechanism of action for NI-0501, a human interferon gamma monoclonal antibody [abstract no. P156]. Cytokine. 2012;59(3):570.

3. Tisoncik JR, Korth MJ, Simmons CP, Farrar J, Martin TR, Katze MG. Into the eye of the cytokine storm. Microbiol Mol Biol Rev. 2012;76:16–32.

4. de Jong MD, Simmons CP, Thanh TT, Hien VM, Smith GJD, Chau TNB, et al. Fatal outcome of human influenza a (H5N1) is associated with high viral load and hypercytokinemia. Nat Med. 2006;12:1203–7.

5. Hay KA, Hanafi L-A, Li D, Gust J, Liles WC, Wurfel MM, et al. Kinetics and biomarkers of severe cytokine release syndrome after CD19 chimeric antigen receptor-modified T cell therapy. Blood. 2017.

Comunicazione AIFA: nessuna modifica nell'uso degli anticoagulanti orali diretti

In data 27 marzo 2020, a seguito della revisione dei risultati di uno studio europeo su dati di pratica clinica, EMA informa che non è necessario modificare le condizioni d'uso degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) Eliquis® (apixaban), Pradaxa® (dabigatran etexilato) e Xarelto® (rivaroxaban) [1]. Lo studio osservazionale, retrospettivo, condotto, su commissione dell’Agenzia europea, su banche europee (Danimarca, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito), ha valutato il rischio di gravi emorragie associate a questi tre medicinali quando sono utilizzati per prevenire la coagulazione del sangue in pazienti con fibrillazione atriale di tipo non valvolare (contrazioni rapide e irregolari del cuore), e ha confrontato i risultati con altri anticoagulanti orali, antagonisti della vitamina K [2,3]. 
In base alle conclusioni della revisione da parte del CHMP e del PRAC di EMA, le gravi emorragie osservate nei pazienti che assumevano Eliquis, Pradaxa e Xarelto presentavano un pattern simile a quello riscontrato negli studi clinici su cui era basata l'autorizzazione dei medicinali. I dati non sono stati sufficienti per poter consentire di trarre robuste evidenze sui confronti tra i tre farmaci.
I risultati dello studio hanno fornito ulteriori dati sul noto aumento del rischio di sanguinamento nei pazienti più anziani (>75 anni). Le aziende produttrici di questi DOAC saranno invitate ad approfondire questo aspetto e ad indagare se modifiche delle dosi raccomandate potrebbero essere benefiche per questi pazienti.


Bibliografia

1. AIFA – Sicurezza dei farmaci (https://www.aifa.gov.it/-/studio-finanziato-dall-ema-nessuna-modifica-nell-uso-degli-anticoagulanti-orali-diretti)
2. European Network of Centres for Pharmacoepidemiology and Pharmacovigilance – EU PAS n. 16014 (http://www.encepp.eu/encepp/viewResource.htm?id=28664)
3. Ibáñez, L et al. British Journal of Clinical Pharmacology. Nov 2019 85: 2524. "Incidence of direct oral anticoagulant use in patients with nonvalvular atrial fibrillation and characteristics of users in 6 European countries (2008–2015): A cross‐national drug utilization study"

   

  

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