Farmacovigilanza

Comunicato dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in accordo con le autorità regolatorie europee, sull’avvio di una revisione circa l’uso concomitante di farmaci che agiscono sul sistema renina angiotensina.

In data 17/05/2013 l’AIFA, in accordo con le autorità regolatorie europee, ha comunicato l’avvio di una rivalutazione circa l’utilizzo nella terapia dell’ipertensione e dell’insufficienza cardiaca congestizia dei farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina (RAS) a diversi livelli. 
Il RAS è un sistema ormonale che regola la pressione sanguigna, il volume plasmatico circolante (volemia) e il tono della muscolatura arteriosa. La renina, un enzima proteolitico della classe delle idrolasi, viene prodotta dalle cellule iuxtaglomerulari dal rene e liberata in seguito a una riduzione della pressione arteriosa renale, della stimolazione nervosa simpatica e di una ridotta concentrazione ematica di Na+ o da un aumento della sua concentrazione nel tubulo distale. La renina agisce sull’angiotensinogeno (un dodecapeptide inattivo) liberando da esso il decapeptide inattivo angiotensina I, la quale, a sua volta, viene convertita, a seguito dell’azione dell’enzima convertente l’angiotensina (ACE), in un octapeptide attivo, l’angiotensina II. Quest’ultima è responsabile della vasocostrizione arteriosa e della liberazione dell’aldosterone, un ormone mineralcorticoide prodotto dalla midollare del surrene, responsabile del maggiore riassorbimento di sodio e acqua. L’ACE è, inoltre, responsabile della degradazione della bradichinina, un ormone peptidico ad attività vasodilatatrice, prodotto mediante taglio proteolitico dal chininogeno precursore HMWK ad opera dell'enzima callicreina. 
Ci sono tre principali classi di farmaci che agiscono sul RAS: gli inibitori dell’enzima convertente l’angiotensina (ACE-inibitori), i bloccanti dei recettori dell’angiotensina II (sartani) e gli inibitori diretti della renina (es.aliskiren). 
Gli ACE inibitori (captopril, enalapril, lisinopril, ramipril etc.) sono profarmaci a lunga durata d’azione che riducono la pressione arteriosa principalmente per riduzione delle resistenze vascolari periferiche mentre la gittata e la frequenza cardiache non risultano modificate. Inoltre, a differenza dei vasodilatatori diretti, non provocano un’attivazione riflessa simpatica e possono quindi essere usati con sicurezza nelle persone affette da cardiopatia ischemica. I sartani (losartan, irbesartan, valsartan etc.) bloccano il recettore dell’angiotensina I (AT1), inibendo, quindi, in maniera più completa le azioni dell’angiotensina in quanto esistono altri enzimi, oltre all’ACE, deputati alla sintesi dell’angiotensina II e quindi il solo utilizzo degli ACE-inibitori non previene completamente la formazione di angiotensina II. Infine, nel 2007, sono stati approvati dalla Food and Drug Administration, gli inibitori della renina, il cui capostipite è l’aliskiren. 
La rivalutazione da parte delle autorità regolatorie è stata avviata a causa di una maggiore evidenza che l’utilizzo in associazione di diversi farmaci che agiscono sul RAS può aumentare il rischio di iperkaliemia (concentrazione di potassio serico >5,5 mmol/L), eccessiva riduzione della pressione arteriosa e insufficienza renale. Inoltre, l’utilizzo di più farmaci in associazione non sembra essere più vantaggioso, in termini di mortalità, rispetto a quello di un singolo farmaco che agisce sul RAS. 
Tali evidenze derivano da una serie di studi pubblicati, tra cui una recente meta-analisi pubblicata dal British Medical Journal [1]. 
Il concetto del blocco a più livelli del sistema renina angiotensina deriva da risultati incoraggianti ottenuti in modelli sperimentali volti a dimostrare l’effetto sinergico della somministrazione contemporanea di ACE inibitori e antagonisti del recettore dell’angiotensina [2]. Nonostante la mancanza di prove concrete sulla sicurezza e l'efficacia del duplice blocco del sistema renina-angiotensina, questo tipo di terapia è stato citato in diverse linee guida per il trattamento dell’ipertensione, in particolare, la duplice terapia è comunemente impiegata nei pazienti con ipertensione e diabete o proteinuria, o entrambi e in misura minore in quelli con insufficienza cardiaca resistente al trattamento [3]. Negli Stati Uniti più di 200.000 pazienti sono attualmente trattati utilizzando più farmaci che agiscono sul sistema renina-angiotensina, in particolare la maggior parte sono trattati con la combinazione di un bloccante del recettore dell'angiotensina e un ACE inibitore (70%) [4]. Altre combinazioni utilizzate sono due ACE inibitori (15%), due bloccanti il recettore dell'angiotensina (5%) e un ACE-inibitore o un bloccanti del recettore dell'angiotensina in combinazione con un inibitore diretto della renina (8%) [5]. 
La meta-analisi ha lo scopo di confrontare l'efficacia a lungo termine del duplice blocco del sistema renina-angiotensina rispetto alla monoterapia e valutare gli eventi avversi nei pazienti trattati con duplice terapia rispetto alla monoterapia. Per questa analisi sono stati estratti l'anno di pubblicazione, le caratteristiche di base della popolazione in studio, le dimensioni del campione, il tipo di farmaco, l’età media, la durata dello studio, la percentuale di uomini, l'efficacia a lungo termine (per tutte le cause di mortalità, mortalità cardiovascolare e ricoveri in ospedale per eventi di insufficienza cardiaca) e il profilo di tollerabilità (iperkaliemia, ipotensione, insufficienza renale e la sospensione del trattamento a causa di eventi avversi correlati al farmaco). L’iperkaliemia è stata definita negli studi inclusi come concentrazione sierica di potassio superiore a 5,5 mmol/L e l’insufficienza renale come concentrazione sierica di creatinina superiore a 176,8 mmol/L (> 2.0 mg/dL) o un aumento doppio del livello di creatinina sierica basale. Per quanto riguarda i criteri di eleggibilità, sono stati valutati nello studio tutti i trial clinici randomizzati in cui si confrontavano l’efficiacia e la sicurezza di un singolo antiipertensivo rispetto all’associazione di più antiipertensivi (ACE inibitore, antagonista del recettore dell'angiotensina o inibitore diretto della renina). Sono stati, quindi, inclusi 33 studi randomizzati e controllati e un totale di 68.405 pazienti (età media 61 anni, 71% uomini). Il blocco a più livelli del sistema renina-angiotensina non è stato associato ad un significativo beneficio in termini di mortalità (RR 0,97, IC 95% 0,89-1,06) e di mortalità cardiovascolare (RR 0,96, IC95% 0,88-1,05) rispetto alla monoterapia. La duplice terapia è stata associata ad una riduzione del 18% dei ricoveri in ospedale per insufficienza cardiaca (RR 0,82, IC95% 0,74-0,92). Tuttavia, rispetto alla monoterapia, la duplice terapia è stata associata ad un aumento del 55% del rischio di iperkaliemia (p <0,001), a un aumento del 66% del rischio di ipotensione (p<0,001), un aumento del 41% del rischio di insufficienza renale (p=0,01) e un aumento del 27% del rischio di sospensione del trattamento a causa di eventi avversi (p<0,001). Pertanto, sebbene il blocco a più livelli del sistema renina-angiotensina può avere effetti apparentemente benefici su alcuni endpoint surrogati, non riduce il tasso di mortalità ed è stato associato ad un eccessivo rischio di eventi avversi come iperkaliemia, ipotensione e insufficienza renale rispetto alla monoterapia. Il rapporto rischio-beneficio depone, quindi, a sfavore l'uso della doppia terapia [1]. L’EMA esaminerà, quindi, l’impatto delle più recenti evidenze disponibili sul rapporto rischio-beneficio di associare medicinali che agiscono sul RAS nel trattamento dell’ipertensione e dell’insufficienza cardiaca congestizia. 
L’efficacia e la sicurezza della somministrazione contemporanea di più farmaci che agiscono sul sistema renina angiotensina era già stato oggetto di studio nel 2011 quando la casa produttrice Novartis fu costretta a sospendere anticipatamente lo studio ALTITUDE (Aliskiren Trial In Type 2 Diabetes Using Cardio-Renal Disease Endpoints), il cui scopo era di valutare l’efficiacia e la sicurezza della somministrazione contemporanea di aliskiren con un ACE inibitore o un sartano, a causa di un aumento significativo di stroke non fatali, complicazioni renali, iperpotassiemia e ipotensione in pazienti diabetici. Per cui, nel febbraio 2012, il CHMP concluse che la combinazione di aliskiren con un ACE inibitore o un sartano poteva aumentare il rischio di eventi avversi che interessano il cuore, i vasi sanguigni e i reni per cui era controindicata nei pazienti con diabete o insufficienza renale moderata o grave. 
Siti di riferimento 
http://www.agenziafarmaco.gov.it/ 
http://www.ema.europa.eu/ema/ 

Bibliografia 
1. Makani H, Bangalore S, Desouza KA, Shah A, Messerli FH. Efficacy and safety of dual blockade of the renin-angiotensin system: meta-analysis of randomized trials. BMJ. 2013 Jan 28;346:f360. 
2. Synergistic effects of ACE inhibition and Ang II antagonism on blood pressure, cardiac weight, and renin in spontaneously hypertensive rats. Ménard J, Campbell DJ, Azizi M, Gonzales MF Circulation. 1997 Nov 4; 96(9):3072-8. 
3. McMurray JJ, Adamopoulos S, Anker SD, Auricchio A, Bohm M, Dickstein K, et al. ESC guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2012: the Task Force for the Diagnosis and Treatment of Acute and Chronic Heart Failure 2012 of the European Society of Cardiology. Developed in collaboration with the Heart Failure Association (HFA) of the ESC. Eur Heart J 2012;14:803-69. 
4. Of fads, fashion, surrogate endpoints and dual RAS blockade. Messerli FH, Staessen JA, Zannad F Eur Heart J. 2010 Sep; 31(18):2205-8. 
5. Review The role of targeted therapy in ovarian cancer. Banerjee S, Kaye S J Cancer. 2011 Sep; 47 Suppl 3():S116-30. 

Comunicato stampa dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla nuova modalità di somministrazione di Remodulin® (treprostinil) mediante infusione endovenosa (IV) continua.

In data 13/05/2013, l'AIFA ha diramato un comunicato in cui raccomanda agli Operatori Sanitari la corretta somministrazione di Remodulin® per IV continua, a causa dei rischi associati ai cateteri venosi centrali (CVC) permanenti, incluse le infezioni gravi del circolo sanguigno. 
Treprostinil è un prostanoide approvato nel 2005 per il trattamento dell'ipertensione arteriosa polmonare (IAP) idiopatica o ereditaria, in grado di migliorare la tolleranza all'esercizio fisico e i sintomi della malattia in pazienti adulti classificati come Classe funzionale III della New York Heart Association (NYHA). 
Diversi studi hanno valutato l'incidenza di infezioni del circolo sanguigno associate all'IV continua del farmaco. In particolare, uno studio retrospettivo di coorte, condotto presso l'Università Complutense di Madrid, ha valutato l'andamento della terapia farmacologica con treprostinil e epoprostenol in 55 pazienti con IAP trattati con i suddetti farmaci somministrati mediante IV continua per un periodo ≥1 mese [1]. Al follow-up, eseguito dopo una media di 64453 giorni di trattamento, sono stati riscontrati 12 casi di infezione batterica a carico del circolo sanguigno, incluse infezioni da Staphylococcus aureus, bacilli Gram-negativi e cocchi Gram-positivi. L'incidenza di infezione batterica per 1000 giorni di trattamento è stata di 0,118 casi per i pazienti che avevano ricevuto epoprostenol e 0,938 casi per i pazienti in trattamento con treprostinil (P=0,0037). Risultati simili sono stati ottenuti da uno studio condotto nel 2010, che ha analizzato dati provenienti da REVEAL (Registry to Evaluate Early and Long-term Pulmonary Arterial Hypertension) REGISTRY® [2]. Dei pazienti arruolati (3518), da marzo 2006 a dicembre 2009, 1146 hanno ricevuto una terapia con prostanoidi per IV continua e, di questi, 166 hanno manifestato un'infezione a carico del circolo sanguigno. Anche in questo caso il gruppo trattato con treprostinil ha presentato un maggior numero di casi di infezioni batteriche rispetto al gruppo trattato con epoprostenol (0,36 vs 0,12 per 1,000 giorni di trattamento; P<0,001). Un dato altrettanto importante è stato fornito dal Mattel Children's Hospital di Los Angeles, che ha ricoverato un bambino di 14 anni, affetto da IAP idiopatica e in trattamento con treprostinil per IV continua, per un'infezione del circolo sanguigno da Chryseomonas Luteola [3]. 
I dati esposti suggeriscono, quindi, l'effettiva necessità di rafforzare le pratiche igieniche e, al tempo stesso, fornire ulteriori informazioni riguardo i dispositivi previsti per la terapia con treprostinil. A tal scopo, l'AIFA raccomanda di esaminare il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) ed, in particolare, quanto riportato circa la pratica clinica per la prevenzione delle infezioni del circolo sanguigno correlate al catetere. 
In particolare, in accordo con le attuali linee guida di ottimale pratica clinica, vengono specificate nel comunicato le seguenti raccomandazioni: 
- uso di un CVC cuffiato e tunnellizzato; 
- inserimento del CVC con tecniche di barriera sterile; 
- utilizzo della corretta igiene delle mani e delle tecniche asettiche quando il CVC viene inserito, sostituito, maneggiato, riparato. 
- utilizzo di una medicazione sterile per coprire il sito di inserzione del CVC; 
- sostituzione della medicazione quando la stessa si inumidisce, si stacca, si sporca; 
- non devono essere applicati creme o unguenti antibiotici, in quanto potrebbero favorire infezioni fungine e batteriche; 
- la durata massima di utilizzo della soluzione diluita di Remodulin® non deve essere superiore alle 24 ore. 
Sono, inoltre, precisate due ulteriori raccomandazioni relative alla gestione del raccordo del CVC, importanti per la prevenzione di infezioni da Gram-negativi. In particolare, si fa riferimento all'utilizzo di un sistema di infusione a setto diviso (senza ago) a circuito chiuso e alla sostituzione dello stesso ogni 7 giorni, nonché al corretto uso di un sistema di infusione con connessione di tipo luer lock. 
In conclusione, considerati i rischi associati all'IV continua, l'AIFA specifica che l'infusione sottocutanea (SC) continua di Remodulin® è la modalità di somministrazione di elezione e l'IV continua deve essere riservata a pazienti stabilizzati con infusione SC di treprostinil e che diventano intolleranti alla via SC e in cui questi rischi sono considerati accettabili. 

Nota dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): aggiornamento sul rischio di febbre e convulsioni febbrili dopo somministrazione della prima dose di vaccino tetravalente morbillo, parotite, rosolia e varicella (Priorix Tetra®)

In data 17/04/2013, AIFA ha diffuso un’importante nota informativa relativa all’aggiornamento sul rischio di febbre e convulsioni febbrili conseguente alla somministrazione della prima dose di vaccino tetravalente morbillo, parotite, rosolia e varicella. Dalla valutazione dell’AIFA dei dati di uno studio osservazionale, è stato recentemente aggiornato il riassunto delle caratteristiche del prodotto del vaccino tetravalente contro rosolia, morbillo, parotite e varicella(1). 
Priorix Tetra® è indicato per l’immunizzazione attiva nei confronti delle suddette patologie nei bambini a partire dagli 11 mesi fino ai 12 anni di età inclusi. La somministrazione a bambini di 9 - 10 mesi può essere presa in considerazione solo in alcune circostanze. In particolare, le sezioni sottoposte ad aggiornamento riguardano: l’aumento della comparsa di convulsioni febbrili, la comparsa di patologie sistemiche e precauzioni relative alla sede d’iniezione (dolore, rossore e gonfiore al sito d’iniezione, febbre, letargia, malessere e affaticamento). A seguito della somministrazione della prima dose del vaccino combinato morbillo-parotite-rosolia-varicella, è stata osservata un’incidenza maggiore di febbre (approssimativamente 1,5 volte) rispetto alla somministrazione concomitante di vaccini per morbillo-parotite-rosolia e varicella in siti di iniezione differenti. 
È quindi importante che vengano adottate le dovute precauzioni nella somministrazione di Priorix Tetra® in soggetti con una storia individuale o familiare di convulsioni o una storia di lesioni cerebrali. In particolare, devono essere tenuti sotto stretta osservazione i vaccinati con una storia di convulsioni febbrili. Una febbre correlata al vaccino si manifesta più frequentemente durante un periodo che va dai 4 ai 12 giorni dopo la vaccinazione con la prima dose di vaccini tetravalenti morbillo-parotite-rosolia-varicella (MMRV) piuttosto che in seguito alla somministrazione concomitante di vaccini separati (MMR e V). Il profilo di sicurezza presentato di seguito si basa su dati derivati da studi clinici nei quali oltre 6.700 dosi di Priorix Tetra® sono state somministrate a più di 4.000 bambini con un’età compresa tra i 9 e i 27 mesi. Gli eventi sono stati registrati fino a 42 giorni dopo la vaccinazione e i dati hanno riportato casi di convulsioni febbrili a seguito della somministrazione di Priorix Tetra®. Una metanalisi dei dati derivati dagli studi clinici indica che le convulsioni febbrili durante un periodo che va dai 5 ai 12 giorni dopo la prima dose di Priorix Tetra® si sono verificate più frequentemente rispetto alla somministrazione concomitante di vaccino morbillo, parotite, rosolia + varicella (MMR+V)(2). Sebbene non statisticamente significativi, questi dati sono coerenti con quelli derivati dagli studi clinici su febbre ed eruzioni cutanee simili al morbillo. Non sono , invece, emerse indicazioni di un aumento del rischio dopo la prima dose (quando l’intervallo di osservazione veniva esteso dal 30° al 43° giorno) e dopo la seconda dose. 
L’analisi dei dati preliminari di altri otto studi che hanno coinvolto più di 3.000 bambini ha evidenziato che, rispetto ai vaccini Priorix e Varilrix, il vaccino-MMRV ha mostrato: immunogenicità simile (garantendo l’immunizzazione fino a 3 anni dopo la vaccinazione); un più alto tasso di febbre dopo la prima dose; un leggero aumento di reazioni locali dopo la seconda dose(3). In particolare, l’immunogenicità e la sicurezza del vaccino combinato MMRV Priorix Tetra® è stata valutata in uno studio aperto randomizzato comparativo dove il suddetto vaccino era somministrato al posto di una seconda dose di vaccino MPR nei bambini sani di età compresa tra 15 mesi-6 anni contro la somministrazione concomitante di Priorix Varilrix come controllo attivo(4). Il vaccino combinato MMRV è risultato essere ben tollerato nei bambini che avevano già ricevuto una prima dose di MPR, con reattogenicità paragonabile a vaccini MMR concomitanti (MMRV) e vaccini separati versus la varicella (MMR+V). L'incidenza di febbre era ≤ 28,3% ed è risultata simile tra i gruppi MMRV e MMR + V. Dopo la prima dose, l'incidenza di qualsiasi sintomo locale sollecitato durante i 4 giorni di follow-up è stato ≤ 28,2% (MMRV) e ≤19,8% (MMR + V) e l'incidenza di febbre >39,5 ° C ( temperatura rettale) entro 15 giorni era ≤ 2,8% (MMRV) e ≤2,6% (MMR + V). Infatti, l'incidenza di febbre indotta dalla somministrazione dei vaccini MMR e MMRV è ridotta. La prevalenza di febbre è stata osservata più elevata nei bambini di età compresa tra 15 mesi-2 anni che nei bambini di età compresa tra 2-6 anni in entrambi i gruppi di vaccino dopo ogni vaccinazione. I risultati di questo studio dimostrano, quindi, che Priorix Tetra® può essere un sostituto immunogenico ed è sicuro nei bambini che hanno ricevuto la loro prima dose di vaccino MMR, ma nessun vaccino della varicella(3). 
Il Centro Regionale di Farmacovigilanza coglie l’occasione per ricordare a tutti gli operatori sanitari l’importanza della segnalazione delle reazioni avverse da farmaci, quale strumento indispensabile per confermare un rapporto beneficio rischio favorevole nelle reali condizioni di impiego. Le Segnalazioni di Sospetta Reazione Avversa da Farmaci devono essere inviate al Responsabile di Farmacovigilanza della Struttura di appartenenza dell’operatore stesso. La presente nota informativa viene anche pubblicata sul sito dell’AIFA (www.agenziafarmaco.it) la cui consultazione regolare è raccomandata per la migliore informazione professionale e di servizio al cittadino. 

Bibliografia e siti di riferimento: 


1. Raccomandazioni del Working Group Pediatrico AIFA sui vaccine MPRV, Novembre 2011. www.agenziafarmaco.it (accesso del 01.12.2011). 
2. Committee on Infectious Diseases. Policy statement—Prevention of varicella: update of recommendations for use of quadrivalent and monovalent varicella vaccines in children. Pediatrics. 2011 Sep;128(3):630-2. doi: 10.1542/peds.2011-1968. Epub 2011 Aug 28. 
3. zajka H, Schuster V, Zepp F, Esposito S, Douha M, Willems P. A combined measles, mumps, rubella and varicella vaccine (Priorix-Tetra): immunogenicity and safety profile. Vaccine. 2009 Nov 5;27(47):6504-11. 
4. Gillet Y, Steri GC, Behre U, Arsène JP, Lanse X, Helm K, Esposito S, Meister N, Desole MG, Douha M, Willems P. Immunogenicity and safety of measles-mumps-rubella-varicella (MMRV) vaccine followed by one dose of varicella vaccine in children aged 15 months-2 years or 2-6 years primed with measles-mumps-rubella (MMR) vaccine. Vaccine. 2009 Jan 14;27(3):446-53. 



Siti di riferimento: 
http://www.agenziafarmaco.gov.it 
www.ema.europa.eu 

Comunicazione diretta agli operatori sanitari da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) relativa a nuove informazioni sulla sicurezza di Pletal® (cilostazolo).

In data 02/05/2013, l’AIFA ha pubblicato un comunicato stampa, diretto agli operatori sanitari, relativo a nuove informazioni sulla sicurezza d’uso di Pletal®(cilostazolo). 
Il cilostazolo è un inibitore selettivo delle fosfodiesterasi di tipo III (PDE3) il cui blocco determina un aumento della concentrazione dell’AMP ciclico, con conseguente riduzione dell’aggregazione piastrinica e vasodilatazione. Studi in vitro hanno evidenziato che il cilostazolo ha un effetto inibitorio sulla trombosi in arterie polmonari di ratto e sulla carotide suina. Inoltre, studi in vivo hanno dimostrato che il cilostazoloesercita un’inibizione dell’aggregazione piastrinica più potente rispetto ad aspirina e ticlopidina [1]. 
Il cilostazolo è indicato per il trattamento della claudicatio intermittens, una patologia caratterizzata da un'andatura particolare (un tipo di zoppia) e da dolore, rigidità, debolezza a carico degli arti inferiori che si manifesta durante la deambulazione (soprattutto in salita) e che si risolve nell'arco di alcuni minuti col riposo. E’ il sintomo principale di una arteriopatia periferica generalmente causata da una occlusione su base aterosclerotica dell'aorta addominale inferiore e delle arterie iliaca, femorale e/o poplitea. Il graduale accrescimento delle placche aterosclerotiche presenti in queste arterie provoca una ischemia cronica la cui progressione è indicata dalla riduzione della distanza che il paziente può percorrere in assenza di sintomi. Nelle fasi avanzate, il dolore ischemico può manifestarsi anche a riposo. Alcuni pazienti vanno incontro ad una ischemia critica agli arti inferiori in cui coesistono una arteriopatia periferica, dolore ischemico cronico a riposo, ulcerazioni, in particolare a carico delle dita dei piedi o dei talloni; ostruzioni estese possono portare a necrosi o a gangrena. 
Il profilo di sicurezza del cilostazolo è stato analizzato nello studio post-marketing CASTLE (Cilostazol: A Study in Long-term Effects) che aveva come end-point primario la valutazione di tutte le cause di mortalità e come scopo secondario la valutazione della mortalità per cause cardiovascolari così come la tollerabilità del cilostazolo in pazienti seguiti al follow up per tre anni [2]. 
Lo studio di fase 4, randomizzato, in doppio cieco, placebo controllato a braccia parallele ha arruolato un totale di 1435 pazienti di cui 717 randomizzati a ricevere il farmaco (100 mg due volte al giorno) e 718 a ricevere il placebo. Lo studio prevedeva un tasso di mortalità annuo del 4,5% dopo un periodo di follow up di 34 mesi al termine del quale si sono verificate meno della metà delle morti previste. Questo dato deve peò tener conto dell’alto tasso di abbandono dello studio, che ha determinato una riduzione del 60% dei pazienti arruolati. I decessi al termine dello studio sono stati 101, 49 nel gruppo trattato con cilostazolo (di cui 12 per disturbi cardiaci) e 52 nel gruppo trattato con placebo (di cui 13 per disturbi cardiaci). Quando è stato considerato un endpoint composito di morbilità cardiaca (eventi coronarici e cerebrovascolari) e di mortalità, in particolare ci sono stati 135 eventi con cilostazolo e 153 con placebo. L'incidenza di emorragie gravi è stata simile tra il gruppo trattato e il placebo (2,5% vs 3,1%) e non è risultata influenzata dal concomitante impiego di aspirina e clopidogrel (consentiti insieme alla pentossifillina). Altri eventi avversi seri verificatisi sono forte cefalea (10,5% cilostazolo vs 4,9% placebo) che è stata la principale causa di abbandono dello studio, palpitazioni (5,3% cilostazolo vs 2,5% placebo) e diarrea (10,9% cilostazolo vs 6,7% placebo). 
A seguito dell’alto numero di segnalazioni di reazioni avverse pervenute nei primi 18 mesi dalla commercializzazione del farmaco, l’autorità competente spagnola ha avviato una rivalutazione di rischi e benefici associati all’uso di cilostazolo, con particolare attenzione agli eventi avversi cardiovascolari ed emorragici, oltre alle interazioni con altri farmaci. 
Al termine della valutazione, il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha identificato una popolazione target più ristretta per il trattamento con cilostazolo per la quale il rapporto rischio/beneficio è positivo. 
Il Riassunto delle caratteristiche del Prodotto (RCP) è stato, quindi, aggiornato aggiungendo emendamenti relativi a posologia, controindicazioni e avvertenze da applicare a tutti i prodotti a base di cilostazolo. In particolare, per quanto riguarda le restrizioni d’uso è stato indicato che il cilostazolo deve essere utilizzato come trattamento di seconda linea in pazienti in cui le modifiche dello stile di vita (cessazione del fumo di sigaretta, esercizio fisico) e altri interventi appropriati non sono stati in grado di indurre un sufficiente miglioramento dei sintomi della claudicatio intermittens. I pazienti devono essere rivalutati dopo 3 mesi e il trattamento deve essere interrotto a meno che il paziente non evidenzi un miglioramento clinicamente importante nella distanza di deambulazione/qualità della vita. Inoltre, la dose di cilostazolo deve essere ridotta a 50 mg due volte al giorno quando i pazienti sono trattati contemporaneamente con farmaci inibitori del CYP3A4 e del CYP2C9. 
Nelle controindicazioni è stato riportato che il cilostazolo non deve essere somministrato a pazienti che assumono due o più farmaci antiaggreganti/anticoagulanti e in pazienti affetti da angina instabile che hanno avuto un infarto del miocardio o un intervento coronarico negli ultimi 6 mesi e in pazienti con un’anamnesi di tachicardia grave. 
L’AIFA raccomanda, quindi, una valutazione di routine (non urgente) per i pazienti che assumono prodotti medicinali a base di cilostazolo al fine di verificare che il trattamento con il farmaco sia in linea con le revisioni apportate nell’RCP. 
Si raccomanda, inoltre, ai pazienti di assumere il cilostazolo 30 minuti prima di colazione e cena. 

Bibliografia 
1. Abe A, Nishiyama Y, Hagiwara H, Okubo S, Ueda M, Katsura K, Katayama Y. Administration of cilostazol, an antiplatelet, to patients with acute-stage cerebral infarction and its effects on plasma substance P level and latent time of swallowing reflex. J Nippon Med Sch. 2013;80(1):50-6. 

2. Hiatt WR, Money SR, Brass EP. Long-term safety of cilostazol in patients with peripheral artery disease: the CASTLE study (Cilostazol: A Study in Long-termEffects). J Vasc Surg. 2008 Feb;47(2):330-336. 

Approvazione da parte del comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’uso di nalmefene (Selincro®) nella disassuefazione da alcol

In data 18/04/2013, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha divulgato il parere positivo del CHMP per nalmefene, il primo antagonista oppioide derivato dal naltrexone, approvato per la disassuefazione della dipendenza da alcol. 
Il nalmefene, principio attivo di Selincro®, è stato approvato per la riduzione del consumo di alcol in pazienti adulti con dipendenza, caratterizzati da un elevato consumo di questa sostanza (>60g/die nell’uomo e >40g/die per le donne), senza sintomi di astinenza e che non richiedevano un’immediata disintossicazione. 
L’alcol esercita numerosi effetti farmacologici attraverso l’interazione con i vari neurotrasmettitori e neuromodulatori. Tra questi ultimi, gli oppioidi endogeni svolgono un ruolo chiave nello sviluppo della dipendenza all’etanolo. I peptidi oppioidi interagiscono con tre tipi di recettori μ, δ e κ. 
I recettori μ e δ sono coinvolti nella comparsa delle proprietà gratificanti indotte dall’alcol, mentre l'attivazione dei recettori κ determina disforia. Il legame degli oppioidi endogeni ai recettori μ e δ, comporta, infatti, l’attivazione del sistema mesolimbico dopaminergico, che si estende dal tegmento ventrale del mesencefalo (VTA) alla struttura rostrale; tra le varie aree coinvolte, il nucleo accumbens (NAC) è di particolare importanza nello sviluppo della tossicodipendenza. 
Le manifestazioni di questi effetti neurochimici opposti sono l’aumento e la diminuzione del rilascio di dopamina nel NAC, rispettivamente. Infatti, molte evidenze sperimentali indicano che l'alcol interferisce con la trasmissione della dopamina proprio attraverso l’interazione con il sistema oppioide nel sistema mesolimbico. 
In particolare, l’assunzione di alcol provoca il rilascio di dopamina dal sistema mesolimbico (facilitata dal rilascio di β-endorfine), che può costituire un fattore positivo nello sviluppo della dipendenza [1]. 
Nalmefene è un modulatore del sistema oppioide con un profilo d’azione distinto sui recettori μ, δ e κ; possiede attività antagonista sui recettori μ e δ e agonista parziale sul recettore κ. Nalmefene ha la capacità di modulare le funzioni corticomesolimbiche, riducendo in tal modo, l’assunzione di alcol. 
Per lo sviluppo clinico del farmaco sono stati condotti tre studi di fase III, iniziati nel 2008, che hanno arruolato oltre duemila pazienti con dipendenza da alcol. Due di questi studi, denominati ESNESE 1 e 2, avevano lo scopo di valutare l’efficacia del farmaco nel corso di un periodo di cura di 6 mesi. 
ESENSE2 ha arruolato 718 pazienti con dipendenza da alcol, randomizzati a ricevere nalmefene o placebo al bisogno. I risultati di questo studio, insieme a quelli del precedente ESENSE 1, hanno dimostra che dopo 6 mesi di terapia, i pazienti che assumevano nalmefene riducevano del 50% l’assunzione di alcol. 
Questi studi hanno fornito la prova dell'efficacia di nalmefene, che costituisce un nuovo paradigma di terapia farmacologica, in termini di obiettivi di trattamento (riduzione del bere) e di regime di dosaggio, in pazienti dipendenti da alcol, che non sono in grado di ridurne il consumo da soli. 
I vantaggi con Selincro® sono ascrivibili alla capacità di ridurre il consumo di alcol in pazienti adulti che presentano un rischio di bere elevato. Gli eventi avversi emersi dal trattamento sono piuttosto aspecifici, quali vertigini, nausea, vomito, insonnia, ansia e depressione, che si manifestano con una incidenza ≥ 0,5% [2,3]. 
Alla luce di queste nuove evidenze e sulla base della qualità, sicurezza ed efficacia dei dati presentati, il CHMP ha raccomandando il rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio per il farmaco Selincro® (compresse rivestite con film da 18 mg). 

Bibliografia di riferimento 
1. Herz A. Endogenous opioid systems and alcohol addiction. Psychopharmacology . 1997 Jan;129(2):99-111. 
2. Gual A, He Y, Torup L. A randomised, double-blind, placebo-controlled, efficacy study of nalmefene, as-needed use, in patients with alcohol dependence. Eur Neuropsychopharmacol. 2013 Apr: S0924-977X(13)00075-8. [Epub ahead of print] 
3. Yancey JR, Lumbad J.Source. Opioid antagonists for the treatment of alcohol dependence. Am Fam Physician. 2011 Nov 1;84(9):990-2. 

   

  

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