Farmacovigilanza

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) in merito all’avvio delle operazioni di rivalutazione dei medicinali contenenti idrossizina

Dopo aver riscontrato, nelle attività di sorveglianza post-marketing, un aumento del numero di segnalazioni di sospette reazioni avverse a carico dell'apparato cardiovascolare, quali aritmie e alterazioni della conduzione elettrica cardiaca e a seguito dei risultati pubblicati in studi sperimentali relativamente alla cardiotossicità dei medicinali contenenti idrossizina, l’Agenzia Ungherese dei Farmaci (GYEMSZI - OGYI), ai sensi dell'Articolo 31 della Direttiva 2001/83/CE, ha richiesto all’EMA una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio dei medicinali contenenti tale principio attivo. La richiesta di revisione è stata presentata, inoltre, in virtù dei risultati di una rivalutazione del rapporto rischio/beneficio effettuata da un titolare di autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) di un medicinale contenente idrossizina. Si tratta di un farmaco antagonista del recettori H1 utilizzato nel trattamento a breve termine degli stati ansiosi, dermatiti allergiche accompagnate da prurito, stati di agitazione, preparazione agli interventi chirurgici, nausee e vomiti post-operatori, come coadiuvante delle allergie sistemiche (malattia da siero, anafilassi) e per le reazioni avverse conseguenti a trasfusioni.  Gli effetti farmacologici dell’idrossizina sono da correlare alla sua azione sulla muscolatura liscia bronchiale e vasale [1]. Precedenti studi hanno valutato il profilo di tossicità cardiovascolare dell’idrossizina, riscontrando l’insorgenza di ipotensione, tachicardia (compresa la tachicardia sopraventricolare) sia in pazienti adulti che in pazienti in età pediatrica [2,3]. Recentemente è stato ipotizzato un meccanismo alla base dell’effetto pro-aritmico. In particolare, è emersa la capacità dell’idrossizina di legarsi alla tirosina in posizione 652 del canale del potassio hERG, determinandone un blocco tempo e concentrazione dipendente e relativo prolungamento della durata del potenziale d’azione di circa il 90% e conseguenti aritmie [4].  Farmaci contenenti idrossizina sono stati autorizzati con procedure nazionali nei 22 stati membri dell'UE (Austria, Belio, Bulgaria, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia e Regno Unito) oltre alla Norvegia e l'Islanda. Essi sono generalmente somministrati per via orale o, a volte, parenterale con diversi nomi commerciali, tra cui Atarax. La revisione del rapporto rischio-beneficio è stata effettuata dal Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC), il comitato competente per la valutazione dei problemi di sicurezza dei medicinali ad uso umano, che fornirà, al termine delle operazioni di rivalutazione, una serie di raccomandazioni. Poiché i medicinali contenenti idrossizina sono tutti autorizzati con procedure nazionali, le raccomandazioni del PRAC saranno trasmesse al Gruppo di Coordinamento per il Mutuo Riconoscimento e le Procedure Decentrate (CMDh), che adotterà una posizione definitiva. Il CMDh è un organismo che rappresenta gli Stati Membri dell'UE e garantisce standard di sicurezza armonizzati per i medicinali autorizzati mediante procedure nazionali in tutta l'Unione Europea.

 

Siti di riferimento

http://www.agenziafarmaco.gov.it/it

http://www.ema.europa.eu/ema/

 

Bibliografia

[1] NationalCenter for Biotechnology Information. PubChem Compound Database; CID 3658, http://pubchem.ncbi.nlm.nih.gov/summary/summary.cgi?cid=3658#x94 (accessed May. 15, 2014).

[2] Lauria JI, Markello R, & King BD. Circulatory and respiratory effects of hydroxyzine in volunteers and geriatric patients. Anesth Analg 1968; 47:378.

[3] Wong L, Hendeles L, & Weinberger M. Pharmacologic prophylaxis of allergic rhinitis: relative efficacy of hydroxyzine and chlorpheniramine. J Allergy Clin Immunol 1981; 67:223-228.

[4] Lee BH, Lee SH, Chu D, Hyun JW, Choe H, Choi BH, Jo SH. Effects of the istamine H(1) receptor antagonist hydroxyzine on hERG K(+) channels and cardiac action potential duration. Acta Pharmacol Sin. 2011 ;32:1128-37.

Comunicato stampa dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in merito alla rivalutazione dei farmaci Corlentor®/Procoralan® (ivabradina).

In data 08/05/2014, l’AIFA, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), ha emanato una nota informativa sulla rivalutazione di Corlentor®/Procoralan®. Tali farmaci sono stati autorizzati all’immissione in commercio nell’Unione Europea il 25 ottobre 2005. 
L’ivabradina è indicata in adulti nel trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile, con coronaropatia, ritmo sinusale normale e frequenza cardiaca > 60 bpm; nell’insufficienza cardiaca cronica di classe da II a IV (classificazione NYHA) con disfunzione sistolica, ritmo sinusale normale ma con frequenza cardiaca ≥ 75 bpm.
L’ivabradina è un farmaco che, inibendo in modo specifico la corrente cardiaca pacemaker (If), riduce la depolarizzazione diastolica spontanea del nodo seno-atriale e la frequenza cardiaca. Data la specificità d’azione, non presenta effetti sulla conduzione intra–atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare. L’ivabradina, inoltre, può agire sulla corrente Ih della retina, determinando una ridotta risposta agli stimoli luminosi intensi. Tale evento può portare, in alcuni casi particolari (es. rapidi cambiamenti della luminosità), a un aumento della luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo (fosfeni). La rivalutazione di tali farmaci è stata avviata su richiesta della Commissione Europea, ai sensi dell’Articolo 20 del Regolamento (CE) N° 726/2004, ed è stata condotta dal Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC). Recentemente, è stato riconosciuto che la frequenza cardiaca (HR) è un fattore di rischio indipendente per la mortalità cardiovascolare. A tal proposito, per valutare i soli effetti della frequenza cardiaca sulla mortalità, è stato utilizzato il trattamento farmacologico con ivabradina (1).  In particolare, nello studio BEAUTIFUL è stata analizzata l’efficacia dell’ivabradina in una popolazione di pazienti che presentavano coronaropatia stabile e disfunzione ventricolare (asintomatica o paucisintomatica). In questo contesto il farmaco non ha mostrato evidenze nel ridurre l’endpoint combinato ma si è limitato a ridurre gli endpoint ischemici nei pazienti con frequenza cardiaca a riposo pretrattamento ≥70 bpm, dimostrando una riduzione del rischio di morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico, scompenso cardiaco del 24% (P = 0,048) e del rischio di infarto miocardico del 42% (P = 0,022) (2). Il limite del suddetto studio è stato la valutazione, in un unico studio clinico, degli effetti dell’ivabradina in pazienti con due distinti profili fisiopatologici (coronaropatia e disfunzione ventricolare). Pertanto, allo scopo di valutare separatamente i due profili fisiopatologici, sono stati condotti successivamente due studi clinici, lo studio SHIFT (disfunzione ventricolare) e SIGNIFY (coronaropatia). La rivalutazione da parte del PRAC è conseguente ai risultati dello studio clinico SIGNIFY, che ha valutato il tasso di eventi cardiovascolari (infarto) di Corlentor®/Procoralan® vs placebo in pazienti con coronaropatia. La dose di farmaco massima somministrata nello studio è stata di 10 mg due volte al giorno, mentre nella normale pratica clinica la dose massima consigliata è di 7,5 mg due volte al giorno. I risultati dello studio hanno evidenziato un piccolo ma significativo aumento del rischio di morte cardiovascolare e di infarto miocardico in un sottogruppo di pazienti con angina sintomatica. Dato che la revisione di tali farmaci è ancora in corso, l’AIFA raccomanda ai pazienti di rivolgersi per qualsiasi dubbio al proprio medico o farmacista.  In conclusione, il PRAC fornirà una serie di raccomandazioni che verranno trasmesse al Comitato per i Medicinali ad Uso Umano (CHMP) che adotterà una decisione finale.

 

Siti di riferimento:

http://www.agenziafarmaco.gov.it/

http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia

1. Ferrari R. A step further with ivabradine: SIGNIfY (Study assessInG the morbidity–mortality beNefits of the If inhibitor ivabradine in patients with coronarY artery disease). European Heart Journal Supplements. 2009;11:D19–D27.

2. Fox K, Ford I, et al. BEAUTIFUL Investigators. Effect of ivabradine on cardiovascular outcomes in patients with stable coronary artery diseaseand left-ventricular systolic dysfunction with limiting angina: a subgroup analysis of the randomized, controlled BEAUTIFUL trial.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) in merito all’ approvazione di Mekinist® (trametinib) per il trattamento del melanoma.

In data 25/04/2014, l'Agenzia Europea dei medicinali (EMA), a seguito delle operazioni di revisione effettuate dal Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP), ha emanato una nota informativa in cui raccomanda l’approvazione di Mekinist® per il trattamento di pazienti adulti con melanoma non asportabile chirurgicamente o metastatico con una mutazione BRAF V600. Il melanoma metastatico è una patologia oncologica con prognosi infausta; infatti, tempi di sopravvivenza medi dei pazienti con melanoma di stadio IV vanno dagli 8 a 18 mesi dalla diagnosi. È stato stimato che in Europa sono diagnosticati circa 60000 casi l’anno di melanoma e di questi 16000 a esito fatale [1]. In circa il 40-60% dei melanomi cutanei è presente una mutazione di BRAF, che porta un’attivazione costitutiva della vie di trasduzione del segnale a valle che coinvolgono le MAPK chinasi; la mutazione più frequentemente riscontrata (90%) è a carico del codone 600, con sostituzione della valina con acido glutammico (V600E), ma si conoscono anche altre mutazioni attivanti (BRAF V600K e BRAF V600R) [2]. Le suddette mutazioni possono causare sintesi di proteine mal funzionanti che promuovono la crescita cellulare e quindi anche del tumore. Trametinib, principio attivo della specialità medicinale Mekinist®, è una piccola molecola di sintesi somministrabile per via orale e in grado di inibire selettivamente MEK1 e MEK2 che sono parte della via MAP-chinasi (proteina attivata da mitogeni), della quale anche BRAF è un componente [3]. Mekinist® è risultato in grado di migliorare sia la sopravvivenza libera da progressione che la sopravvivenza complessiva rispetto alle attuali terapie mostrando un’efficacia superiore rispetto alle chemioterapie attualmente in uso e un rapporto rischio/beneficio a favore del beneficio [4]. Gli effetti indesiderati più comunemente riportati nei pazienti in trattamento con Mekinist® sono febbre, brividi, stanchezza, eruzioni cutanee, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, edema periferico, tosse, mal di testa, dolori articolari, sudorazione notturna, diminuzione dell'appetito, costipazione e dolore muscolare ma anche eventi avversi gravi quali emorragie, formazione di coaguli, infarto, manifestazioni dermatologiche e oculari, danno renale [3]. Mekenist® è, inoltre, risultato teratogeno e in grado di determinare infertilità nell’uomo [1]. Il farmaco attualmente non è in commercio in Italia. L’opinione del CHMP sulla specialità medicinale Mekinist® è stata inviata alla Commissione Europea che adotterà una decisione sulla possibile autorizzazione all’uso di Mekinist® in tutto il territorio europeo.          

Sito di riferimento:
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia
1. http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0009/97029/4.2.-Incidence-of-melanoma-EDITED_layouted.pdf?ua=1

2. Davies H, Bignell GR, Cox C, Stephens P, Edkins S, Clegg S, et al. Mutations of the BRAF gene in human cancer. Nature 2002; 417:949–54

3. Product Information: MEKINIST oral tablets, trametinib oral tablets. GlaxoSmithKline (per FDA), Research Triangle Park, NC, 2014.

4. Flaherty KT , Robert C , Hersey P , et al: Improved survival with MEK inhibition in BRAF-mutated melanoma. N Engl J Med 2012; 367:107-114.

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei medicinali (EMA) al fine di minimizzare il rischio di alterata capacità nella guida e ridotta prontezza mentale nelle ore successive all’assunzione di zolpidem.

In data 29/04/2014, l’AIFA, in accordo con l’EMA, ha emanato una nota informativa in merito alle raccomandazioni d’uso di zolpidem, un ipnotico non benzodiazepinico appartenente alla famiglia delle imidazopiridine, indicato nel trattamento a breve termine dell’insonnia, principalmente nella fase di induzione del sonno piuttosto che nella fase di mantenimento. Il farmaco potenzia l'attività dell’acido γ-aminobutirrico (GABA), un neurotrasmettitore inibitore del Sistema Nervoso Centrale ed è sostanzialmente privo di effetti miorilassanti e anticonvulsivanti. Esso agisce legando e stimolando il recettore ionotropico GABA-A, provocando rilassamento e sonnolenza. 
La rivalutazione del rapporto rischio/beneficio di zolpidem è stata avviata il 4 luglio 2013 su richiesta dell’AIFA ed è stata valutata per la prima volta dal Pharmcovigilance Risk Assessment Committee (PRAC), che si è basato su dati provenienti da studi clinici e dalle segnalazioni post-marketing. Successivamente, dato che i farmaci contenenti zolpidem sono stati immessi in commercio con procedure nazionali, la revisione è stata inoltrata al Co-ordination Group for Mutual Recognition and Decentralised Procedures – Human (CMDh). Il CMDh ha condiviso il parere del PRAC sulla positività del rapporto rischio/beneficio di tali farmaci sottolineando, tuttavia, che verranno apportate alcune modifiche al Riassunto Caratteristiche del Prodotto (RCP) relativamente alle sezioni “avvertenze” e “precauzioni d’uso”, soprattutto per quanto riguarda il rischio di alterata capacità nella guida dei veicoli, sonnambulismo e ridotta prontezza mentale.           
Tali rischi sono stati riportati anche in letteratura; infatti, uno studio che ha preso in esame 1 milione di individui dal database Taiwanese National Health Insurance (NHI) tra il 1998 e il 2004 ha evidenziato un incremento del rischio di incidenti automobilistici con ospedalizzazione nelle 24 ore successive all’assunzione di zolpidem [1].           
E’ stata riscontrata, inoltre, una possibile correlazione tra l’incapacità di guida del paziente e il raggiungimento di specifiche concentrazioni plasmatiche di zolpidem; in particolare, è stata evidenziata una correlazione tra la dose di zolpidem assunta e il tempo di inabilità dell’individuo [2]. 
A tal proposito, il CMDh raccomanda una dose giornaliera di zolpidem di 10 mg in adulti con funzionalità epatica normale e con età inferiore ai 65 anni e di 5 mg in pazienti anziani o con compromissione della funzione epatica. Tali dosi non devono essere superate e si devono preferire negli anziani dosi inferiori. Inoltre, i dati disponibili hanno evidenziato che la dose di 10 mg è correlata ad una maggior rischio di sonnolenza e sedazione durante il giorno e che con l’uso di dosi inferiori non vi è né un efficacia né un rischio ridotto. Altre raccomandazioni prevedono di non eseguire attività che richiedono attenzione, come la guida di veicoli per un periodo di almeno 8 ore dopo l’assunzione di zolpidem, in quanto durante tale periodo vi è un elevato rischio di sedazione e, quindi, di incidenti stradali. Il rischio aumenta se zolpidem è assunto a dosi superiori di quelle indicate nel RCP o se assunto in concomitanza con altri farmaci che deprimono SNC, con alcol o con sostanze stupefacenti. La posizione del CMDh sarà inviata alla Commissione Europea che adotterà una decisione finale.

Siti di riferimento:                                     
http://www.agenziafarmaco.gov.it/
http://www.ema.europa.eu/ema/

Bibliografia:
1.Yang YH, Lai JN, Lee CH, Wang JD, Chen PC. “Increased risk of hospitalization related to motor vehicle accidents among people taking zolpidem: a case-crossover study”. J Epidemiol.2011; 21: 37-43.

2. Farkas RH, Unger EF, Temple R.“Zolpidem and driving impairment-identifying persons at risk”. N Engl J Med. 2013;369:689-91. 

Comunicato stampa dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) in merito alle raccomandazioni di estensione di utilizzo di Nexavar® (sorafenib tosilato) anche per il trattamento del carcinoma tiroideo differenziato.

In data 25/04/2014, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha diramato un comunicato nel quale raccomanda l’estensione di utilizzo del farmaco antineoplastico Nexavar® anche per il trattamento del carcinoma tiroideo differenziato, nelle sue differenti forme (progressivo, localmente avanzato o metastatico). L’estensione di utilizzo del Nexavar® per la patologia in oggetto è stata già approvata nel novembre 2013 dalla Food and Drug Administration (FDA).

Nexavar® (sorafenib tosilato), approvato dalla Commissione Europea nel 2007, è indicato per il trattamento dell’epatocarcinoma e del carcinoma a cellule renali avanzato dopo fallimento terapeutico di una precedente terapia a base di interferone alfa o interleuchina-2 e in pazienti che sono considerati non idonei a ricevere tali terapie. Il sorafenib è un inibitore delle chinasi che ha dimostrato proprietà anti-proliferative e anti-angiogeniche in vitro e in vivo; il farmaco, inoltre, inibisce la proliferazione delle cellule tumorali in vitro. Infine, inibisce l’attività di alcuni target molecolari presenti nella cellula tumorale (CRAF, BRAF, V600E BRAF, c-KIT e FLT-3) e nei vasi sanguigni (CRAF, VEGFR-2, VEGFR-3 e PDGFR-β).

Come riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) di Nexavar®, le reazioni avverse gravi più comunemente riscontrate durante la terapia sono ischemia e infarto del miocardio, perforazione gastrointestinale, epatite da farmaci, emorragia e ipertensione. Tra le reazioni avverse più comuni figurano, invece, diarrea, rash, alopecia e sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare [1].

Dai risultati di 3 studi clinici di fase 2, condotti in aperto, a braccio singolo, la somministrazione di sorafenib in pazienti affetti da carcinoma tiroideo ha determinato una risposta favorevole nel 31% (8/26) dei pazienti trattati nel primo studio, 23% (7/30) dei pazienti trattati nel secondo studio e nel 15% (3/19) dei pazienti arruolati nel terzo studio. Relativamente alla tollerabilità, le reazioni avverse riscontrate nel corso dei 3 studi clinici sono state infarto miocardico di grado 4, effusione pericardica, neutropenia, alterazioni dei test di funzionalità epatica di grado 3 e 4 [2-4].

L’efficacia del sorafenib è stata, altresì, valutata nel corso di  uno studio clinico randomizzato multicentrico, condotto in doppio-cieco e controllato con placebo per il quale sono stati arruolati 417 pazienti con carcinoma tiroideo differenziato refrattario allo iodio radioattivo. Nello specifico, i pazienti arruolati (età media=63 anni), sottoposti nel 99% dei casi a tiroidectomia e con progressione della patologia, risultata refrattaria alla terapia con iodio radioattivo, sono stati randomizzati a ricevere sorafenib 800 mg/die (n=207) o placebo (n=210). Dai risultati dello studio è emerso che il farmaco ha significativamente aumentato l’incidenza di pazienti sopravvissuti senza progressione della patologia (median progression free survival – PFS) rispetto al placebo. In seguito alla progressione della patologia, il 75% dei pazienti trattati con placebo e il 31% dei pazienti assuntori di sorafenib sono stati trattati in aperto con il farmaco. In tale gruppo non è stata riscontrata una differenza significativa nella media di sopravvissuti [5].

In conclusione, la decisione del CHMP, relativa alle nuove indicazioni per Nexavar®, sarà trasmessa alla Commissione Europea che adotterà una decisione finale sulle modifiche da apportare all’RCP delle specialità medicinali commercializzate in Europa.

Bibliografia

1. Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) Nexavar®.

2. Schneider TC et al: Long-term analysis of the efficacy and tolerability of sorafenib in advanced radio-iodine refractory differentiated thyroid carcinoma: final results of a phase II trial. Eur J Endocrinol 2012; 167:643-650.
3. Gupta-Abramson V et al: Phase II trial of sorafenib in advanced thyroid cancer. J Clin Oncol 2008; 26:4714-4719.

4. Kloos RT et al: Phase II trial of sorafenib in metastatic thyroid cancer. J Clin Oncol 2009; 27:1675-1684.

5. Product Information: NEXAVAR(R) oral tablets, sorafenib oral tablets. Bayer HealthCare Pharmaceuticals Inc. (FDA), Whippany, NJ, 2013.

   

  

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