Farmacovigilanza

EMERGENZA COVID-19: ECDC ribadisce obiettivi e strategie della campagna vaccinale anti COVID-19

Ad oggi, 30/04/2021, i casi confermati di malattia COVID-19 sono 149.910.744, di cui 51.419.852 in Europa, per un totale di 3.155.168 decessi. L’Italia, con 3.994.894 casi, è al terzo posto in Europa, preceduta da Francia e Regno Unito e all’ottavo a livello globale per numeri di casi confermati [1]. A dicembre 2020 è stato autorizzato il primo vaccino indicato per la profilassi di COVID-19, dando il via ad una campagna vaccinale globale [2]. In tutto il mondo, sono state somministrate un totale di 1.011.457.859 dosi di vaccino antiCOVID-19 al 29/04/2021 [1]. Vista l’estesa campagna vaccinale senza precedenti e l’elevata richiesta di vaccini a fronte di un numero limitato di dosi disponibili, molte nazioni hanno deciso di ritardare la somministrazione della seconda dose, in modo tale da sottoporre ad almeno una singola dose un numero di individui più ampio possibile. L’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), in un recente editoriale, ha ribadito i quattro obiettivi primari della vaccinazione di massa. raggiungibili solo attraverso specifiche strategie:

Ridurre la pressione sul Sistema Sanitario: la pressione sul Sistema Sanitario è dovuta all’elevato tasso di ospedalizzazione e ricovero, in particolare in terapia intensiva, e al considerevole numero di decessi correlati a COVID-19. Dal momento che la maggior parte dei ricoveri e dei decessi riguarda individui adulti e anziani, la vaccinazione a partire da questa classe della popolazione rappresenta una valida strategia per raggiungere tale obiettivo. Infatti, una protezione efficace contro COVID-19 porterà a una diminuzione sostanziale dell’ospedalizzazione e dei decessi, con conseguente riduzione della pressione sui Sistemi Sanitari. Tuttavia, tale strategia da sola non è sufficiente a ridurre i problemi sociali e sanitari e, se non implementata e associata ad altri interventi non farmaceutici, non potrebbe ridurre la trasmissione e la malattia, in particolare in gruppo di popolazione particolarmente a rischio.

Ridurre la gravità e la mortalità complessive di COVID-19: a prescindere dall’età, esistono diversi fattori di rischio di evoluzione di COVID-19 a forme più gravi. Inoltre, la comparsa di nuove varianti, più aggressive e a più rapida trasmissione, pone a rischio di incremento di ospedalizzazione e decesso anche tra i soggetti più giovani e sani. Tali individui, socialmente più attivi, nonostante siano meno a rischio di forme gravi di malattia, sono maggiormente esposti a SARS-CoV-2 e possono quindi contribuire alla trasmissione della malattia e al numero complessivo di ospedalizzazioni e decessi. Stratificando la vaccinazione per fasce d’età, partendo dai più anziani fino ad arrivare gradualmente ai soggetti più giovani, dando però priorità alle fasce di popolazione più a rischio a prescindere dall’età, si potrebbe massimizzare l’impatto della vaccinazione, con conseguente riduzione della gravità della malattia. Fino a quando la maggior parte dei giovani adulti non sarà vaccinata, le misure non farmaceutiche di contenimento della malattia dovranno rimanere in atto.

Riaprire la società: per raggiungere tale obiettivo è necessario avere un elevato numero di vaccini disponibili. Una valida strategia, in presenza di un numero limitato di dosi, può essere l’identificazione di gruppi occupazionali a maggiore rischio, al di fuori dell’ambiente sanitario, in quanto più frequentemente a contatto con altri individui (ad esempio settori quali turismo, insegnamento, ristorazione vendita al dettaglio) e dare priorità a tali gruppi. In tal modo, si potrebbe contribuire alla riduzione della circolazione del virus nella comunità e alla rapida riapertura delle aziende.

Sconfiggere la malattia: rappresenta l’ultimo importante obiettivo della strategia vaccinale, nonché il più difficile da raggiungere. A tale scopo, la vaccinazione dovrebbe essere rivolta a tutti soggetti ad alto contatto con gli altri, a prescindere dalle fasce d’età e dalla vulnerabilità degli individui. Sono inclusi in tale strategia anche i bambini. Tuttavia, il ruolo dei bambini nella diffusione della malattia non è, ad oggi, del tutto chiaro e inoltre nessun vaccino è autorizzato al di sotto dei 16 anni d’età. Tale strategia dipende dall’elevato grado di protezione dei vaccini nella trasmissione di SARS-CoV-2 che, insieme alla durata della protezione, rimane un’incognita. Inoltre, i vaccini potrebbero essere meno efficaci nei confronti di nuove varianti virali. Pertanto, in presenza di varianti resistenti alla vaccinazione, potrebbe essere necessaria la realizzazione e la disponibilità elevata di nuove formulazioni di vaccini. Poiché l’eradicazione totale di SARS-CoV-2 sembra essere difficilmente realizzabile, potrebbe essere necessario mantenere un buon livello costante nella copertura vaccinale, che rappresenta il più ambizioso programma vaccinale della storia. In alternativa, la vaccinazione potrebbe però portare ad un’accettabile endemicità della malattia, per cui una costosa campagna di eradicazione non sarebbe necessaria.


Riferimenti sitografici

1. World Health Organization. WHO Coronavirus (COVID-19) Dashboard. Disponibile al link: https://covid19.who.int/

2. European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC). Objectives of vaccination strategies against COVID-19. Disponibile al link: https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/Objectives-of-vaccination-strategies-against-COVID-19.pdf

EMERGENZA COVID-19: il Ministero della Salute pubblica un aggiornamento delle linee guida per la terapia domiciliare

In data 27/04/2021, il Ministero della Salute ha diffuso una nuova circolare relativa alle linee guida per le cure domiciliari dei pazienti con infezione da nuovo coronavirus (Severe Acute Respiratory Syndrome CoronaVirus 2 - SARS-CoV-2), come aggiornamento della precedente (Circolare 30 novembre 2020) in base alle nuove conoscenze sul virus [1].

Il documento è stato redatto da un Gruppo di Lavoro appositamente costituito, comprendente figure istituzionali, professionali e del mondo scientifico, e descrive le modalità corrette per la gestione domiciliare da parte del Medico di Medicina Generale (MMG) o del Pediatra di Libera Scelta (PLS) di pazienti positivi a SARS-CoV-2 e con lievi forme della malattia ad esso correlata (COVID-19). Le linee guida si rivolgono anche ai caregiver, agli infermieri e ai pazienti stessi. Le informazioni sulla gestione domiciliare e sulle possibilità terapeutiche saranno aggiornate periodicamente, sulla base delle informazioni emergenti sull’infezione e sul suo trattamento.

La gestione domiciliare dei casi lievi di COVID-19 consente di mettere in sicurezza il paziente e di ridurre l’accesso alle strutture di pronto soccorso, spesso sovraffollati, e i ricoveri ospedalieri.

Per caso lieve si intende un paziente positivo tramite test PCR a SARS-CoV-2 e con sintomi quali febbre >37,5°, malessere, congestione nasale, mialgia, diarrea, perdita di gusto/olfatto in assenza di dispnea, disidratazione e alterazione dello stato di coscienza.

Prima di procedere con la terapia domiciliare

  • parametri vitali

Tramite contatto telefonico o televisita, è necessario valutare e monitorare quotidianamente i parametri vitali (frequenza respiratoria, frequenza cardiaca, pressione arteriosa sistolica, livello di coscienza, temperatura corporea, comorbilità, ecc) dei pazienti che presentano sintomi lievi, in quanto circa il 10-15% di questi progredisce verso forme severe. I parametri vengono valutati periodicamente attraverso l’applicazione di score, in particolare del Modified Early Warning Score (MEWS), per quantificare la gravità del quadro clinico e la sua evoluzione, in base al quale, i pazienti possono essere suddivisi come a rischio basso/stabile (score 0-2), rischio medio/instabile (3-4) e rischio alto/critico (5) di evolvere in malattia severa. In caso di gravidanza, invece, è necessario utilizzare lo score Modified Early Obstetric Warning Score (MEOWS).

  • saturazione di ossigeno

Sia il MEWS che il MEOWS devono essere associati alla valutazione della saturazione dell’ossigeno, il cui livello normale, in pazienti adulti e non fumatori, è superiore al 95% e si riduce al di sotto di 94% con l’avanzare dell’età (over 70) e in presenza di malattie polmonari e cardiovascolari. La valutazione della saturazione dell’ossigeno tramite pulsossimetria domiciliare, sia a riposo che sotto sforzo, è indispensabile per identificare l’eventuale “ipossiemia silente”, condizione in cui si rilevano bassi livelli ematici di ossigeno in assenza di sintomi respiratori tipici, primo tra tutti, la dispnea. Per la saturazione dell’ossigeno valutata tramite pulsossimetro domiciliare, è stato considerato come valore soglia in aria ambiente il 92%, sulla base della letteratura scientifica disponibile e delle caratteristiche dei saturimetri ad uso extra-ospedaliero in commercio. Infatti, l’accuratezza di tali strumenti presenta un margine medio di ±4 e, soprattutto, valori di saturazione superiore a questa soglia sono raramente associati allo sviluppo di polmonite interstiziale. Nei pazienti COVID-19, la bassa saturazione di ossigeno è associata a un maggiore rischio di ospedalizzazione e di decesso. Pertanto, la valutazione quotidiana di tale parametro è fondamentale, al fine di evidenziare un eventuale peggioramento del quadro clinico e di rendere più sicura la terapia domiciliare.

Terapia farmacologica sintomatica

  • paracetamolo e farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)

La loro somministrazione è prevista in presenza di febbre, artralgia e mialgia, fatto salvo eventuali chiare controindicazioni.

  • anticorpi monoclonali (monoclonal AntiBodies - mAb)

Ad oggi sono disponibili le associazioni di bamlanivimab/etesevimab e imdevimab/casirivimab per il trattamento di pazienti con età >12 anni, positivi a SARS-CoV-2, non ospedalizzati, non trattati con ossigeno supplementare e con sintomi lievi/moderati insorti di recente e con almeno un fattore di rischio specifico (due fattori di rischio, se uno di questi è rappresentato dall’età superiore a 65 anni) (DM del 6 febbraio 2021). La selezione dei pazienti idonei al trattamento con mAB è effettuata dal MMG, dal PLS o dai medici che entrano in contatto con pazienti COVID-19 di recente insorgenza e lieve entità. Il trattamento con mAb prevede un’unica somministrazione per endovena seguita da monitoraggio, da parte personale medico altamente formato, per almeno un’ora dal termine dell’infusione e può essere effettuata nell’ambito di una struttura che consente appropriatamente l’eventuale gestione di reazioni avverse gravi, come le strutture ospedaliere, e solo in seguito a firma di consenso da parte del paziente/tutore legale. Nonostante siano limitati, i dati di efficacia a oggi disponibili evidenziano una riduzione dei ricoveri e della mortalità nei pazienti trattati con mAb, in particolare in pazienti ad alto rischio di evoluzione di COVID-19 in forma grave. L’efficacia di tale trattamento potrebbe essere ridotta in pazienti con varianti virali, sudafricana (B.1.351) e brasiliana (P.1); pertanto, in tali casi la scelta dei mAB potrà essere effettuata alla luce di nuove evidenze.

  • corticosteroidi

Sebbene l’uso di corticosteroidi sia raccomandato esclusivamente in pazienti ospedalizzati affetti da COVID-19 grave e che necessitano di ossigeno supplementare, è possibile considerarne l’uso domiciliare in pazienti COVID-19 affetti da forme lievi con fattori di rischio di progressione della malattia verso forme gravi, in presenza di peggioramento dei parametri vitali e della saturazione di ossigeno, richiedenti, pertanto, ossigenoterapia, che non possono essere ricoverati a causa di sovraccarico delle strutture ospedaliere. Prima di introdurre il trattamento con corticosteriodi, è necessario considerare la presenza di altre patologie croniche, come il diabete, che possono rappresentare una forte controindicazione. In linea con quanto descritto nello studio che ha evidenziato i benefici dei corticosteroidi in pazienti COVID-19, il trattamento deve essere effettuato preferenzialmente con desametasone 6mg/die per un massimo 10 giorni. Altri corticosteroidi come il metilprednisolone, il prednisone e l’idrocortisone, possono essere impiegati a dosaggi equivalenti (rispettivamente 32 mg, 40 mg, 160 mg).

  • eparina, solitamente a basso peso molecolare

È indicata nella profilassi degli eventi tromboembolici in pazienti con infezione respiratoria acuta e in pazienti con ridotta mobilità. Non è raccomandato il suo uso in pazienti non ospedalizzati e non allettati, dal momento che non sussistono evidenze di beneficio clinico in questi pazienti, mentre in pazienti allettati possono essere utilizzati composti eparinici a dosaggi profilattici. Inoltre, è indispensabile sottolineare che l’eventuale terapia anticoagulante o antiaggregante precedente alla positività a SARS-CoV-19 non deve essere assolutamente interrotta durante il decorso di COVID-19. Tale consiglio è valido non solo per la terapia anticoagulanti/antiaggreganti, ma anche per tutti i trattamenti cronici per altre patologie (come antipertensivi, ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti, farmaci psicotropi) a meno che non vi sia una stringente ragione clinica.

Trattamenti farmacologici non raccomandati

  • antibiotici

L’uso di antibiotici è sconsigliato, salvo presenza di infezione batterica sospetta o dimostrata da esame colturale. L’ingiustificato uso di antibiotici, per i quali non esistono prove concrete di efficacia nella sola infezione virale, contribuisce fortemente all’insorgenza e alla propagazione di resistenze batteriche, con compromissione della risposta a terapia antibiotica futura.

  • clorochina e idrossiclorochina,

Il loro uso non raccomandato né a scopo preventivo né terapeutico, in quanto gli studi clinici randomizzati condotti evidenziano una mancata efficacia di tale trattamento e un aumento dell’insorgenza di eventi avversi, con un complessivo rapporto rischio/beneficio negativo.

  • antivirali e integratori

L’inefficacia terapeutica è stata evidenziata anche per le associazioni di antivirali lopinavir/ritonavir o darunavir/ritonavir o cobicistat, per cui anche l’uso di tali farmaci non è consigliato nel trattamento di COVID-19. Infine, non esistono oggi evidenze solide circa l’efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (compresa vitamina D, lattoferrina e quercitina), il cui utilizzo non è pertanto raccomandato.

Pazienti pediatrici e in età evolutiva

Generalmente, l’infezione decorre in modo asintomatico e con sintomi lievi, eccezion fatta per i pazienti con gravi comorbilità. È consigliato esclusivamente il trattamento sintomatico con paracetamolo (10 - 15 mg/kg/dose ogni 5-6 ore) o ibuprofene (da 20 mg a 30 mg per kg di peso corporeo al giorno, sempre a stomaco pieno, divisi in tre dosi) solo in caso di presenza di sintomi simil-influenzali e su indicazione del PLS/MMG, associato a riposo e ad assunzione di molti liquidi. Anche per i pazienti pediatrici, è necessario valutare quotidianamente lo stato di saluto e la presenza di eventuali fattori di rischio, che possono provocare ad aggravamento e ospedalizzazione. Tra i fattori di rischio, si annovera anche l’età <1 anno in bambini con patologie croniche (malattie cardiovascolari, polmonari, oncologiche, metaboliche, renali, immunodeficienze, ecc).

Pazienti asintomatici o paucisintomatici

Non è previsto alcun trattamento farmacologico. È però consigliabile la vigile attesa, ovvero il monitoraggio costante e quotidiano dei parametri vitali e delle condizioni cliniche, la misurazione periodica della saturazione di ossigeno, un’appropriata idratazione e nutrizione, un’adeguata attività fisica domiciliare, riposo e, in caso di insorgenza di sintomi, il trattamento degli stessi. Per tutti i pazienti, sintomatici e asintomatici, appartenenti a qualsiasi fascia d’età, è indispensabile per quanto possibile l’isolamento domiciliare [2].

L’aggravamento delle condizioni di un paziente in terapia domiciliare potrà condurre a una rivalutazione dello stato di salute, al fine di verificarne la necessità di ospedalizzazione.


Riferimenti sitografici

1. Ministero della Salute. Covid-19, nuova circolare del Ministero aggiorna le linee guida per le cure domiciliari. Disponibile al link: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5449

2. Ministero della Salute. Circolare Ministero Salute 26 aprile 2021 - Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, aggiornata al 26 aprile 2021. Disponibile al link: https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2021&codLeg=80056&parte=1%20&serie=null

EMERGENZA COVID-19: vaccino Janssen - EMA evidenzia un possibile legame con casi molto rari di trombi inusuali con basso livello di piastrine

In data 21/04/2021, sul portale dell’Agenzia Italiana del Farmaco è stato pubblicato il comunicato con cui EMA conferma un rapporto beneficio-rischio favorevole per il vaccino anti-COVID-19 Janssen di Johnson & Johnson [1].

Nella riunione del 20 aprile 2021, il Comitato per la Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha concluso che tra gli effetti indesiderati molto rari del vaccino figura la formazione di trombi inusuali associati a bassi livelli di piastrine, pertanto alle informazioni sul prodotto dovrà essere aggiunta un’avvertenza, in modo da informare cittadini ed operatori sanitari su tale possibilità di evento. Il PRAC di EMA, sulla base delle prove attualmente disponibili, non ha confermato specifici fattori di rischio

Gli otto eventi trombotici valutati dal PRAC si sono verificati in donne di età inferiore ai 60 anni entro tre settimane dalla vaccinazione, si sono manifestati in siti inusuali come le vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale), le vene dell’addome (trombosi venosa splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine nel sangue e talvolta a sanguinamento. Un solo caso ha avuto esito fatale. Tali casi erano molto simili a quelli osservati in seguito alla somministrazione del vaccino Vaxzevria di AstraZeneca. La formazione di trombi, associata a piastrinopenia, potrebbe essere spiegata da una risposta di tipo immunitario, simile alla trombocitopenia indotta da eparina (HIT). Nella HIT, infatti, la risposta immunitaria umorale diretta contro il complesso eparina-fattore piastrinico 4 endogeno (PF4) attiva le piastrine circolanti, causando trombocitopenia da consumo e conseguente ipercoagulabilità [2]. 

Gli eventi trombotici insorti in seguito alla somministrazione del vaccino anti-COVID-19 Janssen sono stati segnalati molto raramente, pertanto il PRAC sostiene che i benefici complessivi derivanti dall’utilizzo del vaccino superano i rischi associati agli effetti indesiderati, confermando un utilizzo sicuro ed efficace di tale vaccino.

Al fine di evitare complicanze e favorire il recupero delle persone colpite, l’EMA oltre a sottolineare l’importanza di un intervento medico specialistico e tempestivo, in ottemperanza alle linee guida disponibili, fornisce indicazioni dettagliate sia alle persone che hanno ricevuto il vaccino che agli operatori sanitari. 

Le persone che ricevono il vaccino anti-COVID-19 Janssen devono essere consapevoli dei possibili effetti indesiderati che potrebbero manifestarsi, seppur alcuni di essi molto raramente. In particolare, è necessario richiedere un trattamento medico tempestivo qualora dovesse manifestarsi una tra i seguenti sintomi: respiro affannoso, dolore al petto, gonfiore alle gambe, dolore addominale (di pancia) persistente, mal di testa grave e persistente, visione offuscata o piccoli lividi sulla pelle.

Gli operatori sanitari devono prestare attenzione a segni e sintomi di tromboembolismo e trombocitopenia in modo da poter trattare prontamente le persone colpite e devono istruire i vaccinati circa tali segni e sintomi. Inoltre, gli operatori sanitari coinvolti nella somministrazione del vaccino nell'UE riceveranno una nota informativa importante diretta agli operatori sanitari (DHPC), la quale sarà disponibile su una pagina dedicata sul sito web dell'EMA.

L’EMA ricorda che il vaccino COVID-19 Janssen è il quarto autorizzato in Europa (lo scorso 11 marzo 2021) per la prevenzione della malattia COVID-19, causata dal virus SARS-CoV-2, nelle persone di età pari o superiore a 18 anni. Tale vaccino è costituito da un virus della famiglia degli adenovirus, opportunamente modificato per contenere il gene responsabile della produzione della proteina Spike di SARS-CoV-2. Pertanto, il vaccino COVID-19 Janssen, non contenendo il virus stesso, non può causare la malattia COVID-19. Gli effetti indesiderati più comuni sono generalmente lievi o moderati e migliorano entro pochi giorni dalla vaccinazione.

In data 21 Aprile 2021, il Comitato per i Medicinali per Uso Umano (CHMP) dell’EMA ha valutato le modifiche proposte dal PRAC e ha accettato di aggiornare le informazioni sul prodotto del vaccino in linea con le raccomandazioni del PRAC. Le informazioni sul prodotto modificate sono state pubblicate sul sito web dell’EMA [3].


Referenze

1. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/it/-/vaccino-contro-il-covid-19-janssen-ema-evidenzia-un-possibile-legame-con-casi-molto-rari-di-trombi-inusuali-con-basso-livello-di-piastrine

2. Disponibile al link: https://www.orpha.net/consor/cgi-bin/OC_Exp.php?lng=IT&Expert=3325

3. EMA published the updated product information for COVID-19 Vaccine Janssen, following endorsement of PRAC’s recommendations by CHMP. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/medicines/human/EPAR/covid-19-vaccine-janssen


EMERGENZA COVID-19: benefici/rischi del vaccino Vaxzevria valutati all’interno di specifici contesti

In data 23 aprile 2021, l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha pubblicato un aggiornamento circa i benefici e rischi del vaccino anti COVID-19 Vaxzevria (precedentemente denominato COVID-19 Vaccine AstraZeneca).

Per quanto riguarda gli adulti di tutte le fasce d’età, i benefici restano maggiori dei rischi anche se dopo la somministrazione del vaccino, si sono verificati rari casi di coaguli di sangue associati a bassi livelli di piastrine (condizione anche definita come trombosi associata a trombocitopenia). Il vaccino risulta efficace nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva e i decessi da COVID-19, a fronte di un profilo di sicurezza caratterizzato da insorgenza di eventi avversi comunemente di lieve entità e a rapida risoluzione. Gli effetti indesiderati gravi, come descritto precedentemente, includono la comparsa di insoliti coaguli di sangue associati a bassi livelli di piastrine, la cui frequenza è stimata di 1/100.000 vaccinati. In caso di sintomi riconducibili a questo evento bisogna immediatamente contattare il proprio medico di fiducia.

Per valutare se l’età possa essere un fattore di rischio di trombosi associata a trombocitopenia, i dati provenienti dalla segnalazione spontanea di eventi avversi (Eudravigilance) sono stati analizzati tenendo conto delle fasce d’età e in rapporto ai tassi di infezione mensili: basso (55 ogni 100.000 persone), medio (401 ogni 100.000 persone) e elevato (886 ogni 100.000 persone). Al fine di contestualizzare l’insorgenza di queste rare trombosi, il comitato ha esaminato i dati considerando anche la prevenzione dei ricoveri ospedalieri, dei ricoveri nei reparti di terapia intensiva e dei decessi dovuti a COVID-19, sulla base di diverse ipotesi di efficacia del vaccino. È emerso che i beneficidel vaccino aumentano all’aumentare dell’età e del tasso di infezione (i dati sono invece pochi per fornire ulteriori informazioni circa i benefici e rischi in relazione al genere). Fermo restando che la valutazione rimane comunque positiva per gli adulti di ogni fascia di età, questa analisi “contestuale” può orientare la scelta delle autorità nazionali nell’adeguare le loro strategie di vaccinazione a seconda del tasso di infezione e dell’età delle persone che devono ancora essere vaccinate.

Relativamente alla dose di richiamo, il CHMP, ad oggi, raccomanda di procedere con la somministrazione della seconda dose di Vaxzevria tra le 4 e le 12 settimane dopo la prima inoculazione. Tuttavia, il CHMP è aperto alla valutazione di altri possibili scenari, quali:

  • prolungare l’intervallo di somministrazione tra le due dosi oltre le 12 settimane previste;
  • non somministrare la seconda dose;
  • somministrare come richiamo una dose di vaccino a mRNA.

Difatti, ad oggi, i dati di esposizione e monitoraggio non sono ancora sufficienti a stabilire il rischio di comparsa di trombosi dopo la seconda dose e, nel caso, se sia minore o maggiore di quello stimato dopo la prima dose. Pertanto, le attuali raccomandazioni possono subire continui aggiornamenti.

 


Bibliografia

1. AIFA - Vaccino anti-COVID-19 di AstraZeneca: benefici e rischi nel contesto:

https://www.aifa.gov.it/-/vaccino-anti-covid-19-di-astrazeneca-benefici-e-rischi-nel-contesto

2. Allegato - EMA:

https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1289823/2021.04.23_com-EMA_COVID-19_AstraZeneca_IT.pdf

EMERGENZA COVID-19: Secondo report sul monitoraggio degli anticorpi monoclonali utilizzati durante la pandemia COVID-19

L’Agenzia Italiana del Farmaco ha reso disponibile sul proprio sito il report sul monitoraggio degli anticorpi monoclonali utilizzati durante la pandemia COVID-19 [1]. Gli anticorpi monoclonali sono stati autorizzati in Italia in via temporanea con Decreto del Ministro della salute 6 febbraio 2021 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 febbraio 2021, n. 32, per il trattamento della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) da lieve a moderata in pazienti adulti e pediatrici. Sono stati oggetto di autorizzazione temporanea l’anticorpo monoclonale bamlanivimab, da solo e in combinazione con etesevimab, prodotti dall’azienda farmaceutica Eli Lilly nonché l’associazione casirivimab-imdevimab dell’azienda farmaceutica Regeneron/Roche [2]. 

Casirivimab, imdevimab, bamlanivimab ed etesevimab sono utilizzati nel trattamento di pazienti affetti da COVID-19 che non richiedono supplementazione di ossigeno e che sono ad elevato rischio di progressione verso la forma severa di COVID-19. Tali farmaci sono progettati per legarsi alla proteina spike di SARS-CoV-2 in siti diversi, impedendo al virus di penetrare nelle cellule dell'organismo. Il loro utilizzo in associazione (casirivimab/imdevimab e bamlanivimab/etesevimab) è in grado di ridurre la carica virale rispetto all’uso in monoterapia, con conseguente diminuzione delle visite mediche e delle ospedalizzazioni correlate a COVID-19 [3].

Il monitoraggio è iniziato il 2 Aprile 2021 e il report viene aggiornato a cadenza settimanale. Ad oggi sono stati pubblicati due report, uno relativo alla settimana 02-08 Aprile 2021 e il secondo, pubblicato in data 16/04/2021, relativo alla settimana 9-15 Aprile 2021 ma che, oltre al numero di prescrizioni giornaliere di anticorpi monoclonali per principio attivo e per Regione per milione di abitanti registrato nella settimana di riferimento, fornisce anche i dati relativi al totale delle prescrizioni effettuate e dispensate dall’inizio del monitoraggio.

Nel monitoraggio sono state incluse 150 strutture prescriventi in 20 Regioni e Province autonome, per un totale di 2.140 pazienti [1]. Tra il 2 e il 15 aprile 2021, in Italia sono state effettuate e dispensate, in totale, 2006 prescrizioni di anticorpi monoclonali. Di queste, il 6,5% (n= 130) erano relative alla Regione Campania. In particolare, sul totale di 130 prescrizioni in Regione Campania, 90 erano relative a bamlanivimab (4,5%) e 40 alla combinazione bamlanivimab-etesevimab (2%) [1]. Nella settimana 9-15 aprile, in Italia sono state registrate 736 prescrizioni, il 13,8% in più rispetto alla settimana precedente. Di queste, il 6,7% erano relative alla Regione Campania, contro il 7,3% della settimana precedente, con una variazione percentuale del 4,3% [1].

I medicinali, la cui distribuzione è affidata al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, sono sottoposti a monitoraggio addizionale. Ciò permetterà la rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta [2].

 


Bibliografia

1. AIFA - Monitoraggio anticorpi monoclonali per COVID-19: pubblicato il secondo report. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1475526/report_n.2_monitoraggio_monoclonali_16.04.2021.pdf

2. AIFA- Uso degli anticorpi monoclonali per COVID-19. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/uso-degli-anticorpi-monoclonali

3. EMA procede alla revisione dei dati sull’uso degli anticorpi monoclonali contro COVID-19: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1289823/2021.02.04_com-EMA_revisione_dati_uso_anticorpi_monoclonali_COVID-19_IT.pdf

   

  

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