Farmacovigilanza

APPROFONDIMETNO EMERGENZA COVID-19: risultati preliminari su reattogenicità e immunogenicità dei vaccini a mRNA nelle donne in gravidanza

I dati relativi all’uso dei vaccini anti COVID-19 in donne in gravidanza sono limitati, considerato che questa popolazione non è inclusa negli studi pre-registrativi. Dati preclinici su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto e sviluppo post-natale. Come riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto, la loro somministrazione in gravidanza deve essere presa in considerazione solo se i potenziali benefici sono superiori ai potenziali rischi per la madre e per il feto. Tuttavia, le donne in gravidanza con COVID-19 sono a maggior rischio di malattia grave e decesso rispetto alle donne in età riproduttiva, oltre che a maggior rischio di esiti avversi della gravidanza, come parto pretermine, rispetto alle donne in gravidanza senza COVID-19 [1].

Lo scorso 21 Aprile 2021 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati preliminari di uno studio post-autorizzativo sulla sicurezza dei vaccini a mRNA nelle donne in gravidanza [2]. L’indagine è stata effettuata su oltre 35.000 di donne in gravidanza che hanno ricevuto uno dei due vaccini a RNA messaggero (mRNA), delle aziende titolari Pfizer/BioNtech e Moderna, tra il 14 dicembre 2020 e il 28 febbraio 2021. Sono stati utilizzati i dati provenienti da tre diversi database degli Stati Uniti: il sistema di sorveglianza “V-safe after vaccination health checker”, il registro delle gravidanze “V-safe” e il “Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS)”. I primi due rappresentano un sistema di sorveglianza attiva che prevede sondaggi online per verificare gli eventi manifestatisi dopo la somministrazione del vaccino e le informazioni sullo stato di salute durante un periodo di follow-up di 12 mesi a partire dall’ultima dose di vaccino COVID-19. Durante la prima settimana post vaccinazione, ai partecipanti viene richiesto di segnalare segni e sintomi locali e sistemici classificandoli come lievi, moderati o gravi. Sono state incluse le donne con almeno 18 anni di età che hanno ricevuto la vaccinazione durante la gravidanza o nel periodo che va da 30 giorni prima dell’ultima mestruazione fino a 14 giorni dopo. Il VAERS rappresenta invece un sistema nazionale di segnalazione spontanea istituito nel 1990 amministrato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e dalla FDA. Chiunque può segnalare un evento avverso insorto dopo la vaccinazione, comprese le complicazioni legate alla gravidanza che comportano ospedalizzazione e anomalie congenite.
Relativamente alla reattogenicità, le donne in gravidanza vaccinate hanno riferito più frequentemente dolore al sito d’iniezione, rispetto alle donne non in gravidanza, ma meno frequentemente sintomi quali mal di testa, brividi, dolore muscolare o febbre. Non sono state segnalate reazioni avverse più gravi rispetto alle donne non in gravidanza, ad eccezione di nausea e vomito ma solo dopo la seconda dose. Nel complesso, il profilo di sicurezza complessivo era simile tra i due gruppi.
Tra le 827 donne in gravidanza registrate in V-safe che avevano ricevuto il vaccino durante o immediatamente prima della gravidanza e che sono state contattate tramite sondaggio telefonico, sono state registrate 712 nascite con nati vivi, inclusi 12 parti gemellari, una nascita con nato morto, 104 aborti spontanei e 10 tra aborti indotti e gravidanze ectopiche. Il 98,3% delle 712 donne che hanno portato a termine la gravidanza con parti di nati vivi, avevano ricevuto la prima dose di vaccino durante il terzo trimestre. Gli esiti avversi neonatali includevano parto pretermine (9,4%), piccole dimensioni per l’età gestazionale (3,2%) e anomalie congenite maggiori (2,2%); non sono stati segnalati decessi neonatali.
Analizzando, inoltre, i dati provenienti dal VAERS, tra le 221 segnalazioni di eventi avversi comparsi dopo la vaccinazione anti-COVID-19 tra le gestanti, 155 (70%) includevano eventi non specifici della gravidanza e 66 (30%) eventi specifici della gravidanza o del neonato. L’evento segnalato più frequentemente è stato l’aborto spontaneo (46 casi), seguito da morte fetale, rottura prematura delle membrane e sanguinamento vaginale (3 casi per ciascun evento). La frequenza di esiti avversi in gravidanza e nel neonato comparsi nelle donne in gravidanza vaccinate è risultata simile a quella registrata nelle donne in gravidanza prima della pandemia da COVID-19, nonostante non ci sia stato un confronto diretto. Considerato che non sono emersi particolari segnali di sicurezza tra le donne in gravidanza che hanno ricevuto un vaccino a mRNA e tenuto conto dei rischi che il COVID-19 comporta in gravidanza (ad esempio parto pretermine), le autorità statunitensi hanno aggiornato le linee guida sui vaccini anti-COVID-19, raccomandandoli ufficialmente in gravidanza.

In aggiunta, in un recente studio pubblicato lo scorso 13 maggio 2021 su JAMA, è stata valutata l’immunogenicità dei vaccini anti-COVID-19 a mRNA in donne in gravidanza e in allattamento, anche contro le varianti emergenti di SARS-CoV-2, B.1.1.7 e B.1.351 [3]. In questa analisi esplorativa di coorte sono state incluse 103 donne di età compresa tra 18 e 45 anni che hanno ricevuto uno dei due vaccini a mRNA tra dicembre 2020 e marzo 2021; tra queste, 30 erano in gravidanza e 16 in allattamento. Per le analisi di confronto, sono state anche incluse donne che avevano sviluppato l’infezione conclamata. In termini di reattogenicità, è stata segnalata febbre dopo la seconda dose da 27 donne non in gravidanza (52%, SD; 7%), 4 in gravidanza (14%; SD, 6%) e 7 in allattamento (44%; SD, 12%); non sono invece stati osservati eventi avversi gravi né complicanze neonatali. 
In termini di immunogenicità, in tutte le donne vaccinate erano presenti risposte anticorpali leganti RBD, titoli di anticorpi neutralizzanti lo pseudovirus e anticorpi funzionali non neutralizzanti così come risposte dei linfociti T CD4 e CD8, tutti superiori ai titoli anticorpali rilevati prima della vaccinazione al basale. Sono stati osservati anche anticorpi di legame RBD-IgG e neutralizzanti nei campioni del cordone ombelicale e nel latte materno, il che suggerisce un efficiente trasferimento transplacentare degli anticorpi dalla madre al neonato. Coerentemente con studi precedenti, sono stati osservati titoli anticorpali neutralizzanti sierici contro la variante inglese B.1.1.7 3,5 volte più bassi rispetto al ceppo originale e 6 volte più bassi contro la variante sudafricana B.1.351.
Analogamente a studi condotti in precedenza, questi dati confermano che la ricezione di un vaccino a mRNA suscita risposte anticorpali più elevate rispetto all’infezione naturale, e che la vaccinazione materna può conferire protezione contro COVID-19 ai neonati che, ad oggi, non sono eleggibili per la vaccinazione. Tuttavia si tratta di uno studio effettuato su un campione molto piccolo e non a lungo termine per cui un futuro studio dovrebbe definire i tempi di vaccinazione che possano ottimizzare il trasferimento di anticorpi dal latte materno ai neonati.


Bibliografia

1. Linee guida sui vaccini in gravidanza. Fonte dati CDC. Disponibile al link: https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/vaccines/recommendations/pregnancy.html

2. Shimabukuro TT et al. Preliminary Findings of mRNA Covid-19 Vaccine Safety in Pregnant Persons. The New England Journal of Medicine. Disponibile al link: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2104983?query=featured_coronavirus

3. Collier AY et al. Immunogenicity of COVID-19 mRNA Vaccines in Pregnant and Lactating Women. JAMA. Published online May 13, 2021. Disponibile al link: https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2780202?guestAccessKey=b4651ec8-de09-4a8d-b94b-c49c940d39fd&utm_source=silverchair&utm_campaign=jama_network&utm_content=covid_weekly_highlights&utm_medium=email

EMERGENZA COVID-19: l’Istituto Superiore di Sanità pubblica il primo report sull’impatto nazionale della vaccinazione contro COVID-19 e il rischio di infezione da SARS-CoV-2

In data 15/05/2021, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato il primo report relativo all’impatto della vaccinazione contro la malattia da coronavirus (COronaVIrus Disease 2019 -COVID-19) sul rischio di insorgenza di infezione da SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome CoronaVirus - 2), successivo ricovero e decesso in Italia. Il report è stato redatto a cura del Gruppo di lavoro ISS e Ministero della Salute “Sorveglianza vaccini COVID-19” ed ha analizzato i dati a partire dall’inizio della vaccinazione (27/12/2020) fino al 03/05/2021. Il primo vaccino contro COVID-19, Comirnaty (prodotto da Pfizer-BioNtech), è stato autorizzato il 22/12/2020. Successivamente sono stati immessi in commercio altri tre vaccini: COVID-19 Vaccine Moderna, prodotto da Moderna, autorizzato il 07/01/2021; Vaxzevria, la cui casa produttrice è AstraZeneca, immesso al commercio in data 29/01/2021 e COVID-19 Vaccine Janssen, sviluppato da Johnson&Johnson, con data di autorizzazione 11/03/2021. Dal momento che i vaccini sono stati immessi in commercio in periodi molto diversi tra loro e somministrati a popolazioni con livello di rischio differente, per l’analisi non è stata effettuata una distinzione tra i vaccini.

Sono state raccolte, attraverso un record linkage tra il sistema di sorveglianza integrata COVID-19 coordinato dall’ISS e l’anagrafe nazionale vaccini del Ministero della Salute, tutte le informazioni di diagnosi di COVID-19 in tutti i soggetti a cui è stata somministrata almeno una dose di un vaccino contro COVID-19 tra quelli autorizzati. Nella popolazione in analisi, sono stati valutati il tasso di diagnosi di infezione, di ricovero e di decesso da SARS-CoV-2, la cui data di insorgenza era successiva alla vaccinazione e con tempo di insorgenza congruo.

In particolare, per il tasso di incidenza di infezione sono stati analizzati i dati di soggetti vaccinati con almeno una dose entro il 04/04/2021, tenendo conto che tutti i casi di COVID-19 si sono manifestati entro 14 giorni (di osservazione) dalla vaccinazione, in relazione al tempo di accertamento diagnostico, al tempo di incubazione della malattia e della notifica della diagnosi,quest’ultima possibile dopo altri 14 giorni dal periodo di osservazione. Tutti i soggetti vaccinati in cui lo sviluppo di COVID-19 non rientrava nella tempistica sono stati esclusi dall’analisi.

Per il tasso di incidenza dei ricoveri, sono stati analizzati i dati dei pazienti vaccinati con almeno una dose entro il 27/03/2021, considerando il tempo di osservazione minimo per la diagnosi clinica e la notifica, più 14 giorni successivi per eventuale peggioramento fino al ricovero.

Infine, relativamente al tasso di incidenza dei decessi, sono stati considerati tutti i soggetti che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino entro il 7/03/2021, tenendo conto del tempo necessario all’accertamento diagnostico, al peggioramento delle condizioni cliniche e alla notifica di decesso.

Le stime sono state calcolate periodicamente ad intervalli di 7 giorni dopo la prima dose, eccezion fatta per il primo intervallo a 14 giorni. Il primo intervallo a 14 giorni è stato considerato come valore di riferimento paragonabile ai non vaccinati, in quanto l’immunità indotta in questo lasso di tempo è talmente ridotta da essere trascurabile. I dati sono stati stratificati per periodo dalla somministrazione dalla prima dose (calendario di 15 giorni), categoria prioritaria di vaccinazione (operatori sanitari, personale scolastico, ospiti RSA, soggetti fragili e altre categorie prioritarie), fascia d’età (<40 anni, 40-59 anni, 60-79 anni e ≥80 anni), genere e regione di provenienza. Al fine di valutare la riduzione del rischio di diagnosi, ricovero e decesso sono state condotte analisi multivariate attraverso modelli di Poisson a diversi intervalli dalla vaccinazione. Sono stati, inoltre, considerati esclusivamente tutti i ricoveri e i decessi avvenuti entro 30 giorni dalla diagnosi di COVID-19, corrispondenti al 99% e 94% rispettivamente sul totale di quelli registrati nel sistema di sorveglianza integrata. Anche le analisi multivariate sono state stratificate secondo le categorie dell’analisi primaria e aggiustate in base alla settimana di somministrazione del vaccino, tenendo conto dell’ordine cronologico della vaccinazione correlato al livello del rischio e per incidenza settimanale della popolazione regionale.

Dal 27/12/2020 al 3/05/2021, sono stati registrati nell’anagrafe vaccinale 14.365.241 soggetti per un totale di 21.232.972 dosi somministrate. A causa della mancanza di dati (età, genere, dose) o in seguito a incoerenza tra le date di somministrazioni dei vaccini, lo 0,5% (N=76.573) della popolazione è stata esclusa dall’analisi. Inoltre, successivamente al record linkage con la sorveglianza integrata COVID-19, il 4% dei soggetti (N=567.162) è stato escluso dall’analisi in quanto la diagnosi della malattia era precedente alla vaccinazione. Dei 13.721.506 soggetti rimanenti, il 61% (N=8.389.595) ha ricevuto almeno una dose di Comirnaty, il 31% (N=4.234.983) Vaxzevria, il 7% (N=1.021.134) il vaccino Moderna e l’1% (N=75.794) il vaccino Janssen in unica dose. Prima del 4/04/2021, 7.370.008 soggetti hanno ricevuto almeno una dose del vaccino (Comirnaty: 65%, N=4.777.600; Vaxzevria: 29%, N=2.117.225; vaccino Moderna: 6%, N=475.045). Inoltre, il 97% dei soggetti trattati con Comirnaty e il 91% con Moderna ha completato il ciclo vaccinale e il 92,7% degli stessi è stata aderente alla schedula vaccinale (seconda dose tra 21 e 25 giorni per Comirnaty e tra 28 e 30 per Moderna). L’andamento per età ricalca le disposizioni del Piano Strategico Vaccinale, con un aumento dei soggetti nella fascia d’età 60-79 anni nell’ultimo periodo dell’analisi rispetto all’inizio.

Per tutti i periodi considerati, tenendo conto della circolazione del virus e delle differenze nella popolazione in esame, è stata osservata una rapida riduzione dell’incidenza della diagnosi di infezione a partire dai 14 giorni successivi alla prima dose. Inoltre, il tasso di incidenza è diminuito con l’aumentare del tempo dalla somministrazione della prima dose e con il progredire dei periodi di vaccinazione. Tale diminuzione potrebbe in parte essere giustificata dalle differenti categorie prioritarie e dal passaggio da un gruppo a maggiore esposizione gli operatori sanitari a uno a minore esposizione. Nei primi 14 giorni successivi alla vaccinazione, l’incidenza della diagnosi di COVID-19 è risultata pari a 2,90 per 10.000 giorni/persona e si è ridotta a 1,33 a partire da 15 giorni dopo la prima dose. Risultati simili sono stati evidenziati dopo la stratificazione ed è diventata ancora più marcata tenendo conto della gravità nei 30 giorni successivi alla diagnosi. Anche i tassi di ricovero e decesso si sono ridotti, passando da 0,44 a 0,18 per 10.000 giorni persona per ricoveri e da 0,18 a 0,04 per 10.000 giorni persona per i decessi. L’età mediana della popolazione in studio era di 57 anni (range interquartile, IQR 44-81) nei soggetti con una diagnosi, di 84 anni (IQR 79-88) nei pazienti con un ricovero successivo alla diagnosi e di 87 anni (IQR 83-91) nelle persone decedute. Non sono state evidenziate differenze significative tra uomini e donne [1].


Riferimento sitografico

1. Istituto Superiore di Sanita – EpiCentro. Impatto della vaccinazione COVID-19 sul rischio di infezione da SARS-CoV-2 e successivo ricovero e decesso in Italia. Documento completo disponibile al link: https://www.epicentro.iss.it/vaccini/covid-19-report-valutazione-vaccinazione

EMERGENZA COVID: FDA autorizza il vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 per uso di emergenza negli adolescenti

In data 10/05/2021, la Food and Drug Administration (FDA) ha esteso l’autorizzazione per uso di emergenza (Emergency Use Authorization-EUA) del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19, nella prevenzione della malattia da nuovo coronavirus anche agli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 15 anni [1]

Il vaccino era stato autorizzato l’11 dicembre 2020 per la popolazione dai 16 anni di età e la FDA ha concesso temporaneamente tale estensione d’uso, visto lo stato d’emergenza, finché sussistono le circostanze che giustifichino tale autorizzazione, così come tutte quelle ad uso di emergenza di vaccini, farmaci e farmaci biologici, per la prevenzione e il trattamento di COVID-19. Nel momento in cui l’EUA non soddisferà le disposizioni di legge, i criteri per il rilascio o per la tutela la salute o la sicurezza pubblica, l'EUA potrà essere rivista o revocata.

Sebbene i bambini e gli adolescenti abbiano generalmente un decorso della malattia COVID-19 più lieve rispetto agli adulti, questo non è indice di un’ipotetica diminuzione del contagio. Difatti, i casi pediatrici di COVID-19, segnalati al Centers for Disease Control and Prevention (CDC) dal 1° marzo 2020 al 30 aprile 2021, sono circa 1,5 milioni. Pertanto, risulta evidente la necessità di ampliare l’autorizzazione per uso di emergenza del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 anche in questi soggetti. Nei giovani di età compresa tra i 12 e i 15 anni, il vaccino sarà somministrato in due dosi, a tre settimane di distanza, come previsto per i soggetti di età superiore i 16 anni.

La decisione di FDA è stata presa sulla base dei dati di uno studio clinico randomizzato e controllato con placebo, di fase 3, su efficacia e sicurezza del vaccino condotto negli Stati Uniti su 2.260 partecipanti di età compresa tra 12 e 15 anni. Di questi, 1.131 partecipanti adolescenti hanno ricevuto il vaccino e 1.129 hanno ricevuto un placebo salino. Più della metà dei partecipanti è stata monitorata per almeno due mesi dopo la seconda dose.

Relativamente alla tollerabilità, gli effetti indesiderati più comuni, come stanchezza, mal di testa, brividi, dolori muscolari/articolari e febbre, si sono manifestati maggiormente in seguito alla seconda dose, ad eccezione del dolore nel sito di iniezione che si è presentato anche nella prima dose. Tali effetti indesiderati si sono manifestati entro i tre giorni dalla somministrazione e sono in linea con quelli riportati nei partecipanti alla sperimentazione clinica di età pari o superiore a 16 anni. Tuttavia, considerato che dall’autorizzazione per uso di emergenza del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 sono state segnalate rare reazioni allergiche gravi, inclusa anafilassi, è importante sottolineare che tale vaccino non dovrà essere somministrato a persone con storia confermata di una grave reazione allergica/anafilassi, a qualsiasi componente del vaccino.

Relativamente ai dati di immunogenicità, dal confronto tra i partecipanti di età 12-15 anni e quelli di età 16-25 anni, è emerso che la risposta immunitaria degli adolescenti più piccoli era “non inferiore” o “almeno pari a” alla risposta immunitaria di quelli più grandi. È stata condotta anche un’analisi dei casi di COVID-19 che si sono verificati tra i partecipanti dai 12 ai 15 anni di età, sette giorni dopo la seconda dose, ed è emerso che nessun caso si è verificato tra coloro che hanno ricevuto il vaccino. Pertanto, il vaccino è risultato efficace al 100% nella prevenzione del COVID-19.

Al momento non sono disponibili dati sufficienti per determinare per quanto tempo il vaccino fornirà protezione e per stabilire se il vaccino può impedire la trasmissione del virus da persona a persona. La FDA ha stabilito, pertanto, che i benefici del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 superano i rischi negli individui di età pari o superiore a 12 anni ed ha inoltre aggiornato con tali informazioni le schede informative per gli operatori sanitari e per i pazienti.

Il piano di minimizzazione del rischio presentato da Pfizer è stato aggiornato includendo anche le analisi della popolazione adolescente e un monitoraggio sulla sicurezza a lungo termine per i partecipanti arruolati negli studi clinici in corso, nonché altre attività volte a monitorare la sicurezza del vaccino e garantire che eventuali problemi di sicurezza siano identificati e valutati in modo tempestivo.

Come sottolineato dal Commissario FDA ad interim, Janet Woodcock, l’estensione dell’indicazione anche agli adolescenti tra 12 e 15 anni rappresenta un passo significativo nella lotta contro la pandemia COVID-19 [1]. Intanto, l’azienda ha annunciato che è in corso uno studio globale di fase 1/2/3 per la valutazione della sicurezza, tollerabilità e immunogenicità del vaccino nei bambini dai 6 mesi agli 11 anni di età. La popolazione è stata suddivisa in sottogruppi di età (6-23 mesi, 2-5 anni e 5-11 anni) e la coorte più grande è già stata sottoposta alla prima dose della vaccinazione [2].


Riferimenti sitografici

1. Food and Drug Administration. Coronavirus (COVID-19) Update: FDA Authorizes Pfizer-BioNTech COVID-19 Vaccine for Emergency Use in Adolescents in Another Important Action in Fight Against Pandemic. Disponibile al link: https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/coronavirus-covid-19-update-fda-authorizes-pfizer-biontech-covid-19-vaccine-emergency-use#:~:text=%E2%80%9CThe%20FDA's%20expansion%20of%20the,FDA%20Commissioner%20Janet%20Woodcock%2C%20M.D.

2. Pfizer-Biontech annuncia i migliori risultati positivi dello studio cardine sul vaccino covid-19 negli adolescenti. Disponibile al link: https://www.pfizer.com/news/press-release/press-release-detail/pfizer-biontech-announce-positive-topline-results-pivotal

APPROFONDIMENTO VACCINI COVID-19: produzione di anticorpi antiPF4 dopo la vaccinazione con Vaxzevria

Grazie alle ingenti risorse investite nella ricerca, alle pregresse conoscenze scientifiche e a strumenti regolatori quali la rolling review e l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata, è stato possibile sviluppare e produrre entro un anno dall’inizio della pandemia COVID-19 diversi vaccini [1]. Come accade per tutte le specialità medicinali di nuova approvazione, l’immissione in commercio e la distribuzione su larga scala permette di identificare nuovi segnali di sicurezza, sfuggiti durante le fasi di studio pre-autorizzative che, seppur fondamentali per l’identificazione del profilo di efficacia e sicurezza, hanno il limite intrinseco di non riuscire ad identificare le reazioni avverse rare in quanto poco frequenti. Pertanto, il monitoraggio post-marketing e l’identificazione di eventuali segnali di sicurezza rappresenta un punto cruciale per documentare il reale profillo rischio/beneficio nella normale pratica clinica [2]. Tali attività sono ancora più indispensabili per i vaccini antiCOVID-19, autorizzati rapidamente in un contesto di emergenza sanitaria.

In seguito alla immissione in commercio del vaccino ChAdOx1 nCoV-19, prodotto da AstraZeneca, con il nome commerciale Vaxzevria, è stata evidenziata, come possibile segnale di sicurezza, l’insorgenza di eventi tromboembolici, come la trombosi venosa cerebrale e la trombocitopenia, con peculiare decorso clinico [3,4], simile a quello della trombocitopenia indotta da eparina (Heparine Induced Thrombocytopenia – HIT)[5]. Le varie agenzie regolatorie, compresa l’Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency - EMA), hanno pertanto avviato revisioni approfondite sul rischio tromboembolico venoso da vaccini contro COVID-19, concludendo che non vi è un rischio maggiore di rischio maggiore rispetto alla popolazione generale e sottolineando che il rapporto rischio/beneficio è estremamente favorevole. Sebbene non sia stata confermata un’associazione causale tra vaccinazione e reazione avversa, l’insorgenza di trombosi associata a trombitopenia è stata riconosciuta dalle istituzioni come una possibile rara complicazione associata a vaccino [6].

Recentemente, sul The New England Journal of Medicine, è stato pubblicato uno studio condotto al fine di identificare il meccanismo biologico con il quale il vaccino anti-COVID-19 potrebbe indurre tali eventi trombotici. Sono stati esaminati i dati di 23 pazienti, prevalentemente donne, con età media di 46 anni, in salute e senza storia clinica rilevante associabile all’insorgenza di trombosi, ad eccezione di un paziente con storia di trombosi venosa profonda e una paziente in trattamento con la pillola anticoncezionale. I dati ematologici della popolazione in studio evidenziavano eventi trombotici (principalmente trombosi venosa cerebrale, trombosi arteriosa, tromboembolia polmonare) e/o trombocitopenia, temporalmente associati alla vaccinazione con Vaxzevria, eseguita tra i 6 a i 24 giorni prima, in media in un periodo di 12 giorni, durante il quale alcuni di loro hanno sviluppato lievi petecchie e lividi. In alcuni pazienti con trombosi venosa cerebrale è stata osservata emorragia cerebrale secondaria. Dei 23 pazienti, uno presentava trombocitopenia e 22 trombosi così differenziate: 13 con caratteristiche cliniche compatibili con la trombosi venosa cerebrale, 4 embolia polmonare, 1 presentava trombosi venosa profonda e emorragia surrenale bilaterale, 2 avevano un ictus ischemico che interessava il territorio dell'arteria cerebrale media e 2 avevano una trombosi della vena porta. Inoltre, altri eventi tromboembolici si sono verificati in pazienti trattati successivamente con eparina o trasfusioni di piastrine. In totale, il 30% dei pazienti (n=7) hanno avuto un esito fatale. La valutazione clinica del decesso disponibile per un paziente ha evidenziato trombosi dei piccoli vasi, in particolare a livello intestinale, polmonare, cerebrale e dei seni venosi, attestanti una estesa emorragia intracerebrale.

Vista la similitudine del decorso clinico tra la HIT e gli eventi tromboembolici post-vaccinazione, nei pazienti è stata valutata la presenza di anticorpi rivolti contro il fattore piastrinico 4 (antiPF4) tramite saggi di immunoassorbimento enzimatico (ELISA) e/o test funzionale HIT. Inoltre, in tutti i pazienti è stata valutata la presenza di anticorpi contro diversi antigeni di SARS-CoV-2, in modo tale da verificare l’efficacia del vaccino e l’assenza di infezione. Tutti i pazienti, risultati negativi all’infezione da SARS-CoV-2 e con presenza di anticorpi anti-proteina Spike compatibili con la somministrazione della prima dose del vaccino, presentavano alterazioni dei fattori di coagulazione e, in particolare, elevati livelli di d-dimero. Inoltre, tutti i pazienti presentavano all’ELISA e/o al test funzionale HIT anticorpi antiPF4, in assenza di somministrazione di eparina.

Lo studio ha evidenziato pertanto l’effettiva presenza di anticorpi anti-PF4 in pazienti sottoposti a vaccinazione con Vaxzevria, che potrebbe essere alla base della trombosi associata a trombocitopenia con sindrome clinicamente simile alla HIT dei pazienti esposti ad eparina. Tale meccanismo d’azione potrebbe essere, pertanto, alla base della complicazione evidenziata in fase post-marketing. Se ciò fosse confermato, la progressione e l’esito fatale della trombosi associata a trombocitopenia potrebbe contenuto attraverso specifici interventi terapeutici mirati.

In ogni caso, come sottolineato dalle Agenzie regolatorie, il rischio di trombocitopenia e di tromboembolia venosa dopo la vaccinazione contro SARS-CoV-2 non sembra essere superiore ai rischi di malattia grave COVID nella popolazione generale, un dato coerente con la natura rara e sporadica di questa sindrome. COVID-19 è un serio rischio per la salute pubblica globale e la vaccinazione rimane un’arma fondamentale e necessaria per la battaglia alla pandemia [5].


Riferimenti bibliografici:

1. Commissione Europea. Vaccini anti COVID-19: come sono messi a punto, autorizzati e immessi sul mercato. 2020 Dec. Disponibile al link: https://op.europa.eu/webpub/com/factsheets/how-are-vaccines-developed/it/

2. Capuano A, Clementi E, Tarozzi A In F. Rossi, V. Cuomo E C. Riccardi, Farmacologia. Principi base e applicazioni terapeutiche. Edizioni Minerva Medica, Torino 2020, pp 1201-1205

3. Weisser K, Kyrle PA, Eichinger S. Thrombotic thrombocytopenia after ChAdOx1 nCov-19 vaccination. N Engl J Med.

4. Schultz NH, Sørvoll IH, Michelsen AE. Thrombosis and thrombocytopenia after ChAdOx1 nCoV-19 vaccination. N Engl J Med.

5. Scully M, Singh D, Lown R, Poles A, Solomon T, Levi M, Goldblatt D, Kotoucek P, Thomas W, Lester W. Pathologic Antibodies to Platelet Factor 4 after ChAdOx1 nCoV-19 Vaccination. N Engl J Med. 2021 Apr 16.

6. European Medicines Agency. AstraZeneca’s COVID-19 vaccine: EMA finds possible link to very rare cases of unusual blood clots with low blood platelets. Disponibile al link: https://www.ema.europa.eu/en/news/astrazenecas-covid-19-vaccine-ema-finds-possible-link-very-rare-cases-unusual-blood-clots-low-blood


EMERGENZA COVID-19: AIFA pubblica il quarto report sulla sorveglianza dei vaccini COVID-19

L’Agenzia Italiana del Farmaco, nell’ambito dell’emergenza sanitaria da malattia da nuovo coronavirus (COronaVIrus Disease 2019 - COVID-19), pubblica con cadenza mensile dei report sulle attività di vaccinovigilanza relativi ai vaccini anti-COVID-19 autorizzati. Ad oggi, AIFA ha reso disponibili quattro report, l’ultimo dei quali riporta i dati di farmacovigilanza dal 27/12/2020 al 26/04/2021 [1] relativi ai vaccini Comirnaty, prodotto da Pfizer/BioNTech, Vaxzevria, commercializzato da AstraZeneca, Vaccino Moderna, prodotto da Moderna e Vaccino Janssen, prodotto dalla Johnson&Johnson.
Nel periodo di analisi, sono state riportate nel database italiano di farmacovigilanza (Rete Nazionale di Farmacovigilanza - RNF) 56.110 segnalazioni di reazioni avverse a vaccino anti-COVID-19 (n=42.171, 75% Comirnaty; n=12.276, 22% Vaxzevria; n=1.649, 3% Vaccino Moderna; vaccino a mRNA con brand non specificato=14) su un totale di 18.148.394 dosi somministrate (70,9% Comirnaty, 22% Vaxzevria, 7% Vaccino Moderna e 0,1% Vaccino Janssen). Nessuna segnalazione è stata riferita nel periodo in oggetto al Vaccino Janssen. Indipendentemente dal tipo di vaccino e dalla dose somministrata, sono state inserite 309 segnalazioni ogni 100.000 vaccini effettuati (tasso di segnalazione per tipo vaccino per 100000 dosi: 328 per Comirnaty, 309 per Vaxzevria e 129 per Vaccino Moderna).
Nonostante l’aumento del numero di dosi somministrate, non è stato rilevato un incremento nel numero delle segnalazioni, a differenza di quanto accaduto nei primi due mesi. L’effetto “plateau” evidenziato ha diverse cause. Innanzitutto, alcune segnalazioni sono state inserite con ritardo rispetto alla data di insorgenza o alla somministrazione del vaccino, come ad esempio nel caso di eventi insorti dopo la prima dose segnalati in occasione del richiamo. Inoltre, è stata evidenziata una riduzione della segnalazione degli eventi noti e frequenti, probabilmente in relazione con la migliore conoscenza del profilo di sicurezza dei vaccini. Infine, a differenza delle fasi iniziali in cui la maggior parte della popolazione dei vaccinati era costituita da operatori sanitari, maggiormente predisposti alla segnalazione, in questa fase è prevista la vaccinazione principalmente di cittadini meno avvezzi alla segnalazione di eventi avversi attraverso i canali disponibili.
Nel periodo in esame, le segnalazioni in oggetto erano riferite prevalentemente al genere femminile (75%, tasso di segnalazione 404/100.000 dosi somministrate) rispetto al maschile (24%, tasso di segnalazione 176/100.000), mentre nell’1% dei casi il genere non era riportato nelle schede di segnalazione. Il genere femminile è maggiormente esposto alla vaccinazione rispetto al maschile (57% delle dosi somministrate vs 43%), ma tale differenza non è così elevata da giustificare una netta prevalenza delle donne nello sviluppo di reazioni avverse. Pertanto, la differenza di genere dovrebbe essere approfondita tenendo conto di fattori psicosociali, come la predisposizione alla segnalazione, e biologici dei due generi. La differenza di genere è rimasta, inoltre, costante a prescindere dalla fascia d’età. L’età media dei pazienti era di 47 anni, mentre il tasso di segnalazione è risultato sostanzialmente costante fino a 60 anni per poi diminuire drasticamente con l’avanzare dell’età, in linea anche con quanto evidenziato negli studi pre-autorizzativi. Sono state riportate 8 segnalazioni riferite a lattanti con età compresa tra i 20 giorni e 18 mesi, in seguito a vaccinazione della madre. Circa 81% delle segnalazioni proveniva da un operatore sanitario (42,8% medico, 20% farmacista, 18,6% altro operatore sanitario) o il vaccinato stesso (18,1%). La maggior parte degli eventi segnalati (51,2%, n=28.715 segnalazioni) si è manifestata lo stesso giorno della vaccinazione, mentre si evidenzia una riduzione del numero di segnalazioni con l’avanzare dei giorni dalla vaccinazione.
Nello specifico degli eventi segnalati, il 91% degli stessi era di tipo non grave, corrispondente a un tasso di segnalazione di 282/100.000 dosi somministrate, mentre l’8,6% delle segnalazioni riportava eventi gravi (tasso di segnalazione 27/100.000), principalmente con criterio di gravità “Grave – altra condizione clinicamente rilevante” (6%), seguito da “Grave – ospedalizzazione o prolungamento dell’ospedalizzazione” (1,82%), “Grave – pericolo di vita” (0,4%), “Grave – decesso” (0,38%) e “Grave – invalidità” (0,23%). Per il 71% delle segnalazioni gravi era disponibile il risultato nesso casualità, valutato in base alle informazioni disponibili tramite l’applicazione dell’algoritmo redatto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization - WHO). Nello specifico, il 41% delle segnalazioni gravi valutate è risultata correlabile alla vaccinazione. Inoltre, l’esito delle reazioni avverse prevalentemente riportato è stato la risoluzione completa o il miglioramento delle stesse (complessivamente 85% delle segnalazioni).
Relativamente al tipo di evento, nel report è riportata una distribuzione delle reazioni avverse raggruppate in base alla Classificazione per Organi e Sistemi (System Organ Class-SOC), che permette di classificare un determinato evento in base al tipo di sistema o organo in cui lo stesso si manifesta, specifica per ogni tipo di vaccino. Nel periodo d’esame, per quanto riguarda il vaccino Comirnaty, il 75% dei casi segnalati ha manifestato eventi appartenenti alla SOC “Patologie generali e condizioni relative alla sede di iniezione”, in particolare febbre, dolore in sede di iniezione, stanchezza e malessere e il 41% disturbi compresi nella SOC “Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo”, quali dolori muscolari e articolari. Solo il 7% delle segnalazioni relative a Comirnaty è risultata grave. La distribuzione degli eventi per SOC è leggermente differente per Vaccino Moderna e Vaxzevria. Infatti, sebbene la maggior parte degli eventi appartenga sempre alla SOC “Patologie generali e condizioni relative alla sede di iniezione” (rispettivamente 74% per Vaccino Moderna e 81% per Vaxzevria), per entrambi i vaccini seguono gli eventi dell’area delle “Patologie del sistema nervoso” (29% e 53% rispettivamente), quali cefalea, parestesie e capogiro tra i più frequentemente riportati. Come per Comirnaty, anche per Vaccino Moderna e Vaxzevria la maggior parte degli eventi era di tipo non grave.

Infine, sono stati riportati nel periodo d’analisi 223 casi con esito fatale, per un tasso di segnalazione pari a 1,23/100.000 dosi per tutti i vaccini, relative principalmente a soggetti di genere femminile (55,6%; genere maschile: 43,4%; non riportato: 0,89%) e con un’età media di 79,1±15,9 anni. La maggior parte delle segnalazioni (n=150, tasso per 100.000 dosi: 1,17) era riferita a Comirnaty, seguito da Vaccino Moderna (n=39, 3,05) e Vaxzevria (34, 0,85). Il tasso di segnalazione decisamente più alto con il Vaccino Moderna rispetto alle altre specialità medicinali è probabilmente correlato alla popolazione a cui tale vaccino è prevalentemente somministrato, rappresentata da soggetti anziani o molto fragili e con maggiore probabilità di eventi fatali contemporanei. La maggior parte dei decessi è avvenuta dopo la prima dose (n=142) e da due ore fino a 28 giorni dopo la vaccinazione. Inoltre, 191 casi sono relativi a pazienti con fragilità cliniche (politerapia e presenza di patologie pregresse di tipo cardiovascolare, metabolico, oncologico, autoimmune, respiratorie, renale, epatico, pancreatico o del sistema linfopoietico). Tali condizioni hanno permesso di escludere la correlazione con il vaccino nella maggior parte dei casi. Infatti, solo 3 (2%) casi di decesso su 131 valutati attraverso l’algoritmo WHO sono risultati correlabili, di cui 2 relativi a trombosi associata a trombocitopenia dopo su Vaxzevria.

Il report AIFA dedica, infine, un paragrafo specifico agli eventi tromboembolici da Vaxzevria. Nel periodo di studio sono stati riportati in RNF 29 casi di trombosi intracraniche, caratterizzata da sintomi come cefalea persistente e diffusa e malessere generale e 5 casi di trombosi venosa in sede atipica, ad interessamento esclusivo delle strutture venose addominali, dopo la prima dose di Vaxzevria. Gli eventi, segnalati principalmente nelle donne (età media 48 anni), sono insorti circa 8 giorni dopo la vaccinazione e nel 53% dei casi erano associati a trombocitopenia. La maggior parte dei casi è migliorata e si è risolta spontaneamente (n=10, 30%), mentre nel 23% delle segnalazioni il paziente non era ancora guarito al momento della segnalazione [2].

 


Riferimenti sitografici

1. Agenzia Italiana del Farmaco. Farmacovigilanza su vaccini COVID-19. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/farmacovigilanza-vaccini-covid-19

2. Agenzia Italiana del Farmaco. Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19 - Rapporto numero 4 - Periodo dal 27/12/2020 al 26/04/2021. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_4.pdf

   

  

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