Farmacovigilanza

EMERGENZA COVID-19: Comirnaty e Spikevax e rari casi di miocardite e pericardite

Lo scorso Aprile il Comitato per la Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha iniziato la revisione dei casi di miocardite e pericardite messi in evidenza dopo la vaccinazione con Comirnaty, dapprima, in Israele e, successivamente, in Europa.

Secondo uno studio israeliano, i casi di miocardite segnalati tra dicembre 2020 e maggio 2021 sono stati 275, su oltre 5 milioni di persone vaccinate. La maggior parte dei pazienti che hanno riscontrato un’infiammazione cardiaca (giovani adulti di sesso maschile) ha trascorso non oltre quattro giorni in ospedale e il 95% dei casi è stato classificato come lieve.

Il PRAC ha, dunque, condotto ulteriori analisi per concludere se esista una relazione causale con i vaccini a mRNA (Comirnaty e Spikevax), richiedendo dati aggiuntivi alle aziende che li commercializzano (Pfizer e Moderna) [1].

In data 9 luglio è stata pubblicata la conclusione della revisione: miocardite e pericardite possono verificarsi in casi molto rari a seguito della vaccinazione con i vaccini COVID-19 Comirnaty e Spikevax [2].

La valutazione ha incluso una revisione approfondita di 145 casi di miocardite e 138 di pericardite segnalati nello spazio economico europeo (EEA) tra le persone che hanno ricevuto Comirnaty e 19 casi di miocardite e altrettanti di pericardite tra quelli che hanno ricevuto Spikevax. Inoltre, il PRAC ha esaminato i casi segnalati in tutto il mondo. Questi eventi si sono manifestati principalmente entro 14 giorni dalla vaccinazione, più spesso dopo la seconda dose e nei giovani adulti di sesso maschile. Il decorso della miocardite e della pericardite da vaccino è simile al decorso tipico di queste condizioni che generalmente si risolvono con il riposo o terapia. Tali eventi hanno comportato il decesso in 5 pazienti, tutti di età avanzata e che soffrivano di altre patologie concomitanti.

Gli operatori sanitari devono prestare attenzione ai segni e ai sintomi di miocardite e pericardite e consultare le linee guida o un cardiologo per la diagnosi e il trattamento di queste condizioni. Inoltre, sono tenuti ad informare chi riceve uno dei due vaccini di rivolgersi immediatamente al medico se si verificano sintomi indicativi quali respiro affannoso, battito cardiaco accelerato o irregolare, e dolore toracico.

Il Comitato raccomanda, pertanto, di inserire la miocardite e la pericardite come nuovi effetti indesiderati nelle Informazioni sul Prodotto, insieme a un’avvertenza per sensibilizzare gli operatori sanitari e le persone che assumono questi vaccini.

Per quanto riguarda gli altri due vaccini COVID-19 autorizzati nell’EEA, COVID-19 Vaccine Janssen e Vaxzevria, alla luce dei dati attualinon è possibile stabilire alcuna relazione causale con tra miocardite o pericardite, ma il PRAC ha richiesto ulteriori dati alle società che commercializzano questi vaccini.

L’EMA conferma che i benefici di tutti i vaccini COVID-19 autorizzati continuano a superare i rischi, tenuto conto del rischio di malattia COVID-19 e delle sue complicanze correlate, e assicura il costante monitoraggio della loro sicurezza ed efficacia. Le evidenze scientifiche disponibili dimostrano che tali vaccini riducono i decessi e i ricoveri ospedalieri dovuti a COVID-19.


 

Bibliografia

1. EMERGENZA COVID-19: news di aggiornamento dal PRAC su vaccini e terapie. Disponibile al link: http://www.farmacovigilanza.unina2.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1156:emergenza-covid-19-news-di-aggiornamento-dal-prac-su-vaccini-e-terapie&catid=72&Itemid=485&lang=it

2. Comirnaty e Spikevax: possibile collegamento a casi molto rari di miocardite e pericardite. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1289823/2021.07.09_com-EMA_Comirnaty_Spikevax_IT.pdf

NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE: aumento del rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori e neoplasie maligne con XELJANZ® (tofacitinib) rispetto agli inibitori del TNF-alfa

In data 06/07/2021, l’azienda Pfizer Europe MA EEIG, in accordo con l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato una Nota Informativa Importante sul rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori e neoplasie maligne associati all’uso di Xeljanz® (tofacitinib) [1].

Tofacitinib è un immunosoppressore reversibile, competitivo, che si lega al sito di legame dell’adenosina trifosfato (ATP) nella fessura catalitica del dominio delle JAK (Janus Chinasi). Come risultato del legame con il sito dell’ATP, tofacitinib inibisce la fosforilazione e, di conseguenza, l’attivazione delle JAK, prevenendo così la fosforilazione e l’attivazione delle STATs (signal transducer and activator of transcription) e quindi l’attivazione della trascrizione genica. Ciò comporta una diminuzione della produzione di citochine e modulazione della risposta immunitaria [2].

Nel mese di marzo 2021, i risultati preliminari dello studio clinico ORAL surveillance (A3921133) randomizzato, con controllo attivo, hanno evidenziato un maggior rischio di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE–Major Adverse Cardiovascular Events) e neoplasie maligne (escluso il cancro della pelle non melanoma NMSC–Non Melanoma Skin Cancer) [3]. Ad oggi, a seguito della conclusione della revisione dei dati da parte dell’EMA, è stata osservata una maggiore incidenza di infarto miocardico non fatale e di tumori maligni escluso NMSC, in particolare cancro del polmone e linfoma.

Lo studio A3921133 è stato condotto allo scopo di valutare la sicurezza in fase post-autorizzazione di tofacitinib rispetto ad un inibitore del fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa) in soggetti con artrite reumatoide (AR) di età pari o superiore a 50 anni e con almeno un fattore di rischio cardiovascolare (status di fumatore, ipertensione, diabete mellito, storia di malattia coronarica, artrite reumatoide extra-articolare). I pazienti sono stati randomizzati ad assumere tofacitinib in due dosi (5 mg due volte al giorno e 10 mg due volte al giorno) o un inibitore del TNF-alfa (etanercept 50 mg una volta a settimana o adalimumab 40 mg a settimane alterne) in un rapporto 1:1:1. I risultati dello studio, basato sugli eventi insorti in almeno 1500 pazienti seguiti per 3 anni, hanno evidenziato, rispetto agli inibitori del TNF-alfa, un aumento del rischio di MACE [Hazard Ratio (HR): 1,24 (0,81-1,91) per tofacitinib 5 mg e HR: 1,43 (0,94-2,18) per tofacitinib 10 mg], di infarto miocardico non fatale [HR: 2,32 (1,02-5,30) per tofacitinib 5 mg e HR: 2,08 (0,89-4,86) per tofacitinib 10 mg], di tumori maligni escluso NMSC [HR: 1,47 (1,00-2,18) per tofacitinib 5 mg e HR: 1,48 (1,00-2,19) per tofacitinib 10 mg], di cancro del polmone [HR: 1,84 (0,74-4,62) per tofacitinib 5 mg e HR: 2,50 (1,04-6,02) per tofacitinib 10 mg] e di linfoma [HR: 3,99 (0,45-35,70) per tofacitinib 5 mg e HR: 6,24 (0,75-51,86) per tofacitinib 10 mg] [4]. Alla luce di quanto descritto, è emerso che tali rischi sono associati ad entrambi i regimi di dosaggio approvati.

Pertanto, in pazienti di età superiore a 65 anni, in pazienti fumatori o ex fumatori, pazienti con altri fattori di rischio cardiovascolare e pazienti con altri fattori di rischio di malignità tofacitinib deve essere usato solo se non sono disponibili alternative terapeutiche adeguate.

L’azienda titolare informa che verranno aggiornate le informazioni sul prodotto Xeljanz® e il materiale educazionale per i pazienti e gli operatori sanitari, ai quali si ricorda che il medicinale è sottoposto a monitoraggio addizionale.

Il riassunto delle caratteristiche del prodotto e il foglio illustrativo di Xeljanz® sono disponibili sul sito EMA all’indirizzohttps://www.ema.europa.eu/en/documents/product-information/xeljanz-epar-product-information_it.pdf e sul sito AIFA all’indirizzohttps://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_004849_045320_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3.


Bibliografia

1. AIFA–Nota Informativa Importante su XELJANZ® (tofacitinib). Disponibile al link:https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1313724/2021.07.06_NII_XELJANZ-TOFACITINIB_IT.pdf

2. Hodge JA, Kawabata TT, Krishnaswami S, Clark JD et al. The mechanism of action of tofacitinib - an oral Janus kinase inhibitor for the treatment of rheumatoid arthritis. Clin Exp Rheumatol. 2016 Mar-Apr;34(2):318-28. Epub 2016 Mar 10.

3. AIFA–Nota Informativa Importante su Xeljanz® (tofacitinib). Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1313724/2021.03.24_NII_Xeljanz_IT.pdf

4. Clinical trials-NCT02092467. Disponibile al link: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02092467?term=A3921133&draw=2&rank=1

COMUNICATO EMA: revisione dell’utilizzo di etifoxina nel disturbo dell’adattamento con ansia

In data 25/06/2021, il Comitato per i Medicinali per uso Umano (CHMP) dell’EMA ha avviato la revisione di Stresam® (etifoxina).

Etifoxina è un ansiolitico non benzodiazepinico con effetto anticonvulsivante, sviluppato negli anni '60 per i disturbi d’ansia ed autorizzato in Francia, Malta, Bulgaria e Romania.L’etifoxina produce effetti ansiolitici legando la subunità α2 e le subunità β2 o β3 del recettore GABAA. Inoltre, l’etifoxina lega la proteina traslocatrice da 18 kDa (TSPO) della membrana mitocondriale esterna nel sistema nervoso centrale e periferico, precedentemente nota come recettore periferico delle benzodiazepine (PBR) e, inoltre, modula indirettamente i recettori GABAA attraverso la stimolazione della produzione di neurosteroidi (1).

Oggi si sta valutando l’approvazione dell’utilizzo del farmaco nel disturbo dell’adattamento con ansia. Tale disturbo è definito come un’ansia significativa che si sviluppa entro 3 mesi dall’insorgenza di un fattore di stress psicologico identificabile. In uno studio controllato multicentrico in doppio cieco, sono stati arruolati 170 pazienti con diagnosi primaria di disturbo dell’adattamento con ansia. I pazienti sono stati trattati per 4 settimane con etifoxina (150-200 mg/die) e buspirone (15-20 mg/die); anche se entrambi i trattamenti farmacologici hanno mostrato efficacia e sicurezza clinica, nel gruppo etifoxina è stato evidenzato un miglioramento significativo (2).

Da studi randomizzati controllati è emersa l’efficacia ansiolitica di etifoxina in pazienti con disturbi dell’adattamento con ansia, dimostrando che è superiore al buspirone e paragonabile a lorazepam e fenazepam, con un numero maggiore di responder nettamente migliorati e un migliore indice terapeutico. La non inferiorità di etifoxina rispetto ad alprazolam è stata dimostrata anche in uno studio comparativo. A differenza del lorazepam, etifoxina non ha effetto sulle prestazioni psicomotorie e sulla vigilanza (3).

In merito al profilo di tollerabilità, gli eventi avversi gravi sono generalmente rari e tra questi vanno considerati i disturbi cutanei e sottocutanei che generalmente si risolvono dopo la sospensione del farmaco, emorragie uterine, infiammazioni intestinali e danno epatico. Di conseguenza, l’Agenzia Regolatoria Francese ha chiesto un riesame dei benefici di Stresam a fronte dei relativi rischi e, pertanto, EMA, tramite CHMP, ha avviato una revisione a norma dell’articolo 31 della direttiva 2001/83/CE.

Il parere del CHMP sarà quindi trasmesso alla Commissione europea, la quale adotterà una decisione finale giuridicamente vincolante e applicabile in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.


Riferimenti bibliografici

1. Choi YM, Kim KH. Etifoxine for pain patients with anxiety. Korean J Pain. 2015 Jan;28(1):4-10.

2. Servant D, Graziani PL, Moyse D, Parquet PJ. Treatment of adjustment disorder with anxiety: efficacy and tolerance of etifoxine in a double-blind controlled study. Encephale. 1998 Nov-Dec;24(6):569-74. French.

3. Nuss P, Ferreri F, Bourin M. An update on the anxiolytic and neuroprotective properties of etifoxine: from brain GABA modulation to a whole-body mode of action. Neuropsychiatr Dis Treat. 2019 Jul 3;15:1781-1795.

EMERGENZA COVID-19: Vaccini e allattamento materno, cosa sappiamo?

In data 23 giugno 2021, sulla rivista scientifica Nature è stato pubblicato un articolo relativo alla capacità del vaccino contro la malattia Covid-19 di indurre una copertura immunitaria nei lattanti attraverso il latte materno. 

È ben noto che diversi farmaci e vaccini, come il vaccino contro la febbre gialla, non sono raccomandati in donne in gravidanza o in allattamento, in quanto dannosi per il feto/neonato. Oltretutto, tale speciale popolazione, considerata fragile, è stata esclusa dagli studi clinici avviati per i vaccini COVID-19. In questo scenario di disorientamento in merito alla somministrazione del vaccino in questi soggetti, le perplessità maggiori sono legate ad un ipotetico danno a carico del lattante in seguito alla vaccinazione nella madre. La risposta è riconducibile alle caratteristiche del vaccino, in particolare per i vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna. Questi ultimi sono composti da un RNA messaggero (mRNA) che si degrada rapidamente e, pertanto, non sarà mai riscontrato all’esterno delle cellule dove è stato iniettato, né sarà capace di entrare nel flusso sanguigno e nel latte materno. Per valutare ciò sono stati eseguiti dei controlli di sicurezza su campioni di latte materno di sei partecipanti, fino a due giorni dopo aver ricevuto il vaccino Pfizer-BioNTech o Moderna e in entrambi i casi non sono riscontrate tracce dell’mRNA.

Inoltre, recenti studi hanno riscontrato la presenza di anticorpi rivolti contro COVID-19 nel latte materno, sviluppati in seguito o al vaccino o alla malattia. Tale scoperta è risultata importantissima, poiché i bambini non sono attualmente idonei a ricevere nessuno dei vaccini disponibili.

È noto che i neonati non producono efficacemente anticorpi contro batteri e virus dannosi e affinché questo tipo di protezione si attivi sono necessari dai tre ai sei mesi. Nei primi giorni di vita, quindi il latte materno risulta l’unica fonte di anticorpi in grado di allontanare potenziali minacce, nonostante sia ancora ignoto il modo in cui gli anticorpi trasmessi tramite il latte materno, che non arrivano al torrente circolatorio dell’infante, forniscano protezione.

Inoltre, non è ben chiaro se gli anticorpi rivolti contro COVID-19 tramessi tramite il latte materno siano pienamente efficaci e funzionali. Risultati di studi condotti su campioni di latte materno ricavato da soggetti con precedente positività a SARS-CoV2 hanno evidenziato la capacità degli anticorpi presenti di neutralizzare il virus. Tali risultati sono promettenti e evidenziano la possibilità di protezione da COVID-19 nei bambini in seguito ad allattamento al seno.

Non è ancora noto per quanto tempo le persone vaccinate continueranno a produrre anticorpi COVID-19. Studi recenti hanno evidenziato che la produzione di anticorpi negli adulti a cui è stato somministrato il vaccino Moderna continua per almeno 6 mesi. Pertanto, se i bambini continueranno ad allattare riceveranno una certa protezione dalle loro madri, anche se le concentrazioni di anticorpi nel latte materno diminuiranno nel tempo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda alle madri di continuare ad allattare anche dopo la vaccinazione.


Riferimento bilbiografico

Hall S. COVID vaccines and breastfeeding: what the data say. Nature. 2021 Jun;594(7864):492-494.

EMERGENZA COVID-19: tocilizumab a carico del SSN per la terapia dei pazienti ospedalizzati

In data 18 giugno 2021, la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha espresso parere favorevole in merito all’inserimento di tocilizumab nella lista dei farmaci erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ai sensi della Legge 648/96, per il trattamento di soggetti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica, in condizioni cliniche rapidamente ingravescenti [1]. In particolare, sulla base dei 9 studi clinici randomizzati controllati (RCT) che negli ultimi mesi hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di TCZ nel trattamento del COVID-19 [2], si considerano candidabili al trattamento con tocilizumab:

  • pazienti recentemente ospedalizzati, ricoverati in terapia intensiva da meno di 24/48 ore che ricevono ventilazione meccanica o ossigeno ad alti flussi; 
  • pazienti recentemente ospedalizzati con fabbisogno di ossigeno in rapido aumento che richiedono ventilazione meccanica non invasiva o ossigeno ad alti flussi in presenza di elevati livelli di indici di flogosi (CRP≥75 mg/L);
  • pazienti ospedalizzati in rapida progressione clinica dopo 24/48 ore di utilizzo di desametasone, o altri cortisonici.

Tocilizumab (TCZ) è un anticorpo monoclonale umanizzato in grado di legarsi in modo aspecifico ai recettori dell’IL-6 sia solubile (sIL-6R) che di membrana (mIL-6R), dimostrando di inibire i segnali da essi mediati. Pertanto, è indicato nel trattamento di patologie autoimmuni come artrite reumatoide (AR), AR idiopatica e poliartrite idiopatica giovanile. Il dosaggio raccomandato di tocilizumab nei pazienti adulti è di pari a 8 mg/kg, da somministrare mediante infusione endovenosa della durata di 60 minuti una volta ogni 4 settimane [3].

Numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra i livelli di IL-6 e una più veloce progressione della malattia da SARS-CoV-2 [4]. È stato ipotizzato che le terapie che hanno come bersaglio le citochine coinvolte in questa aberrante risposta infiammatoria (tra cui appunto IL-6) possano avere un importante ruolo terapeutico nel ritardare il danno polmonare nei pazienti affetti da infezione da SARS-CoV-2. Dunque, l’utilizzo del TCZ nei pazienti complessi con infezione da SARS-CoV-2 si basa proprio sulla capacità di bloccare il recettore dell’IL-6 (IL-6R), impedendo così gli effetti dell’attivazione della cascata pro-infiammatoria.

Tocilizumab è un farmaco ospedaliero con prescrizione limitativa. Per l’indicazione ammessa alla rimborsabilità in L648/96 la prescrizione è limitata ai clinici operanti nei centri indicati dalla Regione per la gestione del COVID-19.


Bibliografia

1. AIFA - Utilizzo di tocilizumab per la terapia dei pazienti affetti da COVID-19. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/-/utilizzo-di-tocilizumab-per-la-terapia-dei-pazienti-affetti-da-covid-19

2. Gazzetta Ufficiale - Determina n. 73543/2021 - Inserimento del medicinale «Tocilizumab» nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento dei pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica. Disponibile al link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/06/17/21A03738/SG

3. AIFA – Riassunto delle caratteristiche del prodotto (RoActemra). Disponibile al link: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_004768_038937_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3

4. Mojtabavi, H., Saghazadeh, A. & Rezaei, N. Interleukin-6 and severe COVID-19: a systematic review and meta-analysis. Eur Cytokine Netw 31, 44–49 (2020).

   

  

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