Farmacovigilanza

EMERGENZA COVID-19: disponibili i trattamenti a base di anakinra, baricitinib e sarilumab a alla rimborsabilità in L648/96

Nel comunicato stampa n.665, la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA, a seguito di una riunione straordinaria tenutasi il 23 settembre 2021, ha reso disponibili i farmaci immunomodulanti anakinra (Kineret®), baricitinib (Olumiant®) esarilumab (Kevzara®) per il trattamento di pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave, in ossigenoterapia ad alti flussi e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica [1]. I farmaci, attualmente autorizzati per altre indicazioni, sono prescrivibili, con rimborsabilità a carico del SSN ai sensi della legge 23 dicembre 1996 n. 648,  nel caso di carenza del medicinale tocilizumab.

Anakinra è antagonista del recettore anti-interleuchina-1 ricombinante, efficace in diverse malattie iperinfiammatorie, tra cui l’artrite reumatoide [2]. Da un recente studio prospettico di coorte, è emerso che anikinra in pazienti affetti da COVID-19, in condizioni critiche, con caratteristiche cliniche di iperinfiammazione, ha comportato una riduzione di quest’ultima [3]. Il trattamento è prescrivibile limitatamente a soggetti adulti ospedalizzati con polmonite da COVID-19 moderata/severa (con pO2/FiO2>150, e non sottoposti a CPAP o ventilazione meccanica e con livelli di plasma Soluble Urokinase-Type Plasminogen Activator Receptor (suPAR) ≥ 6ng/ml. Il dosaggio raccomandato nei pazienti adulti è pari a 100 mg somministrati una volta al giorno per 10 giorni tramite iniezione sottocutanea. Non è consentita la co-somministrazione con altri inibitori delle interleuchine o con JAK-inibitori.

Baricitinib agisce a livello della cascata pro infiammatoria, in particolare è un inibitore reversibile della chinasi associata a Janus (JAK), interrompe la segnalazione di più citochine, anche quelle coinvolte nell’immunopatologia del COVID-19 [4]. Pertanto, si è rivelato come una buona strategia per contrastare la malattia da COVID-19 in pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 grave, in ossigenoterapia ad alti flussi o in ventilazione meccanica non invasiva, e/o con livelli elevati degli indici di infiammazione sistemica. In particolare, si considerano candidabili al trattamento con baricitinib i pazienti ospedalizzati con condizioni cliniche rapidamente ingravescenti, recentemente ricoverati con fabbisogno di ossigeno in rapido aumento che richiedono ventilazione meccanica non invasiva o ossigeno ad alti flussi in presenza di elevati livelli di indici di flogosi (CRP≥75 mg/L). Il dosaggio raccomandato in pazienti adulti è pari a 4 mg somministrati per os una volta al giorno per una durata massima di 14 giorni (o fino a dimissione dall’ospedale per risoluzione clinica, se antecedente). Non è consentita la co-somministrazione con inibitori delle interleuchine o con altri JAK-inibitori.

Sarilumab è un anticorpo monoclonale di immunoglobulina G1 completamente umana, capace di legare recettori dell’IL-6 sia di membrana che solubili con elevata affinità [5]. In particolare, si considerano candidabili al trattamento con sarilumab i pazienti ospedalizzati con condizioni cliniche rapidamente ingravescenti:

- ricoverati in terapia intensiva da meno di 24/48 ore che ricevono ventilazione meccanica o ossigeno ad alti flussi;

- recentemente ospedalizzati con fabbisogno di ossigeno in rapido aumento che richiedono ventilazione meccanica non invasiva o ossigeno ad alti flussi in presenza di elevati livelli di indici di flogosi (CRP≥75 mg/L);

- ospedalizzati in rapida progressione clinica dopo 24/48 ore di utilizzo di desametasone, o altri cortisonici.

Il dosaggio raccomandato di sarilumab per il trattamento del COVID nei pazienti adulti è di pari a 400 mg da somministrare mediante infusione endovenosa della durata di almeno 60 minuti. Non è consentita la co-somministrazione con altri inibitori delle interleuchine o con JAK-inibitori.

Alla luce delle attuali conoscenze, nonché della potenziale carenza delle alternative già disponibili in L648/96 per la medesima indicazione, tocilizumab, questi tre farmaci possono essere considerati come alternative terapeutiche in pazienti ospedalizzati con COVID-19 e polmonite ingravescente, in caso di carenza di tocilizumab [6].


 

Riferimenti bibliografici e sitografici

  1. Agenzia Italiana del Farmaco. AIFA rende disponibili i medicinali anakinra, baricitinib e sarilumab per il trattamento del COVID-19. Disponibile al link:https://www.aifa.gov.it/-/aifa-rende-disponibili-i-medicinali-anakinra-baricitinib-e-sarilumab-per-il-trattamento-del-covid-19
  2. Julio Ramirez, Juan D Canete. Anakinra for the treatment of rheumatoid arthritis: a safety evaluation. doi: 10.1080/14740338.2018.1486819. Epub 2018 14 giugno.
  3. Emma J Kooistra, Nicole JB Waalders, Inge Grondman, Nico AF Janssen, Aline H de Nooijer, Mihai G Netea, Frank L van de Veerdonk, Esther Ewalds, Johannes G van der Hoeven, Matthijs Kox, Peter Pickkers. Gruppo di studio RCI-COVID-19. Anakinra treatment in critically ill COVID-19 patients: a prospective cohort study. doi: 10.1186/s13054-020-03364-w.
  4. Sarah CJ Jorgensen, Chris topher LY Tse, Lisa Burry, Linda D Dresser. Baricitinib: A Review of Pharmacology, Safety, and Emerging Clinical Experience in COVID-19. doi: 10.1002/phar.2438. Epub 2020 lug 27.
  5. Sajad Khiali, Afra Rezagholizadeh, Taher Entezari-Maleki . A comprehensive review on sarilumab in COVID-19.doi: 10.1080/14712598.2021.1847269. Epub 2020 novembre 25.
  6. Gazzetta Ufficiale. Determine n.114586, n.114587, n.114588. Disponibile al link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2021/10/04/237/sg/pdf

EMERGENZA COVID-19: Indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità su vaccinazione contro COVID-19 in gravidanza e allattamento

In data 24 settembre 2021, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato un comunicato stampa in cui aggiorna le precedenti indicazioni ad interim raccomandando l’estensione dell’offerta vaccinale, con vaccini a mRNA, a tutte le donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre che desiderino vaccinarsi [1]. Tale raccomandazione tiene conto di 4 aspetti:

  • Le nuove conoscenze disponibili sul profilo di efficacia e sicurezza dei vaccini anti COVID-19 in gravidanza e allattamento. Relativamente all’efficacia dei vaccini a mRNA in gravidanza, i risultati di nuovi studi osservazionali hanno evidenziato un rischio significativamente inferiore di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 rispetto alle donne non vaccinate, e altri studi hanno descritto il passaggio degli anticorpi attraverso il cordone ombelicale a seguito dell’inoculazione di vaccini a mRNA [2–4]. Relativamente alla sicurezza, a seguito di oltre 200.000 vaccinazioni in gravidanza, non sono stati segnalati eventi avversi in eccesso rispetto a quelli della popolazione non in gravidanza. La casistica più ampia sul profilo di sicurezza dei vaccini a mRNA ha preso in esame oltre 35.000 donne, ma ha potuto valutare solo 827 donne con gravidanza conclusa, per le quali ha confermato l’assenza di rischi sia per le madri che per i neonati [5].
  • I possibili effetti della malattia da COVID-19 sulla madre e sul feto/neonato. In Italia, i dati dello studio prospettico population-based coordinato dall’Italian Obstretic Surveillance System (ItOSS) dell’ISS, descrivono l’incidenza, i fattori di rischio, il decorso clinico e gli esiti di salute materni e feto/neonatali rilevanti durante la prima e seconda ondata della pandemia in tutte le donne con infezione da SARS-CoV-2 che si sono rivolte ai presidi sanitari in gravidanza, parto o puerperio [6]. Ad oggi, i dati dello studio mostrano che la trasmissione del virus da madre a neonato sembra possibile ma molto rara e non influenza la modalità del parto e dell’allattamento. Sul totale dei 681 neonati presi in esame solo 19 (2,8%) sono risultati positivi al virus dopo la nascita e solo uno ha avuto complicazioni respiratorie risolte dopo ricovero in terapia intensiva.
  • Il rischio individuale di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2 e sviluppare una malattia grave. Lo studio ItOSS conferma i fattori associati a un maggior rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19 descritti in letteratura. L’occorrenza della polmonite risulta significativamente maggiore sopra i 30 anni di età materna rispetto alle donne più giovani, in presenza di precedenti comorbidità - come diabete e ipertensione – di obesità (definita come BMI>30) e tra le donne con cittadinanza di Paesi a forte pressione migratoria, queste ultime verosimilmente a causa di una maggiore difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari. Nella valutazione del profilo rischio/beneficio della vaccinazione contro il SARS-CoV-2, le donne con queste caratteristiche dovrebbero considerare attentamente il rischio aggiuntivo di sviluppare una forma grave della malattia da COVID-19, con possibili ripercussioni anche sugli esiti feto/neonatali.
  • Il livello di circolazione virale nella comunità di riferimento. In Italia, dopo una riduzione della circolazione del virus registrata a partire dal mese di giugno 2021, dall‘inizio di luglio il livello di attività della pandemia è in costante crescita a causa della diffusione della variante Delta. Lo studio ItOSS si è concluso il 30 giugno 2021, per cui non sono disponibili dati nazionali relativi all’impatto della variante Delta sulle donne in gravidanza.

In conclusione, considerando le crescenti evidenze sulla sicurezza della vaccinazione in gravidanza sia nei confronti del feto che della madre, delle nuove evidenze relative alla maggiore morbosità associata alla variante Delta, della crescente circolazione della stessa variante e del notevole abbassamento dell’età mediana all’infezione in Italia, l’ISS aggiorna le precedenti indicazioni ad interim raccomandando l’estensione dell’offerta vaccinale, con vaccini a mRNA, a tutte le donne in gravidanza nel secondo e terzo trimestre che desiderino vaccinarsi. Sebbene la vaccinazione possa essere considerata in qualsiasi epoca della gravidanza, ad oggi sono ancora poche le evidenze relative a vaccinazioni eseguite nel primo trimestre. Nel comunicato dell’ISS si evidenzia che se una donna vaccinata scopre di essere in gravidanza dopo aver già ricevuto il vaccino, non c'è evidenza in favore dell’interruzione della gravidanza. Inoltre, se una donna scopre di essere in gravidanza tra la prima e la seconda dose del vaccino, può considerare di ritardare la seconda dose fino al secondo trimestre. Relativamente alle donne che allattano, come già previsto dalle precedenti indicazioni ad interim dell’ISS, la vaccinazione è possibile, senza alcuna necessità di interrompere l’allattamento.


Bibliografia 

  1. Istituto Superiore di Sanità – Comunicato Stampa N°45/2021 Disponibile al link: https://www.iss.it/documents/20126/0/Aggiornamento+indicazioni+ISS+su+vaccino+in+grav_+e+allatt_2021+%281%29.pdf/a4469f15-3fb4-e11f-8a10-5103b451b138?t=1632477934377
  2. Goldshtein I, Nevo D, et al. Association Between BNT162b2 Vaccination and Incidence of SARS-CoV-2 Infection in Pregnant Women. JAMA. 2021 Aug 24;326(8):728-735. doi: 10.1001/jama.2021.11035. PMID: 34251417; PMCID: PMC8276131
  3. Pham A, Aronoff DM, Thompson JL, Maternal COVID-19 disease, vaccination safety in pregnancy, and evidence of protective immunity, Journal of Allergy and Clinical Immunology (2021), doi: https://doi.org/10.1016/j.jaci.2021.07.013.
  4. T. Wainstock, I. Yoles, et al., Prenatal maternal COVID-19 vaccination and pregnancy outcomes, Vaccine, https://doi. org/10.1016/j.vaccine.2021.09.012.
  5. Shimabukuro TT, Kim SY, et al. Preliminary Findings of mRNA Covid-19 Vaccine Safety in Pregnant Persons. N Engl J Med. 2021;384(24):2273-2282. doi:10.1056/NEJMoa2104983. 
  6. EpiCentro – L’infezione da SARS-CoV-2 in gravidanza: studio prospettico dell’Italian Obstetric Surveillance System (ItOSS) (disponibile al link: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-gravidanza-parto-allattamento-studio-prospettico-itoss)

EMERGENZA COVID-19: AIFA pubblica l’ottavo report sulla sicurezza dei vaccini

In data 10 Settembre 2021, è stato pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco l’ottavo report sulle attività di sorveglianza dei vaccini anti-COVID-19 autorizzati in Italia e somministrati tra il 27/12/2020 e il 26/08/2021 [1].

Nel periodo di analisi, sono state riportate nel database italiano di farmacovigilanza (Rete Nazionale di Farmacovigilanza-RNF) 91.360 segnalazioni di reazioni avverse a vaccino anti-COVID-19 su un totale di 76.509.846 dosi somministrate (71% Comirnaty; 16% Vaxzevria; 11% Spikevax e 1% Vaccino Janssen). Indipendentemente dal tipo di vaccino e dalla dose somministrata, sono state inserite 119 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate confermando un andamento stabile nel tempo.

L’età media delle persone che hanno manifestato un evento avverso è 48,3 anni (età mediana 48 anni); il tasso di segnalazione è maggiore nelle fasce di età comprese tra i 20 e 60 anni, per poi diminuire nelle fasce d’età più avanzate. Relativamente alle segnalazioni di reazione avversa nella fascia di età 12-19 anni sono state inserite 838 segnalazioni di sospetto evento avverso con un tasso di segnalazione di 22 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate (645 segnalazioni dopo la 1a dose, con un tasso di segnalazione di 26 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate, e 193 segnalazioni dopo la 2a dose, con un tasso di segnalazione di 15 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate).

Nel periodo in esame, le segnalazioni in oggetto sono riferite prevalentemente al genere femminile (72%, tasso di segnalazione 164/100.000 dosi somministrate) rispetto al maschile (27%, tasso di segnalazione 69/100.000). Tale andamento è osservabile anche negli altri Paesi europei. Questa differenza si mantiene pressoché costante nelle varie classi di età.

Inoltre, dall’analisi dei dati, si evidenzia che circa il 72% delle segnalazioni proviene da operatori sanitari, prevalentemente medici e farmacisti, mentre circa il 27% da paziente/cittadino, con un modesto incremento rispetto ai mesi precedenti. Il 96% circa di queste segnalazioni è di tipo spontaneo.

Come riportato nei precedenti Rapporti, indipendentemente dal vaccino, dalla dose e dalla tipologia di evento, la reazione si è verificata nella maggior parte dei casi (80% circa) nella stessa giornata della vaccinazione o il giorno successivo e solo più raramente l’evento si è verificato oltre le 48 ore successive.

La maggior parte degli eventi avversi segnalati fino al 26/08/2021 sono classificati come non gravi (86,1%) corrispondenti a un tasso di segnalazione di 103/100.000 dosi somministrate, mentre il 13,8% ad eventi avversi gravi, delle segnalazioni riportava un evento grave (tasso di segnalazione 13/100.000), indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose somministrata (prima o seconda dose) e dal possibile ruolo causale della vaccinazione (la gravità non è riportata nello 0,1% delle segnalazioni).

Come già riportato nei precedenti Rapporti, anche gli eventi avversi gravi segnalati si verificano soprattutto nelle prime 48 ore dopo la vaccinazione (circa il 53% dei casi), mentre più raramente si osservano nelle settimane successive (circa il 41% dei casi).

La maggior parte delle segnalazioni gravi sono classificate come “altra condizione clinicamente rilevante”, ovvero hanno allertato il soggetto e/o il segnalatore senza determinare un intervento specifico in ambiente ospedaliero. Nella figura 6 è riportata la distribuzione delle segnalazioni per gravità, con il dettaglio del criterio di gravità per le reazioni gravi relative a tutti i vaccini.

Al fine di determinare la probabilità con cui un vaccino e un evento temporalmente associato siano legati da un rapporto di causalità, è in corso a livello europeo la valutazione del ruolo causale dei vaccini nelle segnalazioni gravi in base alle evidenze disponibili. Al 26/08/2021, il nesso di causalità secondo l’algoritmo dell’OMS è stato inserito nel 74% (9.324/12.600) delle segnalazioni di eventi avversi gravi, indipendentemente dall’esito ed è risultato correlabile alla vaccinazione nel 42% di tutte le segnalazioni gravi valutate (3.909/9.324), indeterminato nel 35% (3.302/9.324) e non correlabile nel 20% (1.845/9.324). Il 3% (268/9.324) delle segnalazioni valutate è inclassificabile, per mancanza di informazioni sufficienti.

Relativamente al tipo di evento, le sospette reazioni avverse sono state raggruppate in base alla Classificazione per Organi e Sistemi (System Organ Class-SOC) e sono risultate distribuite uniformemente tra i quattro vaccini. Gli eventi avversi maggiormente segnalati sono relativi alla SOC “Patologie generali e condizioni relative alla sede di iniezione” (soprattutto reazioni nel sito di inoculazione, febbre e stanchezza/astenia), seguiti da quelli appartenenti alle “Patologie del sistema nervoso” (cefalea, parestesie), “Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo” (mialgie, artralgie e dolore muscoloscheletrico) e “Patologie gastrointestinali” (nausea, vomito e diarrea). Per Spikevax, sono stati segnalati più frequentemente anche eritema, rossore e reazioni orticarioidi, afferenti alla SOC “Patologie della cute e del sottocutaneo” mentre più raramente gli eventi gastrointestinali (essenzialmente nausea e vomito). Inoltre, per il vaccino Vaxzevria, sono state inserite nella RNF 55 segnalazioni di sospetta trombosi venosa cerebrale e/o trombosi venosa in sede atipica con o senza piastrinopenia, manifestatesi dopo la somministrazione della prima dose in persone di età inferiore ai 65 anni.

I tassi di segnalazione degli eventi gravi dei singoli vaccini sono 13 (Comirnaty), 14 (Spikevax), 15 (Vaxzevria) e 19 (Janssen) ogni 100.000 dosi somministrate.

Nel periodo in esame, relativamente alla distribuzione per numero di dose, circa il 45% del totale delle dosi somministrate è stato utilizzato per completare il ciclo vaccinale (seconde dosi), prevalentemente con il vaccino Comirnaty. Non sono state osservate sostanziali differenze dei tassi di segnalazione fra la 1a e la 2a dose dei vaccini Comirnaty e Spikevax, che risultano in linea con il tasso cumulativo. Per il vaccino Vaxzevria, invece, il tasso di segnalazione relativo alla 2a dose è significativamente inferiore a quello relativo alla 1a dose, verosimilmente in relazione alla maggiore distanza tra prima e seconda dose di Vaxzevria rispetto ad altri vaccini, sia da un minor numero di eventi avversi associati alla seconda dose di questo vaccino.

Nel periodo d’analisi, inoltre sono stati riportati 555 casi con esito fatale dopo vaccinazione COVID-19, per un tasso di segnalazione pari a 0,73/100.000 dosi somministrate, relativi principalmente a soggetti di genere maschile (50,8%) e con un’età media di 76 anni.

Il tasso di segnalazione di eventi fatali a seguito della vaccinazione con Comirnaty è risultato più basso, nonostante sia il vaccino con il maggior numero assoluto di segnalazioni di decessi (n= 345; 0,64/100.000 dosi), seguito da Vaxzevria (n= 94; 0,78/100.000), Spikevax (n= 92; 1,05/100.000) e, in ultimo, da Janssen con il tasso più alto (1,68/100.000), a fronte del basso numero assoluto di segnalazioni (n=24).

Il differente tasso di segnalazione di eventi con esito fatale è in larga parte dipendente dal diverso target di popolazione esposta ai singoli vaccini. I casi corredati di informazioni dettagliate e complete riportano cause alternative al vaccino, in particolare complicanze di patologie intercorrenti o pregresse, in soggetti con fragilità cliniche e politerapia, che rendono complessa la valutazione della causa di morte e del rapporto di causalità. L’applicazione dell’algoritmo dell’OMS (396 casi ad esito fatale valutati su 555 segnalati) ha evidenziato per il 58,8% dei casi un nesso di causalità non correlabile, per il 32,6% un nesso di causalità indeterminato, mentre per il 5,3% un nesso di causalità inclassificabile per mancanza di informazioni necessarie all’applicazione dell’algoritmo Soltanto in 14 casi, il decesso è risultato correlabile al vaccino.


Bibliografia

1. https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_sorveglianza_vaccini_COVID-19_8.pdf

EMERGENZA COVID-19: AIFA pubblica un elenco dei farmaci ad attività immunosoppressiva che potrebbe incidere sulla risposta ai vaccini COVID-19

In data 22/09/2021, l’AIFA ha pubblicato un elenco di farmaci adattività immunosoppressiva che potrebbero ridurre l’efficacia dei vaccini COVID-19, ai fini di individuare i soggetti che potrebbero necessitare della terza dose e supportare i clinici nella decisione finale [1].

Dati di letteratura hanno evidenziato che la soppressione dell’immunità umorale da parte di farmaci come rituximab e metotrexato può bloccare la produzione di anticorpi neutralizzanti i neoantigeni [2]. Rituximab e metotrexato hanno dimostrato di ridurre le risposte umorali ai vaccini contro l’influenza stagionale e lo pneumococco [3]. Mentre il rituximab agisce mediante soppressione diretta delle cellule B CD20+, si pensa che la soppressione umorale da parte del metotrexato sia mediata dall’interazione con il fattore di attivazione delle cellule B (BAFF) e dall’aumento dell’adenosina immunosoppressiva e delle cellule B regolatorie [4]. È stato dimostrato che l’immunogenicità del vaccino contro l’influenza stagionale è significativamente migliorata interrompendo temporaneamente il trattamento con metotrexato per 2 settimane dopo la vaccinazione senza causare un aumento dell’attività della malattia da artrite reumatoide, mentre la risposta immunitaria ai vaccini neoantigene e polisaccaridi-pneumococcici è stata significativamente ridotta nei pazienti in trattamento con rituximab [5, 6]. Pertanto, sia il rituximab che il metotrexato hanno il potenziale per diminuire la risposta alle vaccinazioni. La ridotta risposta anticorpale non significa necessariamente un aumento del rischio effettivo di infezione; tuttavia, trattandosi di un marker surrogato, una migliore risposta sierologica potrebbe teoricamente riflettere una migliore protezione contro l’infezione.

Dati recenti di letteratura hanno, inoltre, mostrato risposte anticorpali ridotte in alcuni soggetti immunodepressi dopo la vaccinazione con vaccini a mRNA. Gli individui sottoposti a trapianto di organo in trattamento con terapia antimetabolita e quelli più anziani presentavano una minore probabilità di sviluppare una risposta anticorpale, anche dopo aver ricevuto 2 dosi del vaccino BNT162b2 o mRNA-1273, suggerendo la necessità di una dose aggiuntiva di vaccino in questa popolazione [7, 8]. Inoltre, diversi studi effettuati su un piccolo numero di pazienti con CID hanno evidenziato livelli di IgG anti-spike (S) smussati dopo la vaccinazione con un vaccino a mRNA; alcuni di questi hanno mostrato una neutralizzazione virale in vitro modestamente ridotta rispetto ai partecipanti immunocompetenti [9-12]. È stato riportato, inoltre, che la reattività anticorpale anti-SARS-CoV-2 dopo la malattia COVID-19 è attenuata nei pazienti con malattie infiammatorie intestinali trattati con inibitori del TNF (infliximab) rispetto a quelli trattati con vedolizumab, ed è risultata ulteriormente minore in quelli in trattamento concomitante con tiopurina o metotrexato [10-13].

Tali evidenze hanno, quindi, spinto l’Autorità Competente ad individuare i soggetti che, in cura con farmaci immunosoppressivi, potrebbero necessitare della terza dose al fine di avere una risposta anticorpale utile a contrastare l’infezione. Pertanto, è stata redatta una lista di farmaci a maggiore attività immunosoppressiva o immunomodulante, sulla base del meccanismo di azione dei diversi farmaci, della letteratura disponibile in merito agli effetti di questi farmaci sulla risposta anticorpale nei pazienti vaccinati, delle raccomandazioni formulate da società scientifiche o organismi internazionali e sulla base di un confronto con esperti clinici [1]. Tra essi, sono stati inseriti i farmaci oncologici e i farmaci immunosoppressori (tra cui, anti-TNFα, inibitori delle Interleuchine e della calcineurina) a qualsiasi dosaggio terapeutico e i corticosteroidi, in merito ai quali si suggerisce di valutare la terza dose addizionale in base al dosaggio in uso.

AIFA ricorda che la lista non è esaustiva e che la decisione di somministrare una dose addizionale di vaccino deve essere presa in rapporto alle caratteristiche cliniche del paziente, non in base al dosaggio degli anticorpi anti spike in quanto non è attualmente disponibile uno standard di riferimento e non è stata definita una concentrazione considerata ottimale/adeguata.


Bibliografia

  1. Elenco dei principali ad attività immunosoppressiva. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1567238/Lista_AIFA_Immunosoppressori_Dose_Addizionale.pdf
  2. Subesinghe S, Bechman K, et al. A systematic review and metaanalysis of antirheumatic drugs and vaccine immunogenicity in rheumatoid arthritis. J Rheumatol. 2018;45:733–744.
  3. Hua C, Barnetche T, et al. Effect of methotrexate, anti-tumor necrosis factor α, and rituximab on the immune response to influenza and pneumococcal vaccines in patients with rheumatoid arthritis: a systematic review and meta-analysis. Arthritis Care Res (Hoboken) 2014;66:1016–1026.
  4. Park JK, Lee YJ, et al. Interaction between B-cell activation factor and methotrexate impacts immunogenicity of seasonal influenza vaccination in patients with rheumatoid arthritis. Ann Rheum Dis. 2019;78:282–284.
  5. Bingham CO, Looney RJ, et al. Immunization responses in rheumatoid arthritis patients treated with rituximab: results from a controlled clinical trial. Arthritis Rheum. 2010;62:64–74.
  6. Park JK, Lee YJ, et al. Impact of temporary methotrexate discontinuation for 2 weeks on immunogenicity of seasonal influenza vaccination in patients with rheumatoid arthritis: a randomised clinical trial. Ann Rheum Dis. 2018;77:898–904. doi: 10.1136/annrheumdis-2018-213222.
  7. Boyarsky BJ , Werbel WA, et al. Antibody response to 2-dose SARS-CoV-2 mRNA vaccine series in solid organ transplant recipients. JAMA. 2021;325:2204-6.
  8. Werbel WA, Boyarsky BJ, et al. Safety and immunogenicity of a third dose of SARS-CoV-2 vaccine in solid organ transplant recipients: a case series [Letter]. Ann Intern Med. 2021. 
  9. Geisen UM, Berner DK, et al. Immunogenicity and safety of anti-SARS-CoV-2 mRNA vaccines in patients with chronic inflammatory conditions and immunosuppressive therapy in a monocentric cohort. Ann Rheum Dis. 2021.
  10. Haberman RH ,  Herati R , et al. Methotrexate hampers immunogenicity to BNT162b2 mRNA COVID-19 vaccine in immune-mediated inflammatory disease. Ann Rheum Dis. 2021.
  11. Ruddy JA ,  Connolly CM , et al. High antibody response to two-dose SARS-CoV-2 messenger RNA vaccination in patients with rheumatic and musculoskeletal diseases [Letter]. Ann Rheum Dis. 2021
  12. Connolly CM ,  Boyarsky BJ, et al. Absence of humoral response after two-dose SARS-CoV-2 messenger RNA vaccination in patients with rheumatic and musculoskeletal diseases: a case series [Letter]. Ann Intern Med. 2021. 
  13. Wong SY, Dixon R, et al.; ICARUS-IBD Working Group. Serologic response to messenger RNA coronavirus disease 2019 vaccines in inflammatory bowel disease patients receiving biologic therapies. Gastroenterology. 2021;161:715-718.e4.

EMERGENZA COVID-19: Parere della Commissione Tecnico Scientifica di AIFA sulla somministrazione di dosi aggiuntive di vaccini

In data 09/09/2021, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha rilasciato un comunicato stampa in merito alla somministrazione di dosi aggiuntive di vaccino contro il COVID-19 [1]. Nel comunicato, la Commissione Tecnico Scientifica (CTS) di AIFA considera appropriato, in attesa dell’autorizzazione dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), inserire i vaccini Comirnaty (Pfizer) e Spikevax (Moderna) nell’elenco dei farmaci previsto dalla legge 648/96 al fine di somministrare:

  • una DOSE ADDIZIONALE a completamento del ciclo vaccinale, dopo almeno 28 giorni dall’ultima somministrazione, nei soggetti adulti e adolescenti di età >12 anni (Comirnaty) o >18 anni (Spikevax) in condizione di immunosoppressione clinicamente rilevante ovvero:
  • Soggetti sottoposti a trapianto d’organo;
  • Soggetti in condizioni di immunosoppressione.

Tra le principali condizioni che rientrano in questa categoria si identificano le seguenti:

- immunodeficienze primarie o acquisite non adeguatamente controllate dal trattamento (ad esempio l’insufficienza renale grave e terminale);

- assunzione, contemporaneamente o nei 6 mesi precedenti la somministrazione del vaccino, di farmaci che determinano una compromissione della risposta immunitaria (ad esempio farmaci con effetto immunosoppressivo/immunomodulante, chemioterapici, antimetaboliti, corticosteroidi ad alto dosaggio o per trattamenti prolungati);

- trapianto di cellule staminali ematopoietiche.

In tale popolazione è stata osservata una ridotta risposta anticorpale a seguito del ciclo vaccinale primario. Pertanto, la somministrazione di una dose addizionale garantirebbe una migliore risposta immunitaria e un incremento del titolo anticorpale e della percentuale di sieroconversioni.

  • una DOSE BOOSTER a completamento del ciclo vaccinale,dopo almeno 6 mesi dall’ultima somministrazione, nei grandi anziani (>80 anni) e nei soggetti ricoverati nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).

Tale categoria ha mostrato una minore risposta immunitaria alla vaccinazione e una suscettibilità apparentemente maggiore nei confronti della variante delta attualmente prevalente. Per tali motivi, la terza dose potrebbe essere somministrata a scopo precauzionale al fine di mantenere nel tempo una risposta immunitaria.

Attualmente, secondo quanto dichiarato dalla CTS, non sono disponibili evidenze sufficienti per raccomandare la somministrazione di una terza dose di vaccino nella popolazione generale. Tuttavia, al fine di ridurre la circolazione del virus e lo sviluppo di varianti e prevenire l’insorgenza di patologia grave e di decessi, si ritiene opportuno considerare l’inclusione degli operatori sanitari nella popolazione cui somministrare la terza dose. La priorità, in accordo alla strategia generale della campagna vaccinale, dipenderà dal livello di esposizione all’infezione e dal rischio individuale di sviluppare forme gravi di COVID-19.

In entrambi i casi, qualora fosse stata eseguita una prima vaccinazione con vaccino a vettore virale o nel caso in cui non fosse disponibile lo stesso vaccino a mRNA utilizzato per le prime due dosi, si potrà somministrare una dose aggiuntiva “eterologa” con un vaccino a mRNA diverso.

La CTS si riserva di aggiornare e/o integrare il proprio parere sulla base dei dati che si renderanno disponibili, di eventuali ulteriori quesiti e delle valutazioni in corso all’EMA.


Bibliografia

1. AIFA-Parere della Commissione Tecnico Scientifica di AIFA sulla somministrazione di dosi aggiuntive di vaccini contro il COVID-19. Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/-/parere-della-commissione-tecnico-scientifica-di-aifa-sulla-somministrazione-di-dosi-aggiuntive-di-vaccini-contro-il-covid-19

   

  

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