EMERGENZA COVID-19: autorizzati da AIFA tre nuovi studi clinici per il trattamento dell’infezione da nuovo coronavirus

L’AIFA, dietro parere favorevole del Comitato Etico Unico dell’IRCCS Istituto Nazionale per le Malatie Infettive, Spallanzani, ha approvato altri tre nuovi studi per la sperimentazione clinica di emapalumab e anakinra, sarilumab, e tocilizumab (trattamento precoce) per il trattamento dell’infezione da COVID-19.

In tutti gli studi il razionale di utilizzo off-label dei farmaci in sperimentazione nei pazienti affetti da COVID-19 non si basa sulla loro capacità di uccidere il virus bensì, sulla loro capacità di agire sulla produzione di eccesso di cellule immunitarie e di molecole di segnalazione in un pericoloso fenomeno chiamato tempesta di citochine o sindrome da rilascio di citochine* (CRS) causato dal COVID-19.

In particolare, Sobi.IMMUNO-101, è uno studio clinico di fase 2/3 che prevede l’utilizzo di emapalumab o anakinra a confronto con la terapia standard in pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (Numero EudraCT: 2020-001167-93) [1]. L’obiettivo dello studio è di valutare nuove possibilità terapeutiche in grado di ridurre il numero di pazienti COVID-19 che necessitano della ventilazione meccanica, quindi di prevenire l’accesso alla terapia intensiva e ridurre potenzialmente la mortalità. Sulla base dell’esperienza cinese e dei dati provenienti da diversi ospedali italiani responsabili della gestione di questi pazienti, il razionale dello studio si basa sulla considerazione che la risposta infiammatoria massiccia causata dalla tempesta di citochine come risultato di una risposta esagerata del sistema immunitario al virus rappresenti il fattore prognostico negativo più importante nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2.  Emapalumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che agisce da inibitore non competitivo del recettore IFN-γ. In particolare, emapalumab si lega sia all’IFNγ libero e che all’IFNγ-Receptor-1 (IFNγR1) legato compromettendo l'interazione tra il ligando endogeno e i recettori cellulari IFNγR1 e IFNγR2 [2]. Inoltre, impedisce il reclutamento di IFNγR2, ma non ha effetti sull'endocitosi e sull'internalizzazione dell'IFNγR1 nei lisosomi. Il trattamento emapalumab è stato associato a una riduzione dei livelli circolanti di IFNγ e della sua chemochina inducibile CXCL9. Emapalumab è stato approvato dalla Food and Drug Administration per il trattamento della linfoistiocitosi emofagocitica, una rara malattia genetica caratterizzata da iperinfiammazione dovuta principalmente all'elevata produzione di interferone-gamma, che porta ad avere febbre prolungata, splenomegalia/epatomegalia, citopenie, coagulopatia, ipertrigliceridemia, emofagocitosi e ipercitochinemia. Anakinra è un antagonista del recettore interleuchina-1 (IL-1) umano ricombinante esogeno, il cui esatto meccanismo non è completamente chiaro. Si pensa che anakinra somministrato ad alte dosi compete con IL-1 per il suo recettore riducendo, quindi, l'attività dell’IL-1 impedendo la trasduzione del segnale intracellulare. È stato dimostrato che IL-1Ra riduce la secrezione di prostaglandina-E2 dipendente dall’IL-1, che può essere direttamente responsabile della tossicità cellulare e dell'apoptosi. Anakinra è approvato, in associazione al metotressato, per il trattamento dell’artrite reumatoide con il nome commerciale di Kieneret®
I criteri di inclusione nel protocollo di ricerca prevedono che il paziente, di qualsiasi genere, previa autorizzazione tramite consenso informato e infezione conclamata da SARS-CoV-2, abbia un’età compresa tra 30 e 80 anni, presenza di distress respiratorio (PaO2/FiO2 compresa tra 200 e 300 mm Hg o frequenza respiratoria 30 respiri/min o SpO2 93% a riposo) e presenza di stato di iper-infiammazione definita dai seguenti parametri ematici: conta di linfociti < 1000 cellule/mL, E almeno due tra i seguenti parametri alterati: ferritina > 500ng/mL, LDH > 300 U/L, D-Dimero > 1000 ng/mL. Lo studio prevede 2 settimane di trattamento e 8 settimane di osservazione.I pazienti per randomizzazione riceveranno in aperto e in aggiunta alla terapia standard: emapalumab IV al dosaggio di 6 mg/kg il primo giorno e, successivamente, di 3 mg/kg ogni 3 giorni (giorno 4, 7, 10, 13) per un totale di cinque infusioni oppure Anakinra IV al dosaggio di 400 mg/die (divise in 4 somministrazioni) per quindici giorni, oppure placebo. Gli outcome dello studio includono l’efficacia di emapalumab e anakinra sull’iperinfiammazione e sulla funzionalità polmonare in pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (obiettivi primari), e il profilo di sicurezza e tollerabilità dei farmaci al dosaggio in studio (secondari).

Il secondo studio, Sarilumab COVID-19, è uno studio di Fase 2/3, randomizzato, in doppio-cieco, controllato rispetto a placebo, il cui obiettivo è la valutazione dell’efficacia e della sicurezza di somministrazioni endovenose a diversi dosaggi di sarilumab in pazienti adulti ospedalizzati con COVID-19 in fase avanzata (grave o critica) (Numero EudraCT: 2020-001162-12) [1]Sarilumab, è un anticorpo monoclonale umano (sottotipo IgG1), che si lega specificamente ai recettori dell’IL-6 (IL-6Rα) sia solubili che legati alla membrana e inibisce la segnalazione mediata dall’IL-6 che coinvolge la glicoproteina 130 (gp130), proteina ubiquitaria trasduttrice del segnale, e il trasduttore del segnale e attivatore della trascrizione 3 (STAT-3). L’IL-6 è una citochina pleiotropica che stimola risposte cellulari diversificate quali proliferazione, differenziazione, sopravvivenza e apoptosi e che può attivare gli epatociti per rilasciare proteine di fase acuta, quali la proteina C-reattiva (PCR) e la proteina amiloide sierica A. Alti livelli di IL-6 si trovano nel liquido sinoviale dei pazienti che soffrono di artrite reumatoide e giocano un ruolo sia nell’infiammazione patologica che nella distruzione articolare che sono segni distintivi dell’artrite reumatoide, indicazione per il quale il farmaco è approvato in Italia con il nome commerciale di Kevzara® Lo studio prevede l’arruolamento di 300 pazienti. La fase due si concluderà quando saranno arruolati circa 100 pazienti con COVID-19 grave. I restanti 200 pazienti saranno arruolati nella Fase 3. I pazienti saranno randomizzati in un rapporto 2: 2: 1 rispetto a sarilumab 400 mg IV, 200 mg IV o placebo. La randomizzazione sarà stratificata in base alla gravità della malattia (grave, critica, disfunzione multi-sistema d’organo) e all’uso di corticosteroidi sistemici per COVID-19.

Il terzo studio, RCT-TCZ-COVID-19, è uno studio randomizzato di fase 2 multicentrico in aperto per valutare l’efficacia della somministrazione precoce del Tocilizumab (TCZ) rispetto alla sua somministrazione all’aggravamento in pazienti affetti da polmonite da COVID-19 (Numero EudraCT: 2020-001386-37) [1]. Rispetto allo studio TOCIVID-19, questo ha l’obiettivo primario di valutare l’efficacia di TCZ somministrato precocemente in pazienti affetti da polmonite da COVID-19 rispetto alla terapia standard a 2 settimane dall’ingresso in studio, e, come obiettivo secondario, confrontare l’efficacia del TCZ in termini di accesso alla Terapia Intensiva con ventilazione meccanica invasiva e di mortalità da tutte le cause tra due gruppi, quello in cui i pazienti sono trattati precocemente come da protocollo e quello in cui vengono trattati solo all’aggravamento. In aggiunta saranno valutate la tossicità del farmaco, i livelli plasmatici di IL-6 e PCR, di ferritina, LDH e D-dimero e loro correlazione con l’effetto del trattamento, l’andamento del rapporto PaO2/FiO2 e il trend temporale della conta dei linfociti. La popolazione in studio include i pazienti con polmonite da Covid-19 di recente insorgenza che richiedono assistenza ospedaliera, ma non procedure di ventilazione meccanica invasiva o semi-invasiva. Il braccio sperimentale riceverà la terapia con TCZ entro 8 ore dall’ingresso in studio in aggiunta alla terapia standard, mentre il braccio di controllo riceverà la terapia standard e solo in caso di aggravamento (PaO2/FiO2 <150 ad una delle misurazioni di EGA programmate o ad una misurazione in urgenza, ma comunque confermata da un secondo esame entro 4 ore) o di ingresso in terapia intensiva, i pazienti riceveranno TCZ.

*La CRS è una risposta infiammatoria sistemica che può essere innescata da una varietà di fattori come infezioni e trattamento con alcuni farmaci. La tempesta di citochine dovuta alla massiccia stimolazione delle cellule T è anche un patomeccanismo causato da gravi infezioni virali come l'influenza [3, 4]. I sintomi respiratori sono comuni nei pazienti con CRS. Casi lievi possono presentare tosse e tachipnea ma possono progredire fino alla sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) con dispnea, ipossiemia e opacità bilaterale alla radiografia del torace. A volte le ARDS possono richiedere la ventilazione meccanica. Da notare che nei pazienti con CRS la necessità di ventilazione meccanica spesso non è dovuta a difficoltà respiratoria ma è invece una conseguenza dell'incapacità di proteggere le vie aeree secondarie dalla neurotossicità [5]. I pazienti con CRS grave possono sviluppare insufficienza renale o segni di disfunzione cardiaca con ridotta frazione di eiezione. Inoltre, i pazienti con CRS grave presentano spesso perdite vascolari con edema periferico e polmonare.

 


Bibliografia

1. https://www.aifa.gov.it/sperimentazioni-cliniche-covid-19

2. Hatterer E, Richard F, Malinge P, et al. Investigating the novel mechanism of action for NI-0501, a human interferon gamma monoclonal antibody [abstract no. P156]. Cytokine. 2012;59(3):570.

3. Tisoncik JR, Korth MJ, Simmons CP, Farrar J, Martin TR, Katze MG. Into the eye of the cytokine storm. Microbiol Mol Biol Rev. 2012;76:16–32.

4. de Jong MD, Simmons CP, Thanh TT, Hien VM, Smith GJD, Chau TNB, et al. Fatal outcome of human influenza a (H5N1) is associated with high viral load and hypercytokinemia. Nat Med. 2006;12:1203–7.

5. Hay KA, Hanafi L-A, Li D, Gust J, Liles WC, Wurfel MM, et al. Kinetics and biomarkers of severe cytokine release syndrome after CD19 chimeric antigen receptor-modified T cell therapy. Blood. 2017.

   

  

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