Eventi avversi associati ad antibioticoterapia in pazienti ospedalizzati

Recentemente, sulla rivista JAMA Internal Medicine, sono stati pubblicati i risultati di uno studio retrospettivo che ha valutato l’incidenza delle reazioni avverse (ADRs) in pazienti ospedalizzati e sottoposti a terapia antibiotica(1).

In data 19/06/2017, anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) rende noti i dati dello studio condotto presso il John Hopkins Hospital di Baltimora, Maryland (USA).

Sono stati arruolati 1488 pazienti di età media pari a 59 anni di cui 758 (51%) erano di sesso femminile. L’endpoint primario è stato la valutazione dell’incidenza di ADRs (gastrointestinali, dermatologiche, muscolo-scheletriche, ematologiche, epatobiliari, renali, cardiache e neurologiche) nei 30 giorni successivi all’inizio del trattamento farmacologico e quella di infezioni da Clostridium difficile o altri microrganismi resistenti a 90 giorni. Lo studio retrospettivo ha valutato l’incidenza di eventi avversi in pazienti ospedalizzati, in trattamento con terapia antibiotica per la durata di almeno 24 ore per via parenterale o orale, tra settembre 2013 e giugno 2014.

Sono stati esclusi tutti i pazienti che avevano ricevuto antibiotici a scopo profilattico o per altre indicazioni (es. rifaximina nei pazienti epatopatici, eritromicina per alterata motilità intestinale) o sottoposti a terapia antitubercolare.

I motivi del ricovero sono stati il diabete (33%), le malattie polmonari strutturali (22%) e l’insufficienza cardiaca congestizia con una frazione di eiezione minore del 40% (12%). La durata media della degenza in ospedale è stata di 4 giorni (IQR, 2-9 giorni).

Gli antibiotici più frequentemente prescritti sono stati cefalosporine di terza generazione (41%), vancomicina (37%) e cefepime (28%).

Un totale di 324 pazienti ha sviluppato almeno una ADR dopo assunzione di antibiotici. L’incidenza globale di ADRs associate ad antibioticoterapia è stata di 22,9 per 10000 giorni/persona.

Sono stati segnalati 7 casi di infezione da Clostridium difficile. È emerso, inoltre, che prolungare il trattamento antibiotico di 10 giorni aumenta del 3% il rischio di andare incontro ad ADRs. Le ADRs più comuni sono state di tipo gastrointestinale (42%), renale (24%)  ed ematologiche (15%).

Il 97% delle ADRs segnalate (n=314) sono risultate gravi: nel 3% dei casi sono state causa di nuova ospedalizzazione (n=10), nel 24% dei casi hanno prolungato l’ospedalizzazione (n=77), nel 29% dei casi hanno comportato l’accesso in Reparti di Emergenza (n=29) e nel 61% dei casi (n=198)  hanno richiesto ulteriori test di laboratorio, indagini elettrocardiografiche o di imaging; nessun paziente è deceduto a causa delle ADRs.

Tra i limiti dello studio è da notare, tuttavia, l’impossibilità di effettuare una stima accurata dell’incidenza di ADRs per alcuni antibiotici prescritti meno frequentemente quali, ad esempio, penicillina, ceftarolina fosfato e tigeciclina.

I medici, quindi, devono porre particolare attenzione alla possibilità di insorgenza di ADRs al momento in cui viene prescritto un antibiotico, soprattutto in pazienti ospedalizzati.

 

 

Bibliografia:

1)Pranita D. Tamma PD., Avdic E, Li DX. et al. Association of Adverse Events With Antibiotic  Use in Hospitalized Patients. JAMAInternal MedicineJune 12, 2017

   

  

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