Uso off-label dei farmaci in oncologia

Recentemente, sul Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutic sono stati pubblicati i risultati di una review sistematica che ha valutato l’utilizzo off-label dei farmaci in pazienti oncologici(1).

Per uso off-label si intende l’impiego di farmaci non conforme a quanto previsto in scheda tecnica.

Tale pratica è ancora diffusa, in particolare nei reparti oncologici dove i reali benefici clinici, la potenziale tossicità, l’assenza di un consenso informato pongono quesiti sull’eticità dell’uso off-label.

La revisione sistematica ha incluso 23 studi clinici, 3 dei quali condotti nel nostro Paese. È emerso che dal 18 al 41% dei pazienti oncologici ospedalizzati riceve una prescrizione off-label e che, tra i pazienti ambulatoriali, la frequenza è compresa tra il 7 e il 50%. I farmaci più frequentemente somministrati in off-label per indicazione d’uso, linea di trattamento, via di somministrazione e durata della terapia, comprendono i chemioterapici oxaliplatino, docetaxel, gemcitabina e paclitaxel e i più nuovi farmaci cosiddetti a target quali bevacizumab, trastuzumab, erlotinib e gefitinib.

È riportato che fino al 49% dei casi, tali farmaci sono usati a scopo adiuvante e fino al 76% come parte di un trattamento palliativo soprattutto in pazienti anziani con carcinoma della mammella. Situazione simile si osserva nel trattamento di pazienti con carcinoma colonrettale e carcinoma pancreatico: dal 6 al 16%, nel primo caso e nel 39% nel secondo, i pazienti ricevono protocolli chemioterapici non standardizzati e non supportati da Linee Guida. Le ragioni sono numerose e, anche se non sufficientemente confermate da evidenze sperimentali, sono legate alla possibilità di prolungare la overall survival (OS) di pazienti in stadio avanzato di malattia che non si giovano dei trattamenti standard.

È evidente che l’uso off-label non supportato da studi clinici potrebbe essere potenzialmente dannoso e non apportare alcun beneficio, come è stato per l’uso di inibitori della 5α reduttasi(2) nella prevenzione del carcinoma prostatico. Il trial clinico REDUCE dimostrò, al contrario, che l’uso di dutasteride favoriva lo sviluppo di forme più aggressive del tumore(3). Ciò fece si che la Food and Drug Administration (FDA) nel 2011 emettesse un warning di sicurezza sulla tossicità del farmaco.

Inoltre, è da considerare che l’uso off-label di un farmaco comporta spesso costi notevoli. Molti stati membri della Comunità Europea, così come gli Stati Uniti, non prevedono la rimborsabilità dei farmaci prescritti secondo indicazioni non conformi, ad eccezione della Svizzera che rimborsa bortezomib e trastuzumab, agevolando gli oncologi alla prescrizione off-label.

La Società Europea di Oncologia Medica ha suggerito di compilare una lista di farmaci impiegati in off-label da presentare alle Agenzie Regolatorie in attesa di approvazione.

Sicurezza per il paziente, consenso informato e responsabilità del medico prescrittore sono i temi principali attorno ai quali ruota la gestione dell’impiego dei farmaci off-label che non dispone, ancora, di normative specifiche che ne disciplinino e regolamentino l’utilizzo.

Bibliografia:

1) Saiyed M. M et al. Off-label drug use in oncology: a systematic review of literature. Journal of Clinical Pharmacy and Therapeutics, 2017, 42, 251–258.

2) Kramer BS, Hagerty KL, Justman S et al. Use of 5-alpha-reductase inhibitors for prostate cancer chemoprevention: American Society of Clinical Oncology/American Urological Association 2008 clinical practice guideline. J Clin Oncol, 2009;27:1502–1516.

3) Andriole GL, Bostwick DG, Brawley OW et al. Effect of dutasteride on the risk of prostate cancer. N Engl J Med, 2010;362:1192–1202.

4) https://www.fda.gov/

   

  

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