Tollerabilità della terapia con farmaci β-bloccanti in pazienti affetti da insufficienza cardiaca: uno studio retrospettivo

Recentemente è stato pubblicato su International Journal of Clinical Pharmacology, uno studio retrospettivo, condotto da Passos e coll., per valutare, nell’ambito della pratica clinica, la tollerabilità della terapia con farmaci β-bloccanti in pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca acuta. Alla luce dei dati emersi da tale studio, tale trattamento risulta essere ben tollerato nel 72,7% dei casi.
Gli agenti β-bloccanti sono farmaci raccomandati per il trattamento di pazienti con scompenso cardiaco e ridotta frazione di eiezione, in quanto capaci di indurre benefici a lungo termine. E’ noto, infatti, che la condizione di scompenso cardiaco è associata ad un’elevata concentrazione di catecolamine plasmatiche. Tale aumento del tono adrenergico innesca una serie di risposte compensatorie ed adattamenti cellulari e tissutali a carico dell’intero sistema cardiovascolare (ipertrofia, aumento del pre- e post-carico), che a lungo termine comportano un ulteriore peggioramento del quadro clinico. Pertanto, l’inibizione del sistema adrenergico contrasta l’instaurarsi di tali fenomeni di rimodellamento, ritardando quindi il peggioramento della condizione clinica del paziente.        
Obiettivi dello studio condotto da Passos e coll. sono stati valutare, nell’ambito della pratica clinica, la tollerabilità di tale terapia, comparare gli esiti clinici tra pazienti tolleranti ed intolleranti ed, infine, valutare le caratteristiche cliniche dei pazienti risultati intolleranti. Lo studio fa riferimento ad un campione totale di 194 pazienti, ricoverati per insufficienza cardiaca presso due centri di cardiologia di Salvador, Bahia, in Brasile, tra settembre 2008 e maggio 2012. Il 60.3% di tali pazienti era di sesso maschile, con un età media di 63 anni e presentava diversi fattori di rischio, quali ipertensione (67,5%), diabete (26,8%), fibrillazione atriale (25,7%) ed insufficienza renale cronica (19,6%). La frazione di eiezione ventricolare sinistra media e la pressione sistolica media erano rispettivamente pari al 31,1% e a 121 mmHg. Sulla base dei risultati di tale analisi retrospettiva risulta che il 61,8% dei pazienti (n=120) era già in trattamento con farmaci β-bloccanti al momento del ricovero, mentre al momento della dimissione il 72,7% (n=141) era in trattamento con tali farmaci. Complessivamente, il 27.3% dei pazienti inclusi in tale studio (n=53) sono risultati intolleranti alla terapia β-bloccante, in particolare a causa di ridotta gittata cardiaca (20,8%), bradicardia (20.8%), grave ipotensione (15,1%), malattia polmonare cronica ostruttiva (11,3%), congestione polmonare persistente (7,5%) o per causa indefinita (7,5%). Inoltre dal confronto degli esiti clinici presi in considerazione è emerso che per i pazienti intolleranti alla terapia, o comunque non trattati con β-bloccanti,è stata necessaria una più lunga ospedalizzazione (18,3 vs 11.0 giorni; p<0.001), un maggior uso di farmaci vasoattivi (41.5 vs. 16.3 %;p < .001, CI 1.80–7.35) rispetto ai pazienti trattati con terapia β-bloccante; inoltre, per tali pazienti sono risultati aumentati sia il rischio di sepsi e shock settico (RR = 3.02; CI 95 % 1.59–5.75), che il tasso di mortalità durante l’ospedalizzazione (22.6 vs. 2.9 %;p < .001; CI 3.05–32.26).            
Pertanto, dai risultati di tale studio emerge che il trattamento dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca con terapia β-bloccante risulta essere ben tollerato e che il suo mancato utilizzo è associato ad un maggiore rischio di eventi avversi.

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Bibliografia

Passos LC, Oliveira MG, Duraes AR, Trindade TM, Barbosa AC; Initiation or maintenance of beta-blocker therapy in patients hospitalized for acute heart failure ; Int J Clin Pharm. 2016

   

  

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