Centralità del paziente e appropriatezza della cura: obiettivi che richiedono maggiore attenzione alla prospettiva di genere.

La 26a monografia della rivista informativa “I Quaderni del Ministero della Salute”, pubblicata il 22 aprile in occasione della Giornata Nazionale della Salute Donna, è interamente dedicata alla medicina di genere, ritenuta fondamentale per raggiungere equità e appropriatezza della prevenzione e della terapia sia nell’uomo che nella donna. L’attenzione al genere in ambito di sanità pubblica è una scelta fortemente orientata verso lo sviluppo di terapie personalizzate, che mirano alla centralità del paziente. Tale approccio, costituisce, infatti, uno degli orizzonti innovativi, prima mai considerati, su cui oggi sta puntando la ricerca biomedica. La rivista, che costituisce l’unico periodico ufficiale del Ministero, finalizzato all’aggiornamento dei cittadini e degli stakeholders sulle politiche sanitarie che interessano il nostro Paese, affronta la tematica da vari punti di vista, approcciando alla vastità di tale argomento attraverso dei focus sulle diverse malattie (cardiovascolari, respiratorie croniche, endocrinologhe, oncologiche, immuni, così come l’artrosi, la demenza, l’obesità e i trapianti d’organo), descrivendo le principali differenze di genere emerse ad oggi nell’incidenza, nella sintomatologia, nel decorso clinico e nella risposta alle terapie farmacologiche. La medicina di genere rappresenta un punto d’interesse fondamentale per il Servizio Sanitario Nazionale, poiché si occupa delle differenze biologiche e socio-culturali tra il genere maschile e quello femminile, con particolare attenzione all’influenza di tali differenze sullo stato di salute e di malattia. L’Organizzazione mondiale della Salute (OMS) ha infatti recentemente indicato il genere come elemento fondamentale per la promozione della salute. Vero è che la medicina, fin dalle sue origini, ha mostrato un’impostazione androcentrica, relegando gli interessi per la salute femminile ai soli aspetti correlati alla riproduzione o alle patologie di organi sesso-specifici (mammella, utero e ovaie). Oggi però lo studio sulla salute prova a dare maggior attenzione alle singolarità del paziente e a tener conto del fatto che il bambino non è un piccolo adulto, che la donna non è una copia al femminile dell’uomo e che l’anziano ha caratteristiche mediche ancora più peculiari. È emerso, quindi, che la risposta ai farmaci varia nell’uomo e nella donna, poiché sono state riscontrate differenze di genere che coinvolgono sia aspetti farmacocinetici che farmacodinamici [2]. La diversa dimensione e composizione corporea con una percentuale di massa grassa maggiore nella donna, il diverso assorbimento, il differente metabolismo di fase 1 e 2 e la diversa eliminazione, il minore volume plasmatico ed il differente profilo di legame tra il farmaco e le proteine plasmatiche sono alla base delle differenze farmacocinetiche.  Inoltre tali parametri risentono delle variazioni ormonali che caratterizzano la vita della donna, ad esempio i livelli plasmatici degli estroprogestinici possono determinare interazioni con gli inibitori di proteasi nella terapia dell’HIV o essere ridotti da alcuni comuni antibiotici (rifampicina, rifabutina, lamotrigina e griseofulvina). La pratica clinica e i dati epidemiologici, così come le segnalazioni registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza, evidenziano una maggiore incidenza e gravità delle reazioni avverse ai farmaci per le donne, che dunque risultano essere maggiormente esposte a possibili interazioni o reazioni avverse. Ad esempio, è emerso che le donne appaiono più vulnerabili rispetto all’osteoporosi e alle fratture indotte da farmaci (corticosteroidi, inibitori dell’aromatasi, inibitori della pompa protonica, eparina) e rispetto alla sindrome del QT lungo e alle torsade de pointes iatrogene, poiché la ripolarizzazione cardiaca dopo la pubertà è più lunga nelle donne rispetto agli uomini [3]. Il genere influenza anche il tipo di reazione avversa da farmaco, ad esempio, i diuretici danno prevalentemente iponatriemia nella donna, mentre negli uomini producono riduzione del volume plasmatico.È evidente dunque la necessità di impostare anche per la farmacovigilanza un’ottica di genere.    
Per ulteriori approfondimenti l’interessante monografia è scaricabile on-line.

 Bibliografia e sitografia

[1] www.quadernidellasalute.it

[2] Franconi F, Carmela S, Montilla S; Sesso-genere e reazioni avverse ai farmaci; Focus Farmacovigilanza, 2012

[3] FranconiF, Montilla S, Vella S;Farmacologia di genere, Seed Torino, 2010

   

  

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