Efpeglenatide: promettente agonista mensile del GLP-1 per il trattamento del diabete di Tipo-2

L’efpeglenatide, nuovo agonista mensile del GLP-1, ha dimostrato un profilo di sicurezza accettabile e fornisce un maggiore controllo glicemico e perdita di peso rispetto al placebo nei pazienti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato con metformina così come si evince dai risultati preliminari, non ancora pubblicati, di uno studio clinico di fase II presentato il 16 settembre alla 51a riunione annuale della European Association per lo Studio del Diabete (EASD).

L’efpeglenatide è stato sviluppato grazie alla tecnologia brevettata LAPSCOVERY (Long Acting Protein/Peptide Discovery Platform)che prevede la combinazione di un agente terapeutico (l’agonista GLP-1) con un frammento Fc di un’immunoglobulina umana G attraverso una molecola di collegamento. In questo modo, si ottiene una molecola di dimensioni maggiori, caratterizzata da una più lunga emivita e ciò la rende quindi ideale per la somministrazione settimanale o mensile.

Durante il congresso EASD, Del Prato et al. hanno presentato i risultati di uno studio di fase II, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, il cui scopo era la valutazione dell'efficacia, della sicurezza e della tollerabilità di un range di dosi di efpeglenatide somministrate per via sottocutanea una volta al mese in pazienti con diabete di tipo 2 non adeguatamente controllato con metformina.

I pazienti sono stati randomizzati per ricevere placebo (n=53) oppure 1 delle 3 dosi di efpeglenatide previste una volta al mese (8, 12, o 16 mg; n=156), seguito da un periodo di titolazione di 4 settimane. I pazienti sono stati seguiti per 6 settimane.

Complessivamente, 158 pazienti hanno completato le 16 settimane di trattamento e un follow-up di 6 settimane. Le ragioni principali alla base della sospensione del trattamento sono state una decisione del paziente (in 11 casi), nausea (in 5 casi) o vomito (in 7) nei gruppi in trattamento attivo, o un evento avverso grave (in 4).

La variazione dell’emoglobina A1C rispetto al baseline – end-point primario – è risultata significativa nei pazienti trattati con 8,12 e 16 mg di efpeglenatide (-0,98%, -0,99% e 1,11% rispettivamente; p<95%).

La percentuale di pazienti che ha raggiunto valori target di emoglobina A1C <7% era del 57,7%,  del 63,5% e del 57,7%, rispettivamente, rispetto al 30,6% per il placebo (p <0,05 per tutti). La percentuale di pazienti che ha raggiunto livelli target di emoglobina A1C ≤6,5% è stata del 34,6%, del 50,0% e del 36,5%, rispettivamente, contro il 12,2% per il placebo (p <0,05 per tutti).

In seguito al trattamento con efpeglenatide, la riduzione del peso corporeo variava dal 2,16% al 2,80% contro l’1,24% per il placebo.

Inoltre, i pazienti trattati con efpeglenatide 8, 12, e 16 mg hanno mostrato maggiori miglioramenti nella glicemia a digiuno (-0,78, -0,45 e -0.79 e mmol/L) rispetto al placebo (-0,07).

Gli eventi avversi si sono presentati più frequentemente nel gruppo trattato con efpeglenatide rispetto al placebo (82,7%, 82,7%, e 81,1% vs 64% rispettivamente) ed erano per lo più disturbi gastrointestinali e ipoglicemia. Del Prato ha fatto notare che tutte e tre le dosi sono sembrate efficaci e sono probabilmente nel range di dosaggio massimo. Tuttavia, potrebbero esserci alcune differenze di tollerabilità, visto che le ipoglicemie riferite dal paziente sono state più frequenti con la dose più alta (17% contro 11,5% con gli  8 mg e 13,5% con i 12-mg e 2% con il placebo).

La nausea e il vomito, che sono scomparsi nel corso del trattamento, tendevano a ripresentarsi dopo la seconda dose mensile e, successivamente, con le dosi più alte di efpeglenatide.

Nei pazienti trattati con il farmaco si è osservato anche un lieve aumento, rispetto al placebo, della frequenza cardiaca, di 8-9 battiti al minuto contro 5, e un lieve calo della pressione sistolica nel corso del tempo [1].

Gli agonisti del recettore del GLP-1 (GLP-1 RA) esercitano un’importante azione sul controllo glicemico, mostrano effetti favorevoli sul peso corporeo, un ridotto rischio di ipoglicemia e presentano un meccanismo di azione complementare e potenzialmente sinergico rispetto ad altre opzioni terapeutiche. Pertanto, essi rappresentano un importante opportunità terapeutica per i pazienti affetti da diabete di tipo 2 per i quali la terapia con metformina non è risultata efficace per il controllo glicemico.

Bibliografia

1.    S. Del Prato, et al. Once a Month Treatment With HM11260 Improves Glycemic Control in T2DM. A Phase 2 Monthly Dose Finding Study. EASD 2015; abstract 113.

   

  

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