Conflitto Russia-Ucraina e profilassi farmacologica anti-radiazioni nucleari: l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sconsiglia soluzioni “fai da te” a base di iodio ma raccomanda l’utilizzo dal sale iodato.

In data 08/03/2022 l’ISS, in accordo con le principali Associazioni e Società Italiane di Medici Endocrinologi, ha pubblicato un comunicato in cui raccomanda l’utilizzo del sale iodato e sconsiglia fortemente il ricorso a soluzioni “fai da te” a base di iodio che potrebbero portare solo ad un blocco funzionale della tiroide [1].

L’elevata richiesta di pillole a base di iodio da parte della popolazione di diversi Paesi europei deriva dalla paura di una eventuale guerra nucleare a seguito dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina.

Come noto, la fissione nucleare e il fenomeno della reazione a catena che ne consegue sono alla base del funzionamento delle bombe atomiche (in cui la reazione è incontrollata) e dei reattori nucleari (in cui la reazione è controllata). Sappiamo che la fissione dell'uranio, uno degli elementi a nuclei pesanti più frequentemente utilizzati, produce grandi quantità di isotopo radioattivo iodio-131 (131I) che può, dunque, essere rilasciato nell'atmosfera nel corso di un incidente o di una guerra nucleare (resa 2,878% di uranio-235) [2]. Il pennacchio di vapore radioattivo risultante può viaggiare fino a 300 miglia. Lo iodio-131 può essere assorbito dall’uomo per inalazione o ingestione di cibo o latte contaminati. Gli incidenti del reattore nucleare di Chernobyl (1986), Three Mile Island (1979) e Fukushima (2011) sono chiari esempi dei possibili rischi delle radiazioni ionizzanti dello 131I per la tiroide. Questo isotopo, con un'emivita di 8 giorni, è uno dei più pericolosi rilasciati in un incidente nucleare, perché si concentra a livello della ghiandola tiroidea ed emette raggi beta che provocano danni cellulari. Lo sviluppo di noduli tiroidei benigni e maligni in seguito all'esposizione alle radiazioni ionizzanti dalle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki è stato largamente documentato in letteratura [3-5].       
Come riportato nelle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la pianificazione e la risposta alle emergenze nucleari [6], l'agente più comunemente usato per proteggere la tiroide dallo iodio radioattivo è lo ioduro di potassio (KI), sebbene anche lo iodato di potassio (KIO3) risulta ugualmente valido.

La profilassi con ioduro di potassio può ridurre significativamente la dose di radiazioni assorbite dalla tiroide a causa dell'esposizione al 131I. In una situazione sperimentale, lo ioduro di potassio (KI) somministrato prima dell'esposizione ha ridotto l'accumulo di 131I nella ghiandola tiroidea da una media del 20% a meno del 2% [7]. Come riportato da Sternthal et al. la somministrazione continua di KI (8 e 12 giorni) nella profilassi porta a cambiamenti significativi negli ormoni tiroidei, inducendo riduzioni significative della triiodotironina (T3) e della tiroxina sierica, nonché aumenti delle concentrazioni sieriche di tiroxina (TSH) [7]. Pertanto, va anche considerato che tali farmaci, come tutti i prodotti medicinali del resto, possono essere associati ad eventi avversi a cui un utilizzo ingiustificato esporrebbe inutilmente. Le possibili (seppur rare) reazioni avverse includono alterazioni della funzione tiroidea con iper- o ipotiroidismo, reazioni allergiche, infiammazione delle ghiandole salivari (scialoadenite), disturbi gastrointestinali ed eruzioni cutanee, dermatite erpetiforme o vasculite ipocomplementemica [6].

In conclusione, come sottolineato dall’ISS nel comunicato, attualmente non sussiste una reale emergenza nucleare e dunque il ricorso “fai-da-te” a preparati contenenti elevate quantità di iodio che potrebbero determinare conseguenze negative per l'organismo è fortemente sconsigliatoe. Ad oggi si raccomanda solo l’utilizzo dal sale iodato per la preparazione e la conservazione degli alimenti, che, non solo aiuta il normale funzionamento della tiroide, ma, saturando la ghiandola di iodio stabile, contribuisce anche a proteggerla da una eventuale esposizione a radiazioni. Il comunicato dell’ISS conclude che “solo in caso di una reale emergenza nucleare, al momento inesistente nel nostro Paese, sarà la Protezione Civile a dare precise indicazioni su modalità e tempi di attuazione di un eventuale intervento di profilassi iodica su base farmacologica per l'intera popolazione” [1].

Bibliografia

$1   1.      https://www.iss.it/web/guest/primo-piano/-/asset_publisher/3f4alMwzN1Z7/content/id/6760923#:~:text=A%20tale%20proposito%20si%20precisa,conseguenze%20negative%20per%20l'organismo%2C

$1   2.      Nuclear Data for Safeguards, Table C-3, Cumulative Fission Yields. [(accessed on 6 November 2013)]. Available online: https://www-nds.iaea.org/sgnucdat/c3.htm.

$1   3.      Hollingsworth D.R., Hamilton H.B., Tamagaki H., Beebe G.W. Thyroid disease: A study in Hiroshima. Medicine. 1963;42:47–71.

$1   4.      Conard R.A., Rall J.E., Sutow W.W. Thyroid nodules as a late sequela of radioactive fallout in a Marshall Island population exposed in 1954. N. Engl. J. Med. 1966;274:1391–1399.

$1   5.      Robbins J., Rall J.E., Conard R.A. Late effects of radioactive iodine in fallout, combined clinical staff conference at the National Institutes of Health. Ann. Intern. Med. 1967;66:1214–1242.

$1   6.      Iodine thyroid blocking: guidelines for use in planning for and responding to radiological and nuclear emergencies. Geneva: World Health Organization; 2017. Licence: CC BY-NCSA 3.0 IGO

$1   7.      Sternthal E., Lipworth L., Stanley B., Abreau C., Fang S.L., Braverman L.E. Suppression of thyroid radioiodine uptake by various doses of stable iodide. N. Engl. J. Med. 1980;303:1083–1088.

   

  

cerca