EMERGENZA COVID-19: nuova circolare del Ministero della Salute circa le cure domiciliari per paziente affetto da COVID-19.

In data 10/02/2022 il Ministero della Salute, a seguito delle nuove determine autorizzative dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e tenuto conto delle emergenti conoscenze scientifiche in ambito farmacologico nonché dell’attuale situazione epidemiologica nazionale, ha diramato un aggiornamento della Circolare Ministeriale relativa alla gestione domiciliare del paziente affetto da COVID-19, con l’intento di fornire indicazioni operative e raccomandazioni utili in base a quanto presente in letteratura scientifica e alle varie indicazioni fornite dalle Agenzie Regolatorie [1].
La Circolare Ministeriale fa esplicito riferimento all’ultima versione delle Raccomandazioni AIFA sui Farmaci per la gestione domiciliare di COVID-19 (Vers. 7 – Agg. 09/02/2022),
secondo cui i vari trattamenti farmacologici vengono classificati in farmaci sintomatici, farmaci da utilizzare solo in specifiche fasi della malattia e farmaci non raccomandati per il trattamento del COVID-19 [2].
Secondo tale aggiornamento viene, dunque, ribadita la possibilità di utilizzare paracetamolo o farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) in tutti i pazienti affetti da COVID-19 per il trattamento di sintomi quali febbre, dolori articolari o muscolari, a meno che non esista una chiara controindicazione all’uso di tali farmaci. Allo stesso modo viene ribadito che, alla luce degli studi clinici condotti, l’utilizzo di antibiotici, idrossiclorochina, lopinavir/ritonavir, darunavir/ritonavir o cobicistat non è raccomandato per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2. Solo quando si sospetta la presenza di una sovra-infezione batterica può essere considerato l’uso di un antibiotico.  
Antivirali, anticorpi monoclonali (mAb), corticosteroidi ed eparine sono invece farmaci da utilizzare solo in specifiche fasi della malattia. In particolare, vi sono specifiche raccomandazioni relative all’utilizzo degli antivirali recentemente resi disponibili, quali remdesivir (Veklury®), l’associazione nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid®) e molnupiravir (Lagevrio®). Questi farmaci sono, infatti, indicati per pazienti affetti da COVID-19 in forma di grado lieve-moderato, non ospedalizzati e che presentino almeno uno dei fattori di rischio per la progressione della malattia verso forme severe. In particolare, sono considerati eleggibili al trattamento con antivirale quei pazienti affetti da una patologia oncologica/oncoematologica in fase attiva, insufficienza renale cronica, broncopneumopatia severa, immunodeficienza primaria o acquisita, obesità (definita da un Indice di Massa Corporea (IMC) o Body Mass Index (BMI) ≥30), diabete mellito non compensato o da una malattia cardiovascolare grave ovvero scompenso cardiaco, malattia coronarica o cardiomiopatia.          
Per quanto riguarda le tempistiche e modalità di utilizzo di tali farmaci, si raccomanda di iniziare il trattamento il prima possibile dopo la diagnosi di COVID-19 e non oltre:        
- 7 giorni dalla comparsa dei sintomi per il trattamento con remdesivir (Veklury®) tramite infusione endovenosa per una durata di 3 giorni;

- 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi per il trattamento orale con nirmatrelvir/ritonavir (Paxlovid®), che consiste nell’assunzione di 2 compresse di nirmatrelvir e 1 compressa di ritonavir due volte al giorno, per una durata di 5 giorni;

- non oltre 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi per il trattamento orale con molnupiravir (Lagevrio®), che consiste nell’assunzione di 4 capsule ogni 12 ore per 5 giorni.

Attualmente, anche gli anticorpi monoclonali sono indicati per soggetti con COVID-19 lieve-moderato di recente insorgenza (da non oltre 7 giorni), non ospedalizzati e non in ossigenoterapia, che presentino specifici fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di malattia (indicati nelle raccomandazioni AIFA). Ad oggi, gli anticorpi monoclonali disponibili in Italia sono sotrovimab, l‘associazione casirivimab/imdevimab, quella bamlanivimab/etesevimab per i quali è prevista un’unica somministrazione endovenosa o, nel caso di casirivimab, anche sottocutanea, qualora la somministrazione endovenosa non sia fattibile e comporti un ritardo nel trattamento. Tenuto conto che l’efficacia degli anticorpi monoclonali potrebbe essere ridotta per alcune varianti, la scelta terapeutica verrà fatta anche in relazione alla situazione epidemiologica locale. Infatti, sulla base dei dati disponibili, è noto che tutti i mAbs disponibili mostrano efficacia contro la variante Delta, mentre sotrovimab è l’unico mAb che conserva l’attività neutralizzante anche contro la variante Omicron.
La selezione dei pazienti da trattare con anticorpi monoclonali o con antivirali è affidata ai medici che trattano pazienti affetti da COVID di recente insorgenza e con sintomi lievi-moderati.
Questi ultimi saranno rapidamente indirizzati ai centri abilitati alla prescrizione ed alla somministrazione/dispensazione di tali farmaci identificati dalle singole Regioni. Si ricorda che sia gli anticorpi monoclonali che gli antivirali per la cura del COVID-19 sono soggetti a registro di monitoraggio AIFA.      
Per quanto concerne i corticosteroidi (quali desametasone 6 mg o eventuali altri corticosteroidi utilizzati a dosaggi equivalenti come metilprednisolone 32 mg, prednisone 40mg, idrocortisone 160mg), il loro uso domiciliare può essere considerato nei pazienti che presentano fattori di rischio di progressione di malattia verso forme severe, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia e qualora non sia possibile nell’immediato il ricovero per sovraccarico delle strutture ospedaliere. Infatti, l’uso dei corticosteroidi è raccomandato soprattutto nei soggetti ospedalizzati con malattia COVID-19 grave, che necessitano di supplementazione di ossigeno. Inoltre si ribadisce che, al contrario di antivirali e anticorpi monoclonali, il trattamento con corticosteroidi non deve avvenire nelle fasi iniziali della malattia e per una durata massima di 10 giorni. L’utilizzo precoce o inappropriato del cortisone potrebbe avere un impatto negativo sul decorso della malattia virale o determinare importanti eventi avversi, con impatto significativo soprattutto nel caso di soggetti affetti da malattie croniche, come, ad esempio, in quelli diabetici per i quali sia la presenza di un’infezione che l’uso del cortisone possono gravemente destabilizzare il controllo glicemico.

Infine, l’uso delle eparine (solitamente quelle a basso peso molecolare ed usate ai dosaggi profilattici) è indicato per la profilassi degli eventi trombo-embolici solo per i soggetti allettati. Non esistono evidenze di un benefico clinico apportato dall’utilizzo routinario delle eparine nei soggetti non ospedalizzati e non allettati. Per concludere, si precisa che i soggetti in trattamento cronico (ad esempio con antipertensivi, ACE-inibitori o statine) devono proseguire il loro trattamento fino a differenti disposizioni del proprio medico.

Bibliografia

          1.      https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioComunicatiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5858

$1       2.      https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1269602/IT_Raccomandazioni_AIFA_gestione_domiciliare_COVID-19_Vers7_09.02.2022.pdf

 

   

  

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