NOTA INFORMATIVA IMPORTANTE: aumento del rischio di chetoacidosi diabetica da dapagliflozin in pazienti con diabete mellito di tipo 1

In data 29/10/2021, l’azienda AstraZeneca in accordo con l'Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato una Nota Informativa Importante sul rischio di eventi avversi da chetoacidosi diabetica (CAD) associati all’uso di Forxiga® (dapagliflozin) per il trattamento del diabete mellito di tipo 1 (DMT1). Pertanto, a partire dal 25 ottobre 2021 Forxiga 5mg non è più autorizzato per il trattamento del DMT1 e non deve essere più utilizzato in questa popolazione [1].

Il dapagliflozin è un inibitore del trasportatore renale del sodio-glucosio 2 (SGLT2). L’inibizione di SGLT2 riduce il riassorbimento del glucosio dal filtrato glomerulare nel tubulo renale prossimale con una concomitante riduzione del riassorbimento del sodio, con conseguente escrezione urinaria del glucosio e diuresi osmotica. Dapagliflozin aumenta, inoltre, il rilascio di sodio a livello del tubulo distale, portando ad un maggior feedback tubuloglomerulare e riducendo la pressione intraglomerulare. Tutto ciò, associato alla diuresi osmotica, porta ad una diminuzione del sovraccarico di volume, della pressione sanguigna e del pre- e post-carico, che possono avere effetti benefici sul rimodellamento cardiaco e la funzione renale; il farmaco agisce indipendentemente dalla secrezione e dall’azione di insulina. In studi clinici con dapagliflozin è stato osservato un miglioramento nel modello di valutazione dell’omeostasi della funzionalità delle cellule beta (HOMA beta-cell); altri effetti includono aumento dell’ematocrito e riduzione del peso corporeo. I benefici cardiaci e renali di dapagliflozin non dipendono esclusivamente dall’effetto di riduzione della glicemia e non sono limitati ai pazienti con diabete, come dimostrato negli studi DAPA-HF e DAPA-CKD [2], pubblicati rispettivamente il 21 novembre 2019 e l’8 ottobre 2020 sul The New England Journal of Medicine [3,4].

Inoltre, sono stati condotti due studi clinici su dapagliflozin controllati con placebo, in pazienti con diabete mellito di tipo 1, sottoposti al monitoraggio della concentrazione ematica di chetoni in caso di sintomi sospetti di CAD. I pazienti si sono rivolti al medico specialista qualora l’automonitoraggio della chetonemia misurata fosse ≥ 0,6 mmol/L. Nei dati aggregati di 52 settimane, eventi di CAD sono stati riportati in 22 (4,0%) pazienti nel gruppo dapagliflozin 5 mg e in 6 (1,1%) pazienti nel gruppo placebo, con un corrispondente tasso di incidenza per 100 pazienti l’anno di 4,62 per dapagliflozin 5 mg e 1,27 per il placebo. Gli eventi di CAD verificati sono risultati uniformemente distribuiti durante il periodo di studio clinico; dosi non adeguate di insulina (mancata somministrazione di insulina o malfunzionamento della pompa insulinica) sono stati i fattori precipitanti più comuni. In circa 6 eventi su 23 nel gruppo di studio, la CAD ha interessato pazienti che presentavano glicemia nell’intervallo euglicemico (<14 mmol/L o 250 mg/dL) [2].

Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) devono essere usati con cautela negli individui ad alto rischio di CAD, che comprendono pazienti con una bassa riserva funzionale delle cellule beta (ad es. diabete di tipo 1, diabete di tipo 2 con peptide C basso, diabete autoimmune latente dell’adulto definito LADA, oppure pazienti con storia di pancreatite), pazienti con condizioni che comportano una ridotta assunzione di cibo o una severa disidratazione, pazienti per i quali le dosi di insulina sono ridotte e con un aumentato fabbisogno insulinico a causa di patologia acuta, intervento chirurgico o abuso di alcool. Il rischio di chetoacidosi diabetica deve essere considerato in caso di sintomi non specifici come nausea, vomito, anoressia, dolore addominale, sete eccessiva, difficoltà di respirazione, confusione, insolita fatica o sonnolenza [2].

L’interruzione di dapaglifozin in pazienti con DMT1 deve essere eseguita sotto la supervisione di un medico specializzato e deve essere condotta non appena sia clinicamente possibile; a seguito dell'interruzione del trattamento, si raccomanda il monitoraggio frequente della glicemia e la dose di insulina somministrata deve essere aumentata attentamente per ridurre al minimo il rischio di ipoglicemia [1].


Riferimenti bibliografici e sitografici

  1. AIFA-Nota Informativa Importante su Forxiga® (dapagliflozin). Disponibile al link: https://www.aifa.gov.it/-/nota-informativa-importante-su-forxiga-dapagliflozin-
  2. AIFA-Riassunto delle caratteristiche del prodotto Forxiga®. Disponibile al link: https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_000690_042494_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3
  3. McMurray JJV, et al; DAPA-HF Trial Committees and Investigators. Dapagliflozin in Patients with Heart Failure and Reduced Ejection Fraction. N Engl J Med. 2019 Nov 21;381(21):1995-2008.
  4. Heerspink HJL, et al; DAPA-CKD Trial Committees and Investigators. Dapagliflozin in Patients with Chronic Kidney Disease. N Engl J Med. 2020 Oct 8;383(15):1436-1446.

   

  

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