APPROFONDIMETNO EMERGENZA COVID-19: risultati preliminari su reattogenicità e immunogenicità dei vaccini a mRNA nelle donne in gravidanza

I dati relativi all’uso dei vaccini anti COVID-19 in donne in gravidanza sono limitati, considerato che questa popolazione non è inclusa negli studi pre-registrativi. Dati preclinici su animali non indicano effetti dannosi diretti o indiretti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto e sviluppo post-natale. Come riportato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto, la loro somministrazione in gravidanza deve essere presa in considerazione solo se i potenziali benefici sono superiori ai potenziali rischi per la madre e per il feto. Tuttavia, le donne in gravidanza con COVID-19 sono a maggior rischio di malattia grave e decesso rispetto alle donne in età riproduttiva, oltre che a maggior rischio di esiti avversi della gravidanza, come parto pretermine, rispetto alle donne in gravidanza senza COVID-19 [1].

Lo scorso 21 Aprile 2021 sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati preliminari di uno studio post-autorizzativo sulla sicurezza dei vaccini a mRNA nelle donne in gravidanza [2]. L’indagine è stata effettuata su oltre 35.000 di donne in gravidanza che hanno ricevuto uno dei due vaccini a RNA messaggero (mRNA), delle aziende titolari Pfizer/BioNtech e Moderna, tra il 14 dicembre 2020 e il 28 febbraio 2021. Sono stati utilizzati i dati provenienti da tre diversi database degli Stati Uniti: il sistema di sorveglianza “V-safe after vaccination health checker”, il registro delle gravidanze “V-safe” e il “Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS)”. I primi due rappresentano un sistema di sorveglianza attiva che prevede sondaggi online per verificare gli eventi manifestatisi dopo la somministrazione del vaccino e le informazioni sullo stato di salute durante un periodo di follow-up di 12 mesi a partire dall’ultima dose di vaccino COVID-19. Durante la prima settimana post vaccinazione, ai partecipanti viene richiesto di segnalare segni e sintomi locali e sistemici classificandoli come lievi, moderati o gravi. Sono state incluse le donne con almeno 18 anni di età che hanno ricevuto la vaccinazione durante la gravidanza o nel periodo che va da 30 giorni prima dell’ultima mestruazione fino a 14 giorni dopo. Il VAERS rappresenta invece un sistema nazionale di segnalazione spontanea istituito nel 1990 amministrato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e dalla FDA. Chiunque può segnalare un evento avverso insorto dopo la vaccinazione, comprese le complicazioni legate alla gravidanza che comportano ospedalizzazione e anomalie congenite.
Relativamente alla reattogenicità, le donne in gravidanza vaccinate hanno riferito più frequentemente dolore al sito d’iniezione, rispetto alle donne non in gravidanza, ma meno frequentemente sintomi quali mal di testa, brividi, dolore muscolare o febbre. Non sono state segnalate reazioni avverse più gravi rispetto alle donne non in gravidanza, ad eccezione di nausea e vomito ma solo dopo la seconda dose. Nel complesso, il profilo di sicurezza complessivo era simile tra i due gruppi.
Tra le 827 donne in gravidanza registrate in V-safe che avevano ricevuto il vaccino durante o immediatamente prima della gravidanza e che sono state contattate tramite sondaggio telefonico, sono state registrate 712 nascite con nati vivi, inclusi 12 parti gemellari, una nascita con nato morto, 104 aborti spontanei e 10 tra aborti indotti e gravidanze ectopiche. Il 98,3% delle 712 donne che hanno portato a termine la gravidanza con parti di nati vivi, avevano ricevuto la prima dose di vaccino durante il terzo trimestre. Gli esiti avversi neonatali includevano parto pretermine (9,4%), piccole dimensioni per l’età gestazionale (3,2%) e anomalie congenite maggiori (2,2%); non sono stati segnalati decessi neonatali.
Analizzando, inoltre, i dati provenienti dal VAERS, tra le 221 segnalazioni di eventi avversi comparsi dopo la vaccinazione anti-COVID-19 tra le gestanti, 155 (70%) includevano eventi non specifici della gravidanza e 66 (30%) eventi specifici della gravidanza o del neonato. L’evento segnalato più frequentemente è stato l’aborto spontaneo (46 casi), seguito da morte fetale, rottura prematura delle membrane e sanguinamento vaginale (3 casi per ciascun evento). La frequenza di esiti avversi in gravidanza e nel neonato comparsi nelle donne in gravidanza vaccinate è risultata simile a quella registrata nelle donne in gravidanza prima della pandemia da COVID-19, nonostante non ci sia stato un confronto diretto. Considerato che non sono emersi particolari segnali di sicurezza tra le donne in gravidanza che hanno ricevuto un vaccino a mRNA e tenuto conto dei rischi che il COVID-19 comporta in gravidanza (ad esempio parto pretermine), le autorità statunitensi hanno aggiornato le linee guida sui vaccini anti-COVID-19, raccomandandoli ufficialmente in gravidanza.

In aggiunta, in un recente studio pubblicato lo scorso 13 maggio 2021 su JAMA, è stata valutata l’immunogenicità dei vaccini anti-COVID-19 a mRNA in donne in gravidanza e in allattamento, anche contro le varianti emergenti di SARS-CoV-2, B.1.1.7 e B.1.351 [3]. In questa analisi esplorativa di coorte sono state incluse 103 donne di età compresa tra 18 e 45 anni che hanno ricevuto uno dei due vaccini a mRNA tra dicembre 2020 e marzo 2021; tra queste, 30 erano in gravidanza e 16 in allattamento. Per le analisi di confronto, sono state anche incluse donne che avevano sviluppato l’infezione conclamata. In termini di reattogenicità, è stata segnalata febbre dopo la seconda dose da 27 donne non in gravidanza (52%, SD; 7%), 4 in gravidanza (14%; SD, 6%) e 7 in allattamento (44%; SD, 12%); non sono invece stati osservati eventi avversi gravi né complicanze neonatali. 
In termini di immunogenicità, in tutte le donne vaccinate erano presenti risposte anticorpali leganti RBD, titoli di anticorpi neutralizzanti lo pseudovirus e anticorpi funzionali non neutralizzanti così come risposte dei linfociti T CD4 e CD8, tutti superiori ai titoli anticorpali rilevati prima della vaccinazione al basale. Sono stati osservati anche anticorpi di legame RBD-IgG e neutralizzanti nei campioni del cordone ombelicale e nel latte materno, il che suggerisce un efficiente trasferimento transplacentare degli anticorpi dalla madre al neonato. Coerentemente con studi precedenti, sono stati osservati titoli anticorpali neutralizzanti sierici contro la variante inglese B.1.1.7 3,5 volte più bassi rispetto al ceppo originale e 6 volte più bassi contro la variante sudafricana B.1.351.
Analogamente a studi condotti in precedenza, questi dati confermano che la ricezione di un vaccino a mRNA suscita risposte anticorpali più elevate rispetto all’infezione naturale, e che la vaccinazione materna può conferire protezione contro COVID-19 ai neonati che, ad oggi, non sono eleggibili per la vaccinazione. Tuttavia si tratta di uno studio effettuato su un campione molto piccolo e non a lungo termine per cui un futuro studio dovrebbe definire i tempi di vaccinazione che possano ottimizzare il trasferimento di anticorpi dal latte materno ai neonati.


Bibliografia

1. Linee guida sui vaccini in gravidanza. Fonte dati CDC. Disponibile al link: https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/vaccines/recommendations/pregnancy.html

2. Shimabukuro TT et al. Preliminary Findings of mRNA Covid-19 Vaccine Safety in Pregnant Persons. The New England Journal of Medicine. Disponibile al link: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2104983?query=featured_coronavirus

3. Collier AY et al. Immunogenicity of COVID-19 mRNA Vaccines in Pregnant and Lactating Women. JAMA. Published online May 13, 2021. Disponibile al link: https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2780202?guestAccessKey=b4651ec8-de09-4a8d-b94b-c49c940d39fd&utm_source=silverchair&utm_campaign=jama_network&utm_content=covid_weekly_highlights&utm_medium=email

   

  

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